Giovanni Salza

Relazione tratta dal libro degli interventi del 28 ottobre 1975

Ieri poco prima delle 9 ant. Il sig. Smeriglio, giovane del negozio da fondachiere del signor Tortora, in via Milano, scendeva in cantina con certo Dovena, apprendizzo per travasare benzina da una grande damigiana in più piccolo recipiente.
Portavano con loro una candela accesa ed appena aveano cominciato il loro lavoro venivano raggiunti dal segretario del negozio, sig. Rigoletto, il quale caldamente raccomandava di usare la massima precauzione onde al pericolosissimo liquido tenessero lontanissima la candela.
Non aveva finite le sue parole che la benzina infiammavasi, lasciandoappena tempo e varco a fuggire ai tre giovani esterrefatti.
L'allarme fu dato ed accorsero tosto guardie municipali e pompieri e con essi il comm. Noli. Si tentò di soffocare l'incendio; le fiamme scomparvero sotto i mucchi di letame e di sabbia; non vedeasi più filo di fumo.
Credevasi spento il fuoco ed in bottega facevasi ressa a mettere in salvo le robe; di fuori centinaia di curiosi erano a stento trattenuti dalle guardie.
D'un tratto una formidabile detonazione fece traballare la casa ed il suolo: la volta della cantina rovinò; una guardia municipale che stava sulla porta fu scaraventata come un proiettile sulla strada.
I vetri della chiesa e delle case vicine andarono in frantumi i curiosi si ritrassero; da tutte le case della vicinanza vedeasi uscire esterrefatti donne e ragazzi incerti del restare o del fuggire.
Il comm. Noli, fermo sulla soglia, rimase immobile, impassibile, ammirabile di sangue freddo, in mezzo alla desolante scena.
E primo fu egli ad animare i men coraggiosi, a far vergognare i timidi, a far plauso a coloro che non avean bisogno di incoraggiamento.
E fu mirabilmente secondato dal cav. Corsi, comandante de' pompieri che senza scomporsi dal peroicolo corso, trovandosi avviluppato dalle fiamme, si mise alla testa de' suoi bravi operai, animandoli non solo colla parola, ma coll'esempio.
Di sotto le macerie liberavansi i caduti, e man mano che uscivano, mezzo soffocati, feriti, intronati, si conducevano al vicino Ospedale Mauriziano, o vi portavano sulle barelle, se troppo stentavano a reggersi.
E qui fummo testimoni di un fatto commovente e che ridonda a nuovo titolo di benemerenza per il Corpo dei Pompieri e per quello delle Guardie Municipali.
Nessuno de' feriti voleva ritrarsi dal lavoro: fu d'uopo cacciare colla forza, trascinare alcuni, che pure a stento potevano reggersi e tuttavia non volevano lasciare il loro laborioso campo di battaglia.
Dei feriti lievemente neppur uno volle rimanere all'Ospedale: appena avuto un leggiero medicamento, senza obbedire ai medici ritornarono al fuoco a gareggiare coi compagni.
Intanto le fiamme, un momento represse, divamparono altissime e si dovette ordinare lo sgombro immediato di tutta la casa e di alcune botteghe vicine.
Questa operazione si compiè in parte dalle guardie municipali, ed in parte dai pompieri che, e verso la via e verso il cortile, alzarono le scale dalle quali fecero scendere, sorreggendole e portandole, parecchie persone le quali per l'immenso spavento erano quasi fuori di senno.
Di fuori e di dentro continuava la lotta contro il fuoco, che non cominciò a smettere della sua furia che dopo le dieci, e non un istante i pompieri e le guardie aveano dato prova di stanchezza; non un istante i commendatore Noli ed il cavaliere Corsi avevano cessato di vegliare, di accorrere ove l'opera loro fosse necessaria, di ordinare, di animare tutti.
Ed in questa bisogna furono potentamente coadiuvati dal Sindaco, che giunto sul luogo del disastro poco dopo lo scoppio nobilmente pagò di persona e mostrassi degno capo della cittadinanza torinese.
Alle 10 ½ veniva estratto di sotto alle macerie il signor Rigoletto con un braccio frantumato e colla persona ferita in più siti e tanto gravemente che poco si spera di salvarlo.
Fu trasportato all'ospedale, ove già trovavansi nove pompieri de' quali Boggio, Borla e Magnano gravemente feriti; gli altri pompieri e Coppi borghese, con ferite meno gravi.
Approvviggionarono del letame necessario all'estinzione gli alberghi dotati di stallaggio per i cavalli: Albergo della Corona Grossa di Tinozzo Giacomo & Figli di via Porta Palatina 13 in Torino, Albergo della Fucina di Pietro Albertetti in via Basilica 4 in Torino e Antico Albergo dello Scudo di Milano di Bestonso Francesco in via Basilica 2 in Torino.