Dalla conquista al tentativo di  democratizzazione del 1944

Il periodo aureo della storia del Guatemala coincide con la civiltà dei Maya che, guidati da una classe sacerdotale dominante, svilupparono l’agricoltura, l’astronomia, la matematica, l’architettura.

Diventa poi dominio spagnolo nel 1523 con la conquista da parte dello spietato Alvarado, luogotenente di Cortés. La prima parte del dominio spagnolo è un puro e semplice saccheggio della terra conquistata, con lo sfruttamento delle risorse agricole e minerarie senza promuovere un’economia autosufficiente per il paese, che viene così condannato alla decadenza. Gli indigeni sono sfruttati al limite delle loro forze, e subiscono una decimazione che li porta vicini alla scomparsa totale. In seguito gli spagnoli edificano una complessa struttura amministrativa per organizzare una società coloniale basata sull’esproprio dei metalli preziosi, che vengono inviati nella madrepatria.

Il risveglio nazionalista ad opera soprattutto dei creoli (bianchi nati nel Nuovo Mondo) porta il Guatemala all’indipendenza nel 1821 ed all’impianto di uno stato nobiliare che si basa sul lavoro semischiavistico degli indigeni, mentre la penetrazione economica inglese sostituisce gradualmente quella spagnola.

La cosiddetta rivoluzione liberale, che parte dal 1871 ed ha il suo maggior esponente in Justo Rufino Barrios, apre il paese alla modernizzazione e promuove un notevole sviluppo nell’economia.

Tuttavia si aggravano ulteriormente le condizioni di vita degli indigeni, ai quali sono tolti quei piccoli lotti di terra coltivati comunitariamente a profitto dei grandi proprietari agricoli .

Fra il 1890 e il 1900 si insedia il capitale statunitense, che assume il controllo dell’economia (piantagioni, centrali elettriche, ferrovie ecc.), e si costituisce la United Fruit Company che tanta nefasta parte avrà nella storia del paese.

Seguono 50 lunghi anni di feroci dittature (Cabrera, Ubico) in una situazione di sostanziale stagnazione che si conclude con la grande rivoluzione democratica e legalitaria dal 1944, la quale segna la rottura con la sequela di regimi oppressivi e totalitari. Prendono avvio, prima con Juan José Arévalo e poi con Jacobo Arbenz, presidenti entrambi derivati da elezioni libere e democratiche, una serie di riforme che legalizzano le attività politiche e sindacali e concedono la libertà di stampa e di voto. Viene realizzata una parziale riforma agraria espropriando terreni, per lo più inutilizzati, della United Fruit.