( 21.09.2001 )
Eccellentissimo
Signor Presidente,
desidero innanzi tutto rinnovarLe la solidarietà e le condoglianze che
già avevo espresso a tutto il suo popolo martedì 11 , dopo aver appreso gli
eventi dolorosi avvenuti nel suo Paese e ribadire la mia indignazione e la
condanna delle minacce costituite da questi atti di terrorismo.
Negli ultimi giorni
ho seguito attentamente l’evoluzione degli avvenimenti, adoperandomi affinchè
la risposta a questi eventi sia la riflessione, non la cecità; la prudenza, non
l’ira; la ricerca di giustizia, non la rivalsa. Ho fatto appello alle coscienze
dei popoli del mondo, ai mezzi di comunicazione, alle eminenti personalità con le quali condivido un impegno etico di
pace; ai capi di Stato ed ai leaders degli organismi internazionali, perché la saggezza
illumini le nostre azioni.
Purtroppo, Signor
Presidente, ascoltando ieri sera il suo messaggio, non ho potuto reprimere una
sensazione di timore per ciò che si può dedurre dalle sue parole. Lei invita il
suo popolo a prepararsi per “una lunga guerra come non ne abbiamo mai viste “
ed i suoi soldati a salvare l’orgoglio, combattendo una guerra a cui pretende
partecipino tutti i popoli del mondo.
In nome del
progresso, del pluralismo, della tolleranza e della libertà, Lei non lascia
alcuna scelta a noi, che non abbiamo la fortuna di condividere la libertà ed i
frutti della civiltà che Lei desidera difendere per il suo popolo; a noi che
non abbiamo avuto mai alcuna simpatia nei confronti del terrorismo poiché ne
siamo state le vittime. Noi, che siamo espressione orgogliosa di altre civiltà;
che viviamo giorno dopo giorno con la speranza di trasformare la
discriminazione e la spoliazione in riconoscimento e rispetto; che portiamo
nell’anima il dolore del genocidio perpetrato contro i nostri popoli ; che ,
infine, siamo stufi di contribuire alle guerre altrui con i nostri morti, noi
non possiamo condividere l’arroganza della sua infallibilità né il cammino
univoco che vuole intraprendere quando afferma che “tutte le nazioni, in tutte
le regioni, debbono prendere ora una decisione: o stanno con noi o stanno con i
terroristi”.
All’inizio di
quest’anno avevo invitato tutti gli
uomini e le donne del pianeta a condividere un Codice Etico per un Millennio di
Pace, affermando che:
Non ci sarà Pace se non c’è
Giustizia
Non ci sarà Giustizia se non c’è
Equità
Non ci sarà Equità se non c’è
Sviluppo
Non ci sarà Sviluppo se non c’è
Democrazia
Non ci sarà Democrazia se non c’è
rispetto per l’Identità e la Dignità dei Popoli e delle
Culture.
Nel mondo di oggi
tutti questi sono valori e pratiche
molto scarsi, poiché sono distribuiti in modo diseguale e ciò non fa che
alimentare l’impotenza, la disperazione e l’odio. Il ruolo del suo Paese
nell’attuale ordine mondiale è lungi dall’essere neutrale. Ieri sera ci
aspettavamo un messaggio sensato, riflessivo ed autocritico, ma ciò che abbiamo
sentito è stata una minaccia inaccettabile.
Sono d’accordo con
Lei che “il corso di questo conflitto non si conosce”, però, quando Lei sentenzia che “il suo risultato è
sicuro”, l’unica certezza che mi invade è quella di un nuovo e gigantesco
sacrificio inutile, di una nuova colossale menzogna.
Prima che Lei ordini
“Fuoco”, desidererei invitarla a pensare ad una guida mondiale diversa, che non
abbia bisogno di vincere ma di convincere, affinchè l’umanità possa dimostrare
di aver negli ultimi mille anni superato il significato di “occhio per occhio”
che la giustizia aveva per i barbari che sprofondarono l’umanità
nell’oscurantismo medievale; affinchè non ci sia bisogno di nuove crociate per
imparare a rispettare chi ha una diversa idea di Dio e della sua creazione;
affinchè i frutti del progresso vengano condivisi nella solidarietà e nel rispetto delle risorse che
ancora restano al pianeta, in modo che a nessuno bambino manchi il pane ed una
scuola.
Con un filo di
speranza, La saluto rispettosamente
Rigoberta Menchù
Premio Nobel per la Pace
Ambasciatrice di Buona
Volontà della Cultura di Pace