Il labirinto guatemalteco
A quattro anni dalla fine
del conflitto interno ed a 10 mesi dall’insediamento al potere dei massacratori
del popolo, votati in condizioni sostanzialmente libere dal popolo stesso, il
panorama guatemalteco presenta un quadro poco decifrabile. Unico elemento che
sembra attendibile è che la firma della pace è stata lo spartiacque per
l'innesco di un’inaspettata evoluzione (o involuzione) della situazione
interna, che ha fatto svanire alcuni riferimenti ed eclissare molte di quelle
che si riteneva fossero certezze. Tuttavia, mai come in questo momento pare che
l’identificazione di alcune linee interpretative sia necessaria per definire
programmi operativi di soggetti esterni per la solidarietà con il popolo
guatemalteco. A questa esigenza cerca di fare fronte, pur nella sua inevitabile
dispersione, il notiziario con la sua messe di notizie; ora, “una tantum”, può
essere di contributo una composizione sintetica dei fatti partendo
dall’avvenimento fondamentale: la fine dello scontro armato interno.
A) Il fattore cruciale: la firma degli Accordi
di pace e la fine della guerra interna.
1) I pre-requisiti esterni
La caduta dell’impero
sovietico ridimensiona il ruolo strategico politico- militare dell’America
Centrale. Il “cortile di casa” degli Stati Uniti cessa di ricevere sostegno
dall’antagonista storico e svanisce il pericolo che nell’area si impiantino
forze pericolosamente ostili.
Mentre l’economia mondiale
si avvia alla competizione totale globalizzata, gli Stati Uniti si rivolgono
verso le aree più vicine, America Centrale e Meridionale, per incrementare un
mercato di assorbimento importante. Condizioni fondamentali per l’America
Centrale sono la fine dell’attività della guerriglia e la riduzione degli
eserciti dell’area. La smilitarizzazione, almeno rispetto al livello bellico, è
indispensabile per liberare risorse economiche e sociali che permettano ad una
parte della popolazione, piccola o grande che sia, di consumare di più.
La dinamica delle forze e
degli interessi interagenti anche in Guatemala costringe l’oligarchia civile e
militare a superare la posizione di totale arroccamento e a dialogare con la
guerriglia, la quale si trasforma da soggetto quasi esclusivamente militare in
soggetto anche politico, acquisendo un rilievo internazionale.
2) I pre-requisiti interni
Per un lungo tempo i poteri
dello stato che hanno negoziato la fine del conflitto armato hanno inteso
l’accordo di pace unicamente come disarmo della guerriglia e suo inserimento
nella vita civile mediante fruizioni dell’amnistia. A sua volta la guerriglia
condizionava la cessazione delle ostilità all’osservanza dei diritti umani,
alla smilitarizzazione, a profonde riforme per avviare a soluzione i problemi
storici del popolo guatemalteco. Su queste coordinate si sono sviluppate le
interminabili trattative.
Intanto, nello statico panorama guatemalteco si
introducono alcune novità che toccavano il piano politico-economico. Gruppi
imprenditoriali più aperti alla modernizzazione si rendono conto dei vantaggi
che possono derivare da un inserimento, almeno parziale, del Guatemala
nell’economia del mondo globalizzato, e che la condizione indispensabile è
quella di assicurare una maggiore legalità all’interno del paese. A questo si
aggiunge una maggiore dialettica all’interno delle sfere militari, dove si
afferma una corrente di ufficiali più giovani e, almeno nell’immagine, meno
coinvolti nelle repressioni, favorevoli ad una soluzione “costituzionale”.
Questo trova compimento il 7 Gennaio 1996, quando
Alvaro Arzú vince di misura il ballottaggio con il candidato del generale Rios
Montt, Alfonso Portillo, e diventa presidente del Guatemala. E’ l’espressione
della destra più moderata e legalista, che, presentandosi con una veste
efficientista, promette di combattere la miseria ed arrivare in breve tempo a
firmare la pace con la guerriglia.
Nello stesso tempo importanti spazi sono stati
riconquistati dalle organizzazioni popolari, che sviluppano un’azione
combattiva in favore della pace e della legalità. Un importante segno è il
ritorno alla competizione elettorale, dopo tanti anni, di un gruppo di
sinistra, il Fronte Democratico Nuova Guatemala, che malgrado la mancanza di
organizzazione e la quasi inesistenza di mezzi ottiene nelle elezioni per il
Congresso il 5 % dei voti e 6 parlamentari.
Contemporaneamente si fa sempre più sentire il peso
dell’opinione pubblica mondiale e delle sue istituzioni rappresentative in
favore della pace.
3) I risultati ottenuti:
valori e limiti
Il 28 dicembre 1996, con la firma per la cessazione
delle ostilità, viene varato un poderoso corpo di Accordi di pace che
affrontano ad ampio raggio i problemi del paese e prescrivono provvedimenti e
procedure per avviare la loro risoluzione. Essi non recepiscono, né lo
potrebbero fare dato il rapporto delle forze in campo, le più profonde
aspirazioni del popolo guatemalteco specie nella questione agraria, cruciale
per la fame di terra di una grande massa di contadini. Come lucidamente
sottolineato da Belisario: “Gli Accordi di pace non riflettono le rivendicazioni
rivoluzionarie, ma nel processo di negoziazione non si è potuto far altrimenti.
Si è però ottenuto uno strumento con il quale è possibile costruire in
Guatemala una nuova nazione, sia dal punto di vista sociale che economico”.
È apparso subito chiaro che il futuro del paese si
sarebbe giocato sulla concreta realizzazione della riforma, altrimenti molto
sarebbe cambiato nella facciata, ma poco o nulla nella realtà. E che il futuro
fosse anche per una parte importante nelle mani del popolo guatemalteco,
soprattutto nella sua parte più cosciente ed organizzata, e nella sua capacità
di portare avanti una grande battaglia in un fronte comune.
B) La pace tradita
A quattro anni dalla firma della pace si deve
constatare la più completa mancanza di volontà di applicare gli accordi da
parte dei gruppi guatemaltechi dominanti, se non per quale aspetto formale di
minore conto. Ne è derivato l’aggravamento delle condizioni di vita e la
profonda delusione per la gran parte della popolazione.
1) I governi
Raggiunto l’obiettivo della cessazione delle
ostilità e del disarmo della guerriglia, il presidente Arzú e il governo del
Partito di Avanzata Nazionale (PAN) ben poco hanno fatto per applicare gli
Accordi e segnare una svolta radicale per il paese.
C’è stata l’apertura di spazi di negoziazione con la
costituzione di innumerevoli commissioni di larga rappresentanza per
l’elaborazione di piani operativi, ma quasi tutto si è esaurito in
interminabili discussioni.
I tradizionali gruppi di potere, specie agroesportatori,
finanziari ed esercito, hanno mantenuto le posizioni di privilegio e bloccato
ogni cambiamento, mentre nulla è stato fatto per perseguire i responsabili
delle gravissime repressioni.
L’attitudine del Fronte repubblicano guatemalteco
del generale Ríos Montt è stata di continuo sabotaggio, particolarmente
evidente nel processo per la realizzazione delle fondamentali riforme
costituzionali.
Non c’è quindi da stupirsi se dopo la conquista
della presidenza della repubblica e della maggioranza assoluta del Congresso
abbia di fatto seppellito gli Accordi di pace.
2) L’URNG ed i partiti politici
Dopo il ruolo da protagonista rivestito nei lunghi
negoziati, l’URNG non è riuscita ad essere un fattore decisivo per
l’applicazione degli Accordi conquistati. Come ha pubblicamente ammesso Rodrigo
Asturias, il comandante Gaspar Ilom, lo sforzo sviluppato per superare i
problemi legati alla smobilitazione ed incorporazione nella vita civile degli
ex combattenti guerriglieri ed alla trasformazione in partito politico ha
impedito di agire con vigore come forza di pressione.
Tuttavia un fattore di moderazione può essere
derivato anche dall’inserimento di alcuni esponenti dell’URNG in posizioni di
rilievo nelle commissioni previste dagli Accordi di pace per realizzare la loro
applicazione.
Ma tutti i partiti politici in genere, e per primo
il governativo PAN in buona parte in mano ad affaristi interessati a curare i
propri vantaggi, non hanno operato come canale di comunicazione tra stato e
società. Perpetuando in tale modo il legame verticistico cacicco-clienti per la
cura di interessi particolari.
3) Le organizzazioni popolari e la società civile
Successivamente alla firma degli Accordi, le forze
popolari organizzate si sono frammentate, comprese quelle del mondo indigeno;
la mobilitazione della società civile è stata quindi molto debole. Una parte
significativa dei suoi esponenti che hanno partecipato ai lavori delle
commissioni si è chiusa nel feudo della propria funzione, staccandosi dalla
propria base.
Pare quindi accettabile la valutazione di Gustavo
Porras, influente consigliere del presidente Arzú e capo della delegazione
governativa ai negoziati di pace: “Una volta completata la fase della
smobilitazione della guerriglia, il processo di pace è morto. Si può procedere
con accordi, convegni, commissioni, patti, ma per realizzarli quello che conta
sono i rapporti di forza di ogni giorno”.
4) Strada apparentemente chiusa, ma grandi problemi aperti
Emblematica la sorte toccata alle fondamentali
riforme costituzionali, respinte da un referendum popolare sotto la pressione
diretta ed indiretta di settori politici ed economici potenti e nella quasi
totale inerzia delle forze di opposizione. Nella consultazione si sono astenuti
l’81,5% degli iscritti alle liste elettorali; i sì sono stati il 44% dei
votanti ed i no il 56%, per cui le riforme sono state respinte per uno scarto
di 38.373 voti.
Sono venute così a cadere importanti modifiche alla
Costituzione già votate dal Congresso (con l’opposizione del FRG), atte a costruire
una nazione multietnica e pluriculturale, a dare all’esercito un ruolo
compatibile con uno stato democratico e a permettere un funzionamento più equo
ed efficace della giustizia.
Oltre alle riforme costituzionali rimangono
completamente aperti grandi problemi, tra cui la riforma tributaria; la
questione agraria e il catasto, la costruzione di almeno un minimo di stato
sociale, garanzia di sicurezza per i cittadini ,specialmente per il rispetto
dei diritti umani.
C) Ríos Montt e Portillo
trionfano nelle elezioni
1) La grande vittoria dei
genocidi
Alle elezioni politiche generali di fine 1999
trionfa il FRG, ostile agli Accordi di pace, autoritario e populista,
comprendente conservatori , repressori, ex militari e fondamentalisti
religiosi.
Ha il volto autoritario del generale Ríos Montt e
quello demagogico di Alfonso Portillo.
Il primo turno delle elezioni presidenziali ha dato
il 47,7% dei voti a Portillo del FRG, il 30,3% a Berger del PAN del presidente
uscente Alvaro Arzù, il 12,4% al candidato della sinistra (ANN) Alvaro Colom.
Per il Congresso 63 parlamentari al FRG (maggioranza assoluta), 37 al PAN, 9
alla sinistra di ANN. Il generale Ríos Montt viene nominato presidente del
Congresso.
2) Perché hanno vinto
I motivi sono molteplici; fra gli altri:
-
Il
governativo PAN è giunto al confronto elettorale diviso al suo interno per
gruppi di potere con interessi politici ed economici anche contrastanti.
Particolarmente duro lo scontro tra le fazioni facenti capo al presidente Arzù
ed al candidato Berger.
Dopo aver reso possibile la
fine del conflitto interno non solo ha disatteso l’applicazione degli accordi
di pace, ma ha sviluppato politiche economiche e sociali che hanno aggravato
ulteriormente le dure condizioni di vita della popolazione. Implicato in
diffusi casi di corruzione, ha visto crollare il suo indice di gradimento in
tutte le categorie di guatemaltechi, che con il voto contrario hanno voluto
punirlo.
-
Gli
effetti disgreganti della lunga guerra interna, ed il permanere diffuso di una
mentalità segnata da autoritarismo e razzismo, sono andati a favore di un
partito come il FRG, che, specie all’interno, ha fruito dell’azione anche
intimidatoria delle ex Pattuglie di autodifesa civile (PAC) e dei commissari
militari.
Anche, un certo distacco dei
dirigenti popolari dalla loro base ha influito negativamente.
-
Sulla
miseria, a livello di sopravvivenza, di molti guatemaltechi hanno prosperato le
promesse demagogiche e spudorate di Alfonso Portillo.
3) Un brutto inizio delle
forze di sinistra
La sinistra rappresentata dall’URNG, FDNG ed altri
gruppi minori si è coalizzata nell’Aliancia Nueva Nación (ANN) ed ha trovato un
buon candidato presidenziale in Alvaro Colom. Ma, poco dopo contrasti interni,
personalismi, verticismi, maneggi di vecchi politici come Rafael Arriaga, hanno
portato alla scissione con la fuoriuscita del FDNG.
Si sono verificate dolorose separazioni come quelle
di Nineth Montenegro e Rosario Pu , che non si sono distaccate da ANN, e
Rosalina Tuyuc e Amilcar Mendez, rimasti nel FDNG. E’ stato un mezzo suicidio
politico, che alla fine ha determinato per l’URNG l’entrata nella sfera
pubblica civile con peso ed immagine ben inferiori a quella che si era creata
con la lotta armata e la negoziazione degli Accordi di pace.
D) Inizia in Guatemala l’era di Portillo (e del ritorno del
generale Ríos Montt)
1) Governo e staff presidenziale: un incredibile miscuglio di
affaristi, “destri” e “sinistri”
A gennaio Alfonso Portillo si insedia alla
presidenza del Guatemala con un discorso pieno di promesse e di impegni, fra i
quali quelli di applicare gli accordi di pace e punire gli assassini del
vescovo Gerardi. Quindi compone il suo governo e lo staff presidenziale, dove
accanto ad alcuni tecnici si trovano affaristi, esponenti della destra del FRG
ed un certo numero di elementi della sinistra, già esponenti dell’URNG e di
organizzazioni di difesa dei diritti umani.
In particolare:
·
A
ministro del lavoro il dirigente sindacale Juan Francisco Alfaro.
·
A
ministro della cultura e sport la componente della commissione di chiarimento
storico (CEH) Otilia Luz De Coti.
·
Direttore
del servizio per gli affari strategici della presidenza Edgar Gutiérrez, già
coordinatore del progetto per il recupero della memoria storica (REMHI).Come
suo vice, il sindacalista Victor Marcriva.
·
Direttore
della segreteria della pace (SEPAZ) Ruben Calderón e suo vice Miguel Angel
Reyes, entrambi ex militanti dell’UNRG e Reyes componente dello staff
politico-diplomatico della guerriglia che ha partecipato ai negoziati di pace.
·
Pedro
Palma Lau, uno dei capi militari storici della guerriglia con il nome di
comandante Pancho, direttore di Contierra l’ente governativo preposto al
delicato compito di risolvere i problemi di proprietà della terra.
·
Ambasciatore
del Guatemala presso l’Organizzazione degli Stati Americani (OEA) Ronalth
Ochaeta, ex direttore dell’ufficio per i diritti umani dell’arcivescovado (
ODHA).
Si dice che un prestigioso incarico sia stato
offerto e rifiutato da Rosalina Tuyuc, la quale è tornato alla sua militanza in
Conavigua dopo la parentesi parlamentare nel FDNG.
Stretto da pressioni contrastanti, Portillo ha poi
introdotto significativi cambiamenti nelle strutture governative. Il più
importante è la sostituzione del ministro dell’interno con l’ex maggiore Byron
Barrientos, Fedelissimo di Ríos Montt, e uno degli artefici di quel centro
promotore di massacri di stato che è il Servizio d’intelligenza militare (G2).
Barrientos si è subito distinto per grottesche accuse di terrorismo contro i
gruppi di difesa dei diritti umani e per un uso autoritario delle forze di
polizia.
A giudizio di molti commentatori i rimpasti hanno
segnato il rafforzamento del potere occulto esercitato dal finanziere Alvarado
Macdonald e dal generale a riposo Ortega Menaldo, riferimento dei militari
dell’ala “dura” ed un indebolimento ed isolamento del presidente Portillo a
vantaggio dei riosmontisti.
2) Sismi e controsismi
nell’esercito
Terremoti anche nell'esercito: Con una decisione di non
chiara interpretazione Portillo nomina due colonnelli a ministro della difesa e
capo di stato maggiore, fatto che comporta il ritiro automatico da ogni
incarico operativo di tutti i generali delle forze armate guatemalteche, fra i
quali il leader dei militari “costituzionali” e firmatario degli Accordi di pace,
Pérez Molina, che per protesta si dimette dal servizio attivo.
Appena tre mesi dopo Portillo destituisce da capo di
stato maggiore il colonnello Ruiz Morales, considerato “occhi e orecchie” del
generale Ríos Montt, sostituendolo con un altro colonnello. Cambia anche alcuni
ufficiali titolari di importanti incarichi operativi, e poi nomina generali i
colonnelli che ha posto a capo dell’esercito.
Secondo i commentatori le decisioni sono state prese
dopo una riunione di Portillo con la maggioranza dei comandanti militari, ma
per molti più che una vittoria dei sostenitori della linea moderata contro i
duri dell’efferregismo si è trattato di uno scontro di correnti per il potere
interno.
3) Situazione opaca,
conseguenze pesanti
Dopo dieci mesi di portillismo nulla di quanto è
stato promesso si è realizzato. La delusione della gente è grande perché in
molti campi si è registrato un regresso e la povertà è aumentata. La protesta
aumenta ma l'orizzonte è incerto, perché alle richieste dei cittadini pare che
si continui a non conoscere altra risposta che la repressione e
l’intimidazione.
E) Le parti nel confuso gioco.
1) Governo e fronte
repubblicano guatemalteco
Governo e staff dirigenziale guatemalteco si
presentano molto eterogenei e con notevoli contrasti interni che generano la
paralisi. Si rilevano almeno quattro gruppi di estrazione ed obiettivi
differenti:
·
La
corrente politica del generale Ríos Montt, nella quale figura il vice
presidente della repubblica Reyes López, che recentemente è riuscita ad imporre
nel posto chiave di ministro dell’interno il “Duro” Byron Barrientos.
·
Il
gruppo di sinistra, ex guerriglieri ed ex dirigenti di organizzazioni popolari,
il cui rappresentante più prestigioso è il direttore dei servizi strategici
della previdenza Edgar Gutiérrez.
·
Il
gruppo che fa riferimento al finanziere Francisco Alvarado Macdonald, a cui si
deve la nomina del ministro delle finanze, ed al generale in ritiro Ortega
Menaldo, al quale fa riferimento la corrente di militari intransigenti,
composto soprattutto da ufficiali in congedo.
·
Elementi
che fanno riferimento al potere economico, sia quello tradizionale del CACIF,
che quello emergente, sul quale si sarebbe appoggiato Portillo.
Il presidente conta sull’importante appoggio esterno
degli Stati Uniti e, nel paese, di una sua corrente interna al FRG denominata
“portillista”. In effetti Portillo e Ríos Montt sono necessari l’uno all’altro,
e non hanno mai dato pubblicamente segni di contrasto. La domanda che si pone
però è: verso quali obiettivi intendono andare?
Lo stato delle cose è disegnato efficacemente in
un'analisi comparsa sul quotidiano Siglo Veintiuno.
Si dice che il FRG, un partito che si appoggia ai
gruppi dei nuovi ricchi considerati dai ricchi di sempre dei parvenu sociali,
ha trovato in Portillo l’uomo dal discorso populista incendiario con odore di
proletariato, calore popolare e sapore contadino. E’ stato lo strumento
perfetto per conquistare il potere contro gli oligarchi tradizionali, l’altra
destra definita nobile che ha creato il PAN con Arzù ed ha liberalizzato e
privatizzato l’economia a proprio vantaggio.
Ora il partito al governo vuole togliere i loro
privilegi, non però per eliminarli ma per appropriarsene. Si è di fronte alla
battaglia tra due destre, la nobile e la plebea, ma al paese tocca la parte
peggiore, con instabilità, insicurezza, crisi economica, disperazione.
2) I partiti di opposizione
La perdita del potere ha innescato nel PAN una
dinamica di divisioni e di aspri scontri interni che lo sta portando
all’autodistruzione. Si conferma la regola che le formazioni politiche
eterogenee, che si formano raggruppandosi intorno ad un personaggio carismatico
(in questo caso Arzù), si sfaldano dopo una sconfitta e la perdita del potere.
Pochi mesi dopo le elezioni il PAN si è spaccato, dando
vita ad un nuovo partito denominato unionista, al quale hanno aderito 16
parlamentari su 35, fra cui l'ex presidente del Congresso Arabella de León.
La coalizione di sinistra ANN, che pure ha avuto una
discreta affermazione alle elezioni, ha mostrato poca compattezza per la
difficoltà di omogenizzare le varie componenti. Ha finito per assumere un basso
profilo, con poca visibilità nei problemi cruciali del paese, al punto che il
suo gruppo parlamentare è stato definito "banda di dormiglioni".
Recentemente il suo leader Alvaro Colom si è ritirato dalla coalizione, con la
motivazione che al suo interno si pensa di più ai propri gruppi politici che ad
un progetto per il paese.
In effetti su ANN ha influito la situazione interna
dell'URNG, la forza politica comunque di gran lunga più consistente. Struttura
verticistica e non sufficientemente attenta alle istanze della base sociale, è
di fatto paralizzata dalla conflittualità interna tra i suoi esponenti più
importanti, al punto di non aver ancora tenuto il più volte annunciato
congresso, per non spezzare il sottile filo connettivo che ancora frena il
deflagrare delle fazioni.
Viene ventilata, ma per ora è un fatto del tutto
ipotetico, la possibilità che si formi un partito maya intorno alle figure di
Rigoberta Menchú, Rigoberto Quemé, sindaco di Quetzaltenango, e Rosalina Tuyuc.
3) Il settore economico
L'oligarchia economica tradizionale negozia e si
scontra su innumerevoli questioni con il governo del presidente Portillo, il
quale, come già detto, avrebbe il sostegno di gruppi economici emergenti.
Possiede tuttora una notevole influenza, avendo
anche al suo servizio importanti mezzi di comunicazione, tra i quali i
principali giornali.
Corre voce che il presidente del CACIF Fernando
Montenegro possa capeggiare un nuovo partito per conquistare la presidenza
della repubblica alle prossime elezioni.
4) Le forze popolari
Molto attivo fino alla firma degli Accordi di pace,
il movimento popolare vive ora un difficile momento di transizione, con
frammentazione e mancanza di chiari obiettivi generali. La partecipazione ai
lavori delle varie Commissioni da parte di molti suoi esponenti ha contribuito
probabilmente a creare una certa paralisi.
Cerchiamo di delineare un quadro vivo con le
affermazioni di alcuni personaggi a noi noti e stimati:
· Juan León, dirigente maya e fondatore
del CUC.
C'è una forte conflittualità
tra i gruppi per conquistare spazi; ciascuno sostiene di essere il migliore. È
il momento della decantazione: si vedrà nel futuro chi lavora per il popolo e
chi per sé stesso.
· Miguel Angel Albizures, Alleanza contro
l'impunità.
Le divisioni della società
civile per questioni di protagonismo hanno creato una situazione grave. Il
movimento sindacale, ad esempio, è in grande difficoltà, ma nelle recenti
elezioni suoi esponenti si sono candidati sia nelle fila dell'ANN che nel
PAN e nel FRG.
· Fermina López, Conavigua.
Nel mondo indigeno ci sono
grandi divisioni. La guerra ha generato la rottura del tessuto sociale e
determinato grandi fratture.
Nell'Assemblea della società
civile invece che contro gli avversari si combatte tra organizzazioni popolari
ed al loro interno.
· Geneveva Velázquez, movimento Tzuk Kim Pop.
C'è grande difficoltà per
creare un movimento indigeno unito, perché all'interno ci sono tre linee: quella
di sinistra, quella di destra e quella non definita politicamente.
5) Il fattore internazionale
Nella comunità politica internazionale che appoggia
il Guatemala ci sono forti preoccupazioni per i rischi del processo di pace.
Questo ha prodotto alcune forme di pressione sul governo guatemalteco da parte
di organismi istituzionali, ma lo scemare della fiducia può produrre un
disimpegno soprattutto finanziario di alcuni attori.
Nella cooperazione internazionale organizzata emerge
la sottovalutazione dell'importanza del contesto politico locale e nazionale
guatemalteco. Sempre più le ONG si stanno trasformando in imprese fini a sé
stesse. L'azione di Minugua quale garante del rispetto dei diritti umani è
debole forse anche per carenza di strumenti giuridici e finanziari.
La solidarietà politica militante è entrata in crisi
di obiettivi, ed attraversa anche un travaglio di ricambio generazionale.
F) Militari arbitri del
delicato equilibrio?
1) Esercito con contrapposizioni interne, ma concorde nel garantire
l'impunità per gli eccidi del passato
La trasformazione dell'esercito in una istituzione
compatibile con un sistema democratico è molto difficoltosa. Una parte di esso,
specie gli ufficiali che hanno comandato i reparti operativi durante la guerra,
ha considerato la firma degli Accordi di pace un tradimento fatto dai governi
civili ai danni dell'esercito, che aveva vinto la battaglia militare
sconfiggendo la guerriglia sul terreno.
Per contrastare l'influenza che questo settore
ancora esercita all'interno delle forze armate Portillo ne ha decapitato i
vertici, portando al comando un gruppo di colonnelli della generazione più
giovane. Questo ha però comportato una carenza di leadership, offuscata anche
dall' "ombra" dei vecchi generali, e quindi un certo grado di
disorientamento nel corpo intermedio.
Il fronte militare però si ricompatta
nell'opposizione ad ogni tentativo di fare giustizia sugli eccidi del passato,
e quindi alle storiche iniziative messe in atto o in corso. Per questa partita
i militari sono disposti a pagare qualsiasi prezzo.
2) Il rapporto
"Guatemala, nunca más"
Il progetto "Recupero della memoria storica,
REMHI" è stato formulato dall'arcivescovado del Guatemala e coordinato dal
vescovo Juan Gerardi. Il lavoro è culminato nella stesura del rapporto
"Guatemala, nunca más", dove si documentano migliaia di casi di
gravissime violazioni dei diritti umani avvenute negli anni del conflitto
armato, con l'84,5% attribuite all'esercito ed organi armati dello stato, il
7,8% alla guerriglia ed il rimanente ad autori sconosciuti. I risultati
dell'investigazione sono stati posti a disposizione dei familiari delle vittime
per eventuali azioni giudiziarie.
Il rapporto è stato presentato da monsignor Gerardi
il 24 aprile 1998; due giorni dopo il vescovo viene barbaramente ucciso a colpi
di pietra sulla porta della sua abitazione. Il fatto che gli assassini siano
tuttora impuniti, ma soprattutto il grottesco iter istruttorio e giudiziale
seguito, gettano una fosca ombra sul Guatemala d'oggi.
3) Il rapporto
"Guatemala, memorie del silenzio"
La Commissione, prevista dagli accordi di pace per
il chiarimento storico dei crimini compiuti nel corso della guerra interna, al
termine di un inchiesta condotta nel paese da trecento esperti internazionali,
ha emesso il 25 febbraio 1999 il rapporto "Guatemala, memorie del
silenzio". In esso è documentato che "in Guatemala fu chiaramente
sviluppato un genocidio attraverso una strategia pianificata dallo stato contro
la popolazione civile" e si attribuisce la responsabilità dei delitti
documentati per il 93% alle forze armate, il 3% alla guerriglia ed il 4% ad
autori sconosciuti.
Il rapporto si conclude con una serie di
raccomandazioni rivolte a stato e governo guatemalteco, nelle quali si chiede
tra l'altro la punizione dei responsabili e l'epurazione dell'esercito e dei
servizi di sicurezza.
4) Rigoberta Menchú
denuncia alla magistratura spagnola i generali guatemaltechi genocidi.
Rigoberta Menchú ha denunciato alla magistratura
spagnola per i crimini di genocidio, di terrorismo e tortura generalizzati i
generali guatemaltechi ex capi di stato golpisti Romeo Lucas García, Efraín
Ríos Montt e Oscar Mejia Víctores. Con loro altre 5 persone tra civili e
militari. L'Audiencia General de España ha accolto la denuncia ed ha incaricato
il magistrato Guillermo Ruiz Polanco di sviluppare l'inchiesta sulla base della
giurisprudenza seguita nei casi del generale Pinochet e dei militari argentini.
Per reazione l'avvocato dei militari ha denunciato
Rigoberta Menchú alla magistratura guatemalteca per tradimento della patria,
violazione della costituzione ed emissione di denuncia.
5) Alcune
considerazioni ultime.
La situazione del Guatemala è oscura, con un governo
debole e sottoposto alla pressione di gruppi d'interesse politici, economici e
militari legati ad un passato repressivo.
Paradossalmente si può affermare che il paese manchi
di un governo, inteso come un'istituzione in grado di progettare un programma
organico di provvedimenti, di investire le strutture dello stato per applicarlo
e di sorvegliare le realizzazioni. Ma anche di una opposizione politico-sociale
che costituisca una esplicita alternativa, facendosi carico delle esigenze
globali dei cittadini, e che sappia agire in modo organico per soddisfarle.
Ma è tutta la società che si presenta piena di
contraddizioni, dalle quali emergono maschilismo, razzismo ed autoritarismo,
che infettano anche il mondo indigeno.
Per abbattere l'apatia regnante sarebbero necessari
nuovi modelli di partecipazione che coinvolgano in modo diverso partiti
politici, sindacati, movimenti popolari e contadini.
La delusione, seguita alle attese generate dalla
fine del conflitto interno è comunque molto grande, e rischia di determinare
una visione negativa del sistema democratico-pluralista (il trionfo elettorale
di Ríos Montt e dei suoi ne è comunque un segno).
Il paese è colpito da un'esplosione di violenza e di
vandalismi, dove con la criminalità comune agiscono gruppi come le
"maras", presumibilmente usati per creare il caos e giustificare
l'adozione di mezzi autoritari estremi. Insieme si verifica la ripresa della
repressione selezionata, con sparizioni ed esecuzioni extragiudiziali
ampiamente denunciati da rapporti di Minugua e della Procura dei diritti umani.
Con la veste di Comitati di cittadini si riorganizzano le ex PAC che
terrorizzano militanti delle organizzazioni popolari e familiari di vittime
delle passate repressioni, e sono protette dal persistente muro dell'impunità.
Si susseguono voci di colpi di stato, nei quali
sarebbero coinvolti militari, per abbattere Portillo ed impiantare un regime
autoritario, ma si hanno buone ragioni per ritenere che siano piuttosto
"tintinnii di sciabole" con lo scopo di condizionare l'azione del
governo. Alternative radicali non rientrano in questo momento negli interessi
degli Stati Uniti, e questo è determinante.
A questo punto saremmo arrivati al tradizionale
momento di formulare alcune ipotesi sui futuri sviluppi della situazione
guatemalteca, ma di fatto questo non è al momento ragionevolmente possibile. La
pallina degli eventi in Guatemala gira vorticosamente sul piatto di una
immaginaria roulette senza posarsi in nessuna sede: è quindi possibile solo
seguire i fatti con estrema diligenza e trarne di volta in volta valutazioni.
Ma dopo 15 anni di impegno, sempre convinto, ed a volte anche commosso, per la
vicenda di quel popolo può anche, per una volta, fare irruzione un'onda
emotiva. Lasciamo che aprano la strada alcuni pensieri che NINETH Montenegro ha
inserito nella prefazione di un libro sui desaparecidos guatemaltechi:
· Aver sognato una nuova
società è costato molte vite e la tragedia di questa storia di terrore è che lo
scontro è stato tra guatemaltechi. Il costo pagato non è compensato dalla
realtà politica, economica e sociale in cui ora il paese vive.
· La nuova generazione, che
rappresenta la metà della popolazione, manifesta apatia e disinteresse, non si
lascia coinvolgere da quello che è successo e nemmeno da quello che sta
accadendo, ma è come plagiata, abbagliata dal modello di vita del nord e dai
suoi consumi.
· E' valsa la pena arrischiare
tanto, soffrire tanto? Sono state commesse le peggiori aberrazioni umane con i
torturatori che ridussero le vittime in carne martirizzata; ora ci dicono che
bisogna dimenticare e perdonare.
· La miseria umana, la decadenza
e la decomposizione sociale oggi ci assorbono come una ventosa, e ci portano al
disfacimento.
Dunque altro non rimane che
ripiegare il capo per portare gli occhi fissi al proprio ombelico? No, credo
fermamente di no. Ed allora suggelliamo queste note con alcuni versi del poeta
turco Nazim Hikmet, ateo e comunista, che le scrisse dopo aver marcito per 25
anni nelle carceri del suo paese:
Non vivere su questa terra
come un inquilino
come un villeggiante nella natura.
Vivi in questo mondo
come se fosse la casa di tuo padre
credi al grano,
alla terra, al mare,
ma prima di tutto credi nell'uomo.
……………………………….
Senti la tristezza
del ramo che secca,
del pianeta che si spegne,
della bestia che è inferma,
ma prima di tutto senti
la tristezza dell'uomo.