Discussione e approvazione,
con modificazioni, della mozione n. 383 sul Guatemala
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la
discussione della mozione n. 383 sul Guatemala.
Ha facoltà di parlare la senatrice Salvato per
illustrare la mozione in esame.
* SALVATO. Signor Presidente, il Guatemala,
terra di grande tradizione culturale e di grande storia, che ha ricevuto fama e
dignità dalla presenza delle popolazioni maya, è una nazione per tradizione
multietnica, pluriculturale e multilinguistica; una terra che ha vissuto sino
al 1994, anno di inizio dei negoziati di pace, 36 anni di terrore, di violenze
politiche, che hanno causato 150.000 morti e più di 50.000 scomparsi.
Soltanto tra il 1980 e il 1984, 440 comuni e
villaggi sono stati distrutti e 1.500.000 di persone sono state sradicate dalle
loro comunità originarie e costrette alla fuga dalla loro terra. Per quasi un
quarantennio i guatemaltechi hanno vissuto sotto l'incubo della violenza, della
morte e delle sparizioni forzate. Nel 1962 il Guatemala è entrato in un tragico
e devastante conflitto armato: una feroce dittatura militare, riflesso del
potere coloniale, ha costruito uno Stato la cui struttura economica, politica e
culturale è stata fondata sulla radicale esclusione sociale, sulla discriminazione
razzista nei confronti della popolazione di origine maya, sul conflitto
politico ed etnico, sul dominio di una piccola classe di latifondisti legati
all'apparato militare.
La natura antidemocratica della politica
guatemalteca di questi anni ha avuto le sue radici nella concentrazione delle
ricchezze produttive nelle mani di una minoranza di privilegiati. Durante gli
anni della dittatura militare lo Stato ha rinunciato al suo ruolo di mediatore
sociale e si è trasformato progressivamente in soggetto responsabile di
sistematiche violazioni dei diritti umani fondamentali.
Sono state stabilite norme che hanno legittimato
il regime di eccezione alle garanzie costituzionali e che hanno determinato la
soppressione dei diritti politici e civili. Si è realizzato ai danni
dell'antico e nobile popolo dei maya un vero e proprio genocidio sociale,
pianificato a tavolino. Ridare oggi dignità alla gente maya significa accettare
di integrare nel paese la cultura ricca ed insostituibile di un popolo,
maggioranza nei numeri ma politicamente ancora oggi discriminato dopo gli
accordi di pace tra guerriglia e militari di tre anni fa. Il non riconoscere la
lingua, la cultura e le radici storiche di un popolo significa contribuire a
negarne l'esistenza. La comunità internazionale deve - e lo dobbiamo noi stessi
- garantire il rispetto dei diritti della persona e dei popoli contro ogni
tentazione di sopraffazione e di monoculturalismo. Nel recente viaggio che
abbiamo compiuto in Centro America, con il comitato informale del Senato sulla
pena di morte, abbiamo potuto constatare in Guatemala quanto siano ancora
profonde e laceranti le ferite lasciate dalla guerra civile e dalle brutalità
commesse dall'esercito e dalle PAC, forze paramilitari di sicurezza, nate per
organizzare su vasta scala il terrore.
La società civile, a cui oggi è stata restituita
la parola dopo lunghi anni di repressione, si presenta particolarmente viva e
bisogna dare ad essa sostegno politico ed economico. Ecco perché la pressione
politica internazionale, diretta a favorire il passaggio dalle violenze
militari alla democrazia pluralista, non deve limitarsi ad essere un mero
segnale simbolico, ma deve qualificarsi quale vera e propria forma di
condizionamento per il ristabilirsi di buone relazioni diplomatiche e per poter
accedere alle risorse della cooperazione internazionale.
La commissione di chiarimento storico, nelle
premesse del suo rapporto «Memoria del silenzio», che ha fatto luce sulle
violazioni dei diritti umani nei 36 anni di conflitto armato, ha scritto quanto
segue: «Durante il conflitto armato l'incapacità dello Stato del Guatemala di
dare risposte alle legittime domande di cambiamento sociale, ha portato alla
creazione di un intricato apparato repressivo che ha preso il posto dell'azione
giudiziaria dei tribunali, usurpando le loro funzioni e le loro prerogative. Un
sistema punitivo illegale sotterraneo è stato stabilito, organizzato e diretto
da un'intelligence militare; il sistema di Governo ha funzionato quale
forma principale di controllo sociale attraverso un conflitto armato interno e
con la diretta, o indiretta, collaborazione di settori politici ed economici
dominanti».
Gli accordi di pace tra l'Unità rivoluzionaria
nazionale guatemalteca ed il Governo, firmati sotto l'egida delle Nazioni Unite
il 29 dicembre 1996, dopo più di due anni di negoziati, rappresentano lo
strumento per cercare di costruire una soluzione nel quotidiano ad un arretrato
di violenza, tentando di instaurare in quel paese relazioni sociali, politiche,
economiche e culturali per poter cambiare nel percorso democratico la vita
stessa del paese.
La suddetta commissione ha avuto un importante
compito: nel febbraio di quest'anno essa ha terminato i suoi lavori che sono
stati portati avanti grazie al contributo non solo del Governo guatemalteco, ma
anche di tutti i paesi dell'Unione Europea, compreso il nostro; il supporto
logistico è stato messo a disposizione da MINUGUA, missione ONU insediatasi in
Guatemala sin dal 19 settembre 1994, con compiti di verifica del rispetto dei
diritti umani nel paese.
Il rapporto della commissione - che bisognerebbe
diffondere, tradurre e far conoscere - è composto di 3.400 pagine, 7.338
testimonianze e 7.500 casi di violazioni di diritti umani: è un documento di
rara intensità e di valore storico-politico. La commissione ha stabilito che il
93 per cento delle violazioni, incluso il 92 per cento delle esecuzioni
arbitrarie ed il 91 per cento delle sparizioni forzate, ha avuto quali
responsabili l'esercito, i corpi di sicurezza e le forze paramilitari, soltanto
il 3 per cento la guerriglia. La metà dei casi registrati dalla commissione
riguarda gli anni compresi tra il 1981 ed il 1983. Le vittime sono uomini,
donne e bambini di tutti gli strati sociali; in termini di appartenenza etnica
la grande maggioranza delle vittime è di origine maya, popolo a cui sono state
negate la terra, la cultura, la lingua e l'identità.
Il rapporto della commissione è preciso in ogni
punto e descrive con crudezza quanto è accaduto negli anni della guerra civile:
il Governo ha identificato la guerriglia con i gruppi maya, manipolando la
storia, tutto ciò per giustificare aggressioni di massa indiscriminate. La
commissione ha denunciato la connivenza con l'apparato repressivo militare di
organismi di intelligence stranieri (in particolare statunitensi), tanto
che lo stesso presidente Clinton ha dovuto - così come riportato da «l'Unità»
del 13 aprile 1999 - dopo la pubblicazione del rapporto, chiedere pubblicamente
scusa al popolo del Guatemala.
Fra le sue conclusioni la commissione ha
affermato che lo Stato guatemalteco negli anni del Governo militare ha
deliberatamente incluso nel concetto di «nemico interno» tutti gli oppositori,
democratici o guerriglieri, pacifisti o non, comunisti o non-comunisti; la
grande maggioranza delle vittime degli atti illegali commessi dallo Stato erano
civili e non combattenti guerriglieri.
Un gran numero di bambini è stata vittima di
esecuzioni arbitrarie, sparizione forzata, tortura, stupro. Il conflitto ha
fatto sì che moltissimi bambini fossero abbandonati in quanto orfani;
specialmente tra gli appartenenti alla popolazione maya. I rappresentanti delle
associazioni non governative che abbiamo incontrato durante la nostra
permanenza in Guatemala ci hanno detto che ancora oggi incontrano tantissimi bambini
abbandonati senza nessuno che si curi di loro; né bisogna dimenticare che più
del 50 per cento della popolazione del Guatemala è costituita da minori. Lo
stato di abbandono fa sì che essi siano alla mercé di violenze, di criminali e
spacciatori. Si vedono moltissimi bambini per strada e si sa che moltissimi
bambini sono sottoposti a sfruttamenti inenarrabili. Il lavoro della
Commissione ha tra l'altro riportato alcune delle sistematiche violazioni dei
diritti umani, soprattutto nei riguardi delle donne; donne uccise, torturate o
stuprate.
Tra il 1981 ed il 1993 un milione e mezzo di
persone sono state costrette a lasciare le loro case. Gran parte di esse
facevano parte del gruppo etnico dei maya o erano ladini; 150.000 persone sono
fuggite in Messico. Questa gran massa di profughi ha visto la loro terra
depredata e confiscata e le loro proprietà distrutte.
Credo che vi sia un dato che poi inquieta di più
ed è proprio quello che riguarda la ferocia di queste azioni repressive che nel
Rapporto sono descritte e riportate (uccisioni di bambini, amputazioni di arti,
persone bruciate vive, estrazione delle viscere delle vittime, persone
torturate per giorni sino all'agonia, apertura violenta delle gambe di donne in
stato di gravidanza ed altre atrocità).
La CEH ha concluso che in Guatemala le
sparizioni forzate, le esecuzioni arbitrarie e lo stupro sono state pratiche
sistematiche di Governo; atti, quindi qualificabili come atti di genocidio in
base alla Convenzione sulla prevenzione e la punizione del crimine di
genocidio, adottata dalle Nazioni Unite il 9 dicembre del 1948 e ratificata
dallo stesso Guatemala il 30 novembre del 1949. Secondo la Commissione, la
responsabilità cade innanzi tutto in capo alle forze armate, al Presidente
della Repubblica, al comandante dell'esercito, al Ministro della difesa ed alle
più alte cariche governative di quegli anni, e quindi anche su Rios Montt, il
dittatore che ha provocato morti e lutti in Guatemala.
Il 24 aprile 1998 l'Ufficio dei diritti umani
dell'arcivescovado di Città del Guatemala ha pubblicato un analogo rapporto
intitolato «Guatemala nunca más» su 55.000 casi di violazioni dei diritti
umani. Cinque casi su sei sono stati ritenuti dalla Chiesa di responsabilità
dei militari. Due giorni dopo la pubblicazione del rapporto, il 26 aprile dello
scorso anno, è stato ucciso il vescovo di Città del Guatemala Juan Girardi,
cioè colui che ha fortemente voluto tale inchiesta e a tutt'oggi su questo
assassinio non sembra esserci nessuna possibilità di indagine seria.
È vero che gli accordi di pace reggono, ma è
anche vero che la violenza politica non è terminata. Tutti ci hanno detto che
il paese vive una transizione difficile verso la democrazia. Lo scorso anno è
stato bocciato il nuovo Codice per l'Infanzia, che costituiva un semplice
adeguamento delle norme interne sui diritti dei bambini agli standard
internazionali. La cocente bocciatura delle riforme costituzionali nel referendum
popolare tenutosi a maggio di quest'anno è ulteriore testimonianza di un
processo complicato di democratizzazione. Solo il 18 per cento dell'elettorato
potenziale si è recata alle urne, e di questo, in un clima misto di
indifferenza, paura ed intimidazioni, il 55 per cento ha votato contro la
modernizzazione della Carta costituzionale; grandi quindi devono essere le
inquietudini e le preoccupazioni non solo perché in questo modo l'esercito
continuerà a ricoprire il ruolo di garante dell'ordine pubblico ed in realtà,
come molti ci hanno detto, ad essere dietro le esecuzioni extra giudiziali, ma
anche perché lo stesso generale Rios Montt, che, se la Corte penale
internazionale fosse già operativa dovrebbe essere incriminato per i gravi
crimini contro l'umanità, per quanto riguarda le prossime elezioni, secondo
notizie riportate recentemente dal «manifesto» si presenterà alle prossime
elezioni nel novembre 1999. Credo che di fronte a queste notizie, alle tante
inquietudini, di fronte all'azione intelligente e di straordinaria generosità
che le nostre organizzazioni non governative stanno svolgendo in quel
territorio, dobbiamo chiederci quale possa essere l'impegno della comunità
internazionale.
Nella mozione firmata dai rappresentanti di
tutti i Gruppi, il primo obiettivo che indichiamo è quello di dare sostegno e
forza alle raccomandazioni fatte dalla Commissione di chiarimento storico al
Governo del Guatemala sugli impegni da assumere per la tutela dei diritti umani
nel paese: raccomandazioni che, innanzitutto, chiedono misure concrete per
preservare la memoria storica delle vittime, per risarcire e compensare i danni
morali e materiali, per rafforzare una cultura di mutuo rispetto e di
osservanza dei diritti umani, per rafforzare il processo democratico, per
istituire un organismo responsabile per la promozione e il monitoraggio, nel
pieno rispetto delle precedenti raccomandazioni.
Il nostro paese, che è impegnato in aiuti al
Guatemala insieme ad altri paesi, anzitutto dell'Unione europea e della
comunità internazionale, deve assumersi l'impegno di accompagnare il Guatemala
nel processo di riforma indicato dalla Commissione.
Chiunque vinca le prossime elezioni politiche,
elezioni che, a nostro avviso, sarà importante monitorare, attraverso l'invio
di una delegazione parlamentare, per verificare che esse siano realmente free
and fair, deve accettare tutte le raccomandazioni finali della commissione
di chiarimento storico in ordine alla pace e ai diritti umani. Deve sapere che
le relazioni diplomatiche ed economiche con il nostro paese e con l'Unione
europea devono inscindibilmente essere collegate al rispetto integrale dei
diritti umani e delle sollecitazioni provenienti dalle Nazioni Unite.
Noi pensiamo che non bisogna lasciare solo quel
paese nella ricostruzione della sua memoria storica. Riteniamo sia importante
contribuire alla «Fondazione per la pace e l'armonia», organismo previsto dalla
Commissione con funzioni di garanzia, di promozione e di monitoraggio
dell'implementazione delle Raccomandazioni della Commissione stessa.
Auspichiamo che la missione ONU di MINUGUA possa
continuare con compiti nuovi, legati alle richieste e alle conclusioni della
CEH.
I diritti umani vanno tutelati, ovunque vi siano
sistematiche violazioni degli stessi, con i mezzi della diplomazia preventiva,
con i contenuti della solidarietà e con l'azione quotidiana di presenza in quei
territori, così come stanno facendo i nostri rappresentanti delle
organizzazioni non governative.
Siamo convinti che ogni azione preventiva -
tutto quello che si fa sul terreno della cultura e della ricostruzione sociale
ed economica - costituisca un rischio in meno di massacri e violenze domani. (Applausi
dai Gruppi Democratici di Sinistra-L'Ulivo e Verdi-L'Ulivo e della senatrice
Scopelliti).
PRESIDENTE. Non essendovi iscritti a parlare
nella discussione, ha facoltà di parlare la rappresentante del Governo.
TOIA, sottosegretario di Stato per gli affari
esteri. Signor Presidente, prima di entrare nei punti oggetto della
presente mozione, vorrei brevemente illustrare l'azione che il Governo ha
svolto nei confronti del Guatemala e delle vicende storiche di questo paese,
che hanno visto una nostra partecipazione a livello politico.
A nome del Governo, infatti, mi sono recata in
Guatemala per firmare gli accordi di pace nel dicembre 1996: questa presenza a
livello politico voleva dimostrare un'attenzione e un impegno, ed anche ad una
costanza e continuità di relazione.
La firma degli accordi di pace - tappa
significativa del processo di pacificazione - ha rappresentato l'inizio di un
periodo assai complesso e dagli incerti esiti, per tutte le implicazioni che
una vera pacificazione comporta, e che non significano soltanto la
reintegrazione dei guerriglieri e la cessazione delle ostilità, ma che
significano soprattutto portare la pace in una popolazione che - come
sottolineava la senatrice Salvato - vede nella pluralità delle comunità
indigene, nella loro autonomia e non comunicazione, uno degli ostacoli maggiori
a creare una coscienza di partecipazione nazionale nel paese.
Riparto da quel punto per sottolineare come, in
quella occasione, abbiamo sancito, in qualche modo, l'impegno morale e politico
del nostro paese ad affiancare il Guatemala in questi anni, naturalmente
all'interno della Comunità internazionale e di quella dei donatori;
affiancamento che però ha visto alcune tappe di arresto in relazione anche alle
difficoltà con cui il processo di democratizzazione effettiva si è svolto. E
dunque anche la comunità internazionale ha avuto un'attenzione inferiore,
forse, alle aspettative di quel grande evento della firma degli accordi di pace
proprio per le difficoltà che si sono susseguite nel paese. Con questo io
voglio però ribadire un nostro impegno, che anche questa mozione ci sprona a
rendere più efficace e più propulsivo, proprio per essere elemento di
sollecitazione anche dell'attenzione dell'Unione europea verso le tappe che
attendono con le elezioni, e che avrebbero atteso con il referendum, se
fosse stato approvato, i prossimi mesi di questo paese.
Voglio anche rassicurare che in occasione di
eventi che hanno caratterizzato, appunto, la difficoltà dell'affermazione della
coscienza sui diritti umani, abbiamo svolto azioni anche individualmente.
Quando ci fu l'assassinio di monsignor Girardi e si tentò in qualche modo in
quel paese di attenuare il significato politico di questo assassinio, l'Italia
fece anche dei gesti bilaterali per richiamare a un'esigenza di certezza nelle
indagini e di affermazione di una ricerca di verità per un assassinio che si è
perpetrato il giorno dopo la presentazione di questo rapporto dei diritti umani
da parte di monsignor Girardi, e quindi con delle implicazioni abbastanza
evidenti di relazione tra l'attività per i diritti umani di questo vescovo e la
sua uccisione. Uccisione che però ad oggi, come si diceva, anche se non abbiamo
mancato di sollecitare il Presidente del Guatemala in visita al presidente
Scalfaro qualche mese fa, ancora non ha trovato una certezza di percorso di
indagine, una chiarezza di individuazione.
Per quanto riguarda i punti che sono stati
segnalati dalla mozione, vorrei brevemente sottolineare che, da un lato, come
del resto si riconosce, l'Italia stessa ha contribuito alla formazione di
MINUGUA: vi è un contingente di 10 carabinieri che fa parte del complesso della
presenza di questa forza ed abbiamo anche dato in passato un apporto
finanziario alla formulazione del rapporto sul chiarimento storico. Anch'io
condivido che questo rapporto andrebbe probabilmente più divulgato, almeno
nella parte delle considerazioni e delle conclusioni finali e delle
raccomandazioni, perché effettivamente contiene traccia di eventi così
spaventosi che credo sarebbe assolutamente doveroso non nascondere e non
dimenticare.
Per quanto riguarda il primo punto del
dispositivo, chiederei o di modificarlo o di consentircene un'interpretazione
abbastanza elastica, nel senso che ancora una volta condizionare in modo rigido
ogni aiuto italiano o comunitario all'implementazione delle raccomandazioni
della Commissione ci vincola in un modo che io credo poco opportuno se
pensiamo, ad esempio, che questo paese ha avuto e sta avendo anche degli aiuti
di emergenza in relazione al fatto che l'uragano Mitch ha colpito anche in
Guatemala. Quindi io credo che potremmo interpretare questa frase o modificarla
nel senso certamente di mantenere una pressione forte, costante sul Governo
guatemalteco affinché rispetti le raccomandazioni e ne dia attuazione continua.
Il secondo paragrafo fa riferimento ad
iniziative da assumere in sede europea, e vorrei dire che le abbiamo intraprese
immediatamente all'indomani della pubblicazione del rapporto con una dichiarazione
dell'Unione europea, adottata proprio per sottolineare il valore di queste
raccomandazioni, ed anche con un passo che la troika ha fatto in
Guatemala presentandosi, appunto, a nome dell'Unione europea, al Governo del
Guatemala sui temi dei diritti umani.
Un'altra occasione è stata quella dell'incontro
tra paesi europei e paesi centro-americani, che si è tenuta a Bonn nel maggio
scorso, ed anche in quell'occasione è stata fatta una raccomandazione al
Guatemala per l'implementazione degli accordi e per il rispetto delle
conclusioni e delle indicazioni contenute nel documento; e tutto ciò è
menzionato nella dichiarazione finale dell'incontro dell'Unione europea con i
paesi centro-americani.
Su questo punto, come sapete, la legge
attribuisce al Comitato interministeriale di coordinamento della cooperazione
la decisione finale sulle assegnazioni e la Direzione generale per la
cooperazione allo sviluppo è quella competente, in fin dei conti, a determinare
i contributi che la cooperazione italiana dà, ma assumo l'impegno a far sì che
ci possa essere un contributo della nostra cooperazione proprio alla Fondazione
per la pace e l'armonia, che è il soggetto appunto che la Commissione di
chiarimento storico mette in atto.
Infine, relativamente alla possibilità di far
protrarre il mandato di MINUGUA, che scade l'anno prossimo, è chiaro che ci
mobiliteremo in questo senso, sosterremo l'esigenza che MINUGUA rimanga in
Guatemala, ma questa è una decisione che naturalmente potrà essere adottata
solo con l'accettazione delle autorità di quel paese e dunque delle autorità
che usciranno dalle elezioni che si terranno appunto in ottobre, non è
ovviamente una decisione che possa essere assunta unilateralmente dalle Nazioni
unite.
Così pure, per quanto riguarda la presenza di
osservatori per le elezioni, deve venire anche un invito formale da parte del
Tribunale supremo elettorale guatemalteco; tuttavia noi, a seguito di qualche
indicazione informale pervenuta dal Senato ma anche per una nostra decisione,
abbiamo già sollevato in sede europea questo problema dell'esigenza che le
elezioni siano svolte in presenza di osservatori che possano rappresentare un
elemento di garanzia, una elemento utile per il loro svolgimento.
Infine, due ulteriori informazioni. Sia pure in
un quadro che non vede i paesi latino-americani come prioritari per la
cooperazione finché non interverranno indirizzi di ripensamento di queste
priorità (che io auspicherei che il Senato prima o poi affrontasse), oggi vi è
però una disponibilità della cooperazione al finanziamento non solo di alcune
ONG, che sono state richiamate dalla senatrice Salvato, ma anche di programmi
di credito di aiuto, quindi di progetti che il Governo guatemalteco possa
presentare in relazione ovviamente a priorità tematiche di sviluppo agricolo,
di promozione sociale che siano considerate condivisibili dal nostro punto di
vista (penso soprattutto al settore agricolo e al microcredito rurale).
Vi è inoltre l'ipotesi di un finanziamento a
dono per un programma di rafforzamento istituzionale a livello locale, e anche
questo credo vada nella direzione complessivamente auspicata dalla mozione.
È stato inoltre recentemente approvato un
programma bilaterale, affidato all'Istituto agronomico d'oltremare di Firenze,
in favore del Movimento cooperativo guatemalteco, nonché altre iniziative
minori che non cito, le quali dimostrano come questo paese, pur, ripeto, in un
quadro che non vede l'America Latina prioritaria, sia comunque destinatario di
interventi.
L'ultima informazione che vi fornisco è che
abbiamo anche ritenuto (e credo questa sia una decisione che il Senato possa
apprezzare nel quadro dell'illustrazione che è stata fatta della mozione) che
proprio per sollecitare, diciamo, un'azione di carattere preventivo sul tema
dei diritti umani e dello sviluppo, fosse opportuno riaprire in Guatemala
quell'Istituto di cultura italiana che in passato era attivo e che poi, nel
periodo più caldo della guerriglia, fu chiuso per l'impossibilità di protrarre
le attività. Tenderemmo a far sì che questo Istituto di cultura sia, più che un
punto di riferimento della cultura in senso classico o della cultura in senso
stretto, un punto di riferimento per problematiche di carattere sociale, di
cultura politica, di diritti umani e dunque un centro di cultura orientata
appunto all'attualità dei temi di interesse per quel paese ma anche per tutta
la comunità internazionale nei paesi in via di sviluppo. Fortemente si è voluta
la riapertura di questo Istituto, che non è ancora attivo (ma è una decisione
già adottata), e l'indicazione che abbiamo dato alla direzione culturale è
proprio quella di aprire un Istituto, come stiamo facendo per l'Indonesia, che
segua questo tipo di indicazione, che abbia questo taglio e dunque rappresenti
un luogo, una palestra, per così dire, indirizzata proprio a questo settore
della promozione dei diritti umani e dell'affiancamento dello sviluppo delle
comunità locali, in particolare in questo paese che ha questa peculiarità di
una popolazione indigena così rilevante e così caratterizzante per esso.
SALVATO. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
* SALVATO. Signor Presidente, ho ascoltato
attentamente le osservazioni della senatrice Toia.
A proposito del primo punto, che è un punto
politico, non sono disponibile a cambiare nel senso indicato dalla
Sottosegretario. Mi faccio carico della sua preoccupazione rispetto, ad
esempio, ad eventi straordinari: la senatrice Toia ha ricordato l'uragano Mitch
e la necessità di interventi.
Potremmo lavorare nel senso di aggiungere, dopo
le parole: «a condizionare ogni aiuto economico italiano o comunitario», le
seguenti: «ad eccezione di interventi a carattere strettamente umanitario in
dipendenza di eventi straordinari», senza modificare il resto del testo, anche
alla luce di un'altra esperienza. Qualche mese fa in Aula la senatrice Toia, su
una mozione riguardante la Turchia, ci pregò di attenuare i toni. L'esperienza
e i fatti che stanno accadendo ci dimostrano che quella attenuazione forse non
era del tutto giusta. A mio avviso, quando si tratta di diritti umani, vi è la
necessità della massima trasparenza e della massima limpidezza. Quindi,
dobbiamo fare di tutto perché avanzi il processo di democratizzazione in
Guatemala e soprattutto bisogna essere accanto e solidali con le popolazioni
indigene. Però questo possiamo farlo a patto che gli aiuti del nostro paese
siano condizionanti rispetto ai percorsi democratici e siano strettamente
legati al rispetto dei diritti umani e delle condizioni poste dalla
Commissione. Allora, salvaguardiamo quegli eventi straordinari così come sono
stati indicati, ma senza modificare questo punto.
Infine, signor Presidente, nella nostra mozione
è previsto: «ad inviare una propria delegazione parlamentare». Se questo fatto
può dare adito, dal punto di vista formale (sappiamo quanto i formalismi pesino
sulle nostre discussioni), a qualche preoccupazione, possiamo cambiare il testo
in questo modo: «a garantire l'invio di una delegazione parlamentare attraverso
un rapporto con il Parlamento». Ritengo che debba sussistere una responsabilità
del Governo che invia una delegazione parlamentare. Chiaramente, ciò deve
avvenire in piena sintonia con il Parlamento, ma credo sia necessaria una
responsabilità del Governo, altrimenti potremmo anche noi, come Senato (come
già è accaduto altre volte), decidere l'invio di una nostra delegazione. La
delegazione che deve recarsi in quel territorio in occasione delle elezioni,
ossia gli osservatori parlamentari, devono andarvi con il timbro del Governo.
PRESIDENTE. Senatrice Salvato, come intende
riformulare la mozione?
SALVATO. Al primo punto, dopo le parole:
«condizionare ogni aiuto economico italiano o comunitario», aggiungere le
seguenti: «ad eccezione di interventi a carattere strettamente umanitario in
dipendenza di eventi straordinari», poi la mozione prosegue nel medesimo testo.
All'ultimo punto, inserire le parole: «a garantire l'invio di una delegazione
parlamentare attraverso un rapporto con il Parlamento».
PRESIDENTE. Cosa pensa la rappresentante del
Governo di queste due riformulazioni?
TOIA, sottosegretario di Stato per gli affari
esteri. Signor Presidente, per quanto concerne la seconda riformulazione,
siamo disponibili all'inserimento della parola: «garantire». Resta inteso -
come dicevo in precedenza - che ciò non dipende né dal Governo né dal
Parlamento italiano, ma dalla disponibilità delle autorità guatemalteche ad
accettare che venga svolto un compito di osservatori. Quindi, per quanto
riguarda il Governo, se si tratta del riconoscimento di una garanzia, non c'è
alcun problema, ovviamente in rapporto alla disponibilità della parte
guatemalteca.
Per quanto riguarda la prima riformulazione, se
la senatrice Salvato insiste, deve però sapere che, se il punto non è chiaro,
ciò significa che non possiamo neanche sostenere le organizzazioni non
governative, le stesse che lottano per l'affermazione di quei princìpi e di
quelle raccomandazioni che il Governo accoglie con il favore della Commissione.
Se lo limita ai contributi al Governo ha un senso; se lo intende in termini generali,
credo che si finisce con il non aiutare la causa per la quale ci stiamo
mobilitando. È bene che questo punto venga chiarito.
SCOPELLITI. Le organizzazioni non governative
non c'entrano nulla.
* SALVATO. Questo aspetto, signora
Sottosegretario, a mio avviso era già chiaro e credo che ora sia altrettanto
chiaro.
Noi stiamo approvando proprio in questi giorni
qui in Senato la nuova legge sulla cooperazione. È chiaro che il Governo
italiano, rispetto agli aiuti da dare agli organismi di cooperazione, ha le
mani libere.
TOIA, sottosegretario di Stato per gli affari
esteri. Se per voi è chiaro...
Sia chiaro che dal testo, così come detto,
condizionare ogni aiuto economico comunitario...
PRESIDENTE. Dunque, signora Sottosegretario, la
formulazione è la seguente: «a condizionare ogni aiuto economico italiano o
comunitario, ad eccezione di interventi a carattere strettamente umanitario in
dipendenza di eventi straordinari, al rispetto ed alla implementazione delle
raccomandazioni della CEH da parte del Governo guatemalteco in ordine alla
garanzia della pace e dei diritti umani». Questa è la dizione che la senatrice
Salvato è disposta ad accogliere, dopo le osservazioni fornite dalla
rappresentante del Governo.
Invito dunque la rappresentante del Governo a
farci conoscere la propria opinione in merito, dopodiché porremo la mozione ai
voti.
TOIA, sottosegretario di Stato per gli affari
esteri. Questa affermazione, nei termini generali, non specifica se
l'aiuto, che va condizionato al rispetto da parte del Governo guatemalteco
delle considerazioni ivi contenute, sia intergovernativo o sia «un aiuto in
genere» che vada a finire in quel paese: presumo che sia solo l'aiuto
intergovernativo, perché altrimenti non potremmo sostenere gli altri aiuti, che
vanno poi nel paese ad incidere con il sostegno, per esempio, al movimento
cooperativo, a queste realtà.
Se questa è l'interpretazione, certamente per
noi è comunque restrittiva; ma se la senatrice Salvato insiste, questo diverrà
il testo approvato al Senato e il Governo si atterrà ad esso.
SALVATO. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Consentiamo senz'altro alla
senatrice Salvato di precisare ulteriormente l'interpretazione della nuova
versione.
* SALVATO. Signor Presidente, credo che la
formulazione, così come detta, sia chiara. Se la signora Sottosegretario ha il
dubbio che in questo modo non possano essere inviati aiuti alle associazioni
non governative chiariamolo, scriviamolo. Credo, però, che rispetto agli aiuti
in genere che vanno a quella nazione questa condizione del rispetto dei diritti
debba essere altrettanto esplicita.
Nulla vieta, signora Sottosegretario, di mandare
aiuti alle organizzazioni non governative. Se vogliamo chiarirlo, suggerisca
una formula per farlo; il senso politico, però, non può essere stravolto.
SCOPELLITI. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SCOPELLITI. Signor Presidente, intervengo per
una velocissima dichiarazione (anche perché la numerosa schiera di colleghi che
ho alle mie spalle non è qui perché freme dal desiderio di applaudirmi, ma
perché desidera che io faccia presto).
Vorrei svolgere solo una brevissima
considerazione, perché anch'io facevo parte del comitato che ha fatto questo
«viaggio» in America Latina: il breve soggiorno in Guatemala è quello che mi ha
colpito maggiormente.
Siamo arrivati lì per rappresentare la nostra
causa per l'abolizione della pena di morte, ma ho scoperto che lì, più che
altrove, il diritto alla vita deve partire dalla vita del diritto.
Dall'illustrazione che ne ha fatto la senatrice Salvato (ma anche dalla lettura
della mozione) si può ben capire come in questo paese il diritto non solo non
esista, ma vi sia una situazione talmente caotica che francamente non si sa da
dove cominciare per mettere ordine nell'affermazione del diritto.
Oserei quasi dire che è necessaria proprio
un'alfabetizzazione del diritto, senza escludere quella della democrazia:
democrazia, in un paese in cui il 60 per cento della popolazione ha soltanto
due rappresentanti al Parlamento. Rappresentanti che abbiamo incontrato nelle
varie espressioni: non una forza politica si è mostrata attenta alla nostra
causa di abolizione della pena di morte, non perché il problema non
interessasse loro (anzi: vi sono stati troppi casi di esecuzioni sommarie), ma
proprio perché il diritto alla vita diventa secondario rispetto alla vita del
diritto.
La cosa più stravagante di questo paese è che
c'è un numero enorme di spot televisivi che rivendicano l'affermazione
dei diritti umani, una cosa che non si è vista in alcun paese. Laddove non c'è,
il diritto umano viene predicato ma non praticato.
Il Guatemala è un paese la cui miseria deve far
riflettere molto. Ho visto come vivono uomini, donne e bambini: in capanne
arrampicate su una collina che è pronta a scendere a valle, senza aspettare
necessariamente un grande uragano perché è sufficiente una pioggia un po' più
forte. La miseria, il pericolo, il tentativo di sopravvivere a costo della
propria vita è dettato dal fatto che i terreni sono disboscati per coltivare il
mais, l'alimento di primo nutrimento.
Credo che l'approvazione della mozione debba
rappresentare un punto di partenza per un impegno del Governo che deve essere
concreto, reale e molto forte. Anche la volontà espressa dalla mozione di
inviare una delegazione parlamentare con il compito di osservare e monitorare
le elezioni politiche, il prossimo novembre, è fondamentale proprio per il
rispetto di quei principi basilari del diritto che garantiscono la vita della
democrazia. In questo paese più che in altri, è necessario che il Governo italiano,
forte del fatto di rappresentare un paese democratico e civile, uno Stato di
diritto, intervenga non soltanto con mezzi straordinari ma anche con mezzi
quotidiani. Occorre istruire tutti gli strumenti a disposizione, a cominciare
dalle rappresentanze diplomatiche, per garantire un'informazione costante e far
sì che l'associazione MINUGUA ma anche le associazioni non governative, sentano
attenzione intorno a loro. Diversamente anche le associazioni più volenterose,
come MINUGUA, rischiano di cadere nell'apatia e nella rassegnazione, il che
sarebbe davvero la morte di tutto. (Applausi dal Gruppo Forza Italia.
Congratulazioni del senatore Carcarino).
CARUSO Antonino. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CARUSO Antonino. Signor Presidente, auspicherei
davvero che l'esame di questa importante mozione si concluda con la
condivisione del Governo piuttosto che con il voto del Senato. Credo infatti
che una Sottosegretaria persuasa dei contenuti della mozione rappresenti il
vero valore aggiunto che il documento può e deve avere.
Intervengo quindi solo per perorare una causa
nei confronti della sottosegretario Toia: a me sembra che il primo punto, posto
da ella in discussione nella sua replica, in fin dei conti abbia un contenuto
molto chiaro, direi inequivoco. Si tratta evidentemente di una condizione che è
riferita alla condotta del Governo guatemalteco: è impensabile immaginare, nel
contesto della mozione, un riferimento all'obbligo del terzo; il
condizionamento si riferisce alla relazione tra il Governo italiano e il
Governo guatemalteco ed è esclusa l'ipotesi dell'adempimento da parte del terzo
rispetto all'aiuto che il Governo italiano potrebbe riferire ad altro soggetto.
La senatrice Salvato - credo che questo dato
debba essere raccolto a nome di tutti coloro che hanno sottoscritto la mozione
- ha subito prodotto un intervento correttivo che rappresenta la traduzione
esatta di quella che è stata la preoccupazione che lei ha rivolto nel corso del
suo intervento e ciò dunque deve suonare a testimonianza di un'attenzione da
parte di coloro che hanno sottoscritto la mozione in esame verso la posizione
«professionale» del Governo nell'esaminare tale questione.
Signora Sottosegretario, concludo, dunque, il
mio intervento volto unicamente a perorare la causa della sua condivisione al
lavoro svolto da una parte del Senato.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la
rappresentante del Governo. Ne ha facoltà.
TOIA, sottosegretario di Stato per gli affari
esteri. Signor Presidente, desidero solo compiere una brevissima
precisazione: capisco benissimo e condivido lo spirito della mozione,
conoscendo il Guatemala come l'hanno conosciuto gli onorevoli senatori nella
loro missione e capendo quanto sia necessario lavorare nel senso indicato, ma
la mia pignoleria nasce da un punto. Come ho detto tra i programmi in corso ve
ne è uno che, proprio per sostenere il consolidamento del processo di pace,
prevede un intervento a dono, quindi diretto e non rivolto alle ONG, che si è
ottenuto con fatica, per un programma di rafforzamento istituzionale a livello
locale. Presumo che i suoi destinatari siano delle municipalità, delle
istituzioni locali, perché è volto proprio a rafforzare i livelli più diretti
di partecipazione democratica; in ogni caso tale progetto è rivolto ad un soggetto
pubblico, non ad una ONG e pertanto riterrei sbagliato che la condizione posta
nella mozione si estendesse anche a questo tipo di destinatari che - ripeto -
sono istituzioni guatemalteche, non ONG italiane, ma non sono il Governo
centrale di quello Stato.
Se da questa discussione emerge chiaramente che
la condizione prevista non impedisce questo tipo d'interventi, condivido la
formulazione proposta della mozione, poiché, però, sia chiaro che questi
interventi sono fattibili, anche perché vanno proprio nel senso auspicato.
PRESIDENTE. Metto, dunque, ai voti la mozione n.
383, presentata dalla senatrice Salvato e da altri senatori, nel testo
modificato dai presentatori.
È approvata.
La discussione delle mozioni all'ordine del
giorno è così esaurita.