Caro sindacato, svegliati
la nuova bandiera è la formazione
Segretario
generale della Federazione Formazione e Ricerca della CGIL
(dal Corriere del
Lavoro 25.01.2002)
La sinistra ha sempre avuto nei confronti della
formazione professionale un atteggiamento contraddittorio e, idealisticamente ha
sempre privilegiato la scuola, l’istruzione. Non le sembra un paradosso che le
organizzazioni che mettono al centro il lavoro, poi, in realtà disprezzino la
formazione per il lavoro?
Si, l’idea tardo-gentiliana è dura a morire anche nella sinistra. Nel passato aveva una giustificazione, perché si trattava di integrare la cultura del Paese, di offrire alla popolazione dei saperi minimi uguali per tutti. Ma quando la scuola di base s’è alzata sarebbe stato necessario alzare anche la formazione professionale, che nella cultura sindacale e della sinistra è rimasta invece indietro, quasi una figlia minore. Allora, diciamolo forte: la formazione professionale non è un canale di serie B No, non deve essere concepita come un canale di serie B. Bisogna prendere atto che vi sono diversità di approcci e di saperi, diversi modi di apprendere, diverse tipologie di persone. Si può apprendere dalla capacità di astrazione ma anche dalla manualità e dall’operatività. Si, ma don Milani diceva che “nulla è più ingiusto che far parti uguali tra diversi”. Non sono d’accordo se significa che le disuguaglianze sono destinate a rimanere: vanno invece superate. E il lavoro deve rivendicare il suo ruolo di luogo di apprendimento. In questo anche le aziende sono d’accordo: il luogo della formazione è l’impresa, non l’aula. L’esperienza di apprendimento nell’impresa è
cultura solo se formalizzata, se aiuta a verificare i saperi, a riflettere, a
creare sintesi. Altrimenti è addestramento, non formazione. La sola formazione
“on the job” è conservativa. La formazione è invece conoscenza riflessiva. In ogni modo, tornando al sindacato e alla sinistra, la formazione professionale è sempre stata considerata un canale minore e ghettizzante, “di classe”, come si diceva una volta. Non in questi ultimi anni. Insomma, se c’è
l’obbligo formativo a 18 anni, se è conquistabile nella scuola ma anche nella
formazione e nell’apprendistato, lo si deve a noi. Ci sono tante sinistre e
tanti modi di fare sindacato. Ci sono i tardo-gentiliani, ma anche chi governa
da sempre regioni come l’Emilia Romagna, dove si realizzano le migliori
esperienze di integrazione. Il merito è anche della concertazione, che oggi chiamano dialogo sociale? Il peso della formazione è stato aumentato proprio grazie alla concertazione e alla |
bilateralità. Averla finalizzata ai bisogni
sociali e di sviluppo dei territori e delle imprese è stato un passo avanti,
grazie ai sindacati territoriali, agli Obn-Obr e alla concertazione. Ma, scusi l’insistenza, davvero non crede che la formazione sia ancora considerata figlia di un Dio minore? No, ma ad alcune
condizioni. Che l’obbligo scolastico resti a 15-16 anni uguale per tutti,
Impedendo una scelta precoce dei due canali formativi nelle scuole medie, che
tra l’altro sottintendono che l’età per iniziare il lavoro è scesa a 14
anni. Che la formazione sia collegata all’analisi dei fabbisogni territoriali
e delle imprese. Che prosegua il lavoro di certificazione dei percorsi
formativi, trasparenti e utili sia alle imprese che ai territori. Che
l’apprendistato rappresenti anche il luogo in cui si maturano crediti utili per il passaggio alla formazione
superiore, agli IFTS postdiploma. Che la formazione iniziale sia collegata alla
formazione continua e ricorrente. La formazione acquista senso se è collegata
alla formazione anche degli adulti, degli over 50. Nel disegno di legge Moratti sulla riforma della scuola si parla dell’introduzione di un altro canale dell’alternanza oltre l’apprendistato. Da quello che si vede, vi sono rischi di una
canalizzazione rigida e precoce dei giovani nella formazione professionale.
Mentre per esempio in Paesi come la Germania si sta riconsiderando un
apprendistato rigido e strutturato, che era nato sul modello della grande
impresa industriale. Oggi il modello fordista non funziona più. Servono modelli
flessibili. L’altra cosa che mi preoccupa è la scomparsa dal dibattito e
dalla riforma del legame con la formazione continua. Che non ci pensi la Moratti mi sembra comprensibile. Ma anche la sinistra e il sindacato non ne parlano. Si, è così. Eppure io credo che il modello
dell’apprendimento lungo tutto l’arco della vita sia la nostra nuova
bandiera, il nuovo baricentro dei diritti sindacali e delle persone. E’ la
formazione continua che deve plasmare i rapporti sindacali. Vorrei su questo
obbiettivo la stessa passione e calore che vengono impiegati su altri fronti. La
stessa battaglia sull’articolo 18 va bene, ma bisogna farla anche per la
formazione continua. Come vede il dialogo tra lavoro e istruzione? Mi pare che non ci sia. Vedo un’improvvisazione assoluta, un dilettantismo pericoloso. Il ministero della Moratti soffre di autoreferenzialità. Non coinvolge le Regioni, non coinvolge le migliori esperienze di concertazione e bilateralità. Vedo il pericolo che tutto si fermi, che si blocchino quelle parti di riforma che sono già in atto: il nuovo |
apprendistato, l’obbligo formativo e scolastico, il
postdiploma, le
certificazioni, l’integrazione dei sistemi, e la formazione continua. Quanto vale in risorse la formazione continua? A regime 1000 miliardi. Nasceranno a breve quattro o
cinque associazioni per la formazione continua, per investire e spendere al
meglio i contributi dello 0,30%. Per finalizzarli ai fabbisogni delle imprese,
con le parti sociali, e dei territori. Che sensazione prova a occuparsi di questi temi nel sindacato che non sempre ascolta? Si, a volte si prova una certa solitudine, è duro e
faticoso. Ma un salto culturale del sindacato è necessario. E’ un modo per
ripensare il mestiere del sindacato. Contrattare salario e orario va bene, ma
anche la formazione continua ha un ruolo strategico e si riflette sulle carriere
e sulla sicurezza dei lavoratori. Che effetto le fa parlare di concertazione quando vi state tirando, imprese e sindacati, bastonate e pallottole? Ribadisco il valore della concertazione, che non è
un gioco a somma zero, ma crea vantaggi per tutti. Soprattutto per quelle
imprese che sono sensibili alla formazione e alla qualità e non solo alla
logica dei costi. Lo stesso nel sindacato: credere e lottare per la formazione
significa dare spazio alle forze migliori dello stesso sindacato. |