POSIZIONE CONFEDERALE UNITARIA SULLA PROPOSTA BASSANINI PER LA SCUOLA (27/2/98)

Roma, 20 febbraio 1998

Prot. n. 483

ON. VINCENZO CERULLI IRELLI
PRESIDENTE COMMISSIONE PARLAMENTARE
PER L'ATTUAZIONE DELLA LEGGE N. 59/97
CAMERA DEI DEPUTATI
00186 ROMA - FAX 67604295

e, p.c.: ON. FRANCO BASSANINI
MINISTRO PER LA FUNZIONE PUBBLICA
CORSO VITTORIO EMANUELE, 116
00186 ROMA - FAX 68003473

ON. LUIGI BERLINGUER
MINISTRO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
VIALE DI TRASTEVERE 76
00153 ROMA - FAX 5809828

OGGETTO: Applicazione legge n. 59/1997 in materia di istruzione e formazione professionale - Osservazioni e richiesta di emendamenti.

Le scriventi Organizzazioni si pregiano trasmetterLe l'accluso documento di valutazione comune sul testo del decreto legislativo varato dall'ultimo Consiglio dei Ministri in applicazione della delega di cui alla legge in oggetto, ed in particolare per quanto attiene ai capi III e IV, riguardanti l'istruzione scolastica e la formazione professionale.
Nel richiamare la Sua attenzione sulle osservazioni e le richieste che si desumono dal suddetto documento, e che hanno peraltro gia' formato oggetto di discussione con il Ministro della pubblica istruzione, nel corso di uno specifico incontro, si chiede una cortese ed urgente convocazione, al fine di illustrare piu' dettagliatamente le motivazioni che sono alla base dell'iniziativa.
Si resta in attesa di riscontro e si porgono distinti saluti.

CGIL (A. Ranieri)
CISL (A. Ghisani)
UIL (A. Foccillo)

CGIL - SCUOLA (E. Panini)
CISL - SCUOLA (D. Colturani) (S. D'Ambrosio)
UIL - SCUOLA (O. Pagliuca)


DOCUMENTO DI VALUTAZIONE DEI CAPI III E IV DEL DECRETO LEGISLATIVO IN APPLICAZIONE DELLA LEGGE N. 59/97, RELATIVO A "ISTRUZIONE SCOLASTICA" E "FORMAZIONE PROFESSIONALE"

CGIL, CISL, UIL e i sindacati scuola confederali da tempo considerano la realizzazione dell'autonomia scolastica un passaggio cruciale rispetto a ogni processo di modernizzazione del sistema formativo.
Sia nell'accordo per il lavoro che nell'accordo con la Presidenza del Consiglio del dicembre scorso, il sindacalismo confederale ha posto l'autonomia come uno degli elementi piu' pregnanti non solo di un modello di governo del sistema formativo, ma anche di una diversa articolazione dei poteri fra centro e periferia che ancorasse la scuola al territorio, superandone l'autoreferenzialita'.
Per questo abbiamo condiviso l'impianto complessivo della legge 59/97: la conferma cioe' del carattere nazionale del sistema di istruzione e la conseguente responsabilita' dello Stato in materia (art.1); il trasferimento di numerosi poteri dell'Amministrazione centrale direttamente alle scuole, nella logica della costruzione di vere e proprie autonomie funzionali; l'assegnazione alle autonomie locali di nuove e precise responsabilita' in ordine alla programmazione dell'offerta formativa sul territorio.
E' indispensabile, percio', che questa nuova architettura istituzionale abbia una coerente applicazione.
Le diverse scansioni temporali dei vari provvedimenti attuativi, le varie sedi coinvolte fanno correre il rischio di perdere di vista questo disegno. Tanto piu' che atti fondamentali, riflettenti aspetti significativi della delega, come la riforma degli organi collegiali interni e territoriali, la riforma dell'Amministrazione centrale e periferica, pure previsti, sono ancora sullo sfondo; mentre altri provvedimenti, tutti relativi all'autonomia scolastica e riguardanti il dimensionamento delle istituzioni scolastiche, l'autonomia didattica e organizzativa, la dirigenza, sono in fase di emanazione.
E' quindi necessario che su questioni di cosi' grande rilevanza e complessita' si proceda evitando soluzioni rispondenti a logiche non coerenti con un disegno riformatore sostanzialmente finalizzato a rompere l'impianto centralistico e burocratico, con l'obiettivo di ancorare le scuole "autonome" al territorio, all'interno di un nuovo ruolo delle autonomie locali sul sistema formativo.
In questo quadro si collocano i provvedimenti approvati recentemente dal Consiglio dei Ministri applicativi della legge 59/97, la cui scadenza e' fissata al marzo '98. Le parti che riguardano l'istruzione (capo III) e la formazione professionale (capo IV), che pure in alcuni contenuti sembrano essere coerenti con questo impianto, contengono tuttavia alcune ipotesi, che sono in palese contraddizione con l'avviato processo di realizzazione dell'autonomia scolastica.
In linea generale, inoltre, a differenza di quanto avviene per altri settori, va sottolineato che provvedimenti relativi al trasferimento di compiti e funzioni, si traducono - solo per la scuola - in operazioni che coinvolgono parte del personale impegnato e la loro gestione: questa scelta ci sembra incongrua anche sul piano procedurale, oltre che politico.
In particolare:
  1. l'art. 131, comma 2, lettera d), trasferisce alle regioni la competenza per l'autorizzazione, il controllo e la vigilanza relativi ai vari soggetti ed organismi, pubblici e privati, operanti nel settore. Data la delicatezza della materia, non sembra opportuno che tali funzioni siano esercitate in forma autonoma ed esclusiva dalle regioni, dal momento che esse attengono ad un settore fondamentale della vita del Paese, la cui competenza gestionale dovrebbe essere assegnata in testa al Ministero della pubblica istruzione ed alle sue articolazioni territoriali, essendo vincolante il principio relativo alla salvaguardia dell'unicita' degli ordinamenti scolastici, dei programmi e dell'organizzazione generale, cosi' come peraltro sancito nell'art. 1, comma 3, lettera q) della legge n. 59/97.
  2. l'art. 133, comma 1, lettera f), delega alle regioni la funzione amministrativa relativa all'assegnazione di contributi alle scuole non statali. Per tale fattispecie, al fine di evitare possibili equivoci circa un'eventuale estensione delle provvidenze sinora previste e legittimamente iscritte nel bilancio dello Stato, andrebbe quanto meno completato l'attuale testo con l'aggiunta, dopo le parole "non statali", della seguente integrazione: ", nelle forme e nelle misure previste dalle disposizioni legislative vigenti alla data di entrata in vigore del presente provvedimento".
  3. l'art. 133, comma 4, prevede il passaggio del personale ATA dello Stato alle Regioni. Tale ipotesi contrasta nettamente con la filosofia dell'art. 21, che prevede decentramento di competenze amministrative dallo Stato alle scuole e presuppone una unitarieta' di governo in cui la dimensione amministrativa, organizzativa e didattica concorrono in uguale misura alla definizione del progetto di istituto.

Proprio per queste ragioni, tra l'altro, e' in via di approvazione in Parlamento il d.d.l. 932, che prevede un'operazione diametralmente opposta, cioe' la statalizzazione del personale ATA, oggi alle dipendenze degli Enti locali.
La stessa legge finanziaria, appena approvata, da' la potesta' ai Capi di istituto di affidare in appalto a soggetti esterni i servizi di pulizia, al fine di razionalizzare l'utilizzo del personale ATA, determinando cosi' un vero e proprio consolidamento dei poteri di autogoverno dell'istituzione scolastica. La scelta, quindi, della regionalizzazione di tale personale sembra non solo incoerente, ma addirittura improponibile.
L'art. 139, commi 1 e 2, prevede il trasferimento alle Regioni di alcune tipologie di istituti professionali, da definire con procedure che lasciano ampi margini di discrezionalita' nelle scelte.
Non risulta chiaro il senso di questa operazione.
Se, infatti, e' fuori discussione il ruolo delle Regioni nella "formazione professionale", cio' che costituisce un pesante limite del nostro sistema formativo e' la netta separazione fra "istruzione" e "formazione professionale". Piu' che un trasferimento di titolarita', questo problema richiede scelte coraggiose nella direzione della integrazione. Non a caso, nel recente accordo per il lavoro, le Confederazioni hanno rivendicato, in particolare, nell'integrazione di sistema il nuovo assetto di questo segmento dell'istruzione secondaria. Tale processo, peraltro, e' stato positivamente avviato da una commissione in cui, accanto alle parti sociali, sono presenti i Ministri del lavoro, della pubblica istruzione, dell'universita' e ricerca, e la rappresentanza delle Regioni.
Pertanto, l'obiettivo di un trasferimento di titolarita' di una parte degli istituti professionali rappresenterebbe una scelta arretrata ed incomprensibile, anche in relazione alla prospettiva dell'innalzamento dell'obbligo - che deve restare di competenza dello Stato - e di una riforma complessiva dei cicli di istruzione, di prossima discussione in Parlamento.
Al contrario, andrebbero valorizzate le realta' in cui si sperimentano forme di integrazione fra "istruzione" e "formazione professionale".
Tra l'altro, il trasferimento alle Regioni di alcuni istituti professionali e del relativo personale porrebbe non semplici problemi organizzativi e gestionali: si renderebbe necessario l'esercizio di un diritto all'opzione, rispetto alla amministrazione di appartenenza, di personale che si trova in quegli istituti solo casualmente e con un rapporto di lavoro complicato dal fatto che alcune titolarita' di docenti insistono su istituti di diversa tipologia. Su questi problemi si fondano le incertezze e le proteste pressoche' unanimi del personale appartenente all'istruzione professionale, cui verrebbe, sempre casualmente, modificato lo stato giuridico ed il rapporto di lavoro.
Pertanto, esistono le condizioni - e le Confederazioni ne colgono la valenza - per costruire un rapporto positivo tra processo di autonomia scolastica e l'ampio disegno riformatore. E cio' non puo' avvenire introducendo norme che entrerebbero in evidente contraddizione con questa prospettiva.
Le Confederazioni CGIL, CISL e UIL ed i rispettivi sindacati di categoria auspicano, di conseguenza, che i provvedimenti in esame, il cui perfezionamento e' ancora in fase di compimento, recepiscano le richieste unitariamente espresse, e che il processo riformatore venga al piu' presto completato con il varo di altri provvedimenti, opportunamente definiti anche attraverso un concreto confronto con tutti i soggetti interessati.

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