Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione

Prot. n.

Roma,

All’On.le Ministro
S E D E

 

Oggetto:

Parere su schema di D.P.R. recante "Riordino del Ministero della Pubblica Istruzione".

Adunanza del 14.3.2000

IL CONSIGLIO NAZIONALE DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE

Vista

la nota prot. n. 8167 u/L A.31 del 24 febbraio 2000 con la quale il Ministro della P.I. (Ufficio Legislativo) ha chiesto il parere del C.N.P.I. in merito all’argomento in oggetto;

Visti

gli artt. 24 e 25 del D. L.vo n. 297 del 16.4.1994;

Vista

la relazione della Commissione consiliare, appositamente costituita per l’esame istruttorio, ed incaricata di riferire al Consiglio in ordine all’argomento in oggetto specificato;

dopo ampio ed approfondito dibattito;

E S P R I M E

il proprio parere nei seguenti termini:

La riforma dell’amministrazione

I risultati del processo di riforma in atto non consentono di sottovalutare i problemi che rimangono da affrontare per l’attuazione di quanto previsto dal nuovo quadro normativo; problemi che, in alcuni casi, sono ancor più complessi di quelli già risolti. Con questa considerazione Il C.N.P.I. non intende disconoscere il valore dei risultati conseguiti: molte delle riforme approvate, infatti, erano ritenute necessarie e urgenti da circa 30 anni.

Serve, comunque, la consapevolezza che la definizione del quadro normativo rappresenta una condizione importante, una premessa necessaria, ma da sola non sufficiente, per determinare un cambiamento che implica un profondo mutamento dei comportamenti.

E’ necessario un impegno particolare affinché il personale della scuola, in primis quello docente, venga coinvolto e si senta protagonista consapevole e motivato dal processo di rinnovamento.

Occorre, in definitiva, predisporre le condizioni (ordinamentali, culturali, organizzative, professionali e finanziarie) affinché la riforma possa dare i risultati auspicati.

Il riordino del Ministero della P.I. si colloca in questo delicato snodo e va affrontato partendo dalla consapevolezza della incompatibilità della cultura e degli assetti organizzativi attuali con gli obiettivi della riforma.

Gli interventi su questa materia non interessano solo il personale direttamente coinvolto né hanno un carattere residuale: i loro connotati e la loro attuazione avranno una rilevanza notevole nelle scelte e nei comportamenti del personale (dirigente, docente e Ata) che quotidianamente e concretamente opera nella scuola.

Il quadro di riferimento per la riforma dell’amministrazione

L'articolo 50 del D. L.vo n. 300 attribuisce al ministero un ruolo determinante, al fine di coniugare l’attribuzione alle scuole di un’ampia sfera di competenze di carattere didattico, organizzativo ed amministrativo, con l'esigenza di mantenere il carattere unitario e nazionale del sistema di istruzione.

Coerentemente con la legge Bassanini (L. 59/97) che, nel primo articolo, afferma con chiarezza che sono esclusi dal trasferimento alle regioni e agli enti locali le funzioni e i compiti riconducibili a "istruzione universitaria, ordinamenti scolastici, programmi scolastici, organizzazione generale dell’istruzione scolastica e stato giuridico del personale", il decreto delegato, per quanto attiene alle funzioni di governo, affida al ministero questi compiti e recepisce l'indicazione dell'articolo 21 della stessa legge che riconosce l’autonomia delle singole istituzioni scolastiche in un quadro di "livelli unitari e nazionali di fruizione del diritto allo studio nonché di elementi comuni all’intero sistema scolastico pubblico in materia di gestione e programmazione definiti dallo Stato".Inoltre, al ministero ed in particolare alla sua articolazione periferica, (completamente ristrutturata con l'eliminazione delle sovrintendenze e dei provveditorati e l'istituzione delle direzioni generali regionali) competono le funzioni inerenti alle attività di supporto alle istituzioni scolastiche autonome, ai rapporti con le amministrazioni regionali e con gli enti locali, ai rapporti con le università e le agenzie formative, al reclutamento e alla mobilità del personale scolastico, all'assegnazione delle risorse finanziarie e di personale alle istituzioni scolastiche.

Realizzare questo intervento significa rovesciare una logica che vede, sia in termini teorici che pratici, la scuola subordinata alle indicazioni dell'amministrazione. Ripensare una organizzazione finalizzata a progettare e realizzare interventi formativi coerenti con le finalità e gli obiettivi generali del sistema di istruzione, mirati alla sviluppo della persona, adeguati ai diversi contesti e alle caratteristiche dei soggetti al fine di assicurare loro le condizioni del successo formativo (centralità del processo di insegnamento/apprendimento), richiede chiarezza di intenti e comportamenti coerenti, oltre ad una notevole capacità di gestione della transizione.

In altri termini, occorre realizzare modelli organizzativi più idonei al raggiungimento di tali obiettivi e costruire le condizioni di fattibilità anche in termini di risorse, di competenze professionali e di consenso.

Il centralismo, con le sue rigidità, il suo formalismo e le sue evidenti distorsioni, si caratterizza, comunque, per l'obiettivo di garantire un'omogeneità dell'offerta formativa. Si tratta, ora, di superare questa impostazione, ingiusta in quanto incapace di prendere in considerazione condizioni ed esigenze diverse, e di sostituirla con una basata su un nuovo principio regolatore: diversificare e personalizzare gli interventi didattici in modo da consentire a ciascuno di conseguire elevati livelli di apprendimento ed obiettivi formativi equivalenti anche se raggiunti con percorsi formativi diversi.

Per realizzare questa trasformazione, è necessario che non solo la singola unità scolastica ma anche l'intera amministrazione si rimettano in discussione e ripensino le loro strategie. Le difficoltà insite in questa operazione non vanno sottovalutate: le resistenze al cambiamento e il trascinamento di abitudini consolidate devono essere messe in conto ed affrontate con una strumentazione adeguata.

Un contributo, per superare queste difficoltà, può venire da una attenta analisi dei bisogni delle scuole autonome e dal modello di autonomia. Bisogna capire perciò quali sono le reali esigenze delle scuole e di quali supporti e strumenti hanno bisogno per ricentrare la loro attività rispetto alla nuova attenzione da riservare alle caratteristiche dei soggetti in formazione e ai processi di apprendimento; stabilire quali sono i poteri esercitabili autonomamente, entro un chiaro sistema di regole; prevedere strumenti di monitoraggio e valutazione, che non abbiano un carattere fiscale, ma siano orientati a sviluppare la conoscenza del funzionamento del sistema scolastico in tutte le sue articolazioni e a fornire gli strumenti di sostegno all'innovazione e per gli eventuali interventi di carattere compensativo. Da questo punto di vista lo schema di regolamento proposto non sembra sufficientemente convincente.

Le scuole hanno bisogno di supporti per l'attività di ricerca necessaria all'innovazione, di sostegni per migliorare i processi di valutazione, di formazione, di strumentazione e dati necessari alla conoscenza delle dinamiche sociali del territorio in cui operano e di quant'altro si muove intorno a loro.

Sono necessarie sedi esperte, centri territoriali, a cui le scuole possano rivolgersi per avere servizi e risposte ai loro bisogni e non circolari che frenino le loro potenzialità. Questi centri territoriali devono avere caratteristiche diverse da quelle tradizionalmente richieste per le tipiche funzioni dell’amministrazione, quali, ad esempio, la gestione degli organici, il reclutamento del personale, la ripartizione delle risorse finanziarie, ecc.. Le competenze tecnico-professionali necessarie devono trovare una loro specifica collocazione ed un peculiare assetto organizzativo, in modo da ridisegnare un chiaro quadro di competenze che superi la confusione che caratterizza oggi il sistema di governo della scuola e che metta ordine nel proliferare di "uffici" e "supporti".

Si presenta, quindi, una occasione storica per riorganizzare, in modo efficiente ed efficace, compiti e funzioni variamente dislocati (da quelle strettamente amministrative, a quelle svolte da ispettori, uffici studi, osservatori, nuclei, ecc) eliminando quelli trasferiti ad altri soggetti ed evitando duplicazioni.

Alcune di queste competenze tecnico-professionali (in particolare quelle di ricerca, programmazione, di sostegno all'innovazione e alla formazione del personale di monitoraggio e valutazione del processo) devono trovare una collocazione adeguata e raccordi funzionali efficaci nell’Ufficio scolastico regionale.

Inoltre, se si vuole realizzare una reale integrazione tra il sistema di istruzione e quello della formazione professionale, è necessario, contestualmente al presente Decreto, definire la composizione e le funzioni dell’organo collegiale interistituzionale previsto, in modo che sia possibile coordinare le diverse competenze.

E’ necessario, infatti, coniugare l’autonomia del sistema scolastico con le esigenze di raccordo e di integrazione espresse dal territorio, attraverso le diverse forme di rappresentanza istituzionale locale.

In proposito il C.N.P.I., richiamando quanto contenuto nella pronunzia di propria iniziativa del 22 luglio 1999, "non può esimersi dall’esprimere alcune preoccupazioni in ordine a possibili conflitti di competenza che possono insorgere tra le istituzioni scolastiche autonome, le Regioni e gli Enti Locali, in relazione al trasferimento di funzioni e compiti amministrativi operato dal D.L.vo 112/98. Queste preoccupazioni non intendono disconoscere "le opportunità e le prospettive che complessivamente possono derivare al sistema dell’istruzione e della formazione da un più diretto, incisivo, qualificato e motivante coinvolgimento delle Regioni e degli Enti Locali; ma proprio sulla base delle esperienze maturate in occasione del primo concreto banco di prova dell’esercizio, da parte dei Comuni, delle Province e delle Regioni delle competenze trasferite in materia di dimensionamento delle istituzioni scolastiche, è doveroso segnalare come in alcune realtà territoriali siano emersi conflitti, contrasti e incomprensioni che non hanno certamente contribuito a creare quel clima di serenità e di consenso che le nuove dinamiche dei rapporti interistituzionali tra la scuola e le autonomie locali avrebbero richiesto".

In quella pronunzia si ribadiva inoltre:

"La funzione ispettiva dovrà essere riorganizzata, prevedendo che gli Ispettori Tecnici dipendano funzionalmente dal Ministro della Pubblica Istruzione (D.M. 124 del 12.9.1991).

Gli Ispettori Tecnici svolgono le loro funzioni a livello nazionale e regionale, nell’ambito delle direttive stabilite dal Ministro della Pubblica Istruzione, con piena autonomia scientifica e professionale, sulla base di piani d’azione operativi definiti nelle competenti sedi istituzionali (dipartimenti nazionali e regionali) in stretto raccordo con le rinnovate segreterie tecniche.

Stante l’unicità del ruolo, gli Ispettori Tecnici possono essere, indistintamente, preposti ai servizi che svolgono funzioni di ricerca, di sviluppo, elaborazione di progetti sovranazionali e

nazionali di innovazione didattica, nonché ai servizi di supporto all’autonomia didattica e organizzativa, sia presso l’Amministrazione centrale che quella regionale.

L’Agenzia Nazionale per la Valutazione dovrà avvalersi sistematicamente delle competenze ispettive tecniche, al fine di sostenere lo sviluppo qualitativo del sistema dell’istruzione. (Direttiva del Ministero della Pubblica Istruzione del 16.4.1999)".

Le scuole autonome (dotate di personalità giuridica e di dimensioni adeguate) hanno il compito di provvedere direttamente alla programmazione e alla realizzazione dell’offerta formativa e hanno competenza sulla gestione degli alunni e del personale. Vanno, perciò, liberate da ogni legame di subordinazione dell’apparato amministrativo".

Per realizzare compiutamente il riordino dell’Amministrazione, è necessario che il Parlamento approvi rapidamente la riforma degli Organi collegiali di istituto, con la individuazione chiara di competenze e responsabilità di ciascun organo, collegiale o monocratico, anche al fine di evitare, alla luce del Regolamento sull’Autonomia scolastica, sovrapposizioni e conflitti di competenza.

E’ necessario, inoltre, definire con chiarezza il rapporto tra gli Organi collegiali territoriali riformati e le nuove articolazioni dell’Amministrazione.

Per consentire alla Scuola dell’autonomia di svolgere le proprie funzioni in modo efficace, non basta trasferire compiti amministrativi gestionali, ma è necessario prevedere la costituzione di strutture decentrate dell’Amministrazione in grado di fornire alle scuole supporti tecnici ed amministrativi nonché servizi per consentire alle segreterie di svolgere efficacemente i compiti ad esse assegnati.

A tale scopo sarebbe auspicabile prevedere processi di riqualificazione del personale destinato a tali uffici per assicurare competenze professionali e tecniche funzionali alla scuola dell’autonomia.

Lo schema di Decreto sembra poggiare sul presupposto che gli organici funzionali siano già istituiti e consolidati per tutti gli ordini e gradi di scuola. Per evitare che nella fase transitoria si determinino difficoltà nell’assegnazione del personale, il C.N.P.I. sottolinea la necessità di prevedere, almeno in prima applicazione, modalità efficaci di gestione degli organici avvalendosi delle esperienze e delle competenze presenti attualemte negli uffici scolastici provinciali.

Il C.N.P.I. rileva che sul territorio nazionale si vanno realizzando forme di sperimentazione oltre quelle espressamente autorizzate con specifici decreti dal Ministero.

Non risulta che siano previsti anche per queste ultime sedi, criteri e strumenti di verifica.

La mancata previsione di detta strumentazione non consente, nel tempo, di poter trarre elementi ed indicazioni utili all’adeguamento in itinere del processo di riordino e all’eventuale generalizzazione e messa a regime dei modelli proficuamente sperimentati.

Il C.N.P.I. richiede, inoltre, di essere messo al corrente dei risultati delle sperimentazioni in atto.

Prima di passare ad una analisi più puntuale dei diversi articoli, il C.N.P.I., propone che venga esaminata la possibilità di un riferimento alle riforme scolastiche recentemente approvate (riordino di cicli e parità scolastica).

Per quanto concerne i processi di attuazione del "Riordino del Ministero della P.I.", ricordando che il coinvolgimento e la motivazione del personale rappresentano fattori determinanti per il successo di qualsiasi riforma, il C.N.P.I raccomanda che nella individuazione delle funzioni e delle sedi di lavoro del personale dell’amministrazione, siano assunti tutti gli accorgimenti (confronto tra le competenze richieste e quelle in possesso del personale, valutazione delle opzioni individuali rispetto alla scelta delle sedi, ecc.), utili a ridurre i possibili disagi e a valorizzare gli apporti e la professionalità del personale.

In merito ai contenuti specifici dello schema di D.P.R. relativo al riordino del Ministero della Pubblica Istruzione per il quale è stato richiesto il parere, il C.N.P.I. avanza le osservazioni e le richieste di modifica sotto indicate, avendo come riferimento il testo del 18 febbraio 2000:

 

Nella parte che precede l’articolato dello schema di decreto,

tra i visti va inserito: "VISTO il decreto legislativo 30 giugno 1999, n. 233",

va inserito, inoltre: "Acquisito il parere del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione, espresso nella seduta del ..... "

Art. 2

Va inserito un comma 5

Sulle materie indicate nel D. L.vo 233 del 30.6.99 e su quelle espressamente indicate dalle disposizioni legislative e dai regolamenti vigenti, il Ministro acquisisce il parere del C.N.P.I..

Art. 3

comma 2

dopo la parola "risultati", inserire un inciso: ", in relazione agli obiettivi assegnati,".

comma 3

sostituire "settori" con "coordinamenti o commissioni".


Art. 5

comma 1

Il riferimento a "docenti universitari, avvocati e altri operatori professionali", nella sua assoluta genericità, anziché individuare precisi requisiti professionali, sembra quasi indicare che le uniche

categorie escluse possano essere quelle degli ispettori, dei dirigenti scolastici e dei docenti non universitari.

comma 2

Alla terzultima riga: in coerenza con l’emendamento proposto all’art. 4 sostituire "settori" con "coordinamenti o commissioni";

L’"ovvero" della penultima riga risulta ambiguo in quanto il contesto non consente chiaramente di evincere in quale delle due accezioni (di specificazione o di disgiunzione) è usato.

La formulazione "un dirigente dell’amministrazione o un esperto estraneo ad essa" risulterebbe più chiara, se è questo che si voleva intendere.

Art. 6

Tra gli uffici di diretta emanazione del Ministro va previsto un ufficio studi che sia in grado di offrire tutti gli elementi di analisi, di previsione degli sviluppi e di comparazione del sistema di istruzione, oltre che il necessario supporto alle scelte di carattere culturale, didattico e pedagogico che il Ministro e l’Amministrazione siano chiamati ad adottare.

Tale ufficio, con ruoli e funzioni diverse da quelle del CSPI, potrebbe consentire anche a questo organismo di disporre degli elementi di analisi e di giudizio indipensabili per esprimere con adeguata cognizione di causa i pareri previsti.

Sembra comunque singolare che un ministero come quello dell’istruzione non si doti di uno strumento indispensabile al processo decisionale.

Art. 8

commi 1 e 2: possono essere unificati

Il C.N.P.I. esprime perplessità sulla opportunità di indicare nel regolamento il trattamento economico delle figure indicate nell’art. 8. Tali trattamenti potrebbero essere definiti con altro strumento normativo o inseriti in un allegato, eventualmente modificabile senza dover rivedere l’intero regolamento.

Art. 9

Le indicazioni relative alle dimensioni organizzative degli uffici territoriali sembrano derivare dalla esperienza pregressa piuttosto che dalle esigenze della scuola dell’autonomia.

Al comma 4 andrebbero previsti i parametri per la individuazione degli uffici territoriali. Tali parametri dovrebbero fare riferimento a bacini di utenza adeguati ad uno svolgimento efficace dei compiti di questi uffici. Le esperienze concrete di supporto o monitoraggio (esami di stato, valutazione dei dirigenti scolastici, autonomia) hanno dimostrato che i livelli organizzativi ottimali non possono far riferimento a bacini che superino le 80 unità scolastiche. L’inciso, "ove necessario", riferito alle dimensioni sub-provinciali, va pertanto eliminato, in quanto le dimensioni potranno essere provinciali o sub-provinciali, sulla base dei parametri indicati.

Art. 11

comma 1

L’attribuzione al "Dipartimento per lo sviluppo dell’istruzione" di compiti relativi alla "definizione e all’aggiornamento degli ordinamenti e dei curricoli e programmi scolastici" prefigura una delega permanente all’amministrazione di compiti che l’art. 8 del regolamento dell’autonomia attribuisce direttamente al Ministro, che li può esercitare sulla base di pareri delle Commissioni parlamentari e dopo aver sentito il C.N.P.I. .Tale attribuzione va quindi eliminata.

Per quanto riguarda, invece, le classi di concorso e le prove concorsuali va fatto riferimento all’acquisizione del parere del C.N.P.I..

L’affidamento a questo Dipartimento di compiti di vigilanza sull’Istituto Nazionale di valutazione risulta incongruo in quanto il soggetto valutatore finirebbe per essere vigilato da un organo che direttamente o indirettamente sarebbe da esso valutato.


Art. 12

La suddivisione delle competenze sul personale della scuola vedi la "definizione di nuovi modelli di prestazione del servizio del personale scolastico" affidata al dipartimento per i servizi nel territorio" e la funzione relativa "alla formazione e all’aggiornamento del personale della scuola" affidata "al dipartimento per lo sviluppo dell’istruzione" e addirittura costituita come un’area funzionale specifica, non sembra molto razionale.

Ammesso che abbia senso un’articolazione delle competenze sul personale, al dipartimento per lo sviluppo dell’istruzione dovrebbe essere affidato il compito di rappresentazione delle esigenze del servizio "nuovi modelli di prestazione del servizio del personale scolastico", mentre all’altro dipartimento i compiti di gestione e sviluppo del personale.

In generale, le articolazioni delle competenze tra l’art. 11 e l’art. 12 sembrano più rispondere a logiche interne all’amministrazione e ad un "trascinamento" (con elementi di rafforzamento) della situazione attuale piuttosto che all’esigenza di un assetto organizzativo razionale. Ne è un esempio la separazione delle competenze sull’integrazione degli studenti in situazione di handicap (è questa la dizione corretta e non quella dello schema di decreto) o sulla integrazione in generale.

Emerge una concezione estranea alle esigenze della scuola, in particolare della scuola dell’autonomia, e agli indirizzi del ministero che in più occasioni hanno evidenziato l’esigenza di considerare l’integrazione come parte integrante del curricolo.

Sembra strano che il Ministero assuma compiti relativi alle strategie sull’associazionismo degli studenti e dei genitori, ponendo serie ipoteche sull’autonomia di tali soggetti.

Il C.N.P.I. evidenzia, da un lato, il rischio di una concezione paternalista e dall’altro il fatto, un po’ singolare, che tra le diverse forme di associazionismo venga dimenticato quello degli insegnanti.

Emerge un forte limite di elaborazione sul rapporto dialettico che dovrebbe instaurarsi tra associazioni e ministero. Limite ancor più grave proprio in relazione alle scelte tendenti a potenziare l’autonomia della scuola e dei diversi soggetti che concorrono a dare sostanza a tale autonomia.

Il C.N.P.I. ritiene che questa parte debba essere completamente riscritta o espunta dal regolamento e trattata in uno specifico documento come risultato di un confronto con le diverse componenti dell’associazionismo, non condividendo comunque che questi compiti debbano essere affidati agli apparati amministrativi.

L’apparato concettuale che ispira gli articoli 11 e 12 ripropone logiche di carattere gestionale-amministrativo.

Non emerge una idea di "governo del sistema" e di "amministrazione al servizio della scuola".

E’ eclatante il fatto che mentre l’obiettivo che deve orientare l’autonomia delle scuole è costituito dal successo formativo, in nessun passaggio relativo ai dipartimenti e alla loro articolazione si faccia riferimento a questo obiettivo e si individuino sedi di analisi e strumentazioni idonee a perseguirlo e a ridurre le forti disparità che in merito esistono sul territorio nazionale.

Al secondo comma, punto b) dopo le parole "alle politiche giovanili", inserire "ai rapporti della scuola con lo sport".

Art. 13

comma 2

La gestione amministrativa e contabile non è una variabile indipendente dalle scelte didattiche e organizzative, pertanto la definizione dei relativi indirizzi deve essere predisposta sentendo le proposte che emergono dalla scuola della autonomia, anche attraverso le forme di partecipazione garantite dagli organi collegiali territoriali e nazionali.

comma 3

Al termine del comma si potrebbe inserire un passo che faccia riferimento alla possibilità che alcuni dati utili alle scelte delle scuole possano essere consultabili dalle stesse.


Art. 14

comma 2

Nel comma si attribuiscono all’USR compiti di "vigilanza" non precisati sulla attuazione degli ordinamenti scolastici.

Tale espressione nella sua genericità sembra riproporre una idea gerarchica che si pone in forte contraddizione con l’autonomia scolastica.

Si propone di sostituire "vigilanza" con "promuovere, attraverso competenti professionalità (ispettori, personale dei nuclei di supporto all’autonomia, Istituto nazionale di valutazione) iniziative di monitoraggio circa l’attuazione degli ordinamenti scolastici".

Art. 15

comma 2 - lettera b)

Tale accesso è in parte garantito da uffici pubblici di altre amministrazioni.

Se è giusto, quindi, prevedere intese con questi uffici, è anche necessario prevedere iniziative tendenti a riconvertire e valorizzare le competenze del personale dell’amministrazione scolastica che non sarà più adibito alle tradizionali funzioni amministrative. In quanto alle previsioni di intese con il volontariato (che nei fatti risultano generalmente onerose) è forse più opportuno prevedere una collaborazione dell’associazionismo scolastico e delle consulte degli studenti.

Art. 16

comma 3

Si ritiene necessario specificare che a norma dell’art. 19 della Legge 15 marzo 1997, n. 59, in relazione alle proposte organizzative dei dirigenti preposti alla direzione dell’ufficio scolastico

regionale, siano sentite sia le OO.SS. del personale del comparto ministeri sia le OO.SS. del personale della scuola.

Si ravvisa, inoltre, l’opportunità che, in contemporanea con l’emanazione del regolamento in questione, si emanino anche norme attuative finalizzate alla costituzione dei nuovi OO.CC.

Art. 18

comma 3

Alla seconda riga, dopo "di livello non generale", inserire: "compresi gli ispettori tecnici".

comma 5

Sostituire "la dirigenza tecnica per la progettazione e il supporto dei processi formativi esercita" con: "i dirigenti tecnici per i servizi ispettivi esercitano prevalentemente".

Alla fine del comma dopo "tali funzioni" inserire: "nell’ambito di una terna proposta dal Collegio competente".

comma 6

Dopo le parole "dirigenziale generale" sopprimere "preposti alle diverse aree".

Art. 19

La formulazione dell’articolo non consente una valutazione sull’efficacia della distribuzione del personale tra le diverse articolazioni dell’Amministrazione.

Il C.N.P.I. ritiene che il processo di definizione del quadro normativo previsto dalla legge 59/97 debba essere rapidamente completato in modo da consentire il pieno dispiegarsi delle potenzialità insite nella scelta dell’autonomia scolastica e considera il riordino del ministero un elemento importante di questo processo.

Rileva, però, che i contenuti e la logica che ispirano alcune parti dello schema di decreto non sempre risultano coerenti con l’esigenza di potenziare le capacità delle istituzioni scolastiche per consentire alle stesse di perseguire le finalità istituzionali ad esse affidate, con particolare riguardo all’obbiettivo del successo formativo degli studenti.

Il C.N.P.I. evidenzia che lo schema di decreto, mentre non definisce in modo chiaro le articolazioni periferiche dell'’mministrazione, propone un assetto del ministero che appare pletorico e scarsamente

funzionale, con il rischio che gli apparati, per giustificare la loro esistenza, finiscano per riproporre una logica dirigistica, piuttosto che esercitare le funzioni di indirizzo e programmazione che dovrebbero caratterizzare l’amministrazione riformata. Questa logica, proiettata negli U.S.R., potrebbe determinare una sorta di riproduzione di ministeri tradizionali a livello regionale, con il conseguente soffocamento delle potenzialità dell’autonomia.

Il C.N.P.I., pertanto, nell’esprimere un parere favorevole alla riforma prevista da D. L.vo 300, sottolinea che questa scelta è dettata essenzialmente dal senso di responsabilità piuttosto che dalla condivisione dei contenuti dello schema di decreto di "Riordino del Ministero della P.I." nella consapevolezza che è urgente la definizione compiuta dei diversi profili normativi attinenti all’autonomia.

Per questi motivi richiede che vengano recepite le osservazioni e le proposte di modifica, raccomandando, in particolare, che la concreta attuazione della riforma configuri un’amministrazione al servizio delle finalità del sistema di istruzione e delle istituzioni scolastiche autonome e non ne riproduca le tradizionali logiche burocratiche.

IL SEGRETARIO IL VICE PRESIDENTE
(M. R. COCCA) (A. MASSENTI)

 

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