A PROPOSITO DI PART-TIME (10/5/2000)

In relazione alla pubblicazione - nella G.U. del 20 marzo 2000 - del decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 61 ("Attuazione della direttiva 97/81/CE relativa all'accordo-quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall'UNICE, dal CEEP e dalla CES") su "Italia Oggi" del 4.4.2000 e su altri organi di informazione sono apparse notizie inesatte che rendono necessarie alcune precisazioni.

In modo specifico "Italia Oggi", nell'articolo dal titolo "Anzianità ridotta con il part-time", partendo da presupposti interpretativi concernenti la disciplina previdenziale - opinabili si avventura in una serie di considerazioni che riteniamo ingiustificate ed allarmistiche.

Fino ad oggi la norma in materia di quiescenza e previdenza relativa al part-time era rinvenibile nell'art. 8 della legge 29.12.1988, n. 554, norma espressamente citata nell'art. 5 del DPCM 17.3.1989, n. 117, le "Norme regolamentari sulla disciplina del rapporto di lavoro a tempo parziale", emanato a suo tempo dal Presidente del Consiglio dei Ministri di concerto con il Ministro del Tesoro.

Il testo del suddetto articolo 8 è il seguente:

"1. In attesa del riordino del sistema pensionistico, il trattamento di quiescenza e di previdenza per il personale a tempo parziale è disciplinato dalle disposizioni di cui al presente articolo, nel rispetto dei criteri e dei parametri previsti dalla legislazione vigente.

2. Ai fini dell'acquisizione del diritto alla pensione a carico dell'amministrazione interessata e del diritto all'indennità di fine servizio, gli anni di servizio ad orario ridotto sono da considerarsi utili per intero.

3. Per il calcolo del trattamento di pensione e di fine rapporto, tutti gli anni ad orario ridotto vanno ricondotti ad anni interi, moltiplicando gli stessi per il coefficiente risultante dal rapporto tra orario settimanale di servizio ridotto ed orario di servizio a tempo pieno.

4. Per la base di calcolo del trattamento di pensione e di fine rapporto si assumono gli assegni previsti per la corrispondente posizione di lavoro a tempo pieno.

5. Per gli iscritti alle casse pensioni degli istituti di previdenza, relativamente al personale a tempo parziale, il minimale, previsto dall'articolo 26 della legge 29 aprile 1976, n. 17, è ridotto, ai soli fini della contribuzione, in base al coefficiente di cui al comma 3.

6. Ai fini della liquidazione del trattamento di pensione per gli iscritti alle casse di cui al comma 5 in regime di tempo parziale, si applica la media ponderata di cui all'articolo 1, quarto comma, della legge 26 luglio 1965, n. 965, come sostituito dall'articolo 29 del decreto-legge 28 febbraio 1981, n. 38, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 1981, n. 153.

7. Per i dipendenti che abbiano svolto servizio ad orario intero e ad orario ridotto, gli anni di servizio utili per determinare il trattamento di pensione e di fine rapporto risulteranno dalla somma dei diversi periodi resi omogenei applicando il coefficiente di riduzione di cui al comma 3.

8. Per i dipendenti assunti ad orario ridotto, il riscatto e la ricongiunzione, ai fini del trattamento di pensione e di fine rapporto, del periodo di servizio o di altri periodi previsti dalla legge avvengono con riferimento all'orario di lavoro a tempo pieno."

Dai due commi evidenziati in grassetto si evince chiaramente che ai fini dell'acquisizione del diritto a pensione gli anni prestati a part-time si considerano come quelli prestati a full-time e cioè per intero mentre per il calcolo dei trattamenti di pensione e fine rapporto tutti gli anni ad orario ridotto si riducono in base alla riduzione oraria (se il part-time è al 50% si riducono chiaramente della metà e così via).

Ciò che altrettanto chiaramente viene confermato dalla nuova norma!!!

Infatti l'incriminato (a detta di qualcuno) comma 4 dell'art. 9 del decreto legislativo 61/2000 così recita:

"Nel caso di trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto di lavoro a tempo parziale e viceversa, ai fini della determinazione dell'ammontare del trattamento di pensione si computa per intero l'anzianità relativa ai periodi di lavoro a tempo pieno e proporzionalmente all'orario effettivamente svolto l'anzianità inerente ai periodi di lavoro a tempo parziale".

A nostro avviso non è stata ben compresa la differenza tra "acquisizione del diritto a pensione" e "calcolo del trattamento di pensione", dizione, quest'ultima, equivalente a "determinazione dell'ammontare del trattamento di pensione" presente nell'appena menzionato comma 4.

Un'ultima considerazione: tra le abrogazioni previste dal decreto 61/2000 (art. 11) non vi è traccia della legge 554/88 e del DPCM 117/89. Un altro argomento di riflessione!

La segreteria Nazionale CISL SCUOLA

 

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