Sarà poi una realtà il caro CD in cui gli appassionati di musica sono continuamente -
ovviamente loro malgrado - coinvolti? A quanto espone lo studio del prof. Antonio Martelli, eseguito per conto della Federazione
dell’Industria Musicale Italiana, non sono stati così forti gli incrementi dei prezzi dei CD, rispetto ad altri prodotti di consumo
(inferiori anche, ad esempio, a quelli di una serata al cinema e di una domenica allo stadio).
Il caro dischi sembra piuttosto essere dovuto alle ridotte dimensioni del mercato italiano: nel 1995 l’Italia occupava la 12a posizione
nella graduatoria mondiale del consumo di CD, realizzando meno del 30% delle vendite della Francia, poco più del 21% di quelle britanniche,
16% del totale Tedesco e soltanto l’11% del mercato giapponese.
È da ridimensionare anche l’opinione secondo cui il prezzo praticato dall’industria discografica al dettagliante sarebbe all’origine di
prezzi eccessivi. È invece un dato rilevante la frammentazione del settore, in particolare dal punto di vista della distribuzione.
Consolante? Forse.
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