Lagricoltura biologica si è affermata lentamente. E per molto
tempo sono mancate una definizione e una legislazione precisa
in materia. Solo negli anni 80 sono comparse le prime disposizioni
legislative in Austria, Danimarca, Francia e Germania, accompagnate
dalla crescente domanda da parte dei consumatori di prodotti salutari
e rispettosi dellambiente.
Poi, finalmente, nel 1991 è stato adottato il regolamento Cee
n. 2092 sul metodo di produzione biologico e la sua indicazione
sui prodotti agricoli e le derrate alimentari, che definisce regole
uniformi per la produzione, preparazione, commercializzazione,
etichettatura e controllo dei biologici, fatta lesclusione per
quelle di origine animale per i quali lUnione europea dovrebbe
emanare una direttiva specifica.
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Organico, ecologico, biologico
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Cosa si intende esattamente con il termine biologico (organico
per gli inglesi, ecologico per gli spagnoli, i tedeschi e i
danesi)? Per legge, biologici sono solo i prodotti coltivati
senza limpiego di antiparassitari e concimi chimici. Può trattarsi
di un prodotto agricolo non trasformato (patata, grano, mela)
o di un prodotto di trasformazione (pane, muesli, pasta), indispensabile
è che risulti da una coltivazione ottenuta senza sostanze chimiche
di sintesi. Limpiego del termine biologico nelletichettatura e nella
pubblicità dei prodotti agricoli non trasformati e degli alimenti
contenenti uno o più ingredienti vegetali (come pane, birra, biscotti)
è quindi esclusivamente riservato ai prodotti ottenuti secondo
i metodi di coltivazione e le norme di trasformazione stabiliti
dal regolamento Cee.
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Ancora confusione
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In Italia ci sono otto organismi di controllo autorizzati a verificare
che siano state rispettate le norme sul biologico. Se tutto è
in regola, rilasciano allazienda agricola un certificato, che
consente al produttore di utilizzare sugli imballaggi dei suoi
prodotti la scritta: Agricoltura biologica. Regime di controllo
Cee, affiancata dal marchio dellorganismo di controllo.
È un sistema di etichettatura che comunque genera confusione anche
perché, mentre è obbligatoria la presenza di uno dei marchi, la
dizione che fa riferimento allagricoltura biologica è facoltativa.
Insomma, per comprare a colpo sicuro il consumatore dovrebbe conoscere
a memoria tutti i sette simboli che può trovare sulla confezione
(li pubblichiamo su queste pagine).
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La percentuale di natura
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Le categorie di biologici ammesse sono quattro.
1) Biologico al 95 per cento: i prodotti contenenti oltre il 95
per cento di componenti provenienti da colture biologiche. Solo
questi possono avere la denominazione biologico e sulletichetta
devono riportare la dicitura agricoltura biologica regime di
controllo Cee. Un problema non affrontato dal regolamento Cee
è, però, proprio quello di unetichettatura uguale per tutti gli
Stati membri e facilmente identificabile dal consumatore: al momento,
infatti, non esiste un marchio, o un logo comune, da apporre su
tutti i prodotti biologici conformi alla normativa comunitaria.
Da tempo il Beuc, la principale organizzazione europea dei consumatori,
chiede di introdurlo per facilitare la scelta dei consumatori.
2) Biologico a più del 70 per cento: i prodotti trasformati contenenti
tra il 70 e il 95 per cento di ingredienti provenienti da colture
biologiche. Le indicazioni concernenti il metodo di produzione
biologico possono figurare solo nellelenco degli ingredienti.
Gli ingredienti di provenienza non biologica sono ammessi solo
se non sono disponibili da agricoltura biologica nellUnione europea.
3) Biologico a più del 50 per cento: è una categoria provvisoria
che secondo il regolamento Cee non dovrebbe più essere ammessa
a partire dal 1° gennaio 1998. Nei prodotti trasformati contenenti
meno della percentuale minima di ingredienti biologici, non è
consentito far riferimento ai metodi di coltura biologica neanche
per i singoli ingredienti.
4) Biologico in conversione: i prodotti provenienti da aziende
agricole impegnate da almeno un anno in un processo di conversione
dallagricoltura tradizionale a quella biologica. In via transitoria
possono riportare indicazioni che si riferiscono alla conversione
allagricoltura biologica, purché queste non traggano in inganno
il consumatore.
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Prodotti naturali
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Questo termine non trova riscontro nella normativa vigente. Secondo
i Rizzati, autori di una monumentale opera sulle leggi in campo
alimentare, naturale come aggettivo qualificativo di un prodotto
dovrebbe essere compreso tra le forme di pubblicità insidiosa
e illecita. Gli unici prodotti per i quali la dicitura è ammessa
sono gli aromi naturali e lacqua minerale naturale. Negli
altri casi il termine non è previsto ed è spesso fuorviante.
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Le bio-etichette
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Il vero prodotto biologico si riconosce dalletichetta. Se questa
riporta solo affermazioni vaghe come alimento genuino e tradizionale,
o anche naturale, biologico, biodinamico, ecologico e
via dicendo, ma senza altre indicazioni, si tratta di promesse
che non danno alcuna precisa garanzia. Anche la parolina bio viene usata sempre di più per invogliare i consumatori,
ma spesso a sproposito: cè persino uno yogurt con questo nome, ma per lappunto è solo
un nome. Le etichette a norma sono invece quelle che obbediscono al decreto
di attuazione del regolamento Cee sui prodotti derivanti dallagricoltura biologica, relativo in
particolare ai prodotti vegetali freschi e trasformati.
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Etichette di prova
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Ecco che cosa cercare in etichetta per essere sicuri che si tratti
di un prodotto biologico controllato.
1. Il riferimento al metodo di coltivazione. Ad esempio: mais ottenuto con metodi di agricoltura biologica,
oppure succo di albicocche da agricoltura biologica. Sarebbe
scorretta, invece, la dicitura succo di albicocche biologiche.
Se accanto alla denominazione di vendita è presente la scritta
da agricoltura biologica Reg. Cee 2092/91, allora abbiamo
la sicurezza che almeno il 95 per cento degli ingredienti agricoli
è di produzione biologica, cioè si tratta di prodotti coltivati,
trasformati e conservati senza uso di prodotti chimici di sintesi).
Se invece il riferimento al metodo biologico non compare accanto
alla denominazione di vendita, ma solo per alcuni ingredienti,
allora possiamo soltanto essere certi che il 70 per cento degli
ingredienti è biologico.
2. Nome per esteso dellorganismo certificatore. Ci sarà quindi scritto controllato da..., seguito dal nome
dellorganismo di controllo autorizzato dal ministero dellAgricoltura
e delle foreste. Solo per fare un paio di esempi: Aiab-Associazione
italiana per lagricoltura biologica, oppure Imc-Istituto mediterraneo
di certificazione.
3. Marchio dellorganismo certificatore. Se ad esempio è lImc, sulletichetta è stampato il suo marchio,
composto da un albero con la scritta garanzia biologico Marche.
4. Codice di identificazione di quattordici caratteri, che identifica:
a) lorganismo che ha effettuato i controlli sullazienda (prime
tre lettere);
b) lazienda di produzione e trasformazione (quattro caratteri);
c) sigla corrispondente al prodotto (sei caratteri).
Il codice prodotto è preceduto dalla lettera T quando si tratta
di prodotti vegetali trasformati e della lettera F quando il prodotto
è fresco. In questo secondo caso tutte le indicazioni sono riportate
su una fascetta posta a sigillo della cassetta o della scatola.
5. Riferimenti di legge. Devono essere sempre riportati i riferimenti del decreto ministeriale
di autorizzazione.
Per i prodotti di origine animale (latte, yogurt, formaggi, uova)
la situazione normativa è più confusa, e per le etichette non
tutti si comportano nello stesso modo. Un riferimento utile, comunque,
può essere la presenza in etichetta del marchio di uno degli otto
organismi certificatori. Non mancano, poi, prodotti di importazione,
certificati da organismi esteri.
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Si può dire di più
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Naturalmente, le indicazioni del biologico vanno a sommarsi a quelle obbligatorie
sulletichetta di tutti i prodotti alimentari confezionati, come
ragione sociale, nome e indirizzo dellazienda produttrice e confezionatore,
la data di scadenza o il termine minimo di conservazione, il lotto
di produzione, ecc.
In qualche caso, oltre alle indicazioni obbligatorie per legge,
gli operatori più attenti aggiungono altre notizie utili, quali
ad esempio:
tecniche agricole, trattamenti e lavorazioni subite dalle derrate
vegetali e animali (ad esempio, se la spremitura di un olio doliva
è avvenuta a freddo);
data di produzione e confezionamento (per la maggior parte dei
prodotti è obbligatorio riportare la data di scadenza, o il termine
minimo di conservazione, ma non la data di produzione);
elenco completo dei grassi animali e vegetali eventualmente
presenti (la normativa sulle etichette consentirebbe unindicazione
generica);
percentuale di ciascun ingrediente (per legge è obbligatorio
solo lelenco degli ingredienti);
Paese di produzione (anche questa indicazione non è sempre obbligatoria);
tabellina nutrizionale (viene riportata sempre più spesso, ma
in realtà è facoltativa);
origine degli imballaggi (ad esempio se si tratta di materiali
riciclati).
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I magnifici otto
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È importante memorizzare sigle e marche dei magnifici otto organismi
di controllo perché non mancano prodotti con marchi di fantasia
(diffusi nei supermercati ma anche nei negozi di prodotti naturali)
che possono creare confusione nel consumatore.
I marchi biologici italiani autorizzati sono solo ed esclusivamente
quelli riportati a pagina 28.
I marchi italiani di certificazione biologica autorizzati sono
i seguenti:
Aiab, Associazione italiana per lagricoltura biologica, Vignola
(Mo) tel. 059/763774.
Associazione suolo e salute, Montefelcino (Ps), tel. 0721/725365.
Bioagricoop, Bologna, tel. 051/6130512.
Ccpb, Consorzio per il controllo dei prodotti biologici, Bologna,
tel. 051/254688.
Demeter, Associazione per la tutela della qualità biodinamica
in Italia, Basilicanova (Pr), tel. 0521/682000.
Ecocert, Catania, tel. 095/442746
Imc, Istituto mediterraneo di certificazione, Senigallia (Ancona),
tel. 071/7928725.
Qc&I international service, Siena, 0577/327234 |
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