Prefazione di
Maurizio Costanzo
Dopo la dieta dimagrante alla quale mi sono sottoposto sotto la guida dell’ottimo professor Pietro Migliaccio, era inevitabile che gli amici di “Salvagente” mi chiedessero una testimonianza riguardo al rapporto tra alimentazione e benessere. È vero, sono dimagrito 32 chili, ho impiegato un anno a raggiungere questo traguardo ma la spinta iniziale non è stata per così dire estetica bensì da obbligo di sopravvivenza. Un eccesso di chili di troppo mette, con il passare degli anni, a rischio di guai seri; se si riesce a evitarli forse è meglio. Per anni, come ho avuto occasione di ripetere molte volte, ho vissuto la tavola non già come buongustaio bensì come goloso. Per me non contava la qualità ma la quantità. Il rapporto con il frigorifero è stato sempre difficile proprio perché, specie di notte quando i freni inibitori si allentano, gli attacchi di bulimia provocano disastri. Ho avuto nella mia vita un rapporto direi esagerato con il cibo dal momento che se ero goloso di qualcosa ne ingurgitavo fino a star male. Miracolosamente ho imparato, questo è il merito di Migliaccio, a mangiare senza essere preda della gola. Però attenzione, sono in convalescenza e non fuori pericolo.
Se abbassassi la guardia dell’attenzione e dell’autosorveglianza, non impiegherei molto tempo a ripercorrere strade a lungo frequentate. È risaputo che ci vuole molto a dimagrire e pochissimo a ingrassare. Il problema è che al primo o al secondo o al terzo “sgarro” la bilancia non testimonia l’inversione di tendenza. Ma dal quarto in poi, quando ci si è abituati di nuovo alla trasgressione, l’aumento è garantito e irreversibile. Ragion per cui metto in guardia chi è a dieta e pensa di essere al riparo da tentazioni a controllarsi sempre: ci vuole un attimo a ingrassare.
Il benessere? Più di quello che potessi immaginare all’inizio della dieta. Migliora, nella sua globalità la qualità della vita. Si dorme meglio, la testa funziona di più ovvero si è più lucidi, ci si muove con disinvoltura e si ha come l’impressione di aver camminato per anni con una valigia di 32 chili che poi qualcuno ti ha fatto la cortesia di prendere.
Per contro, ci si diverte molto meno a mangiare e questo lo si deve sapere. Ho usato la parola divertimento non a caso: ricordo che il mio amico Marcello Marchesi, grande umorista, spesso si alzava da tavola dicendo: “Come mi sono divertito”. A fronte del mancato divertimento, oltre ai benefici già detti, aggiungo che ce n’è uno inebriante: accavallare le gambe. Mi sono reso conto che per circa 25 anni non avevo più accavallato le gambe e ora lo faccio con infinita soddisfazione.
L’importante nella vita è accontentarsi e regalarsi soddisfazioni che possono sembrare piccole, ma non lo sono. Ettore Petrolini era solito ripetere che qualche piccola gioia bisogna costruirsela. Ad esempio, diceva, compratevi le scarpe un numero inferiore al vostro, per avere la gioia di levarvele.