Salone del Libro
Torino, Lingotto Fiere, 16 - 21 maggio 1996

Notizie in diretta dal Salone

a cura del Comune di Torino

LE STAR DELLA POLITICA

Sono i politici le vere star ormai dello spettacolo multimediale. Resse e autografi per Pivetti, due giorni di disperanti ricerche alla ricerca affannosa di Livia Turco ingerita dai palazzi romani, schieramenti imponenti di carabinieri e guardie del corpo a bloccare la marea montante dei fans di D’Alema in sua trepidante attesa davanti alla non capientissima (per l’occasione) Sala Londra che ospitava la presentazione de I discorsi parlamentari di Aldo Moro 1947-1977, pubblicato dalla Camera dei Deputati.

Non aveva tutti i torti Rosetta Loy quando notava in un altro convegno del Salone che le donne accedono raramente nelle stanze del potere. Il potere si notifica con spiegamenti di forze di polizia, ad esempio, totalmente (o, almeno, massimamente inavvertiti) durante avvenimenti come quelli letterari. Giovanna Melandri, altro onorevole, per Il secolo delle donne?, qualche poliziotto lo disloca. Ma non ha niente a che vedere con la quantita di quelli che accompagnano Violante, D’Alema, Martinazzoli, Urbani, Elia, Arfo. Tutti rigorosamente uomini. Che vanno a parlare di Moro, della sua eredita e del suo tempo davanti a una platea che coniuga nomi ormai antitetici come quelli di Diego Novelli e Saverio Vertone, colleghi di partito e di lavoro nel Pci e al giornale Nuova Societa proprio nei giorni del sequestro Moro e che ormai hanno imboccato strade decisamente divise. O di giuristi come Alfonso Di Giovine, politici come Mercedes Bresso, Chiamparino, Rogna o personalita della vita pubblica torinese come Carla Gobetti. Attirato dal convegno, Luciano DeCrescenzo deve stare pure lui fuori dalla sala dietro al vetro/acquario come i tanti spettatori, potendo accedervi solo dopo un po’ di attesa. Mentre Giuliano Soria, passa un paio di volte, guarda un po’ e se ne torna via.

Violante, da Presidente della sala, inizia senza aspettare D’Alema, leggermente in ritardo: ha appena cominciato, che applausi insistenti provenienti dall’esterno gli fanno dire “credo che stia arrivano Qualcuno...”. Il qualcuno, sempre seguito da grandi applausi, si materializza in mezzo alle scorte, prendendo posto. Un piccolo lapsus, e Violante vuole assegnare in ordine alfabetico il primo intervento proprio a D’Alema, scavalcando Arfo, l’ex direttore dell’Avanti, curatore del libro. Arfo dice delle cose molto interessanti su Moro, ricordando in clima politico che si era instaurato all’epoca del varo del centro-sinistra e dell’aria che si stava cominciando a respirare nel paese. Con Pietro Nenni, vecchio combattente incallito e indomito che gli aveva confidato, proprio lui!, di “aver paura di ciò che stava succedendo. E non solo. Quello che aveva addirittura ancora più paura di lui, conoscendo le cose molto meglio di Nenni, era proprio Aldo Moro”.

D’Alema - quando tocca il suo turno - fa un excursus che parte da quei giorni e dal quadro politico che poteva avere all’epoca Moro, arrivando con le sue considerazioni fino ai nostri giorni. Toccando il tema della legittimazione delle due parti politiche. Non solo. Ricordando che ricorrere alle elezioni per arrivare a un posto di governo non deve sembrare un delitto ma il mezzo più che lecito per rispettare la volonta dei cittadini. Mentre qualche volta - e senza mezzi termini cita il nome di Di Pietro - pare quasi una garanzia non essersi presentati al giudizio dell’elettorato, come se il farlo possa quasi risultare un elemento di sospetto.

I fotografi che affollano la sala con i loro potentissimi zoom e le borse pesanti di obbiettivi, non possono lasciare incustoditi le stesse, redarguiti subito dal servizio di sicurezza che sospetta subito di ogni pacchetto o rigonfiamento. Terminano gli interventi Leopoldo Elia, Giuliano Urbani e Mino Martinazzoli, buon ultimo in qualita di prefatore del libro. Lodato da tutti. Qualche piccolo tono polemico in Urbani, ma molto stemperato. Si parla di Costituzione (con Elia che ne fa il suo cavallo di battaglia), con Urbani che lancia la proposta di fare insiemele riforme istituzionali “e non per ragioni di quorum. Ma perch§ se ciascuno di noi non sente lo stato come proprio, non lo serve. Se ne serve, ma non lo serve. Perch§ io - prosegue - come padre di famiglia non sono uno del tanto peggio, tanto meglio. Voglio lasciare ai miei figli un mondo migliore, non uno sfascio”.

Da Martinazzoli verremo anche a sapere una curiosita: che la storia della famigerata le convergenze parallele, invenzione linguistica attribuita a Moro, o un’altra leggenda metropolitana. In nessun discorso, in nessuna frase di Moro riportata esiste mai una definizione del genere.

Torino, 19 Maggio 1996

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