UNIVERSITA' NEWS

Lunedì 12 maggio a Palazzo Nuovo, IV incontro sul Mestiere di giornalista organizzato dal Grinzane Università in collaborazione con il C.d.L. di Scienze della Comunicazione di Torino


A SCUOLA DI GIORNALISMO DA INDRO MONTANELLI

Quel pomeriggio la gente in attesa davanti all'aula 2 di 'Palazzo Nuovo' ( sede delle facoltà umanistiche di Torino) non era quella di sempre : c'eravamo noi studenti di Lettere (tanti, veramente tanti) con i nostri libri di testo ed i nostri Walkman e c'erano anche persone un po' più anziane con le loro teste bianche e le loro valigette 24 ore. " Ma chi deve arrivare?". Domandavano dal fondo della fila . "Indro Montanelli" rispondevano gli ultimi e poi non si udiva più nulla.

Alle 15.10 ( non alle 15.15 come un comune professore) arriva, claudicando un po' (per la scarsa o ottima mira di alcuni "ragazzi del '68" come egli stesso li definisce) ed immediatamente parte un lungo applauso che sembra imbarazzarlo. Anche le lusinghe che gli arrivano dal prorettore Gariboldi e dai curatori degli incontri, chiamati ad introdurre la sua lezione, paiono infastidirlo.

"Non sono ne un 'mostro sacro' , né uno iettatore" smentisce ed inizia a parlare di sé di come da sempre abbia voluto fare il mestiere che fa da ormai 63 anni, ma tarpa subito le ali a chi penna e Notes alla mano, si accinge ad intraprenderlo, affermando che ormai si è al capolinea, che è necessaria una trasformazione.

Il vecchio giornalismo, il suo giornalismo ( fatto con la carta ed una Olivetti Lettera 22, di cui dopo l'uscita dalla produzione se ne è procurato 5 esemplari che ha strategicamente dislocato nei luoghi dove solitamente scrive) è morto . E' caduto sotto i colpi della tecnologia e di una invenzione in particolare, la televisione, che d'accordo con Popper definisce: "la più grossa iettatura che potesse capitarci". Essa, infatti, spingendo al protagonismo, ha sollecitato quel bieco istinto allo scoop che lui chiama "la scorciatoia dei somari". " Il pubblico - sostiene - è intelligente e la sua fiducia va conquistata, ci vuole una grande umiltà" prosegue e suggerisce: "diffidate di un giornalista ricco perché puzza".

Volgendo lo sguardo al passato ricorda come il giornalismo abbia svolto in Italia una grandissima missione "perché ha strappato la cultura ai suoi fortilizi" e a conclusione del suo discorso spesso interrotto dagli applausi, pone un'affermazione che inevitabilmente infonde speranza in tutti gli animi e dice: " questo è un mestiere bellissimo, ma rende niente, ma è bellissimo, ma non conduce a niente, ma è bellissimo".

Si pone poi in ascolto (condizione molto importante per un bravo giornalista) delle domande del pubblico e risponde con calma, a volte anche con ironia, dell'uditorio.

"L'episodio di Venezia?". "Io quelli sul campanile ce li avrei lasciati" sorride, ma tornando serio aggiunge che ciò che più spaventa di tutto ciò è che "lo stato non abbia più la forza di stare in piedi, né ed è anche peggio, quella di cadere".

"Né per l'unità, né per la secessione, trovi gente disposta a morire" dice e fa notare come oggi ci siano due parodie della Destra e della Sinistra: una maggioranza che non governa ed un'opposizione che non si oppone.

"Di Giulio De Benedetti ( direttore de La Stampa dal '48 al '68, ndr) cosa ricorda?"

" Come fosse avaro, autoritario, dotato di un umorismo tagliente, e di una straordinaria capacità di essere indipendente nonostante avesse un padrone anche molto potente", facendosi scuro in volto aggiunge: "non lo si ricorda molto perché l'errore più grosso che in Italia si possa fare è quello di morire, poiché il nostro è un paese senza memoria, un paese di 'contemporanei'".

" E' favorevole a rientro dei Savoia in Italia?". Gli torna il sorriso quando dice che ogni volta che parla , Vittorio Emanuele "offre un mazzo di rose a Mazzini", ma ricorda di come lui ne '46 abbia votato a favore della monarchia ed invita a smettere di credere nel mito dell'Italia fatta dal popolo e a cominciare piuttosto a credere piuttosto che il merito dell'Unità sia stato di pochi.

A proposito dell'idea di abolire l'Ordine dei Giornalisti ( poi non andata in porto a causa del fallimento dei recenti referendum, ndr), dice che, poiché esso non ha mai fatto ciò che avrebbe dovuto fare, " che ci sia o non ci sia , non è di questo che l'Italia ha oggi bisogno"

"Errori ammette di averne fatti molti, ma compromessi afferma di non averne mai accettati e ricorda l'addio dato al Il Giornale, di Berlusconi, quando quest'ultimo decise di 'scendere in campo', ed il rifiuto alla carica di senatore a vota offertogli dal' ex Presidente Francesco Cossiga, perché non avrebbe potuto sedere fra chi tanto a lungo aveva criticato.

A Bottai , ministro della Pubblica Istruzione negli anni del fascismo, è grato per avergli procurato, dopo l'espulsione dall'Ordine un posto come lettore in un'Università dell'Estonia e non crede a chi lo accusa di razzismo, perché questo secondo lui non era nella sua indole.

Per tornare al presente viene chiesta la su opinione sul pool "Mani Pulite" e su come gli sia voluto e gli si voglia togliere potere.

Lapidaria arriva questa sentenza: "E' difficile fare pulizia in un letamaio". "I giornalisti hanno la colpa di aver fatto un monumento ad un uomo" , prosegue, " ma se si toglie Mani Pulite, di giustizia in Italia non si potrà più parlare"

"La Storia di Italia" dice di averla scritta da giornalista e non da storico, di avere usato il linguaggio dei giornalisti per farsi capire dalla gente a cui era dedicata.

I reportages della Finlandia e dall'Ungheria li definisce i peggiori che abbia mai effettuato, perché in quei luoghi no fece il reporter, ma preferì combattere attivamente. " Come pezzi di cultura, tuttavia, sono i migliori, perché hanno l'anima dentro".

Una 'standing ovation" dalle prime file, segue le sue parole e dopo aver firmato, con quelle mani snelle e notevolmente lunghe, numerosi autografi, il decano del giornalismo italiano lascia l'aula ormai semivuota e si allontana assediato dai neo giornalisti pieni di domande , ma in quest'occasione, forse hanno avuto anche qualche risposta.

Silvia Toscano