Cultura e Arte

Viaggio nella Torino della Cultura
PALAZZO BRICHERASIO

Ben poco si conosce delle origini di Palazzo Bricherasio, edificato nei primi decenni del 1600, probabilmente attorno al 1636, come testimonia l’incisione su una piastra di ghisa da camino ritrovata durante un recente restauro.

Palazzo Bricherasio

Tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento furono realizzati i primi progetti per l’ampliamento della città ad opera di Ascanio Vitozzi e in seguito di Carlo Castellamonte. Morto Vittorio Amedeo I subentrò sua moglie Cristina di Francia che si interessò della costruzione dell’isolato di Santa Cristina (uno dei primi ad essere realizzato), dove sorse il convento delle Carmelitane Scalze, presso le quali ella spesso si ritirava in meditazione. Sul lato opposto del convento fu costruito il Palazzo Bricherasio, pressoché di dimensioni simili alle attuali.

La facciata fu rimaneggiata dall’architetto Carlo Emanuele Bovis alla fine del Settecento, in un periodo di fermento e rinnovamento, quando il Congresso sollecitò i privati ad affrontare una serie di interventi per abbellire la città. Risalgono probabilmente a quest’epoca i decori tardobarocchi di alcune stanze al piano nobile e le colonne dei porticato in seguito murate.

Il 9 ottobre 1855 la famiglia Cicala vendette il palazzo, per la somma di L.200, ai Conti Cacherano di Bricherasio. Dieci anni dopo furono rimodernati i pavimenti, realizzati in seminato e in mosaico di marmo, del Salone d’Onore; furono eseguiti nuovi affreschi, ritratti e stemmi sempre secondo il gusto dell’epoca.

Alla fine del secolo scorso Sofia ed Emanuele di Bricherasio usarono il palazzo come "cenacolo artistico" frequentato da uomini di cultura, pittori e musicisti. La stessa Sofia, appassionata di pittura, partecipò a numerose mostre ed esposizioni e molte sue tele furono in seguito attribuite al suo maestro Lorenzo Delleani. Dopo le tragiche morti del fratello, di un amico e del maestro (1908), la contessa smise di dipingere e si occupò di opere di beneficenza e del recupero dell’antica arte della "pittura ad ago".

Per decenni il palazzo non subì cambiamenti, finché fu decisa, negli anni Trenta, la ricostruzione di via Roma, nel tratto da piazza San Carlo a piazza Carlo Felice e richiese la trasformazione di due facciate laterali, quella di via Rossi e quella di via Lagrance, in principali. Il prospetto di via Rossi fu arretrato rispetto alla strada, delimitato da un piccolo cortile e da una cancellata, mentre furono costruite tre imponenti finestroni, tra i quali compaiono due finte finestre con statue.

Nel 1950 la contessa Sofia morì lasciando il palazzo in eredità a Monsignor Galluzzi. Per anni i locali furono usati in modo improprio e modificati degradando l’architettura: furono installati termosifoni sopra porte barocche, impiantati fili elettrici nei soffitti a cassettoni, costruite nuove pareti che divisero splendidi soffitti decorati.

Nel 1990 una società immobiliare acquistò il palazzo per adibirlo a museo, ristrutturando gli ambienti in modo da riportarli al loro splendore originale: tramezzature, soppalchi e sovrastrutture di epoca recente furono demolite e si riportarono alla luce due antiche colonne del portico originale.

I restauri furono eseguiti rispettando tutte le norme previste per i musei, fu per tanto necessaria la costruzione di una scala ellittica e di un ascensore trasparente inserito in una struttura cilindrica di vetro che lascia filtrare la luce solare.

 Visitando alcune sale

Le decorazioni delle sale seguono sostanzialmente tre motivi/temi:

* il "giardino": la natura emerge dagli arazzi, dagli affreschi, dai sovraporta e dagli stucchi, soprattutto nella Sala dei pannelli cinesi e in quella degli Arazzi.

* la "luce" e lo "specchio": il Settecento considerava la luce un valore fondamentale, associandola alla natura; si tratta di una luce calda che doveva imitare quella solare attraverso stucchi dorati moltiplicati all’infinito grazie agli specchi che creavano riflessi e allargavano i salottini.

* il "ritratto": prima delle fotografie i ritratti venivano scambiati nelle corti per combinare i matrimoni ed erano eseguiti dagli artisti dell’epoca; erano generalmente di due grandezze: mezzobusto, in voga soprattutto nelle salette, o a figura intera destinati alle gallerie.

Scalone d’Onore. Le sue scalinate in granito rosa, costruite nel Settecento, abbellite dai Conti Bricherasio, sono adornate da una balaustra in pietra sorretta da putti.

Sala Arazzi

Sala degli arazzi. In stile tardobarocco, dominata da disegni floreali, con stucchi dorati su soffitti e pareti. La volta è suddivisa in due parti: una centrale, con un disegno a intreccio geometrico, l’altra perimetrale, con stucchi dorati che riecheggiano nelle loro forme di ghirlande di fiori. Gli arazzi e i 'sopraporta' riprendono il tema della natura, sono probabilmente di origine Settecentesca. Gli arazzi ornano tre pareti, sono eseguiti in lana e seta.

 A cura di Annamaria Triggiani