La mostra From Ouidah to Port-au-Prince - fotografie di Ivo Saglietti, è stata realizzata grazie al contributo dell'Assessorato alla Cultura della Regione Piemonte e della Città di Alba, e si è tenuta nel Coro della Maddalena, ad Alba, nei mesi di Aprile e Maggio 1997. La mostra era composta da cinquanta fotografie, scattate parte in Africa (Uganda e Benin), parte ad Haiti. La mostra è il catalogo sono stati realizzati a cura di Rosalba Spitaleri e Bruno Boveri. Il catalogo è stato pubblicato dalla Libreria Agorà: From Ouidah to Port-au-Prince - Fotografie di Ivo Saglietti, 20 pp., 25 fotografie b.n., brossura, Torino, 1997, L. 25.000

Il reportage fotografico è una storia raccontata per immagini.
Secondo alcuni e in alcuni casi è "la" storia raccontata per immagini. La famosa foto di Robert Capa del miliziano colpito a morte "è" la Guerra di Spagna, quella di Nick Ut della bambina spogliata e bruciata dal napalm e quella di Eddie Adams del generale Loan che giustizia un vietcong, "sono" la guerra del Vietnam. Eventi eccezionali congelati nel tempo dall'occhio attento del reporter che sa cogliere l'attimo decisivo dell'azione. C'è, però, un altro modo di intendere il reportage, forse perché c'è un altro modo di intendere il mondo, vedendolo come fenomeno da analizzare e capire vivendolo. Se il primo si chiama fuori, guarda attentamente dall'esterno per cogliere quella che diverrà l'immagine simbolo, il secondo non crede che la storia e la vita siano fatti da eventi eccezionali da isolare e usare come paradigma. Il fotografo vive, partecipa emotivamente, si schiera, mette in gioco tutta la sua umanità. Ivo Saglietti appartiene a questa schiera nobilissima di fotografi di reportage, assieme a Eugene Smith, Werner Bischof, George Rodger, per fare solo alcuni nomi. La carica umana, quindi, è la prima componente di queste fotografie, e da qui deriva la partecipazione alla realtà che anche lui sta in quel momento vivendo, il mettersi in rapporto diretto con le persone. E questo si vede immediatamente nella assoluta naturalezza che permea le immagini qui esposte, scattate in Uganda, nel Benin e ad Haiti, la gente lo accetta, non lo considera un intruso. Anche nei momenti più drammatici, e sono tanti, si sente questo rapporto di empatia. Saglietti, come uomo e come fotografo, non considera nulla di umano a lui estraneo, la sua adesione ai fatti e alla realtà che narra è immediata ed istantanea. Di suo ci mette, poi, un occhio attentissimo ai dettagli narrativi ed espressivi, un'inquadratura che sembra dettata da una raffinatezza istintiva, dotata di un equilibrio e di un rigore formale sempre ineccepibili. E l'insieme dona immagini a volte letteralmenti stupefacenti, che richiamano all'occhio della mente, la classicità plastica e la densità volumetrica dell'arte greca antica.

Bruno Boveri