IL "MORIN HUUR", UNO STRUMENTO, UNO STILE DI VITA.

di Giorgio Blasco.



Racconta la leggenda di un nobile cavaliere mongolo il quale, grazie al suo prodigioso cavallo alato, era sempre in viaggio da un'estremità all'altra del mondo conosciuto. Un giorno la sua fidanzata, sentendosi trascurata e gelosa del cavallo, per non far più allontanare l'innamorato decise di tagliare le ali all'animale, che dopo poco morì. Si narra che, mentre il cavaliere disperato cercava di rianimare il fido destriero carezzandogli la criniera, da essa improvvisamente si produsse un suono meraviglioso. Allora il giovane, volendo immortalare il compagno di tanti e irripetibili viaggi, pensò di costruire uno strumento musicale usandone i crini, la pelle e le ossa, con la forma di quello che grosso modo potrebbe ricordare il nostro violoncello. Il riccio in testa al manico fu sostituito da una testa di cavallo scolpita nel legno e lo strumento venne chiamato "morin huur", dove "morin" significa in mongolo "cavallo" e "huur" è la parola che indica gli strumenti ad arco.

Tutt'oggi il morin huur è lo strumento nazionale della Mongolia, sempre presente in tutte le cerimonie ed in ogni momento della vita quotidiana, usato sia come strumento solista, sia in complesso e come insostituibile sostegno della voce nell'"urtyn duu" o canzone lunga, la forma ufficiale della canzone nazionale mongola, intonata indifferentemente da un uomo o da una donna. Anche in questo caso il morin huur non si limita ad accompagnare la voce, ma dialoga con essa proponendo lo sviluppo della melodia o prendendone alternamente lo spunto. Con una cassa armonica trapezoidale, normalmente è dotato di due corde che non vengono premute dalle dita dell'esecutore sulla tastiera, come avviene per i nostri strumenti, ma vengono invece tirate o spinte di lato per aumentarne o diminuirne la lunghezza e la tensione al fine di ottenere i vari intervalli, i quarti di tono e i portamenti. Il morin huur rappresenta simbolicamnete tutta la vita dei mongoli: dalle cavalcate dei guerrieri di un tempo, ai contemporanei branchi di cavalli che galoppano in libertà. I cavalli sono infatti il soggetto più riprodotto nella tradizione culturale mongola ed il ritmo del loro galoppo affiora evidente nelle musiche popolari e nei passi e nelle figure del balletto.

Non a caso la corsa a cavallo è uno dei tre sport nazionali, accanto alla lotta e al tiro con l'arco. Dopo la gara, finiti i festeggiamenti, i particolari della corsa costituiranno oggetto di conversazione per mesi, seduti nelle "gher", mentre intorno si diffonde il suono del morin huur.



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