COMMENTO SUI RECENTI CAMBIAMENTI LEGISLATIVI IN MONGOLIA

a cura di Piero Gerin



Quasi in sintonia con la caduta del sistema socialista sovietico, l'organo legislativo della Mongolia agli inizi degli anni '90 ha emanato una serie di importanti interventi legislativi in campo economico, finalizzati a regolare il processo di privatizzazione delle proprietà statali e parastatali e disciplinare gli investimenti stranieri in quel Paese, iniziando così ad armonizzare il proprio ordinamento giuridico a quello dei propri partners.

Agli inizi del 1992 e più precisamente il 13 gennaio venne approvata la nuova Costituzione della Mongolia, che segna una svolta nella vita del Paese, caratterizzata sino a quel momento dalla totale concentrazione - durata quasi 70 anni - nelle mani del Partito Rivoluzionario di cui tutti i poteri e i cui effetti negativi - purtroppo ancora evidenti - furono costituiti soprattutto dalla devastazione di buona parte dell'identità culturale, religiosa e storica della grande nazione asiatica.

Tale ingente produzione legislativa, unita alla promulgazione della seconda Carta Costituzionale, fanno ora di questo paese un vero e proprio laboratorio di interessanti esperienze - alcune, peraltro, tutte da iniziare - oltrechè una stimolante "nuova frontiera" per gli operatori economici occidentali, in vena di uscire dai consueti binari degli ormai intasati mercati dell'Est ex-socialista, afflitti dalla spietata concorrenza dell'ordinata compagine tedesca in piena ascesa.

La citata produzione legislativa peraltro risulta per ora costituita da una scoordinata normativa piuttosto generica e di ingenua formulazione, composta da numerose norme "in bianco" o di rinvio ad ulteriori normative costituite da future leggi speciali o atti amministrativi la cui esistenza non è ancora nota. Restano a garanzia e a tutela dell'utenza, soprattutto straniera, le norme costituzionali che sembrano garantire, più di ogni altra, la svolta democratica e pluripartitica, nonchè la quasi fisiologica necessità per la giovane ed antica nazione continentale, di aprirsi ai rapporti economici anche con il mondo occidentale: ciò anche se l'incremento dei rapporti economici con il Giappone, l'Ungheria, e gli U.S.A. soprattutto, anche a seguito della cessazione del monopolio imposto dal gigante sovietico, che aveva sinora impedito un'ordinata crescita industriale e commerciale del Paese, poco spazio aveva lasciato ad altri potenziali partners.

D'altronde, essendo la ricchezza del Paese affidata soprattutto oltrechè all'allevamento, a massicci interventi di ricerca petrolifera e mineraria, viste le ricchezze del sottosuolo, è improbabile che i mezzi richiesti per tali interventi siano rinvenibili nella limitata capacità strutturale ed operativa dell' imprenditoria locale, da poco affrancata e oggi per lo più formata da artigiani e piccoli imprenditori, dediti al commercio ed all'artigianato, agli albori di una nuova età economica per questo lontano Paese.

In tale quadro economico-istituzionale vanno interpretati i recenti interventi legislativi, partendo dalle norme sugli investimenti stranieri in Mongolia il cui corpo giuridico è composto da dodici articoli nei quali vengono definiti i settori di investimento, le garanzie per gli investitori, le procedure per la costituzione di società a partecipazione estera, l'attività di import-export, il prelievo fiscale su dette società nonchè da ultimo, la regolamentazione di eventuali controversie.

Tralasciando la mera elencazione di quanto disposto in dettaglio dalla legge citata, vanno piuttosto individuati gli aspetti negativi o positivi di tale intervento che, in ogni caso, vista la sua novità e originalità, può definirsi una pietra miliare nei futuri rapporti con gli investitori stranieri.

Decisamente positiva appare all'art. 4 n.4, lettera C, la facoltà per gli investitori stranieri di trasferire all'estero i profitti derivanti dalla loro partecipazione ad investimenti in Mongolia, nonchè l'enunciazione del principio di cui al n.2 del medesimo articolo, secondo cui non sono previste nazionalizzazioni di tali investimenti. Positiva anche - sempre a tutela degli investimenti stranieri - la facoltà concessa al soggetto a partecipazione di capitale estero, fissata dall'art.4 n.3, consistente nell'opzione in caso di emendamenti alla presente legge che gli consentirà di decidere se applicare i "documenti costitutivi" o le disposizioni della presente legge in quanto emendate.

Quanto a tali "documenti costitutivi" sembra che essi possano identificarsi negli atti di costituzione e negli statuti delle società in via di costituzione.

Decisamente negativa invece, è la tendenza centralistica ravvisabile nel rilascio delle autorizzazioni previste all'art. 6 n.1, secondo cui i partecipanti esteri e mongoli dovranno presentare la domanda per la costituzione della società addirittura al Consiglio dei Ministri della Mongolia, il quale avrà sessanta giorni per rispondere, norma questa in linea con la "migliore" vocazione burocratica del Paese asiatico. Del pari non propriamente incentivanti risultano le esenzioni fiscali previste all'art. 8 n.2 la cui limitazione della durata per soli tre anni potrebbe costituire un incentivo solo parziale che andrà rivisitato in sede di futura attuazione e di emendamento della legge citata.

Pure il tetto di imposta fissato nel 40 % sembra ancora elevato, anche se tuttavia la norma andrebbe coordinata con la legge fiscale della Mongolia, che rimanda ai trattati internazionali l'imposizione di oneri fiscali ridotti ai residenti stranieri (c.f.r. art.4 legge fiscale).

Tuttavia, al momento di redigere il commento, si è venuti a conoscenza di un ulteriore intervento legislativo che disciplina gli investimenti stranieri, emanato lo scorso 1/6/1993 (n.86/586). Esso, oltrechè ridefinire in dettaglio il concetto di "investitore straniero" - che viene identificato nel solo cittadino di nazionalità straniera od apolide, purchè non residente permanentemente in Mongolia, o nel cittadino mongolo residente permanentemente all'estero - ha fatto propri alcuni rilievi mossi in precedenza, allungando la durata triennale delle esenzioni fiscali, prevista dall'art.8 n.2 della legge del 1992, portandola a cinque anni di esenzione totale, dal momento dell'iscrizione dell'impresa ad investimento straniero presso il Dipartimento Generale delle imposte statali, purchè detta impresa importi esclusivamente materie prime, pezzi di ricambio o componenti di vario genere.

La recente legge costituisce un intervento più articolato ed organico del precedente, distinguendo opportunamente tra esenzione ed agevolazioni fiscali e prevedendo come tale all'art.19 n.1 la totale esenzione di oneri fiscali e tassi doganali di sorta solo per gli investimenti tecnologici nell'ambito di attività di imprese ad investimento straniero, nel mentre per ciò che concerne i trattamenti misti di esenzione ed agevolazione, all'art.20 stessa legge, tali trattamenti vengono graduati, prevedendo la norma citata la totale esenzione decennale con successiva riduzione del 50% degli oneri fiscali per i 5 anni successivi a favore degli "impianti elettrici e termali, impianti di trasmissione, autostrade, ferrovie, aerei da carico e costruzioni meccaniche ed impianti per telecomunicazioni essenziali". Anche per ciò che concerne l'industria estrattiva (ad esclusione di quella relativa ai metalli preziosi) nonchè per l'industria metallurgica, chimica ed elettronica, è previsto un periodo di esenzione totale quinquennale da ogni imposta che sfocia in un successivo periodo di agevolazione al 50% per ulteriori 5 anni.

Da ultimo la legge in questione ha voluto porre ulteriormente l'accento a favore delle impre ad investimento straniero, prevedendo che anche le imprese non contemplate dalla suindicata elencazione - presumibilmente tassativa- godessero di 10 anni di esenzione fiscale e di 5 di agevolazioni al 50%, purchè fossero in grado di esportare più del 50% del prodotto annuo.

Tornando alla prima legge relativa agli investimenti stranieri, la norma dell'art.11 disciplina le controversie insorte nelle attività delle imprese miste riservando alle camere arbitrali e ai tribunali della Mongolia la risoluzione delle medesime, salvo diversa previsione negli atti costitutivi, consentendo così i medesimi la determinazione del principio della c.d. giurisdizione convenzionale in linea con quanto previsto dall'art.25 del Codice Civile italiano: questa norma, com' è noto, fatte salve le deroghe convenzionali, fissa il criterio secondo cui la legge da applicare in caso di contraenti di diverse nazionalità è quello del luogo di conclusione del contratto. Per ciò che concerne la legislazione emanata nel 1991 sulla privatizzazione delle proprietà statali e delle cooperative agricole, in connessione alla precedente legislazione sugli investimenti stranieri, va menzionata la norma dell'art.4 della legge in commento, che al n. 2 prevede la privatizzazione anche a favore di cittadini stranieri, mediante trasferimento a titolo oneroso di azioni delle proprietà statali.

Spetterà al Governo della Mongolia poi la determinazione delle procedure della privatizzazione. Sempre al Governo compete inoltre la regolamentazione delle procedure per le aste attraverso cui privatizzare le proprietà delle piccole imprese commerciali e del terziario, nonchè delle unità autonome delle grandi imprese, così come previsto dagli art.13 e 14 della stessa legge, per tale istituto "su scala ridotta".

La legge fiscale, anche di recente promulgazione, come già rilevato, facendo salvi i trattamenti più favorevoli dei trattati internazionali stipulati dalla Mongolia, fissa il tetto fiscale massimo nel 40% per le imprese a partecipazione di capitale estero, così come testualmente disposto dall'art.12 legge fiscale.

Da notare tuttavia le esenzioni previste dall'art.9 per le attività umanitarie (vedi N.11) e per la vendita di prodotti allo Stato e alle "istituzioni centrali": il chè stante i rilievi suesposti circa il processo di privatizzazione ancora agli inizi, sembra creare i presupposti per invogliare gli operatori economici stranieri a stipulare contratti con le organizzazioni statali in genere.

Con legge 11/2/1991 è stata poi promulgata una nuova legislazione doganale, i cui dati più salienti riguardano la zona doganale speciale prevista all'art. 19 in territorio da individuarsi, comunque separato da quello della Mongolia e considerato zona estera come tale dotata di speciali requisiti doganali. Oltre a ciò di un certo interesse risulta pure l'elencazione dell'art. 15 relativa alle merci esenti da dazi doganali, fra le quali i più significativi casi di estensione sono quelli concernenti l'importazione di merci necessarie alle imprese con apporti di capitale esterno, quella di materiali da utilizzarsi per la produzione di prodotti in Mongolia da parte di imprese estere e, da ultimo, l'introduzione di merci per l'assistenza umanitaria, oltrechè a quelle destinate alle persone disabili.

Su quest'ultimo punto val la pena ricordare come molta importanza venga attribuita in Mongolia agli interventi umanitari a supporto ed aiuto in genere delle fasce più deboli della popolazione, ma anche nei confronti di istituzioni quali quelle ospedaliere e di ricerca, nell'ambito dei contributi allo sviluppo e alla cooperazione delle medesime. Pure in tale direzione quindi dovranno muoversi gli operatori più allenati alla ricerca di nuovi mercati in espansione e in vena di emozionanti scoperte nel Paese più nomade del Continente asiatico.


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