Commercio Equo nel rispetto dell'uomo e
dell'ambiente
Dal 1997 al 1998 le botteghe europee organizzeranno una campagna dal titolo "Made in Dignity". Si tratta di un'iniziativa a favore di condizioni di lavoro più dignitose nei paesi del Sud del mondo
La Seconda Giornata europea delle Botteghe del Mondo, che si
celebrerà dal 3 al 17 maggio1997, darà il via a questa
campagna.
Il Commercio Equo e le Botteghe del Mondo garantiscono a migliaia di produttori nei Paesi in Via di Sviluppo un prezzo equo ed un rapporto commerciale stabile. Ma non si tratta solo di questo.
Le condizioni di lavoro dei tessitori, gli artigiani del cuoio o
della ceramica, i coltivatori di caffè che vendono i loro
prodotti attraverso le Botteghe del Mondo sono decisamente migliori
rispetto a quelle di quanti producono per il commercio tradizionale.
Essi hanno inoltre il controllo del processo di produzione, ed alle
loro famiglie vengono fornite assistenza sanitaria ed istruzione.
Il Commercio Equo è anche caratterizzato dalla particolare
attenzione rivolta al ruolo delle donne all'interno delle
comunità di produttori e produttrici. Grazie al lavoro delle
Botteghe le donne del Sud del mondo riescono a migliorare le loro
condizioni e contribuiscono allo sviluppo della loro famiglia e
comunità.
Commercio Equo significa anche una maggiore sostenibilità ambientale delle attività produttive. Le cooperative produttrici sono stimolate ad adottare materiali, metodi di produzione e di lavorazione ecologicamente compatibili.
Le Botteghe incentivano anche lo sviluppo di prodotti nuovi, che siano ancora meno dannosi per l'ambiente.
Insomma il Commercio Equo e Solidale è commercio nel
rispetto dell'uomo e dell'ambiente.
Con la campagna "Made in Dignity", le Botteghe del Mondo di tutta Europa vogliono diffondere il messaggio del Commercio Equo rivolgendosi non solo a voi clienti, ma anche ai media e ai politici. La campagna chiede inoltre che vengano adottate misure a favore di migliori condizioni di lavoro nel mercato mondiale. Si richiedono provvedimenti immediati contro il lavoro minorile, e sostanziali miglioramenti nelle condizioni di lavoro ed ambientali, in particolare nel settore dell'abbigliamento.
Tessuti, vestiti, prodotti in cuoio ed in pelle e giocattoli, sono
i prodotti prescelti per illustrare come il Commercio Equo
contribuisca nei paesi del Sud ad un processo di sviluppo rispettoso
dell'uomo e dell'ambiente.
Nel 1994 le Botteghe del Mondo e le organizzazioni che si occupano dell'importazione di prodotti alternativi, acquistarono prodotti del Commercio Equo da produttori del Sud del Mondo per un valore di circa ottanta miliardi. È una cifra molto piccola in rapporto al totale delle esportazioni mondiali ma per le organizzazioni dei produttori che vendono nel circuito del Commercio Equo, si tratta comunque di una quantità considerevole.
Anche se molti produttori esportano solo parte della produzione (un scelta precisa che mira ad affrancarli dalla totale dipendenza dal mercato estero) il prezzo più alto pagato dal Commercio Equo e la continuità delle relazioni commerciali sono simbolo di una vera e propria svolta nel consolidamento di un solido processo di sviluppo.
Molte organizzazioni di produttori cedono parte del prezzo garantito dal Commercio Equo ai singoli produttori, e reinvestono l'altra parte nell'impresa stessa. Per le famiglie questo guadagno extra rappresenta la possibilità di mandare i figli a scuola, di pagarsi l'assistenza medica, di produrre il cibo per il proprio consumo o di costruire abitazioni migliori. Le organizzazioni possono invece disporre di liquidità, acquistare nuovi macchinari, o migliorare le condizioni di conservazione delle merci.
Inoltre molti produttori sfruttano l'esperienza del Commercio Equo per entrare nel mercato locale.
Il tessile è un settore importante del commercio mondiale. I vestiti che noi compriamo in Europa non sono normalmente prodotti nei nostri paesi. Una "German jacket" potrebbe essere stata prodotta così:
... dal Kazackistan il cotone viene importato in Turchia per essere filato; la tessitura è realizzata a Taiwan e la stoffa potrebbe essere colorata in Francia con tintura proveniente dalla Polonia o dalla Cina. Nella sartoria poi la fodera potrebbe essere Svizzera ...
Normalmente non troviamo nei nostri vestiti tutte queste indicazioni sulle loro origini. Ciò è dovuto al fatto che l'industria dell'abbigliamento sta approfittando delle possibilità di sfruttare le cosiddette economie a basso salario.
Negli ultimi dieci anni il centro dell'industria tessile, e quindi il flusso commerciale, si è spostato dai paesi occidentali a quelli di recente industrializzazione in Asia e in Europa dell'Est. Le principali responsabili di questo spostamento sono le multinazionali del settore: attraverso il subappalto esse sfruttano al massimo le possibilità offerte dalla "flessibile" struttura industriale in quei paesi, dalla produzione su larga scala in grandi stabilimenti, a quella di piccole imprese familiari.
La pratica del subappalto viene utilizzata in particolare per
mantenere il costo del lavoro al livello più basso possibile.
I salari dipendono dalla quantità di tempo impiegata per la
produzione degli abiti e della stoffa. Il costo del lavoro nelle
attività legate all'abigliamento, che hanno tempi di consegna
molto stretti, è normalmente più alto rispetto ad altre
produzioni, per le quali vengono sfruttate le imprese meno care.
L'industria dell'abbigliamento in Bangladesh è esplosa negli anni '80. Nel decennio 1981-91 il valore delle esportazioni del settore è passato da poco più di cinque miliardi di lire a circa 1.100 miliardi.
Si tratta per la maggior parte di indumenti molto semplici, la cui produzione richiede macchinari non sofisticati e molta manodopera. Il Bangladesh ha circa 1500 imprese produttrici nel settore tessile tra le quali esiste una concorrenza spietata. Ciascuna di esse impiega dai 300 ai 400 operai, per la maggior parte (circa l'80%) donne e ragazze, che garantiscono lavoro al prezzo più basso.
Sono l'ultimo anello di una catena gestita dai negozi occidentali,
che vogliono vendere magliette a basso prezzo, e dagli imprenditori
locali, che inseguono alti e rapidi profitti.
Fatema è una ragazza bangladese lavora nell'industria dell'abbigliamento dall'età di tredici anni. Per la famiglia il suo salario rappresenta una fonte di reddito addizionale fondamentale.
Da tre mesi ha cominciato a lavorare per l'impresa Dax Garments come addetta alla macchina da cucire, ricevendo solo una mensilità di stipendio. Il proprietario sostiene di non avere soldi.
Una recente indagine ha rivelato che molti tra i ragazzi impiegati nel settore tessile hanno cominciato a lavorare all'età di 10-12 anni. Non tutti sono scontenti del salario che ricevono, ma in generale i ragazzi si lamentano degli straordinari cui sono costretti: è facile accumulare 48 ore alla settimana. Latta, 12 anni, non ha avuto un solo giorno di riposo in diciotto mesi di lavoro in un'impresa tessile. Inoltre ai ragazzi non è consentito recarsi al bagno durante il lavoro, per cui molti sono affetti da disturbi ai reni.
Da 25 anni circa, le organizzazioni del Commercio Equo e Solidale importano artigianato tessile da piccole comunità di produttori del Sud del Mondo. Si tratta prevalentemente di gruppi di donne che vivono nelle città o nei sobborghi.
Per il Commercio Equo è naturale porre un limite all'orario di lavoro, pagare gli straordinari e concordare adeguati periodi di ferie. Il lavoro minorile è vietato.
Il salario corrisposto consente di soddisfare una serie di bisogni fondamentali, e sono garantite la sicurezza e la tutela della salute sul luogo di lavoro. Ai lavoratori è permesso iscriversi al sindacato o ad altre organizzazioni.
Il Commercio Equo e Solidale è anche sensibile al problema ambientale, anche se ciò comporta non pochi problemi. Per fare un esempio, le cooperative di artigiani del tessile in India non riescono sempre ad acquistare cotone prodotto in modo ecologicamente compatibile. Inoltre è molto più difficile risultare competitivi sul mercato quando ci si propone di rispettare determinati standard sociali ed ecologici.
In ogni caso il fatto che in Europa la domanda di beni prodotti nel rispetto della dignità umana e dell'ambiente stia crescendo consente di sostenere la produzione e vendita di beni eco-compatibili.
Particolare attenzione, infine, viene prestata al ruolo della
donna nelle attività produttive.
Dezign Inc. è un impresa fondata nel 1987, sensibile alle tematiche sociali ed ambientali. L'impresa occupa circa 130 persone e distribuisce salari notevolmente superiori al minimo salariale locale. Ai dipendenti vengono inoltre garantite assistenza sanitaria e consulenze gratuite.
I principali prodotti di Dezign Inc. sono magliette, tappeti, zaini e biglietti di augurio, tutti progettati da artisti locali. Le fasi della produzione (acquisto di materiali, stampa dei tessuti, cucitura e confezionamento) si svolgono interamente a livello locale. Dezign Inc. è particolarmente attenta alle tematiche ambientali, ad esempio nella coltivazione del cotone.
In occasione della Terza Giornata delle Botteghe del Mondo, il 9
maggio 1998, verrà lanciato un vasto assortimento di T-shirt
del Commercio Equo, tra le quali quelle prodotte da Dezign Inc.
Avviata nel 1989 a seguito di un accordo tra cinque piccoli gruppi di produttori del settore tessile, quest'iniziativa è cresciuta fino ad annoverare oggi 1.100 occupati di 30 gruppi. Oltre a provvedere all'acquisto di materie prime in larga quantità, Aj Quen coordina le fasi della lavorazione e sostiene questi artigiani attraverso l'acquisto dei tessuti, il marketing e la formazione.
Aj Quen vende i tessuti e gli abiti a molte organizzazioni di
importatori di Commercio Equo europee
Anche il cuoio ed i prodotti in pelle sono una voce importante tra le esportazioni dei paesi del Sud del mondo. Tra questi, poi, le calzature rappresentano il 70% della produzione. Dagli anni sessanta ad oggi la quota di mercato mondiale dei Paesi in Via di Sviluppo è aumentata in modo significativo, passando dal 7% al 55%.
Il processo di produzione è altamente diversificato. Esiste una forte concorrenza internazionale in tutti i segmenti del mercato, quindi anche nel commercio di prodotti semilavorati. Una scarpa disegnata in Italia può avere una suola realizzata in Brasile, una tomaia fatta in Corea, la linguetta prodotta ad Hong Kong e possono essere vendute in Germania con il marchio Made in Italy.
Ci sono poche multinazionali nel settore, a parte Nike,
Reebok ed Adidas. La maggior parte delle altre imprese ha
pochi dipendenti. Molte di queste piccole imprese sono specializzate
in un particolare anello della catena produttiva. Per rispondere con
rapidità ai cambiamenti delle mode, tutti quanti operano ai
diversi stadi della produzione devono lavorare in stretta
coordinazione. PoichÈ solo il 5% delle calzature commerciate a
livello internazionale sono vendute nei paesi del Sud, i produttori
risultano essere estremamente vincolati alle mode occidentali,
europee e statunitensi.
La lavorazione del cuoio e delle pelli nei paesi del Sud danneggia gravemente l'ambiente. In occidente questa attività ha subìto pesanti limitazioni a seguito delle normative introdotte a tutela dell'ambiente, ed i vari stadi della produzione sono stati sempre più decentrati verso i paesi in via di sviluppo. Per i governi del Sud la lavorazione ed esportazione del cuoio rappresenta una fondamentale fonte di valuta estera, e, per mantenere elevata la competitività, le leggi in materia ambientale sono molto più permissive.
Con lo sviluppo dell'attività sono arrivati i nuovi metodi di lavorazione: il liquido da concia vegetale è stato sostituito da prodotti chimici. Ora le sostanze utilizzate sono lo zinco, l'arsenico, il cadmio e il cromo. Oltre a consentire di realizzare un prodotto più fine, la conciatura al cromo riduce i tempi di lavorazione da due anni a due giorni.
Essa è però anche la causa dell'inquinamento di fiumi, laghi, bacini e pozzi nelle aree industriali dell'India, ad esempio. La concia di un chilo di pellame richiede almeno 35 litri d'acqua, che la maggior parte delle concerie di quel paese fa defluire nei corsi d'acqua senza alcun trattamento di depurazione. Il risultato è che 35.000 ettari di terreno nel sud dell'India sono stati danneggiati dalle acque di scarico dell'industria. Tra la popolazione locale c'è stato un significativo aumento delle malattie conseguenti all'uso di acque inquinate.
Simili problemi si verificano anche in altre parti del mondo.
I Paesi in Via di Sviluppo pagano un prezzo pesante per la valuta che guadagnano commerciando pellame e cuoio. Il costo effettivo si misura tenendo conto delle peggiori condizioni sanitarie, dei danni ambientali e delle perdite nella produzione agricola. PoichÈ questi costi non vengono contabilizzati, la contropartita in valuta estera è ridotta. Il prezzo mondiale del pellame aumenterà solo quando i costi dell'inquinamento verranno tenuti in conto.
Ma anche in questo caso bisognerebbe riconoscere che la produzione di pellame e cuoio richiede l'impiego di una delle risorse più preziose: l'acqua pulita.
Il Commercio Equo acquista questi prodotti direttamente da piccole
cooperative di produzione, fornendo loro assistenza tecnica e
prestiti. Gli importatori sono consapevoli del problema ambientale e
si attivano per ricercare eventuali soluzioni. Il processo di concia
vegetale è molto lungo e quindi costoso: con il sostegno del
Commercio Equo alcune cooperative indiane stanno però cercando
di renderlo competitivo.
Association of Crafts People, India
Quest'associazione produce borse, portafogli, zaini e sacche per il circuito europeo del Commercio Equo. Il suo scopo è di favorire l'autosufficienza dei lavoratori del pellame assicurando loro istruzione e formazione, oltre a fornire elementi di marketing e consulenza.
L'associazione si occupa inoltre del problema della "schiavitù del debito" che in India affligge molti produttori legati al commercio tradizionale. Per avere accesso al credito essi impegnano il lavoro proprio e dei figli, riducendosi a servi dei creditori (spesso sono i commercianti che acquistano i loro prodotti). Nonostante sia proibita dalla legge si tratta di una pratica diffusa nel paese, che colpisce in particolare i membri delle caste inferiori, i cosiddetti "dalits".
L'associazione eroga crediti ai suoi membri aiutandoli ad
affrancarsi da questa drammatica dipendenza.
Il commercio mondiale dei giocattoli può essere paragonato
ad altri tipi di commercio internazionale su larga scala. Anche in
questo caso, infatti, poche grandi multinazionali dominano il
mercato. Si rilevano, purtroppo, molte imperfezioni nel processo
produttivo. Quasi tutti i grandi produttori di giocattoli hanno sedi
nei paesi dell'Est asiatico: "Made in Hong Kong" o "Made in China"
significa spesso anche cattive condizioni di lavoro, lunghe giornate
lavorative, processi di produzione malsicuri a cui corrispondono
salari bassi e un riconoscimento dei diritti dei lavoratori limitato
o addirittura inesistente.
Il Comitato Internazionale per l'Industria dei Giocattoli ha
elaborato ed approvato, nel giugno 1996, un codice di comportamento
riguardante lo standard manifatturiero. Pare però che i grandi
commercianti di giocattoli non vi si attengano. L'azienda belga
Nintendo ha riferito che la loro intera produzione avviene in
Giappone e non nel Terzo Mondo. Jumbo, invece, opera in Cina e
l'azienda si atterrà al Codice di Condotta nella politica
degli acquisti. Altri gruppi di aziende semplicemente non si
pronunciano sul Codice di Condotta.
La produzione e il commercio dei giocattoli possono anche avvenire
in modo diverso. Le organizzazioni del Commercio Equo in Europa
vendono centinaia di tipi di giocattoli. Entrando in questo circuito,
i produttori ricevono un prezzo superiore a quello praticato sui
mercati mondiali, e diventano datori lavoro di se stessi. Altre volte
lavorano in piccole aziende dove i diritti dei lavoratori vengono
rispettati. I giocattoli delle Botteghe del Mondo non sono molto
più costosi di quelli che si trovano nei normali negozi. Mille
lire in più per un puzzle di legno permettono ai produttori
indiani di mandare a scuola i loro figli. Basta così poco!
Golden Palm International Sri Lanka
Golden Palm è una piccola azienda dello Sri Lanka che esporta giocattoli per il circuito del commercio alternativo in Europa. La produzione coinvolge circa 200 famiglie. La Golden Palm presta denaro, materiali, utensili e macchinari, favorendo in tal modo lo sviluppo di nuovi prodotti e di capacità imprenditoriali e di marketing, nell'ottica di rafforzare la quota di mercato a livello locale e internazionale. I prodotti a marchio Golden Palm soddisfano completamente gli standard previsti dall'Unione Europea (ad esempio, nella produzione dei giocattoli vengono utilizzate speciali vernici senza piombo).
Nel periodo compreso tra maggio 1997 e maggio 1998 le Botteghe del Mondo europee daranno vita alla campagna "Made in Dignity", con una vasta serie di attività di promozione.
Obiettivo della campagna è richiamare l'attenzione di
pubblico e mezzi di comunicazione sulle condizioni di lavoro e sulle
conseguenze ambientali del commercio mondiale. Chiedi alla bottega
più vicina quali delle seguenti attività verranno
organizzate:
Vi partecipano le Botteghe del Mondo dei cinque continenti. Le
organizzazioni che collaborano alla campagna lottano per vincolare le
aziende tessili e quelle di abbigliamento. Le aziende firmatarie
della Carta del Commercio degli Abiti Puliti saranno direttamente
responsabili delle condizioni di lavoro nell'ambito dei loro processi
produttivi, in qualsiasi parte del mondo essi avvengano. Non possiamo
aspettarci che i Paesi in Via di Sviluppo si attengano a un minimo
salariale e si impegnino a mantenere un certo standard nelle
condizioni di lavoro se le aziende e i consumatori dei paesi
sviluppati non sono disposti a cambiare le loro abitudini negli
acquisti e a pagare prezzi equi. È pertanto molto importante
che l'industria tessile assuma le proprie responsabilità e
controlli l'intera catena produttiva.
Le Botteghe del Mondo europee collaborano all'interno della rete
NEWS! (Network of European WorldShops). Sono associate a NEWS! le
seguenti organizzazioni nazionali:
Austria: Arge Welt Läden
Belgio: Oxfam Wereldwinkels e Magasins du Monde Oxfam
Danimarca: Fair-net
Finlandia: Finnish association of World Shops
Francia: Artisans du Monde
Germania: RSK - AG Dritte Welt Läden
Irlanda: Association of Fair Trade Shops in Ireland
Italia: Associazione Botteghe del Mondo
Olanda: Landelijke Vereniging van Wereldwinkels
Spagna: Tiendas de Comercio Justo
Svezia: Usam Association of Swedish World Shops
Svizzera: Association Romande Magasins du Monde eVereinigung Dritte Welt Läden
Regno Unito: British Association of Fair Trade Shops