Dopo la I guerra mondiale le correnti nazionaliste – decise fautrici dell'indipendenza – portarono la Gran Bretagna a riconoscere la sovranità dell'Egitto nel 1922; fu proclamato re Fu'ad I e le relazioni con la Gran Bretagna furono regolate da un trattato d'alleanza militare; fu ridotta l'occupazione inglese e per il Sudan fu stabilita un'amministrazione condominiale. Allo scadere del trattato (1947) il sempre più acceso contrasto tra il governo e i vari partiti (acutizzatosi specialmente dopo l'infelice partecipazione nel 1948 alla guerra araba contro Israele) sfociò nel colpo di Stato organizzato dal generale Muhammad Nagib (1952) che costrinse re Faruq, salito al trono nel 1936, ad abdicare. Autoproclamatosi presidente della Repubblica e primo ministro (23 luglio 1953), Nagib venne progressivamente esautorato da Gamal Abd al-Nasir (Nasser) che, postosi in luce in seguito all'accordo per lo sgombero delle truppe inglesi dal Canale di Suez (ottobre 1954) e, assunte di fatto in quello stesso anno le funzioni di capo di Stato, venne ufficialmente proclamato presidente nel 1956.

Conclusa nel 1956 la nazionalizzazione del Canale di Suez, Nasser respinse l'attacco anglo-francese (1956) e, allacciati rapporti politico-economici con l'Unione Sovietica, costituì con Siria e Yemen la Repubblica Araba Unita (R.A.U.). Si dedicò poi alla formazione di una grande confederazione araba, che dall'Africa del Nord si estendesse al Medio Oriente e fosse sufficientemente forte da mantenersi equidistante sia dagli U.S.A. sia dall'U.R.S.S. Al suo piano però si opponevano i vasti interessi delle compagnie petrolifere e la presenza di uno Stato d'Israele sempre più dinamico e agguerrito, nonché il carattere dispersivo degli interessi dei vari Stati arabi: nel 1961 la Federazione Araba si scioglieva, mentre all'interno la mancata riforma agraria e la lentezza nell'industrializzazione facevano cadere gli entusiasmi delle masse. Nasser tentò di galvanizzare nuovamente l'opinione pubblica presentando Israele come il principale ostacolo all'unità araba, ma la tragica conclusione della "guerra dei sei giorni" (giugno 1967) dimostrò l'interna debolezza del mondo arabo e dell'Egitto in particolare. Per volontà di popolo Nasser rimase alla guida dello Stato, ma poté solo spendere le ultime energie per rendere meno fragili i rapporti con gli Stati arabi e manovrare fra U.S.A. e U.R.S.S. per avere un certo spazio di politica autonoma.

Morto improvvisamente Nasser nel 1970, gli succedette Anwar as-Sadat, il quale s'adoperò, col sostegno dell'U.R.S.S., a rafforzare militarmente l'Egitto non trascurando le vie dell'alleanza interaraba (tentativo di formare una federazione tra Egitto, Siria e Libia) e della diplomazia internazionale. Il 6 ottobre 1973, d'intesa con la Siria, l'Egitto attaccò di sorpresa Israele (guerra del Kippur). Dopo i successi iniziali e la controffensiva israeliana, l'Egitto accettò l'accordo per la cessazione del fuoco (11 novembre), negoziato dall'O.N.U., e partecipò alla successiva conferenza di Ginevra per la pace nel Medio Oriente. L'attenuarsi della tensione offrì a Sadat la possibilità di promuovere iniziative di ricostruzione e di rilancio economico come la riapertura del Canale di Suez (5 giugno 1975). Un accordo per il disimpegno nel Sinai (1975) venne raggiunto con la mediazione del segretario di Stato americano Kissinger e segnò l'avvio di cordiali intese con gli Stati Uniti e di un progressivo allontanamento dall'U.R.S.S.

Il dissidio con la Libia e la polemica con l'U.R.S.S. raggiunsero toni altissimi: nel marzo 1976 venne ufficialmente resa nota la denuncia del trattato con l'U.R.S.S., nel giugno dello stesso anno fu arrestato il massimo diplomatico libico e  negli ultimi mesi dell'anno e nel corso del 1977 la Libia fu accusata da Sadat di fomentare disordini, finché nel luglio reparti armati egiziani varcarono le frontiere libiche. Per contro l'Egitto strinse rapporti di stretta collaborazione con il Sudan e l'Arabia Saudita. Nel 1977 truppe egiziane intervennero a sostegno del regime di Mobutu nello Zaire e l'Egitto si schierò a fianco della Somalia nella guerra dell'Ogaden. Il Paese intanto cadde in una profonda depressione economica e il malessere della popolazione si tradusse in violente manifestazioni di piazza. Nel novembre 1977 Sadat, prese la clamorosa decisione di avviare trattative dirette con Israele, seguendo una linea contestata da quasi tutti i Paesi arabi, alcuni dei quali si unirono in un "Fronte del rifiuto" (Algeri, febbraio 1978), e poco accetta anche all'interno del Paese; con il referendum del maggio 1978 Sadat imbavagliò ogni tipo di opposizione dando al suo governo un'impostazione decisamente autoritaria. Nel settembre 1978, al termine di una laboriosa conferenza a tre (Carter, Begin, Sadat) tenutasi a Camp David, l'Egitto siglò una cornice di accordi con Israele che portarono alla firma del trattato di pace (Washington, marzo 1979), approvato quasi all'unanimità dal referendum tenuto in Egitto nell'aprile dello stesso anno.

Il 6 ottobre 1981, durante la parata militare per l'ottavo anniversario della guerra contro Israele (1973), il presidente Sadat fu assassinato da un commando di integralisti islamici che provocò la morte di altre otto persone. Gli succedette il vicepresidente Hosni Mubarak, designato dal Parlamento e confermato con un referendum popolare; è stato rieletto nel 1987. Nella seconda metà degli anni Ottanta, pur in un clima di agitazioni sociali, in parte alimentate da correnti del fondamentalismo islamico e accompagnate dal costante peggioramento dell'economia, il governo ha quindi perseguito con determinazione la politica estera pragmatica inaugurata dagli accordi di Camp David, vedendosene infine riconosciuta implicitamente la liceità dalla maggioranza dei Paesi arabi con il reintegro nella Lega Araba (vertice di Casablanca, maggio 1989). Parallelamente il Paese, alla continua ricerca del miglioramento dei rapporti con Israele (da cui nel marzo 1989 ha ottenuto la restituzione della zona di Taba) e di una mediazione fra questo e l' O.L.P., ha così riguadagnato il ruolo e il prestigio diplomatico tradizionali, ponendosi a capo dello schieramento moderato arabo, in sintonia con la politica di distensione attuata da U.S.A. e U.R.S. S.: sintomatici di tale collocazione sono stati prima l'appoggio all'Iraq nella guerra contro l'Iran, protratto dopo la tregua con l'accordo per un Consiglio di Cooperazione araba (febbraio 1989); quindi il deciso sostegno all'azione negoziale e più tardi bellica (partecipazione di un contingente egiziano alla forza multinazionale impegnata nella guerra del Golfo, gennaio-febbraio 1991) contro l'invasione irachena del Kuwait, avvenuta nell'agosto 1990; infine, il sostegno fornito da Mubarak, mediante concreti tentativi di mediazione tra Gerusalemme e Damasco e l'appoggio dato alle fazioni più "morbide" dell'O.L.P., all'iniziativa internazionale, e segnatamente statunitense, che ha condotto allo storico incontro tra Arabi e Israeliani alla conferenza di pace per il Medio Oriente, apertasi a Madrid il 30 ottobre 1991.

Nonostante le difficoltà di una trattativa complicata da una lunghissima stagione di odio e di terrore, il ruolo dell'Egitto si confermava essenziale per il raggiungimento di uno storico accordo, che non casualmente veniva firmato al Cairo nel 1994, tra Israele e O.L.P. di Arafat. Proprio questa funzione di mediazione e di moderazione all'interno di un mondo arabo percorso da nuovi fenomeni di integralismo creava, però, alcune serie difficoltà nel paese. In forte dissenso per la collocazione internazionale, considerata troppo filoccidentale, e facendo leva su un malcontento generato da una negativa situazione economica, gruppi di fondamentalisti islamici davano vita a una vasta ondata di violenze nella primavera del 1992. La durissima repressione dello Stato, che faceva giustiziare molti integralisti, non riusciva, però, a stroncare il fenomeno che continuava a manifestarsi anche negli anni successivi con attentati contro gli stranieri, gli intellettuali, i cristiani copti, la polizia. Nemmeno le più alte cariche di governo erano esenti da una tale virulenza terroristica come dimostrano gli attentati cui riuscivano fortunosamente a scampare il ministro degli Interni, il  premier A. Sidki (rispettivamente agosto e novembre 1993) e lo stesso Mubarak (1995). Nonostante le centinaia di arresti e le decine di esecuzioni, infatti, anche sul finire degli anni Novanta l'Egitto era attraversato da attentati che colpivano in modo indiscriminato non risparmiando nemmeno intere comitive di turisti