Hector Berlioz



BERLIOZ fu sicuramente un artista dalla personalità molto complessa. I colleghi musicisti dell'epoca non furono certamente teneri con lui. I tedeschi Mendelsshon e Schumann ironizzarono sul fatto che non fosse un pianista: gli unici strumenti che era in grado di suonare erano infatti il flautino e la chitarra. L'aristocratico Mendelsshon lo snobbò con molta eleganza. Schumann fu più crudele: "Non si sa se (BERLIOZ) debba essere considerato un genio o un avventuriero musicale; splende come un lampo, ma lascia dietro di sé una puzza di zolfo...".
Non ci sono dubbi oggi nel considerare BERLIOZ l'artista romantico per antonomasia. L'artista "maudit", colui che deve soffrire per trovare nella sofferenza la sua creatività artistica. L'uomo-artista che vive un po' emarginato dalla società, che considera il dolore che lo affligge quasi come un privilegio. E non fa nulla per nascondere la sua sofferenza, anzi la sbandiera apertamente ai comuni mortali, ma con scelta aristocratica: perché solo poche persone, persone elette si intende, riescono a comprenderla. Passa quindi giorni e giorni della sua vita scavando in se stesso. E infatti uno dei caratteri fondamentali del primo Romanticismo è l'"egotismo", l'introspezione patologica, eccessiva, il collocarsi al centro dell'universo con i propri affanni, con il proprio dolore, la mania all'autobiografismo più sfrenato.
Anche dal lato fisico ci sono delle peculiarità evidenti: è il periodo in cui la tubercolosi miete vittime in tutta Europa. Un artista in buona salute non è accettabile; meglio se tisico, malato,... preferibilmente defunto prima dei trent'anni.
Ecco perchè ancora oggi parlare di BERLIOZ vuol dire parlare di un personaggio eccentrico, portato all'iperbole, grottesco, esibizionista.
E infatti la sua musica dista anni luce dalla musica del periodo classico antecedente. Diventa cioè fucina di esperienze dolorose, allucinanti; sono pochi gli attimi di pace.
Chi ama BERLIOZ per la "Fantastica", ascoltando l"Harold" vedrà la sua ammirazione per il grande artista aumentare sempre di più.
Dopo la "Fantastica" tale opera viene considerata la seconda sinfonia di Berlioz, anche se sarebbe più corretto parlare di un concerto per viola solista, dove la viola svolge il compito di narratore in una sequenza di quadri sinfonici.
Ci fu un committente a quest'opera? BERLIOZ nei suoi Memoires ci dice di sì, nella persona del più grande violinista del momento: Niccolò Paganini. Se le cose siano andate veramente così non è certo. Quello che è certo è che Berlioz era abilissimo nel vendere se stesso e così fa circolare la voce che il grande Genovese è venuto a trovarlo, chiedendogli di comporre per lui un concerto per viola.
BERLIOZ si mette subito al lavoro abbozzando una composizione strumentale su "Gli ultimi istanti di Maria Stuarda". Ma questa non piace al diabolico violinista, che la ritiene poco adatta a mettere in mostra le sue immense possibilità tecniche. Ed è così che BERLIOZ lascia perdere Paganini e la sua committenza, e si ispira al personaggio di Byron "Childe Harold".
La prima esecuzione avvenne a Parigi nel dicembre del 1834, alla presenza di un pubblico famoso tra cui ricordiamo Victor Hugo, Alfred de Vigny, Alexandre Dumas, Franz Liszt e Frederic Chopin. L'accoglienza del pubblico fu diseguale. Il primo brano fu accolto abbastanza calorosamente; il secondo, quello della Marcia dei Pellegrini fu un trionfo. Nel terzo movimento il direttore dell'orchestra contò male le battute, l'arpista si impappinò e successe il finimondo. Il giorno dopo sui giornali il complimento più gentile fu il consiglio dato all'autore di tirarsi un colpo in testa. Ma la rivincita Berlioz se la prese qualche anno dopo quando l'opera fu eseguita alla presenza di Paganini, ormai gravemente malato di tubercolosi. Questi nel mezzo della sala si inginocchiò davanti a BERLIOZ, e successivamente gli spedì la somma di 20.000 franchi, ...ed era genovese...!
L'opera vuole raffigurare le avventure in terra italiana del personaggio di Byron Childe Harold, identificato dalla viola solista con un procedimento simile all'idée fixe della "Fantastica".
Abbiamo un giovanotto (Harold) desideroso di viaggiare, che si sposta in questo viaggio attraverso l'Abruzzo alla volta della Capitale eterna, in un ambiente estremamente suggestivo, pittoresco, quasi magico, pieno di contraddizioni. Da una parte il paesaggio con i grandi capolavori artistici del periodo romano e rinascimentale, dall'altra tanta miseria, tra accattoni, briganti, gente che vive alla giornata. Troviamo anche uno stuolo di pellegrini che marcia alla volta di Roma. E' l'Italia dell"800.
BERLIOZ fa ricorso all'esperienza del suo viaggio in Italia per il "Prix de Rome".
L'opera si compone di quattro quadri. (I nemici di BERLIOZ parlarono di cartoline...)
-Il 1° quadro ha per titolo "Harold aux montagnes", con sottotitolo " Scenes de melancolie, de bonheur e de Joie"
La musica inizia con un adagio in cui la malinconia, sentimento caro ai romantici, è espressa in modo magistrale. Harold sta camminando sui monti dell'Appennino, vestito da cacciatore, suonando la chitarra. Si respira l'atmosfera della "scene aux champs" della Fantastica.
Alla malinconia subentra di colpo "le bonheur e la joie" con il passaggio dall'adagio ad un allegro vivace. E compare anche la viola, che simboleggia il personaggio di Harold. Berlioz in modo geniale usa la viola e non il violino per un motivo molto semplice. Il violino con il suo suono troppo squillante non è adatto a rappresentare la malinconia. Più adatta a ciò è la viola, strumento dal suono più morbido, velato, ovattato. L'idée fixe qui ci è proposta dall'arpa.
-Il 2° quadro ha per titolo "Marche des pelerins, chantant la priere du soir".
Pellegrini in processione appaiono in lontananza, mentre i rintocchi di campane di un convento intonano l'Angelus. Magnifico e di grande effetto lo spettacolo che BERLIOZ ci presenta. I pellegrini prima si avvicinano a Harold e poi si allontanano verso Roma, sempre accompagnati dall' "a solo" della viola. La nenia che essi cantano ha poco di religioso. E' più il canto di chi vuol far passare il tempo senza annoiarsi troppo.
-Il 3° quadro "Serenade d'un montagnard des Abruzzes a sa maitresse"
E' la serenata di un amante sotto il balcone dell'amata, in forma di tarantella, una di quelle tante che certamente Berlioz ascoltò nei giorni trascorsi in Abruzzo. E' musica popolare, eseguita con strumenti popolari, ma di grande effetto.
-Il 4° quadro" Orgies des Brigands" è l'episodio conclusivo. In questo movimento troviamo tutti i temi precedenti. Ci troviamo tra un manipolo di briganti, che, ebbri, si gettano in un ballo sfrenato, in una sarabanda diabolica, in una danza vorticosa. Facile intuire analogie con il "Sabba" della "Fantastica". L'ambiente è sempre quello della Roma dell"800, dove, ha osservato un acuto critico, "bastava scrostare un po' la vernice cristiano-cattolica, per imbattersi in un sistema di vita che era tutto pagano, dionisiaco"

Enne. ci.

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