CRONACHE DI POVERI SERIAL KILLERS


Sembra istintivo. Ma c'è qualcosa di impenetrabile - e lo vediamo quotidianamente - nella logica di chi compie omicidi senza motivi apparenti. È questo il campo di indagine delimitato da Il Fascino del Male (Cortina editore, 172 pp.), opera di due ordinari di psicopatologia forense - Gianluigi Ponti e Ugo Fornari - che propongono sul tema le loro considerazioni da "addetti ai lavori". La prima operazione consigliata consiste nello sgombero (non `tabula rasa'!) di tutte le leggende e di tutti i miti popolanti la nostra memoria storica. L'Orco, la perversa duchessa di Bathory, Barbablù (ma aggiungerei il cruento Vlad Drac l'impalatore) nonché i molti eroi macabri o grotteschi della letteratura, del cinema, dei fumetti, potrebbero distorcere un'analisi che ha come unico fondamento fatti realmente accaduti. Si procede, quale punto di arrivo, alla resezione di tre recentissimi casi per lo più noti al grande pubblico. Quello di Luigi Chiatti, il cosiddetto "mostro di Foligno" è emblematico. Comunque, sulla genesi del serial killer non ci sono risposte univoche. Non è e non può essere un `folle' nell'accezione più comune, ma una persona lucidissima, razionale (altrimenti come avrebbe potuto predisporre certi piani?), perfino fredda nella sistematica commissione dell'atto criminoso. Diventa perciò problematico accertare se nel caso concreto - come richiede il legislatore - sussista un vizio totale o parziale di mente. Gli autori propendono per la tesi della responsabilità (e non-discolpabilità) del soggetto, desunta dalla sua libertà d'azione e, in ultima istanza, dalla sua volontà. Su questo presupposto diventa poi decisiva e perfino controversa la valutazione di questo individuo. Si scava nel suo passato, nei suoi rapporti coi genitori (spesso sono violenti o mancanti) nelle perversioni che sedimentano in lui nella solitudine nei problemi sessuali (il cosiddetto binomio sesso/morte: ad esempio, l'assassino prova piacere nell'eliminare la fonte delle proprie paure). La constatazione dell'impossibilità di fornire risposte certe o generalizzate induce Ponti e Fornari ad un'amara riflessione, questa volta più filosofica. Sul perchè l'uomo commetta così pochi omiicidi, rovesciando in modo inquietante il quesito iniziale.
L'indagine sui serial killers non può dirsi completa senza aver dato un'occhiata ad Autostrada per l'Inferno di Stefano Marzorati (Sperling & Kupfer, 244 pp.). In verità questo libro è un'ampia documentazione sulla costante - per non dire ossessiva - presenza dell'idea di morte nel rock, a partire dal bluesman Robert Johnson fino alle più recenti tendenze industriali. L'autore, affermato sceneggiatore di fumetti (Mister No) ed esperto di horror, dedica pure qualche pagina agli assassini seriali. Sfiora l'argomento quando si dilunga sui contenuti offerti dai gruppi scandinavi di black metal, legati a sette sataniche o sulla singolarità di pluriomicidi come Varg Vickerness, conosciuto come Burzum (ultimo album dal carcere: Filosofem), o Faust il batterista degli Emperor: questi personaggi sono, a mio avviso classificabili approssimativamente nel terrorismo politico-religioso. Differente è la situazione americana dove massacratori del calibro Charles Manson (uccise - insieme ai suoi seguaci - la moglie incinta del regista Polanski nel 1969) hanno un certo fascino: sono entrati nell'immaginario collettivo della media borghesia americana. Secondo i molti movimenti puritani il veicolo maggiore di questa infezione è il rock, con i suoi contenuti cruenti e diseducativi. Verità o propaganda? Il dilemma è tuttora irrisolto. Il libro è comunque piacevole, ma vi consiglio di leggerlo ad ora tarda, sotto una luce fioca e con il sottofondo musicale dell'ultimo disco dei Korn.

Vincenzo Capitone


P.S. Quasi tutte le riviste specializzate di musica hanno recentemente parlato di Serial Killers. Una serie di veraci descrizioni si può però trovare scrivendo ad Alessandro Papa Via Zuccardi Merli 3 - 40141 Bologna