FU MANCHU
In search of...
(Roadrunner, 1996)


Volevo un gruppo californiano, pesante e con una bella punta di acido. Lo so che, dopo il prematuro split dei Kyuss, pareva impossibile accontentare queste mie tre richieste. Eppure la Mammoth Records ha saputo tirar fuori la sorpresa. Si chiamano FU MANCHU e, nonostante il loro orribile nome, hanno le carte in regola anche in fatto di vendite. Il sound di In search of... è polvere, è sabbia desertica trasportata dal vento e che si attacca a tutto: si rifà in maniera molto secca ai Blue Cheer annata `67. Chitarre rumorose e a manetta già dall'inizio (Regal begal) alternate a splendide melodie acide (Neptune's Convoy), le performance del cantante Scott Hill (qualcosa di più di un emulo di Dickie Peterson) e perfino la copertina hanno un fascino tutto anni settanta. Ciò che ho detto parrebbe liquidare il disco come "operazione nostalgia". Non è esattamente così. Studiando la grevità di The falcon has landed, il wah-wah di Sea Hag e la potenza di Strato-Steak si sente benissimo che non è un tipo di pesantezza "vecchio stile", ma più deflagrante, come hanno insegnato i Kyuss. E poi pazienza se Missing Link è molto sabbathiana. Se Asphalt Rising spiega da dove ha attinto una hit come Blew dei Nirvana, se The bargain è un vecchio bluesaccio per invasati. D'altronde, dove non c'è possibilità di contaminazione, difficilmente il rock inventa di sana pianta qualcosa di nuovo. I FU MANCHU ne sono consapevoli e cercano di approfondire e valorizzare, senza scadere, questo loro aspetto. Sono duri e puri: e non è un motto inventato dai politici.

Vincenzo Capitone