ECHOLYN
When the sweet turns sour
(Cyclops, 1996)


Un'altra piccola, ma luminosa fiammella si è estinta. Certo, questo 1996 - da buon anno bisesto - si è rivelato finora foriero di pessime notizie per i fans del progressive: dopo lo scioglimento degli Anglagard (era nell'aria...) e l'addio della band "storica" per antonomasia del prog d'oltralpe, gli Ange, anche gli ECHOLYN ci hanno lasciati. E l'hanno fatto in maniera piuttosto malinconica: con un album "finto", rassemblato con scarti di registrazioni, brani dal vivo e remix. Evidentemente, il desiderio di fare un ultimo sgarbo alla Sony - dapprima maliarda incantatrice, poi perfida aguzzina - era troppo sentito: questo disco doveva uscire, e per un'altra etichetta naturalmente. Il colpo grosso è riuscito alla Cyclops, solitamente dedita a proposte new prog (ecco l'eccezione). Due parole sui pezzi: niente da dire, ci troviamo dinanzi a quei ben noti equilibrismi sonori che partono da basi pop quasi-leggere per approdare a costruzioni armoniche assai elaborate ma sempre godibili, tipiche del gruppo. Grazie al cielo, il suono mantiene una propria freschezza scevra da influenze pop o metal, complice anche l'assenza di lunghi assoli fini a se stessi tanto cari alla scuola statunitense. Così, se le rivedute e corrette Meaning at the moment, As the world ed il pseudo-divertissement A little nonsense ci rimembrano i bei tempi andati, le inedite 100 dimensions e la personale interpretazione del classico Where the sour turns to sweet dei Genesis ci lasciano il rimpianto nel constatare che la buona ispirazione era tutt'altro che estinta. Sic transit gloria mundi.

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