VOIVOD
Negatron
(Play it again Sam, 1995)
SEPULTURA
Roots
(Roadrunner, 1996)


Nella musica è un po' come nella vita: non sempre i meriti vengono riconosciuti. Mi pare proprio il caso dei VOIVOD, eccellente band canadese che da oltre un decennio delizia i padiglioni auricolari più attenti al rock estremo. La loro grandissima intuizione: il metal ed il punk potevano avere un percorso comune! In questo ottavo disco riescono a mettere a frutto - ma senza l'ingenuità degli esordi- la loro primitiva rabbia. Direi una rabbia `trash', come si può ascoltare in Planet Hell e nel suo martellante sfogo della sezione ritmica.
Non sempre percettibili eppure determinanti sono le esperienze psichedeliche degli ultimi album: Cosmic Conspiracy è il pezzo più Voivod-oriented e, naturalmente, più complesso. A me piace definirlo trash d'atmosfera per la (ottima) lentezza spaziale della chitarra. Praticamente i Sepultura più metallici a braccetto con i Pink Floyd. Ma sono pure interessanti le scudisciate industriali in apertura di Insect dove il grido soffocato del nuovo cantante -bassista Eric Forrest introduce una serie di straniti stop-and-go (i Zeni Geva di Disgraceland?).
È comunque D.N.A., il meccanico e scarno brano di chiusura, che da la misura di quanto siano in anticipo rispetto a gruppi più celebrati. Come potremmo, questa volta, ignorare questo futuribile cyber-trash!
Non hanno bisogno di presentazione né di incentivi i brasiliani SEPULTURA. Più di undici anni di carriera hanno permesso a quella piccola band di culto (appena conosciuta per Morbid Vision E.P. di death metal furente e di grana grossa) di inserirsi tra i maestri del trash. Almeno così dice la vox populi. No, non credo che i SEPU - e lo dimostra una discografia abbastanza povera di idee - siano un grandissimo gruppo. Sono però convinto che con il recente Roots siano giunti all'apogeo o, come si suol dire all'album della maturità. Il noioso piattume di Arise sempre in dissoluzione. Ciò accade perché tutti i pezzi più trash hanno una crudezza ed una compattezza degna di un gruppo hardcore. Non a caso le sacre penne di Kerrang parlano di influenze da parte dei G.B.H. Ulteriore nuova linfa è arrivata dall'"incontro" con la tribù amazzonica dei Xavantes: una specie di ricerca sonora di se stessi e a ritroso nel mondo primitivo e che sfocia - visti i frequenti tribalismi del disco - in una vera contaminazione culturale. Diventa dunque normale trovare bombardamenti metallici riscontrabili in Roots bloody roots (che abbiamo già imparato a conoscere nella svolta del precedente album) accanto a pezzi più ambiziosi come Look Away. Un tentativo di scoprire la natura multietnica e - perché no? - industriale del metal. I SEPULTURA così in forma non li avevo mai visti.
Tutto il resto è demagogia.

Vincenzo Capitone