AFGHAN WHIGS
Black love
(Warner 1996)


Post-grunge. È con questa (avventata) denominazione che - nel mezzo del trionfo nirvaniano di qualche anno fa - i magazine musicali come Spin cominciavano a dedicarsi ad una semisconosciuta band di Cincinnati, gli AFGHAN WHIGS. Molte cose sono cambiate dai tempi di Up In It: questo Black love chiude una trilogia di album che ha definitivamente consolidato la loro formula di soul-rock. È il cantante Greg Dulli (sì, proprio quello di Backbeat) a proporsi come protagonista tra gli arpeggi di Crime Scene Part One: non è un caso. Anche quando rivisita con sagacia i luoghi consueti del Seattle-sound (Double Day e Honkey's Ladder), ci appare naturale, senza forzature.
Non ci sono tentennamenti nemmeno nel pezzo più intimista (Step into the light) o nella triste marcetta - giusto un po' retrò e con tanto falsetto - di Night by candlelight.
A costo di perdere dinamicità, il gruppo non prevarica, non aggredisce mai strumentalmente la canzone, come è accaduto qualche volta al cerebrale Billy Corgan (Smashing Pumpkins); cerca di esprimere coi suoni solo quello che ha da dire. Non stupisca, dunque, la finale Faded.
Cinquecentotré secondi (che non tollerano paragoni con Mr. Axl Rose) di magia, con Dulli seduto al pianoforte ed intento a regalarci un po' della sua schiettezza vocale di musicista rock bianco, nero nell'anima e nel canto. Hanno fatto breccia anche nel nostro cuore.

Vincenzo Capitone