Maggio-Giugno 1995

     "Oggi  predomina  la  cattiva cultura del  rock:  nasconde  conformismo
sotto coloriture locali."
     Sapete di chi e`  questa  frase  capitatami  sotto  gli occhi giorni fa
su un quotidiano nazionale? Di un critico letterario svizzero di nome Staro-
binski: vi dice qualcosa?  Beh,  lasciamo  stare torniamo alla provocazione,
c'e`  da  vedre  se questo conformismo e` frutto di  ignoranza,  di  cattiva
informazione del reale  contesto  entro  cui  si  sviluppano certi movimenti
o  se  e` frutto di interessi commerciali che giocano, per  comodita`,  alla
mistificazione. La sfida e`  di  iniziare  a  risolvere  o reagire da queste
pagine  alla  contraddizione  in termini sollevata  dal "crittico".  Chi  ha
avuto l'occasione  di  seguirci  durante  Babeliche (inciso: ringraziamo per
la  partecipazione,  felici ed orgogliosi dell'interesse  che  ha  suscitato
questa nostra proposta)  avra`  voglia  di  continuare  la discussione (e la
invoco)  piu`  animata possibile. Ora voglio salutare i nuovi  abbonati,  mi
fa sempre piacere accogliere nuovi  compagni  di viaggio e presentare quanto
di  volta in volta siamo in grado di offrirvi: e allora ecco il nostro  Lupo
del nord, Ken Parker che e`  andato  a stanare un esordiente e attivo gruppo
di  Alba: gli Unwelcome che ci hanno inviato un demo-tape e  che  inaugurano
lo spazio LA SCENA DI CASA.  Tra  la  provocazione iniziale e l'invito a in-
viarci  le  vostre opere speriamo che queste, ahime' poche,  pagine  pulsino
sempre di piu di voci squillanti  e  diventino una sorta di richiamo. Sapete
dove trovarci. Fatevi sotto. A presto.

                                                                      Johnny




                           RECENSIONI - 360 gradi



                            THE JEFF HEALEY BAND
                               Cover to Cover
                                     BMG

     Mai  la  cecita`, nel corso della storia del rock, si  e`  rivelata  un
ostacolo serio all'espressione del talento musicale. Da Ray Charles a Stivie
Wonder  passando  per  Jose Feliciano e arrivando fino  ad  Andrea  Bocelli,
gli esempi che  si  possono  fare  sono  innumerevoli. JEFF HEALEY, bluesman
canadese  bianco  privo del dono della vista,  non  rappresenta  sicuramente
l'eccezione alla  regola.  Rivelatosi  a  meta`  degli  anni '80 con l'album
SEE THE LIGHT come autore e interprete assai originale HEALEY ha  proseguito
la sua carriera con HELL TO  PAY  e  FEEL  THIS, due episodi, a dire il vero
piuttosto  sbiaditi  che,  tra l'altro, non gli hanno  neanche  regalato  il
grosso successo commerciale  sperato.  Ora  arriva  nei  negozi questo COVER
TO  COVER,  composto esclusivamente da interpretazioni di pezzi  altrui.  Ed
il ritorno al blues  sincero  degli  esordi  e` subito evidente. Rispetto ad
altri  autori HEALEY dispone di una energia e, diciamo pure, di una  vigoria
elettrica assolutamente fuori dal comune. In meno, per altro, ha i musicisti
che lo accompagnano purtroppo sin dagli esordi. Trattasi di due amici  d'in-
fanzia che penalizzano, invece  di  completare,  il  sound della chitarra di
JEFF. Proprio vero che il feeling del blues a volte non ammette compromessi.
Tornando a  questo  ultimo  lavoro  esso  va  sinceramente interpretato come
una  sorta di omaggio ai grandi del passato. Si passa da  Hendrix, 'Freedom'
e 'Angel', o Led Zeppelin  di 'Comunication  breakdown' o ancora agli Spirit
di 'I got a line on you'. Il chitarrismo di tutti i prezzi e`  rigorosamente
elettrico con l'eccezione della  finale 'Me  and  my  crazy self', blues per
voce  e  chitarra. HEALEY, probabilmente grazie anche alla sua  cecita`,  ha
sviluppato un  rapporto  con  la  chitarra  molto  personale, quasi morboso.
Se  vogliamo cercare un paragone possiamo tranquillamente pensare  al  mondo
del calcio dove un Savicevic  o  un  Laudrup  <<trattano>> la sfera di cuoio
come un estensione del proprio corpo cosi` anche HEALEY, che suona da  sedu-
to, vive il suo strumento in maniera piena e gioiosa. Un entusiasmo presente
in  COVER  TO COVER dall'inizio alla fine. Mentre nei due  album  precedenti
straripava spesso in suoni troppo enfatici per essere credibili. Per conclu-
dere  questo Cover to Cover si presenta come un ottimo acquisto  soprattutto
per le raffinatezze tecniche  legate  ad  una  potenza del suono non comune.
In  un  periodo in cui non si vede all'orizzonte nulla di nuovo  proprio  da
chi non ci vede nulla arriva un segnale.

                                               Ken Parker '68, Lupo del Nord



                               DEUS EX MACHINA
                                De Repubblica
                         (Kaliphonia, Italia, 1995)

     Esiste,  tra  i  gruppi italiani, un'annosa  questione  riguardante  la
lingua da  utilizzare;  meglio  l'idioma  nostrano,  piu` musicale ancorche'
non sempre facilmente assoggettabile alle metriche, oppure l'inglese, seppur
maccheronico, che ti apre  le  porte  al  mercato estero? Al dubbio amletico
hanno  risposto in maniera per lo meno singolare sei ragazzi bolognesi  che,
gia` dal nome sceltisi, hanno optato  per  il... latino! Forse e` stata pro-
prio  questa la scelta inusuale che ha concorso  a  renderli (relativamente)
famosi anche al di la` del  vallo  Adriano che par separare il pubblico pro-
gressivo  dal...  resto  del mondo. Fatto sta che questi  signori  ci  sanno
fare, eccome! Dopo  lo  straripante  esordio  del  1991,  quel GLADIUM CAELI
registrato  in presa diretta durante un loro show, e  l'interlocutorio  DUES
EX MACHINA di due anni or  sono  che pareva approdare su sponde jazz-fusion,
ecco graditissimo questo concept (si parla di una sorta di P2 ante  litteram
dell'epoca preromana) che ce li  restituisce in perfetta forma. Personalita`
di spicco - ma non chiamatelo leader! - all'interno del gruppo e` senz'altro
il  cantante  Alberto  Piras,  spetttacolo  nello  spettacolo (come assicura
chi  ha  avuto la fortuna di vederli dal vivo) e che ora  si  cimenta  anche
come compositore; ma parlare  della  bravura  dei singoli sarebbe riduttivo,
dato  che  questo  e` sicuramente l'ensamble tecnicamente  piu`  dotato  tra
quelli che calcano  le  scene  progressive  dello  Stivale. Soltanto a loro,
infatti,  sarebbe riuscito un disco cosi` complesso, ai limiti  dell'artifi-
cioso, con tutti  quegli  stacchi  e  cambi  di  tempo infinitesimali. E voi
detrattori, fieri paladini del <<questo l'ho gia` sentito, somiglia a ...>>,
provate a cimentarvi nella vostra  arte  preferita: cercate fra le geometrie
oblique e impazzite dei DEUS qualche similitudine o presunta  scopiazzatura,
e ditemi se non restate  con  un  palmo  di  naso.  Con buona pace del trito
new-prog d'oltre manica e di chi, come Wayne Gardner, capo officina (pardon,
leader!) dei Magellan, auspica per  il genere un futuro sempre piu` <<metal-
lico>>. Si accettano scongiuri anche sottoforma di gesti osceni!

                                                                          io

     CONCEPT  ALBUM -  Disco a tema, i cui testi sono legati tra loro da  un
filo conduttore.



                              GUIDED BY VOICES
                                 Alien Lanes
                               Matador (LP;CD)

     Non sono trascorsi neanche  sei  mesi  dal  loro  BEE  THOUSAND e i GBV
si ripresentano a noi con questo ALIEN LANES, ennesimo lavoro di una carrie-
ra ormai decennale.
     Anche questa volta la  band  di  Cleveland  non  delude  e ci regala un
altro  caleidoscopico ellepi` pieno zeppo (28 tracce!) di inquinate  melodie
low-fi, prodotte da un fantomatico mr. Japan sotto le cui spoglie sembrereb-
be celarsi la signorina Kim Deal.
     Bisogna comunque dire che la mano di miss Pixies-Breeders non  aggiunge
ne` toglie nulla al solito  stile  che  i GBV utilizzano per presentare cio`
che  hanno  creato. Anche qui infatti ci troviamo davanti a pezzi  non  piu`
lunghi di due minuti  e  mezzo,  sempre  e  rigorosamente in bassa fedelta`:
fotografie istantanee, senza curarsi della luminosita` e del fuoco.
     Tanto  rumore  quindi,  ma mai protagonista; anzi,  sfondo  ideale  per
la musica guidata dalle voci.
     Le canzoni sono quasi tutte  firmate  da  Ron Pollard e sorprendono per
omogeneita` vista la loro natura di veri e propri frammenti. Non c'e`  quasi
mai stacco fra un pezzo e  l'altro,  ed e` cosi` che senza quasi accorgevene
sarete trasportati verso 'Watch Me Jumpstart', due minuti carichi di solitu-
dine sottolineati da una  poderosa  chitarra  caricata  di un effetto che la
fa sembrare lontana e per questo ancora piu` malinconica.
     Proseguirete per 'As We Go Up We Go Down' il cui ritornello non cancel-
lerete dalla vostra testa tanto facilmente, fino a 'Game Of Pricks': notevo-
le  esempio  di  low-fi pop. Troverete poi gli altri  gioiellini  di  questo
disco: 'A Good Flying Bird'  manifesto  di indipendenza urlato disperatamen-
te; 'Closer  You Are' che rivela con 'Chicken Blows' le loro influenze  bea-
tlesiane, e 'Motor Away' quasi epico inno al senso di liberta` che si ha "on
the  road".  Fra il monumentale numero di spunti  presenti  nell'album  sono
poi ancora da  citare: 'Ex-Supermodel'  con  base  ritmica "russata", in cui
dichiarano ironicamente di voler scrivere musica per colonne sonore; 'Blimps
Go 90'  ricamata  da  dolci  violini  e 'Strawdogs', 'Little Whirl', 'My Son
Cool' anche queste fra le migliori.
     Se siete amanti del suono pulito dal punto di vista della registrazione
potrete spaventarvi, ma potrete anche capire quanta carica espressiva possa-
no  avere  dei rumori e delle interferenze che non  vorreste  mai  ascoltare
sul vostro disco preferito.
     GBV, uno dei pochi  veri  gruppi  indipendenti non schiavi dalle regole
di  mercato,  vi sorprenderanno piacevolmente se non  li  conoscete  ancora,
vi delizieranno nuovamente col loro low-fi se li amate gia`.

                                                            Michele Apicella

     LOW-FI -  (Low-Fidelity =  bassa  fedelta`)  quando  le caratteristiche
fisiche  del suono originario non sono conservate fedelmente nella  riprodu-
zione (vs hi-fi = alta fedelta`).



                                FAITH NO MORE
                   King for a day... fool for a lifetime!
                              CD - Slash - 1995

     Con deferenza salutiamo l'uscita  del  quinto  disco dei Faith No More,
tra le primissime formazioni sul finire degli anni '80 capaci di contaminare
il metal. Dai tempi  di  THE  REAL  THING  l'affiatamento tra i musicisti e`
cresciuto  a  dismisura. Non per nulla gli episodi  corali  sembrano  essere
i migliori, come l'atmosfera  soul-funky di 'Evidence', segnato dalle pulsa-
zioni  regolari del basso, oppure, in 'Star A.D.', l'incisiva  chitarra  del
nuovo (e gia ex) Trey  Spruance,  supportato  dai  fiati. Le idee non manca-
no (si spazia dal jazz al funky al metal). Invece certi schemi  dissacratori
sono proposti sempre meno frequentemente: viene a mancare spesso la caratte-
ristica contrapposizione tra riffs dirompenti <<tipo Pantera>> e il  rallen-
tamento del ritmo, a favore  della  trasmutante  voce kitsch di Mike Patton.
Di  conseguenza  molti brani sono diventati monotematici e dilatati.  Ce  ne
sono alcuni, come  'King  for  a  Day',  che  risultano talmente perfetti ed
orecchiabili da sembrare studiati appositamente per un pubblico <<alternati-
vo>>. Non che il  lavoro  dei  FNM  sia disprezzabile tecnicamente, anzi, ma
l'insieme, rapportato al loro glorioso passato, mi e` parso fin troppo <<lu-
cidato>>, artificioso e senza sostanziali elementi innovativi.
     Il crossover e` un'altra cosa.

                                                           Vincenzo Capitone

     RIFF - motivo melodico ripetuto.




                                 ANY DAY NOW

       One of these days Mr. Opportunity gonna be knocking on my door
             One of these days I'll read the writing on the wall
       One of these days I'll be a spectator in an audience of whores
                One of these days I'm gonna run until I fall
      One of these days I'll win the lottery and wake up a millionaire
                One of these days I'm gonna get myself a job
    One of these days they're gonna stop the world and I won't even care
             One of these days I'm gonna finally believe in God
         One of these days I'm gonna grow up to become the President
             One of these days I'll find the woman of my dreams
      One of these days I'm gonna find these truths to be self evident
                              One of these days
        One of these days I'm gonna get in shape, become an astronaut
          One of these days my fears are gonna fall down the stairs
   One of these days I'll sell my soul, let' em find out what they bought
              One of these days I'm gonna shave off all my hair
      One of these days I'm gonna learn to play and write myself a song
           One of these days I'll take my conscience out to lunch
      One of these days I'm gonna buy the plans and build the atom bomb
            One of these days I'll have the guts to play my hunch
                              One of these days
                                 Any day now

                                                                  l
                           Testo dei Cop Shoot Cop            u
                        dall'album <<Release>> (1994)     d
                                                      i
                                                  b
                                              r
                                          i
                                      a

                              v
                          e
                      n
                  t
              i              IN QUALSIASI GIORNO
          s

           Un giorno o l'altro la fortuna bussera` alla mia porta
              Un giorno o l'altro leggero` la scritta sul muro
       Un giorno o l'altro saro` spettatore in un pubblico di puttane
                 Un giorno o l'altro correro` finche' cadro`
   Un giorno o l'altro vincero` alla lotteria e mi svegliero` miliardario
                  Un giorno o l'altro mi trovero` un lavoro
    Un giorno o l'altro fermeranno il mondo e non me ne freghera` niente
          Un giorno o l'altro riusciro` finalmente a credere in Dio
       Un giorno o l'altro mi allarghero` fino a diventare Presidente
            Un giorno o l'altro trovero` la donna dei miei sogni
         Un giorno o l'altro scopriro` che queste verita` sono ovvie
                             Un giorno o l'altro
        Un giorno o l'altro andro` in forma, diventero` un astronauta
         Un giorno o l'altro le mie paure cadranno giu` dalle scale
     Un giorno o l'altro vendero` la mia anima, vedranno cos'hanno preso
             Un giorno o l'altro ni rasero` a zero tutti i peli
     Un giorno o l'altro imparero` a suonare e mi scrivero` una canzone
        Un giorno o l'altro portero` fuori a pranzo la mia coscienza
      Un giorno o l'altro comprero` i piani e mi faro` la bomba atomica
         Un giorno o l'altro avro` il fegato di cercare di prenderci
                             Un giorno o l'altro
                             In qualsiasi giorno


                         Traduzione di: Corvo Rosso




                               MONSTER MAGNET
                              DOPES TO INFINITY
                                 (A&M, 1995)

     Aspettavo questo ultimo lavoro  dei  MONSTER MAGNET, secondo pubblicato
su  major,  con la vaga sensazione di essere di fronte ad una band  in  fase
di "normalizzazione". Dopo  il  magnifico 'Spine  of  God' (1991)  che ci ha
mostrato  Dave  Wyndorf &  Co. in forma  strepitosa,  il  successivo  SUPER-
JUDGE (1993) , pur essendo un buon  album, sembrava rispecchiare un raffred-
damento  interiore della musica dei MONSTER MAGNET, un  certo  appiattimento
della loro vena compositiva, da  un brillantissimo, deragliante e visionario
space-rock  psichedelico  ad un piu` canonico hard-rock,  pur  sempre  colmo
di suggestioni lisergiche.
     DOPES TO INFINITY doveva dunque  far  luce  sul  futuro della band e il
responso e` confortante.
     L'ambito  di  azione dei nostri e' sempre  quello:  inutile  aspettarsi
rivoluzioni da  musicisti  irrimediabilmente  affascinati  dagli  anni  70 e
da bands quali Blue Cheer ma soprattutto Hawkwind (di cui a tratti  sembrano
la versione anni  90).  Anche  presi  singolarmente  i  pezzi di questa loro
fatica  adottano soluzioni gia` udite nei loro precedenti lavori:  l'attacco
chitarristico  della  title-track  ricorda  quello  di "Pill  Shovel", cosi`
come  gli  accordi iniziali seguiti da un potente  riff  cadenzato  di 'Look
to Your Orb for  the  Warning'  ricordano "Nod  Scene" (entrambi di Spine of
God);  prosegue anche la tradizione dei riffs incalzanti e torrenziali  come
nella strumentale 'Ego, the Living Planet' o in 'I Control, I Fly'. Godibili
ma  forse  troppo manieristiche le quasi  pop-songs 'Blow 'Em  Off'  e 'Dead
Christmas'.
     L'unica variazione degna di nota  rispetto ai vecchi albums pare essere
la  minor propensione a dilatate, abrasive jams chitarristiche  che  avevano
contraddistinto alcuni dei  loro  pezzi  migliori  in passato, privilegiando
una  costruzione  generalmente  piu` studiata dei brani,  senza  per  questo
abbandonare il loro approccio visionario.
     I detrattori dei  MONSTER  MAGNET  sostengono  che  il gruppo e` troppo
limitato  a  schemi e suoni retrogradi e che rifarsi oggi a  cliche'  vecchi
di 20 anni non  abbia  senso.  Tali  tesi  non mi trovano d'accordo. Esisto-
no "artisti"  come Lenny Kravitz, Blind Melon o 4 Non Blondes  che  soffrono
dello stesso "difetto", ma il  confronto  con  la band di Dave Wyndorf mette
in  luce  come quest'ultima sia in grado di visitare luoghi  gia`  noti  con
uno slancio, un dinamismo, un buon  gusto, infine un talento non cosi` comu-
ni. Soprattutto, al contrario di altri, appaiono una band onesta.
     In conclusione, l'ascolto di DOPES TO INFINITY e` di grande  godimento,
a meno che non facciate parte delle schiere di coloro che cercano frenetica-
mente  il "futuro del rock", illudendosi di trovarlo nel solito nuovo  grup-
petto di presunti fenomeni inglesi  o  negli ennesimi cloni dei Rage Against
The Machine.

                                                                        K.G.

     MAJOR - casa di produzione e distribuzione maggiore.
     TITLE-TRACK -  canzone  che  da` (o ha lo  stesso)  titolo  dell'album.
     JAM - divagazione di uno degli strumenti solisti rispetto al tema.



                              PAR LINDH PROJECT
                             Gothic impressions
                       (Crimsonic Label, Svezia, 1994)

     Un tastierista che fa un disco a proprio nome; un pezzo dal titolo 'The
iconoclast'; una riproposizione della "Notte sul monte calvo" di Mussorgsky.
Aiuto! Tornano alla memoria i  ricordi  pesanti di quegli interminabili tomi
pseudo  neoclassici a firma Emerson o Wakeaman, figli illegittimi  di  madre
Megalomania. Errato. Questo PAR  LINDH  si  rivela un personaggio tutt'altro
che  egemone,  in possesso di buona tecnica (e  buona <<penna>>)  che  mette
in  risalto  pur  senza  mai  sfociare  nell'autocompiacimento. Sicuramente,
alla  buona  riuscita  del  progetto  corrente  l'eccezionale  entourage  di
collaboratori: 4/6 degli  Anglagard,  piu`  la  chitarra  e... la console di
Roine  Stolt,  ex leader dei Kaipa. si passa cosi` dalle  melodie  di  primo
impatto della citata 'The Iconoclast' alla soffusa dolcezza di 'Green Meadow
Lands',  nobilitata  dalla  splendida voce di quel  Mathias  Jonsson  autore
anche delle ricerche liriche.  Ma  GOTHIC  IMPRESSION  non  e` altro che una
conchiglia, una graziosa conchiglia che racchiude una perla di incommensura-
bile bellezza:  come  definire  altrimenti  la  suite ?The cathedral'? Venti
minuti  di  musica  totale, dove tra fughe di Mellotron e  marcette  a  base
di Farfisa, chitarre  ora  sferraglianti  ora  ricamanti,  spunta ogni tanto
un  flauto  gentile a rimembrarci che la musica e` anche  dolcezza.  E  come
non  menzionare  l'eccezionale  drumming  dell'enfant  prodige  Mattias Ols-
son (l'appena  ventenne  e con alle spalle gia` due capolavori  con  i  suoi
Anglagard), preciso come un  cronometro svizzero eppure <<caldo>> e coinvol-
gente? Sono venuto a conoscenza in modo piu` che casuale di questo disco (se
ve lo raccontassi, non  ci  credereste!);  quando  si dice la dea bendata...

                                                                          io

     MELLOTRON - tastiera-simbolo del progressive, molto usata come  tappeto
sonoro per il suo suono dolcissimo.
     FARFISA E HAMMOND - tastiera molto in voga tra la fine degli anni '60 -
inizio '70, con registri  spesso  simili  agli  organi classici o da chiesa.
     DRUMMING - modo, stile di suonare batteria o percussioni.



                                 DURAN DURAN
                                  Thank You
                                 (EMI, 1995)

     Anche i bellissimi  degli  anni  80  invecchiano  e  maturano: Simon Le
Bon  e`  ingrassato,  John Taylor forse ha imparato a  suonare  il  basso...
A parte le cattiverie, era  grande  la  curiosita` di vedere i divetti delle
ragazzine  di  10 anni fa alle prese con un album di covers (e  che  covers!
Public Enemy, Doors, Led Zeppelin e Bob Dylan, per dirne 4).
     Lasciando da parte ogni discorso  sulla credibilita` di una tale opera-
zione e concentrandoci solo sulla musica, la prima cosa che salta all'occhio
e` la discontinuita`  nel  livello  delle  interpretazioni: se la loro 'Ball
of  Confusion',  originariamente dei Temptations,  e`  deliziosamente  funky
e moderna, Lou Reed inorridira`  certamente  nel vedere la 'sua Perfect Day'
appesantita  da tonnellate di miele, tanto da diventare insostenibile  oltre
20 secondi d'ascolto. Grintosi  ed  ironici in 'Success', dai cori piacevol-
mente kitsch, i 4 old boys allungano un po' troppo il brodo con la  zeppeli-
niana title-track, portata discutibilmente  oltre  i  6  minuti. E il resto?
Divertissements  con qualche alzata d'ingegno (buone le due  versioni  di 'I
Wanna Take You Higher'  da 'Sly &  The  Family  Stone', la prima hard funky,
la  seconda piu` dance), autocitazioni (l'attacco della dylaniana 'Lay  Lady
Lay' ricalca spudoratamente il tema del loro singolo precedente), rispettose
rielaborazioni (Simon  Le  Bon  non ha osato fare il verso  a  Jim  Morrison
in Crystal Ship, e neppure  rappare  su '911  Is  A Joke' dei Public Enemy).
Forse  la  migliore rappresentazione dell'album e`  il  primo  pezzo, 'White
Lines': una rilettura che affastella  molti  elementi, dal rap all'hard rock
passando  per le suggestioni techno per finire con i coretti  stile  Twist &
Shout,  in  una  macedonia  sonora  che  pero`, "benedetta"  dalla  presenza
dell'autore  Grandmaster  Flash, risulta quantomeno divertente.  Eh  si`:  i
DURAN DURAN  da  qualche  anno  sono  una  band  decente, grazie soprattutto
all'inserimento  in pianta stabile del chitarrista Warren  Cuccurullo,  gia`
scudiero del compianto  Frank  Zappa,  che  lascia  piu`  volte il segno nel
sound  dell'album.  La sfida tra titani con gli Spandau  Ballet,  che  aveva
infiammato la meta` degli anni 80, li vede sicuramente vincitori (gli avver-
sari sono scomparsi da anni e anni) anche se la contesa non era propriamente
del livello di quella tra Beatles e Rolling Stones...

                                                                 Corvo Rosso



                                  MAGIC SAM
                                 Black Magic
                              (Delmark Records)

     Album storico. Trattasi dell'ultima  fatica  del cantante e chitarrista
Samuel  Gene Maghett, in arte MAGIC SAM, stroncato da una malattia  cardiaca
quando si stava avviando verso una folgorante carriera.
     Benche' la registrazione sia  datata  1969,  la  qualita` del lavoro e`
eccellente, come tutti i prodotti nati sotto l'occhio vigile di Bob Koester,
patron Delmark, etichetta da sempre sinonimo  di grandi artisti e buon gusto
musicale.
     Esponente  di  punta del cosiddetto West Side Blues (dove W.S.  e`  uno
dei quartieri <<coloured>>  di  Chicago  insieme  al  piu`  turbolento South
Side  ed  in  contrapposizione al <<bianco>> North Side),  insieme  a  Jimmy
Dawkins (ascoltate il  suo  ultimo <<Blues  and  Pain>>, fa-vo-lo-so) e Otis
Rush (grandissimo ma ultimamente un po' appannato), MAGIC SAM e` considerato
uno dei piu`  grandi  chitarristi  blues  mai  esistiti,  per quel suo stile
un  po'  particolare, la pulizia del suono e per quei giri armonici  che  lo
rendono inconfondibile all'ascolto. All your love, suo cavallo di battaglia,
e`  stato rifatto da innumerevoli band e grandi star del  chitarrismo (leggi
Jimi Hendrix,  Buddy  Guy)  lo  citavano  come  musa ispiratrice. Nonostante
questo  e  le sue indubbie qualita`, MAGIC SAM non ebbe gran fortuna  ed  e`
tuttora semisconosciuto al di  fuori  della  ristretta cerchia degli addetti
ai lavori. Voglio ricordare, pero`, che quando si ascolta "Sweet home Chica-
go" nel film "The blues  brothers",  ebbene quella versione e` ispirata alla
rilettura del grande brano di Robert Johnson fatta da MAGIC SAM e non all'o-
riginale come molti pseudocritici continuano  a  ripetere da anni. Come sem-
pre, nel music-business, molti seminano e pochi raccolgono i frutti.
     Tornando  al  nostro, inizio` giovanissimo a suonare  nelle  feste  dei
suoi compagni di scuola e per  sua  stessa ammissione suonare era tutto cio`
che voleva fare e niente di piu`.
     Egli  stesso ricorda, nelle note di copertina, che la prima  volta  che
fece uno spettacolo torno` a casa  con un blocchetto di indirizzi di giovani
ammiratrici  e  questo  fu grande stimolo per  la  continuazione  della  sua
carriera artistica. Era certamente  un  personaggio interessante. Agli inizi
della sua vita da musicista registro` alcuni album per la leggendaria  Cobra
Records di Chicago,  album  oggi  pressoche'  introvabili  presso la normale
distribuzione.
     Passo`  poi alla Delmark dove registro` due dischi, considerati i  suoi
capolavori. BLACK MAGIC e` uno di questi.
     Accompagnato da grandi musicisti,  oggi  impegnati in carriere soliste,
tra  i  quali  Eddie Shaw al sax e Lafayette Leake al piano,  MAGIC  SAM  ci
propone alcuni tra i suoi brani.
     Si va dalla  conturbante 'Easy  Baby' (Donna  Facile!) alla strumentale
e  incendiaria 'San-Ho-Zay'.  Grande  Blues per un  grande  artista.  Alcuni
critici sostengono che la sua  voce  era  mediocre. Io sono convinto, invece
che fosse piu` che discreta e poi il feeling delle sue canzoni si fa  perdo-
nare certe sbavature. In caccia, segugi, cercatelo.
     Questo e` quanto, cari bluesofili.  Se non riuscite a trovarlo scrivete
alla  redazione  di Interferenze blu: vi faremo avere gli  indirizzi  utili.

                                                               T-Bone Malone



                                  SLOWDIVE
                                  Pygmalion
                                  (Cration)

     C'erano una volta all'inizio  degli  anni '90  i Shoegazers: quelli che
fissavano  la  punta delle scarpe perche' messi a disagio  dalla  gente  che
li guardava; che facevano musica (rock?  pop?) essenzialmente per se stessi,
una musica narcolettica, stordente, lancinante e angelica allo stesso tempo;
che erano cordialmente  detestati  dalla  stampa  specializzata, accusati di
essere  introversi  per moda. Oggi, 1995, di quel <<movimento>>  e`  rimasto
ben poco. normalizzatisi i Ride, calati  di tono Pale Saints e Chapterhouse,
ancora  latitanti  i <<maestri>>  My Bloody  Valentine,  indirizzatesi  alla
classicita` Pop i  veterani  Cocteu  Twins...  un  momento,  e gli Slowdive?
Gli autori dello stupendo Just For a Day e dell'incerto Souvlaki sono  arri-
vati con questo  Pygmalion  al  loro  terzo disco (dalla orrenda copertina).
Lo  stacco, rispetto al passato prossimo, e` notevole: dell'<<indie  noise>>
che li rese venerabili  non  c'e`  quasi  piu` traccia; i pezzi basilarmente
acustici e liquidi, talvolta elementari nella struttura, minimali (ma  senza
ricordi velvettiani degli <<isolazionisti>>  alla Spiritualized), non cattu-
rano come fecero Wave o Allison, anzi comunicano scontrosita`, inquietudine,
astrazione, senso di incompiutezza.  Ma  il  disagio iniziale si tramuta ben
presto  in  ammirazione  per la coerenza e  la  genuinita`  dell'ispirazione
di Neil Halstead Rachel Goswell e  compagni,  che fanno di Pygmalion il loro
disco piu` personale, sincero, umile. L'unico legame con il passato prossimo
sono le voci, distanti  e  profonde  grazie  a  un sapiente uso del sustain.
La unga iniziale Rutty ha molte pause, un vago aroma blues, e un  magistrale
crescendo; Crazy for you e`  il  brano  piu`  movimentato, e questo e` tutto
dire, alimentato da un <<infinite guitar>> impalpabile; Miranda e` semplice-
mente fantastica, percorsa da un  campionamento  di voce femminile che mette
addosso una incredibile malinconia; Trellisaze e` disturbante e rumoreggian-
te, non rumorosa;  Blue  Skied  an'Clear  potrebbero  averla  scritta i Talk
Talk  piu` mistici di Spirit of Eden. Alla fine fate un po' i vostri  conti:
la forma e` cambiata, l'intensita`  spirituale  e`  rimasta. Per me il disco
e` bellissimo.

                                                                  Madmanmoon




                         Controtempo - DONALD FAGEN
                                 Kamakiriad
                           (1993 Reprise Records)

     Dozzinalita`,  pressappochismo,  consumismo. Purtroppo  questi  sono  i
canoni contro i quali ci troviamo  a combattere in questa fine di millennio.
Che fare? Resistere certamente! Una resistenza ostinatamente lucida e  defi-
nita, forti di una  concretezza  pulita  e razionale tale da tranquillizzare
animi e cuori.
     Un  Artista  che, a parer mio, infonde una gaia  tranquillita`  con  la
sua musica e` DONALD FAGEN. Americano, elegantissimo, eterno viaggiatore-pi-
lota ci ha sempre offerto, sin dai tempi dei mitici Steely Dan, dei raffina-
tissimi lavori musicali che  hanno  fatto  epoca.  Chi non si ricorda 'Do it
again',  famosissimo cavallo di battaglia delle discoteche  degli  anni '70?
I giovanissimi immagino!  Proprio  a  loro,  dunque,  consiglio di ascoltare
l'ultimo  compact  di  Donald Fagen KAMAKIRIAD. La classe non  e`  acqua,  e
questo lo si capisce gia` dalle prime note che il nostro apparecchio emette,
non appena inserito il disco in questione.
     Viaggiatore e pilota dicevo...
     Si`, KAMAKIRIAD e` infatti, secondo l'artista, il nome di una immagina-
ria fuoriserie che lo  porta  a  spasso,  quasi  fosse una sorta di macchina
del  tempo dal vecchio al nuovo secolo che nella fattispecie apre  le  porte
anche al nuovo  millennio.  Impeccabili  le  registrazioni, di una nitidezza
accurata  e  precisa. Le sovraincisioni poi sono tali da  lasciare  a  bocca
spalancata i migliori tecnici  del  suono,  per  cui le orecchie dei profani
come  il sottoscritto, saranno ben liete di ascoltare e rincorrere le  varie
raffinatezze sonore  che  si  intrecciano  armonizzando  fra loro campanelle
tubolari,  triangoli,  cori e respiri. E` in poche parole un  disco  fresco,
che ci prepara all'arrivo della prossima  estate, che ci mette di buon umore
e ci predispone alla scoperta di nuove tematiche e pensieri.
     D'altronde  certi  nomi  sono una garanzia. Disco  prodotto  da  Walter
Becker, l'altro pignolo componente fondamentale degli Steely Dan. Registrato
a New York, sovrainciso alle Hawaii, ha fra i suoi collaboratori nomi eccel-
si della musica di classe degli States. Alle batterie Leroy Clouden, Cristo-
pher Parker e Dennis Mc Dermott, alle percussioni Bashiri Johnson, al  basso
appunto Walter Becker che troviamo anche negli assoli di chitarra, all'orga-
no  Hammond e come voce l'immancabile Donald Fagen, alle trombe e  ai  fiati
Randy Brecker, al sax  alto,  flauto  e  clarinetto  il caro Lou Marini (chi
non se lo ricorda con i Blues Brothers?). Uno staff di collaboratori  accom-
pagna poi questo lavoro,  rendendolo  unico  ed  inimitabile nel suo genere.
Cosi` come vuole la tradizione degli Steely Dan.
     Ma  bando  ai ricordi del passato, KAMAKIRIAD e` un disco  attuale  che
dal passato acquisisce solo l'esperienza  creando una musica che vi accompa-
gnera`  nelle  gite  in riviera con un pezzo appropriato  per  ogni  momento
della giornata. Altro che pressappochismo  e dozzinalita`! E se siete incre-
duli,  provate  per  ricredervi, magari a bordo  di  qualche <<Carolina>>  o
<<Cenerentola>> che per l'occasione  si  trasformera`  in una vostra KAMAKI-
RIAD.

                                                                Stormbringer




                              INTERFERENZE blu
                         rivista di cultura musicale

                    P.zza Garibaldi, 3 - 12051 Alba (CN)
                   Tel. 0173/362041-281917 Fax 0173/297001
              Distribuzione Telematica 2:334/108.9@Fidonet.org


                            Direttore Editoriale:
                           gianni corino (Johnny)

                               Capi Redattori:
                             gianni borello (io)
                     emanuele giaccardi (Marziobarbolo)
                     beppe marchisio (Vincenzo Capitone)

                                 Redattori:
                        beppino costa (T-Bone Malone)
                          mauro decastelli (Decus)
                       paolo foglino (Ken Parker '68)
                       massimo giachino (Corvo Rosso)
                       mauro piazza (S.S.T., ex M.P.)

                          Responsabile Telematico:
                           matteo calorio (Dronag)

                               Collaboratori:
                   associazione culturale Cascina Macondo
                     carlo bogliotti (Michele Apicella)
                        andrea marasea (Stormbringer)
                            massimo molino (K.G.)
                         cristiano rota (Madmanmoon)

                                  Grafica:
                      elisa giaccardi (Emma Dulcamara)

                               Impaginazione:
                            sandro corino (Jaco)




                               LENNIE TRISTANO
                          e la poetica dell'altrove


     NOTIZIE DALL'INFANZIA

     Veramente  una  complicita`  di sangue lega Lennie  Tristano  a  quella
serie di artisti, che videro, romanticamente,  la  notte e il buio come loro
muse:  una complicita` non diversa da quella che, fra tenere scherme e  pro-
fondo interesse, ci unisce talora  umanamente alle sue composizioni. Leonard
Joseph  <<Lennie>>  Tristano nacque il 19 marzo del 1919 a  Chicago  da  una
famiglia italiana. Per nove anni  le  immagini  e  i colori del mondo gli si
offrirono  nelle  vesti di una fata morgana, una misura della luce  e  della
bellezza presto negata. Separato nell'ombra  di  una cecita`, camera di pri-
gionia  e segreta acquisizione per l'anima di una vocazione, Lennie  inizio`
lo studio del pianoforte, del  sassofono  tenore e del contralto, del clari-
netto,  della  chitarra,  della tromba, della batteria  e  del  violoncello.
Tentativi di una guarigione scelta  come  infrazione, tradimento di un patto
di normalita`, quando inspiegabilmente la realta` si disfaceva e si allonta-
nava. Ecco, percio`, che si infitti` lo stimolo a ripensarla nei suoi valori
e  a domandarsi se noi possiamo e non possiamo disporne: e, se  mai,  quanto
e come.  D'altronde  l'istituto  per  ciechi,  un'ampia  parentesi nella sua
giovinezza,  non  fu solo carcere e occultamento, ma  soprattutto  luogo  di
incantesimo; allo stesso modo  Lennie  oltre  che  asceta ed ospite, fu piu`
che  chiunque altro un animo affatturato dalla musica. L'inizio a New  York,
nei primi anni  dopo  la  guerra,  incorraggiato  da  Chubby Jackson, poi la
creazione  di  un  sestetto insieme con Lee Konitz e  W.Marsh  sono  ricordi
di un percorso appassionato. Che  da allora divenne una favola, accompagnata
nella serita` del suo volto da un luccichio d'affralito sorriso.


     IL BUIO E LA CREATIVITA'

     G.C.Roncaglia definisce lo stile di Tristano  una <<personalizzazione>>
inconcepibile per un'epoca di epigoni di Charlie Parker. Se ne desume quindi
che  Tristano  avesse  chiara in partenza la decisione  di  accarezzare  una
novita`, poi risultata dalla  commistione  fra  lunghe  frasi esposte con la
mano destra, ricche di sonorita`, e le sue concezioni ritmiche  inappuntabi-
li. Nel suo stile, ad una  struttura  tonale ed armonica progressiva si con-
trappone un ritmo equilibrato e privo di accenti, che se da una parte esclu-
de l'alternanza propria  dello "swing",  dall'altra  avvicina  la sua sobria
polivocalita`  lineare alla musica colta europea. La sua arte  trova  quindi
negli anfratti  dell'oscurita`  i  contorni  luminosi  di  un  progetto e la
volonta`  di  compierlo. Ispirandosi a Parker e Bartok il  jazz  tristaniano
trattiene una  sua  liberta`  ritmica  composta  di  sottintese accentazioni
asimmetriche e abbandoni. Nella ricerca di una misura piu` alta la  rinuncia
ad alcuni simboli immutabili del jazz, trova sgorghi emozionati di un senti-
re  elementare lontano da pur pallidi compromessi. Ma dalla magia del  suono
fu allora facile,  per  scelta  di  alcuni  critici, trapassare nell'accusa,
per  scoprire  nel suo modo di comporre i turbamenti e le  vicissitudini  di
uno spirito  astratto  e  intellettualistico.  C'e`  probabilmente  un vizio
se  non  proprio un arbitrio in questa  inquisizione,  come  inevitabilmente
accade nel caso di un autore reale. Chi lo incontra, non s'accorge di averlo
incontrato se non dopo, troppo tardi, scoprendosi le mani sparse del  pregio
di una vita  mentale  e  morale  unica.  Ne',  questi critici, si lasciarono
persuadere  dalla  maestria nel variare il ritmo delle  esecuzioni  e  dalle
vitalita` improvvise, figlie di una grande emozione.


     PUBBLICAZIONI POSTUME

     I due albums LENNIE TRISTANO  e  THE NEW TRISTANO risalgono rispettiva-
mente  al 1955 e al 1962, periodo in cui stretta era la  collaborazione  con
il bassista Peter Ind  e  il  batterista  Jeff  Morton. La scelta di suonare
insieme  diede a Tristano, grazie anche alla partecipazione di  Lee  Konitz,
la possibilita` di comporre  brani  divenuti  famosi, come per esempio 'Line
up', 'East Thirty Second', 'Turkish Mambo' e uno splendido 'Requiem' dedica-
to a Charlie Parker. Erano gli anni della <<beat generation>>, la generazio-
ne  religiosa a detta di Kerouac, che nella battuta ritmica del jazz  e  poi
nel 'rock and roll' coglieva arcane beatitudini.

                                                                       Decus




    CASCINA MACONDO   Musicarteatro Culture Associate   ON THE ROAD MUSIC
                     I menestrelli delle feste medievali

     Offagna:  suggestivo paesino collinare a 15 Km da Ancona;  la  presenza
della storia permea lungo le  strette  viuzze  dai nomi antichi, le facciate
delle case, l'acciottolato delle piazze, le mura. Qui, ogni anno, nell'ulti-
ma settimana di  luglio  si  tengono "Le  Feste  Medioevali"  dove cultura e
tradizione si incontrano. Lo spettacolo piu` vivo e schiettamente medioevale
lo realizzano giullari e  menestrelli,  provienienti da ogni parte d'Italia,
animando  le  vie del centro e le teverne. Come in un  incantesimo,  fino  a
tarda notte, si  possono  scovare  alla  flebile  luce delle torce ciarlieri
cantastorie,  musici,  e  ancora  chitarre,  fagotti,  bombarde,  tamburi  e
melodiose voci. Tra  questi  artisti,  non  sono  mai  mancati LE TEMPS CLAR
gruppo  musicale  costituitosi nel 1990 all'interno della scuola  di  Musica
Popolare di Forlimpopoli (FO).  Dal  1992 diviene indipendente privilegiando
due  precisi  obbiettivi: presentare musiche popolari europee  e  extraeuro-
pee (americane, irlandesi, francesi,  greche,  ungheresi...) cercando sempre
di  unire alla fedelta` della riproduzione uno stile semplice  e  personale;
dedicarsi alla ricerca e trascrizione  di musiche medioevali, in particolare
le  canzoni  dei  'Troubadours' provenzali in lingua d'oc e  le  canzoni  da
ballo delle corti, senza  pretese  filologiche  perseguendo le finalita` dei
menestrelli: divertire il pubblico.
     Alcune loro partecipazioni piu` significcative:
                         Feste medioevali di Offagna
                       Feste medioevali di Brisighelia
                   Rock Nero rassegna folk- rock faentina
                            Tratti Folk Festival
                          Ferrara Busker's Festival
                 Festa delle streghe S.Giovanni in Marignano
     Hanno al loro attivo una musicassetta dal titolo IN CANTO  richiedibile
presso la Sezione musica  dell'Associazione  Cascina Macondo Tel 011/9411495
o presso la redazione di Interferenze blu 0173/362041.
     I componenti:

                            DOVLER CAROLI Violino
                          GINO MATTEUCCI Mandolino
                  MIRIAM TONI Chitarra ritmica, percussioni
                      ROBERTO GARDELLI Chitarra e voce
                         IVO BERARDI Chitarra e voce
        GIORGIO GAVELLI Flauto dolce, whistles, ocarina, percussioni

     Il  gruppo si esibisce anche in circoli, pub, osterie,  feste  private,
sagre paesane.  Ma  soprattuttto  come  intrattenimento  musicale itinerante
di strada.

                                                          Marcella Pischedda

     Per  concerti,  dischi o altro materiale  telefonate  allo  011/9411495
oppure in redazione.




                     LA SCENA DI CASA - Alba - UNWELCOME
                         le promesse di un demo-tape

     Il nome del gruppo,  aggressivo  e  violento,  non potrebbe essere piu`
rappresentativo  della  musica  di  cui e`  interprete.  Le  coordinate  per
orizzontarsi in questo reticolo  sonoro  sono  rappresentate da Helmet, Rage
Against the Machine, Pantera, Biottazard, Downset e A.D. E se si  aggiungono
un pizzico di  Urban  Dance  Squad  il  panorama  e` completo. Gli UNWELCOME
sono  Axiom, voce e chitarra, gia` membro di Zoot Allures e  Laida  Masnada,
Max-T, batteria e cori,  Ex  Paniko  e  Condotta  Forzata, di origine slava,
e Kashi, basso e cori, che ha gia` militato nei Praedictum ed e` di  origine
turca. Nata soltanto due mesi  fa,  la  band  non ha ancora all'attivo alcun
concerto,  ma  e`  molto produttiva in studio e promette  un  demo-tape  per
la fine di Maggio dal  titolo  provvisorio  e  forse un po' provocatorio LET
SLEEPING  DOG'S LIE. Grazie all'amicizia con Axiom sono venuto  in  possesso
di una registrazione includente i  cinque brani originali incisi dal gruppo.
Prima di passare ad una breve analisi di ogni singolo pezzo, va sottolineata
la qualita` dell'incisione effettuata con quattro piste.
     Eccovi  un  conciso  resoconto  del  contenuto  musicale. 'Bad Friend':
a mio avviso il brano trainante. Sostenuta da un riff di chitarra,  puntuale
e potente, la traccia sonora ricorda molto da vicino certe cose degli ultimi
Helmet. 'The  Stronger's  Law':  ovverosia i Rage  Against  the  Machine  si
trasferiscono a Dogliani e  incidono  in  incognito sotto il nome UNWELCOME.
A parte gli scherzi, la somiglianza con il gruppo americano e` impressionan-
te. A mio avviso il  fatto  va  accettato  come  positivo e va lodato. Bravo
il  batterista che trasmette al brano una potenza inusuale. 'Justice  Inside
You': e` il pezzo che mi ha  colpito  di meno anche se non manca di energia.
Forse le parti vocali andrebbero riviste un poco. 'Unwelcome':  reminiscenze
di Led Zeppelin e crossover  totale  per  un ottimo pezzo sostenuto da linee
di basso molto ricercate. 'Colours of War': conclusione in chiave  sperimen-
tale della registrazione. Voce  filtrata,  assoli  di chitarra che rimandano
a  un certo Beck. Insomma, tante idee. Anche se talvolta qualcuna  si  perde
nel marasma generale creato dalla  vitalita`  di un tipetto niente male come
Axiom. Aspettiamo fiduciosi

                                               Ken Parker '68, Lupo del Nord

     Chi  volesse acquistare il demo o contattare il gruppo puo`  telefonare
allo 0173/211359.




                        paralleo zero - TOM and JERRY
                       il segreto della colonna sonora

     Nata ufficialmente  nel  1940  con  l'episodio <<Puss  Gets the Boot>>,
la serie animata <<Tom & Jerry>> che aveva per protagonisti un gatto  grigio
e un  topolino  fulvo,  raggiunse  rapidamente  una popolarita` incredibile,
con  la  quale  la casa di produzione cinematografica  Metro  Goldwin  Mayer
pote' tenere testa ai numerosi  eroi  in celluloide della rivale Warner Bro-
thers (da Bugs Bunny a Sylvester passando per il delirante Tasmanian Devil),
e i suoi realizzatori  William Hanna (regista), e Joseph Barbera (sceneggia-
tore), diedero inizio a una gloriosa e redditizia carriera. In questa propo-
sizione c'e` un  piccolo  errore:  quale? "Doloroso"  a dirsi, perche' siamo
loro  affezionati,  ma non sono Tom & Jerry i veri protagonisti  delle  loro
storie: e` il cinema in quanto meccanismo, movimento, piacere della visione.
A Hanna & Barbera non sarebbe mai riuscito di ideare un  personaggio "intel-
lettuale" come Duffy Duck, attore  completamente pazzo ma dotato di persona-
lita`  sufficiente a reggere da solo uno sfondo bianco:  preferirono  invece
le stabili  regole  del  serial (storie  semplici,  ripetizione dello schema
narrativo,  fissita`  dei ruoli - Tom o la crudelta` del  cacciatore  contro
Jerry o l'astuzia del cacciato), e  li` dimostrarono tutta la loro inventiva
con  infinite "variazioni  sul  tema"  e  con  un'animazione  fluidissima  e
spettacolare che  eleggeva  la  gag  visualmente  catastrofica  a fondamento
dell'effetto  comico. Memorabili sono diventate le migliaia di  oggetti  che
il povero Tom si  e`  visto  arrivare  addosso, producendo ognuno un effetto
diverso  (dai  tappi di bottiglia che gli si conficcano  nei  bulbi  oculari
ai ferri da stiro che gli  sagomano  il  muso),  le cucine e i salotti messi
a ferro e fuoco da un "semplice" inseguimento, e tutte le infrazioni  possi-
bili alle leggi della  statica  e  della  dinamica:  come se Hanna & Barbera
avessero  preso un comica del cinema muto degli anni '10 e l'avessero  posta
in un stroboscopio, deformandone surrealisticamente alcuni moduli costituti-
vi (la gags tipo "torta in faccia", l'accumulazione di eventi, gli  insegui-
menti). Il punto di forza della  serie  si rivelo` essere la colonna sonora.
In  questo  il grande compositore e arrangiatore  Scott  Bradley  assecondo`
perfettamente la grandeur  scenica  dominante in <<Tom & Jerry>>, inventando
un  patchwork  di brani da "musical"  hollywoodiano (prodotto  tipico  della
MGM), jazz  bigbandistico,  musica  sinfonica,  suoni  onomatopeici, che era
qualcosa  di  piu` di un sofisticato arredo sonoro: era la  vita  stessa  di
quei cortometraggi, la  punteggiatura,  la  voce (per  Tom &  Jerry che sono
quasi sempre muti), la sintassi delle inquadrature, il ritmo  dell'animazio-
ne. A tono musicale corrisponde  cosi`  tono dell'azione: l'entrata in scena
di  Jerry  e`  di solito accompagnata da un allegro  motivetto,  mentre  Tom
viene sonorizzato da 2 o piu`  strumenti dal timbro grave; il topos dell'in-
contro-scontro  tra  i 2 avviene in uno strepito di  ottoni  che  sottolinea
la sorpresa della  reciproca  vista,  a  cui  segue  un indiavolato up-tempo
per  le  scene di inseguimento; Jerry, quando si  accorge  di  essere "colto
in castagna", deglutisce sonoramente con  un  suono che e` diventato tipico,
cosi` com'e` tipico l'urlo squassante che Tom emette se colpito violentemen-
te. Questo nelle situazioni  piu`  ricorrenti. Nell'architettura dei singoli
episodi  si possono invece ascoltare brani musicali completi  dalla  valenza
espressiva piu` fine:  ad  esempio <<Puss'n'Toots>> (1942)  e`  la storia di
Tom che cerca di sedurre una gattina bianca, e i suoi tentativi sono  sotto-
lineati da brani ondeggianti  e  flessuosi  che  vorrebbero essere sexy, co-
me 'Sweet  and  Lovely' (Arnheim), mentre Jerry  vanifica  ripetutamente  la
conquista amorosa a  ritmo  di 'Boola  Boola' (Hirsh),  brioso e scanzonato;
il  quale  ricompare  in <<The Million Dollar Cat>> (1994),  con  la  stessa
funzione di mimare i dispetti  che  Jerry fa a Tom; <<Tennis Chumps>> (1949)
e`  uno dei migliori episodi, in cui un unico brano ('All good  Chillum  Got
Rhythm') ritma una folle partita a tennis  tra  Tom e un gatto nero che fuma
il sigaro, condita di gags violentissime (Tom perforato dalla pallina  l'av-
versario tagliato a  quadretti  dopo  essere  passato  a forza attraverso la
rete,  ecc.),  mentre Jerry da bistrattato raccattapalle ottiene  alla  fine
di vederli annientati  vicendevolmente.  Piu`  semplicemente legati al mondo
della  musica, <<The Cat Concerto>> (1947) e <<Tom & Jerry in the  Hollywood
Bowl>> (1950) pagano un  tributo  evidente  ai  balletti  di Fantasia, anche
se  rimangono molto comici e non meramente illustrativi. Nel 1958  la  serie
subi` un primo arresto di produzione.  Dopo essere passata, con esiti falli-
mentari,  nelle mani di Gene Deitch, fu diretta a partire dal 1962 da  Chuck
Jones o da Abe Levitow.  Questi  nuovi cartoons sono piu` simili concettual-
mente  a  quelli targati WB (da dove Joens & C. provenivano,  appunto),  con
la loro comicita` sottile,  meno ossessionata dal "tutto pieno" dell'azione;
Tom  e Jerry passano qui piu` tempo a studiarsi che ad affrontarsi  diretta-
mente, ma quella riuscita fusione tra movimento filmato e movimento musicale
non  pare  andata  persa. C'e` un sonoro piu`  allusivo,  rapsodico,  vicino
al "cool jazz", che come genere  musicale  e`  piu` in sintonia con i tempi:
anzi  in  Rock'n'Rodent Jerry e` un musicista molto poseur che suona  in  un
locale notturno per topi  modaioli  proprio  sotto  casa del povero Tom. Nel
1967 si sancisce la chiusura definitiva di questa serie. Totale: 148  episo-
di. Un classico. Intanto  Hanna &  Barbera  emigrano  in  TV... ma questo e`
un altro discorso.

                                                                  Madmanmoon




                     Punto fugato - POTERE ALLE RAGAZZE

     E` da parecchio tempo che cercavamo di pubblicare un articolo a  propo-
sito delle RIOT GRRRLS (gia`  nel  primo  numero  di  Interferenze Blu se ne
parlava).  Dopo  vari  ripensamenti, ci e` sembrato che il  punto  di  vista
di un ragazzo  potesse  travisare  i  veri  argomenti dell'intera questione.
Ci  limitiamo dunque a registrare il seguente articolo scritto da  Dana  Na-
srallah e pubblicato nel Nø 8  di Spin, attendendo con interesse che qualche
ragazza si decida finalmente a pronunciarsi sulla questione.
     Una  ragazza  con i capelli scuri, Erika Reinstein sembrava  quasi  non
notare l'attenzione rivoltale in Washington  D.C. al Dupont Circle, l'estate
scorsa.  Camminava  noncurante, passando oltre ciclisti,  roller  skaters  e
altri che erano stati sconvolti dalla  sua apparenza. I jeans di Erika erano
indossati  con  la cintura bassa, ed il suo addome era ben in vista,  ma  la
cosa piu` singolare era che  sul  suo  stomaco  era scritto un messaggio con
un evidenziatore spesso e nero: Rape (stupro ndr).
     Erika  Reinstein era a Dupont Circle quel pomeriggio per la prima  con-
vention annuale  delle  Riot  Girrrls (ragazze  in  rivolta  ndr), un gruppo
formato  ad  Olympia - Washington - e a Washington D.C. da  giovani  ragazze
sveglie che lanciavano un  messaggio  sul  GIRL  POWER  in maniera diretta e
forte;  cosi` come sono dirette e forti le parole stampate sui  loro  corpi:
     LA RIVOLUZIONE E` NELL'ARIA E ODORA DI TEEN SPIRIT.
     Dana Nasrallah tenta  un  profilo  delle Riot Grrrls: <<Erika Reinstein
ha  scritto 'rape'  sul  suo stomaco per rompere il  silenzio  che  circonda
il crimine. Altre  ragazze  hanno scritto 'slut', 'pussy', 'bitch' e 'whore'
sulle  loro  braccia,  sui loro stomaci, su mani e  caviglie.  Proprio  come
le lesbiche e gli omosessuali  che  hanno scelto di usare parole come 'dyke'
e 'queer'  per togliere vigore a queste parole e per  riappropriarsene  come
simboli di forza, le R.G. hanno adottato gli insulti contro le donne, inclu-
so il termine rimosso 'girl'.
     E  come giovani donne che aspirano a combattere <<la generale  mancanza
di potere  femminile  nella  societa`  nell'insieme,  e nell'underground del
punk-rock nel particolare>>, hanno trovato il loro spazio e il loro compito.
Sono in circolazione solo da un  anno,  ma  sono riuscite a fare uscire piu`
di  un  centinaio di pubblicazioni fotocopiate (fanzines), a  stabilire  una
convention annuale e ad  ottenere  servizi  su  pubblicazioni quali New York
times, U.S.A. Today, L.A. Weekly. Le Grrrls appaiono regorlarmente su Sassy,
e hanno ricevuto  richieste  da  Jane  Pauley  e  Sally Jesse Raphael. Anche
se  nessuna  R.G. potrebbe essere considerata tipica,  Tiffany,  studentessa
in un college cattolico nel  New  England, e` l'incarnazione di alcune delle
caratteristiche  ricorrenti  delle R.G. <<La gente, qui, pensa  che  io  sia
strana perche' ho precise idee  politiche,  vado alla cena del dean (preside
di  facolta` ndr) con un vestito nero corto, con anfibi vari e con la  testa
rasata e studio molto>>.
     Sveglie, colte e matte da legare  le R.G. cominciarono da giovani donne
come Tiffany, che presto si fecero strada nel mondo della musica underground
dominato dai ragazzi.  Il  gruppo  iniziale  era  formato da un assortimento
di ragazze che andavano dai 15 ai 24 anni e comprendeva studenti  collegiali
di Olympia e  musiciste  come  Kathleen  Hanna  delle  Bikini Kill e Allison
Wolfe dei Brat Mobile. Le R.G., tanto per spiegarci, non hanno alcun  fonda-
tore ufficiale e  fanno  uscire  regolarmente  pubblicazioni per spiegare il
termine  Riot Grrrls, una categoria variabile, aperta che  sembra  includere
tutte le ragazze, o perlomeno  quelle  che  credono nel Girl Power e leggono
almeno  una fanzine. Anche se qualcuno scredita le ragazze rissose  come "Mc
Punk" (una sorta di  SLITS:  gruppo  punk,  nell'era  dei Mc Donalds, ndr) -
con  l'accusa di riciclare lo stile insubordinato del Punk senza pero`  con-
creta sostanza nei contenuti -  le  ragazze  sono riuscite a ritagliarsi uno
spazio  sulla  scena. Stufe di essere spinte indietro al  fondo  dei  locali
durante i concerti,  hanno  incominciato  a  muoversi verso il palcoscenico,
dicendo ai ragazzi impegnati a pogare nel sottopalco di togliersi dai piedi.
In un concerto dei Fugazi nel  Giugno '92  le R.G. si sono unite per formare
un 'mosh  pit' (nucleo sotto il palco) sicuro. Cosa ancora piu`  importante,
comunque, il gruppo aiuto` molte  ragazze a salire sul palcoscenico mettendo
in  piedi  una rete infernale per mettere in contatto  aspiranti  musiciste,
e pubblicizzando i gruppi formatisi  tramite  recensioni e date dei concerti
all'interno  delle  loro fanzines. Bands femminili  e  anticonformiste  come
Brat Mobile, Cheesecake e Chicken  Milk  hanno suonato anche alla convention
estiva  delle R.G. Lavorando all'interno della scena dell'underground  punk,
le R.G. si sono  impegnate  parecchio anche nell'ambito delle pubblicazioni.
Le  fanzines  sono  scritte e pubblicate dalle ragazze  ed  hanno  centinaia
di differenti circolazioni  attraverso  l'intera  nazione.  Le fanzines sono
impudenti  e  irriverenti,  con inserti su GIRL NIGHT  alla  91  Underground
convention del  Pop  internazionale,  sulla  gelosia,  sulla crudelta` della
caccia alla volpe, sulle virtu` femminili, la rivoluzione ed alcune  ricette
vegetariane. <<Avete mai letto niente  che  dicesse tutto quello che stavate
pensando ma non poteva essere espresso con delle parole?>> chiede una redat-
trice di Fantastic Fanzine  Nø  2 <<questo  e` tutto cio`>>. Tale redattrice
si  sta riferendo ad una fanzine che si chiama Bikini Kill, ma  il  discorso
si potrebbe estendere  a  tutte:  alcune  dai  titoli ingegnosi come Crumbly
Lil  Bunny  e  My Harlequin Romance a quelli  piu`  antagonisti  quale  Quit
Whining,  Satan  Wears  a  Bra (Satana  porta  il  reggiseno),  Plagiaristic
Tendencies.
     Recenti articoli includono <<Morte a tutti i ragazzi punk che rifiutano
di riconoscere la  Girl  Punk  Revolution>>, <<La  top  10 delle ragioni per
le  quali  puo`  essere figo andare in giro da sola e non  avere  un  ragaz-
zo (della serie nessuna  telefonata  noiosa  e  non  dovrai  dividere il tuo
denaro)>> e <<Oh, tu sei cosi` emotivo!>>.
     Il  femminismo delle R.G. e` un'insalata pazza che  mischia  concezioni
alla Women Liberation anni '60, vegetarianismo, la Backlash di Susan Faludi,
il Beaty Mith di Naomi Wolf e altro disparato materiale.
     Sezioni locali sono sorte l'anno passato in sei o piu` citta`, compren-
dendo qualche  centinaia  di  membri,  una  piccola  ma agguerrita minoranza
nell'attuale  clima  antifemminista. Il 63% delle donne  americane  di  oggi
rifiuta di  essere  chiamato  femminista,  stando  ad  una recente inchiesta
del Times / CNN. Secondo il Times le giovani donne in particolare  rifiutano
l'etichetta. Con la loro  organizzazione dalle caratteristiche poco definite
le R.G. si pongono in netto contrasto con il resto degli studenti  universi-
tari americani. Anche se le R.G. stampano  Km di articoli su se stesse nelle
loro fanzines, sono restie a lasciarsi intervistare dai giornalisti.
     I seminari alla convention di quest'estate erano limitati alle ragazze,
per fare in modo  che  le  partecipanti  potessero parlare liberamente anche
di  argomenti  quali  lo stupro, l'aborto, le molestie  subite  per  strada;
oppure lamentarsi delle bands quasi totalmente maschili.
     In una  pubblicazione  chiamata "What  is  Riot  Grrrls anyway" Jasmine
Kerus scrive <<mai prima d'ora avevo sperimentato un gruppo con cosi`  tanta
energia e amore>>.
     Un centinaio di Grrrls si siedono  in  cerchio in una stanza di ricrea-
zione  al  Washington Peace Center dalle 11.00 alle 14.00  il  primo  giorno
della convention che durera`  un  intero  weekend  e  parlano a turno. Kerus
ha  trovato  una risposta per tutti i ragazzi  denigratori <<We  don't  need
you>> (non abbiamo bisogno  di  te  ndr),  citando  un  verso di una canzone
delle  Bikini  Kill  <<Ti spaventa questo?>> Kerus si  ferma  un  minuo <<e'
uno dei miei versi preferiti di tutti i tempi>>.
     Per informazioni:  RIOT  GRRRLS  PO  BOX  11002  WASHINGTON  D.C. 20008
Dischi consigliati:
     Huggy  Bear / Bikini Kill <<Our troubled youth / Yeah yeah  yeah>> (Cat
Call) 1993
     Huggy Bear <<Taking the rough  with  the smooth>> (Wiiija Records) 1993

                                                                      S.S.T.




                         omaittepsa
                      od
                    am           ehc ozziridni`lla ic
                 edn         ort       uai           et
                           av             c            ve
                 cu        te qui accanto.           ri
                   ri                              sc
                     os                     zioni,
                       ita` commenti provoca