Marzo-Aprile 1995
Sara` la volta buona? Direi proprio di si` arrivati a questo punto.
Babeliche e` alle porte: ci si potra` finalmente conoscere, guardarsi in
faccia: chi fa il giornale, i fedelissimi (gli abbonati: i primi esplorato-
ri) che continuano ad aumentare e che ringraziamo e quanti vorranno seguirci
per questo ulteriore sentiero.
Vorrei sottolineare, senza sviolinature, che INTERFERENZE blu rappresenta
sia per chi la fa e per chi la segue un'esperienza coraggiosa ed impegnati-
va: il panorama e` vasto, le rubriche aumentano, l'analisi si estende (anti-
cipazione ci saranno persino Tom & Jerry).
I nuovi collaboratori a cui diamo il benvenuto hanno inviato contributi
molto interessanti, li scoprirete leggendo: si sente un nuovo profumo.
Dove stiamo andando, che cosa stiamo facendo? E chi lo sa, se lo sapessimo
perderemmo ogni gusto nel farlo.
Aspettiamo dunque nuvi contributi che riceveremo sempre con entusiasmo,
lo spazio e` limitato, ci saranno da fare delle scelte, nessuno si scoraggi.
Rinnovo l'invito per le serate di Marzo e spargete la voce (anche per gli
abbonamenti).
Johnny
RECENSIONI - 360 gradi
MINXUS
"Pabulum"
(Too Pure 1995)
Era aspettato questo primo LP dei Minxus, ed eccolo denso di canzoni
che si inseguono, dandoti appena il tempo di tirare il fiato tra un pezzo
e l'altro. Ve li voglio presentare prima di passare a parlare della loro
musica: Joe Whitney alla batteria, She Rocola voce e basso, Gavin Pearce
voce e chitarra. Un trio . . . e chissa` che non porti fortuna visto i
precedenti! Gli elementi per collocarli esattamente al centro dello schema
musicale indipendente anglosassone d'oggi giorno ci sono tutti; eppure
no! Niente da fare, i Minxus riescono ad introdurre in ogni loro pezzo
una serie di variazioni di tempo e di ritmo che lo rendono godibile dalla
prima nota all'ultima, senza mai poter dare qualcosa per scontato. La prima
canzone a giudicare dal titolo ('Minxus') e` una presentazione: niente
male come biglietto da visita! Ci fanno capire fin dall'inizio quanto siano
bravi nel tirare fuori i suoni che vogliono dai loro strumenti. E questa
una delle cose che mi hanno colpito di piu` di questo gruppo. Per quanto
riguarda la voce questa canzone e` du-duata da She. Non c'e` praticamente
stacco ed ecco Silkpurse dove incontriamo la voce di She che in questo
pezzo ricorda leggermente quella di Siouxie. Il lavoro del batterista e`
davvero eccezionale! 'I know you want to stop' e` cantata da Gavin, i batti-
ti staccati della batteria sono cuciti assieme dal basso di She, la voce
segue la batteria e la chitarra ricama. Ecco 'Pabulum' la canzone dal titolo
latino che da nome all'LP in cui si apprezzano la voce e i virtuosismi
di She (eredita` dell'attuale scena musicale inglese?) e la peculiarita`
della musica dei MINXUS a cui prima ho accennato. 'The falcon contract'
e` un pezzo solo strumentale che dimostra come da un motivetto centrale
i MINXUS riescano a sviluppare un'intero pezzo grazie al loro estro musica-
le. 'Vultura' e` una canzone che alterna un andamento lieve e rilassato
ad uno piu` incalzante, nervoso; la voce di She, quando l'andamento e`
lieve, e` piu` cantilenante, piu` gutturale quando l'andamento e` piu`
nervoso. 'Wonderful pair' e` dedicata al seno di She, il refrain e` davvero
accattivante, mi ritrovo a cantarlo nei momenti piu` inaspettati. 'Get
apre' il secondo lato in modo davvero superbo, la voce di She dona elastici-
ta` al pezzo, poi c'e` un acuto di chitarra che dura un attimo ma ti passa
da parte a parte. 'I live on sand' e` cantata da Gavin, sembra che la voce
esca da un altoparlante. 'Monkey Theme' e` solo strumentale, un saggio
di bravura dei MINXUS che non sfigurano a confronto di bands ben piu` navi-
gate. In 'Liberty bodice(a)' She sfodera una voce davvero potente che fa
vibrare i timpani, ma sempre controllata, non si ha mai la sensazione che
stia strillando. 'Fecund girls' mi sembra che il tiolo dica tutto. 'Sunshi-
ne' e` la terza canzone cantata da Gavin, potrebbe tranquillamente far
parte del repertorio di un gruppo che si e` sciolto quando poteva ancora
darci molto, vi do una mano, anche nel loro nome c'era una x. 'X Y Zoom':
un altro pezzo strumentale dedicato a chi ama la velocita`, un bocconcino
prelibato per gli amanti delle cose un pochino piu` <<pesanti>>. 'Ever
since forever' ha questo suono classicheggiante di chitarra che da un tocco
di latino e crea un'atmosfera grave che scende subito giu` nel profondo.
I MINXUS ci consegnano un concentrato di buona musica, suonata ottimamente,
che senza allontanarsi troppo dagli stilemi della musica da cui chiaramente
traggono ispirazione riesce a trovare in essa una nicchia inesplorata.
Un disco che si ascolta e si riascolta; proprio cosi`, questa e` la musica
che vorrei ascoltare dal mattino alla sera, dalla sera al mattino!
Marziobarbolo
ANGLAGARD
"Epilog"
(Hybris, 1994)
Tropo facile, oltre che scontato, parlare in termini lusinghieri di
questi ragazzi. Facile, ma doveroso. Autori due anni or sono di un album
d'esordio a dir poco trascinante, in grado di calamitare l'attenzione anche
delle orecchie meno avvezze a certe sonorita` (ciao Jaco!), erano attesi
con impazienza dalla critica e dai fans alla prova della conferma. Ma se
Hybris, nella sua complessita`, era pur sempre un disco relativamente acces-
sibile, in quanto lasciava emergere fra le pieghe di un solido substrato
progressivo qualche sano spunto rock (nell'accezione piu` tradizionale
del termine), in questo caso il discorso e` diverso. Gia` il fatto che
questo EPILOG sia interamente strumentale la dice lunga: larghi spazi la-
sciati all'improvvisazione (seppur studiata a tavolino) in un ambito decisa-
mente sperimentale; tastiere onnipresenti, con il mellotron Grande Fratello
della situazione; e la ricerca di un'armonia anomala, affascinante, mai
banale. Sembra di vivere un sogno. In una foresta brulla, non verde isola
felice popolata di animali liberi e folletti gioiosi (come tradizione vuo-
le), ma dove un silenzio surreale si erge a Signore dei Larici, una quiete
che non conosce tempo ne' dimensione e dietro la quale si nasconde, paziente
ed inesorabile, l'ombra della Fine.
Raramente mi e` capitato di notare una cosi` geniale simbiosi tra
discorso musicale ed immagini di copertina; ma non voglio dilungarmi oltre,
e lascio giudicare a chi legge ed ascolta . . .
Dell'Epilogo
Dietro ogni gesto c'e` un essere vero nel bere del vino come nello
spegnere un cero
e quando pensi a cio` che e` gia` stato ti accorgi che, ormai, e`
tutto dimenticato.
Soltanto un'ombra rimane, in eterno come la bianca coltre che tutto
copre in inverno;
e una foglia secca che il vento porta via cosi` fa il silenzio con
l'agonia.
io
ALBERTO MARSICO BRUNO MARINI MAURIZIO BORGIA
"Hammond Blood"
Ci troviamo di fronte ad un bel lavoro, opera di tre musicisti non
noti al grande pubblico benche' siano di ottima caratura (ennesima riprova
del fatto che il binomio bravura-notorieta` e` labile ed evanescente).
La formazione e` insolita: Alberto Marsico (organo hammond), Bruno Mari-
ni (sax baritono e flauto), Maurizio Borgia (batteria), come e` insoli-
ta (almeno per un assiduo ascoltatore di blues tradizionale quale sono
io) la loro musica. Ho cercato, per almeno un paio di settimane, di trovare
una definizione e la piu` azzeccata mi sembra COOL BLUES. Innumerevoli
le emozioni e gli stati d'animo che ti attraversano all'ascolto, curiosita`
e meraviglia per l'interssante rilettura di 'Cocaine' di J. J. Cale, diver-
timento per 'Cats & Rockers', godimento ed estasi per 'Mell of Hess', per
citare solo alcune delle 11 tracce del disco.
Su tutto troneggia, sereno e maestoso l'organo Hammond e soprattutto
il suo suono rauco, incisivo, pieno, tagliente e "vissuto" come corde vocali
rinvigorite da whiskey & Gauloise di Waitsiana memoria. Non ci sono piu`
aggettivi per descrivere l'affascinante suono di questo strumento che ha
fatto la storia del blues, soul, gospel, ecc.. Chi di noi non ha nelle
orecchie l'arrembante attacco di Green Onions di Booker T, portato alla
ribalta dal cult movie The Blues Brothers con l'inimitabile ed indimenticato
John Beluschi. Doverosa menzione meritano i tre musicisti:
ALBERTO MARSICO: valoroso hammondista torinese, figlio d'arte, musici-
sta dotato e molto interessante, che ho visto con grande piacere innumerevo-
li volte nelle calde Blues Night all'ombra della Mole, ora come organi-
sta (nel gruppo The King Bees col prode armonicista Sla Bonasoro) ora come
bassista accompagnatore di bluesmen nostrani. Ascolto live consigliato.
MAURIZIO BORGIA: impeccabile alla batteria.
BRUNO MARINI: virtuoso sia con quel meraviglioso strumento che e`
il sax baritono sia col flauto.
Ragazzi, datevi da fare per trovare questo disco.
Frase di rito: in vendita nei migliori negozi di dischi e anche nei
peggiori (viva la Par Condicio).
Chi non riuscisse a trovarlo puo` rivolgersi alla redazione:
0173/362041-281917
T-Bone Malone
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| OPHELIA |
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| Where the willow trails its widow's |
| weeds in water |
| there doth she lie thy wan, |
| benighted daughter |
| no one must weep |
| no one must weep. |
| |
| Gold is her bed and hard is her |
| pillow |
| garlands for her hair entwined with |
| braids of willow |
| no one must weep |
| no one must weep. |
| |
| Lily white her gown which billows in |
| the water |
| and bears her downstream |
| till the dark glass closes o'er her |
| no one must weep |
| for she but sleeps. |
| l |
| u |
| Testo di Paul Roland d |
| LP "Sarabande" (1994) i |
| b |
| r |
| i |
| a |
| |
| v |
| e |
| n |
| t OPHELIA |
| i |
| s Dove il salice trascina le sue |
| gramaglie vedovili nell'acqua |
| laggiu` giace lei, la tua pallida |
| figliola sorpresa dalle tenebre |
| nessuno deve piangere |
| nessuno deve piangere. |
| |
| Gelido e` il suo letto e duro e` il suo |
| cuscino |
| ghirlande fra i capelli annodate con |
| trecce di salice |
| nessuno deve piangere |
| nessuno deve piangere. |
| |
| Il suo vestito e` un bianco giglio |
| che fa ondeggiare l'acqua |
| e la conduce a valle |
| dove il vetro scuro si chiude attorno a lei |
| nesuno deve piangere |
| perche' lei solo riposa. |
| |
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| Traduzione di: io |
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IMPALED NAZARENE
"Suomi Finland Perkele"
CD-Osmose-1994
<<Do Oa Ip Satanas Lucifero Satanas>>
Un organo tesse furtivamente la sua trama. Una chitarra lo segue.
Note che si susseguono. Elettriche, rumorose: delineano una melodia malefi-
ca. Cavernosa si insinua una voce, anzi un grugnito, che proclama, in diver-
si idiomi, la presenza del Maligno. <<This is the final burning>>. Questa
e` la sentenza definitiva: tutti saremo 666.
Cosi` si dipana 'The Quasb', l'unico ma meraviglioso episodio effetti-
vamente <<black>> del terzo album ad opera dei finlandesi IMPALED NAZARENE.
Un gruppo capace di sprigionare anche in studio una ferocia inaudita. Carat-
teristico e` l'incedere furibondo della batteria-tritacarne che si accompa-
gna, in un gioco di alternanze di velocita`, ad un flusso continuo di riffs
abrasivi. Grind in piena regola. Non a caso possiamo rilevare (come accade
nel quasi tributo di Let's Fucking Die) che questo stile e` ancora il modo
piu` efficace per estremizzare il retaggio del miglior hardcore inglese,
ormai piu` che decennale. Poi, come screziature terribilmente cupe, affiora-
no i morbosi messaggi inviati dal cantante-sacerdote nero Mika Luttinen:
la sua voce gutturale, sostenuta da un tono fortemente imperativo si confon-
de in questo assordante magma strumentale, insieme a non infrequenti squarci
epici, come accade in 'Vitutksen Multihuipennus'.
Per uno scherzo del diavolo, 'The Oath of the Goat' e 'Blood is Thicker
than Water' diventano improbabili rock-song da funerale, in certi stacchi
perfino stralunati ed irridenti (soprattutto nei confronti di alcune pompose
figure del <<nuovo>> black-metal). Ma e` soltanto l'allucinazione di un
attimo. Infatti ritorna, piu` bella che mai, la marziale, infida devastazio-
ne di 'Total War-Winter War', praticamente un inno alla guerra, un incita-
mento che si mescola alla commemorazione dei soldati finlandesi valorosamen-
te caduti sul fronte russo dopo il 1939. All'unisono riecheggia il gri-
do <<Suomi Finland Perkele!>>. Un brivido corre lungo la schiena. Preparate-
vi. Un fragore bestiale vi annientera`.
Vincenzo Capitone
SHELLAC
"At Action Park"
(LP/CD, Touch & Go, 1994)
Duro. Scarno. Potente. Nervoso. Elettrico. Teso. Efficace. Definitivo.
Punk. Noise. Blues. Tutto. Basso tipo martello pneumatico. Batteria a tutta
forza. Voce nevrotica e chitarra fastidiosa. Bob Weston (gia` Volcano Suns).
Todd Trainer (gia` Rifle Sport e Breaking Circus e Flour e Brick Layer
Cake). Steve Albini. Albini il despota. Albini il puro. Albini il cinico.
Albini l'incorruttibile. Produttore. Nirvana. Pixies. P.J.Harvey. Jesus
Lizard. Musicista. Big Black. Rapemen. Probabilmente uno degli album piu`
importanti dell'underground statunitense (e mondiale) degli anni '90. Rumo-
roso. Scheletrico. Monumentale.
'My Black Ass' chitarra torturata e sbattuta e ritmo a mille 'Pull the
Cup' oscuro strumentale evocativo 'The Admiral' boogie-blues-punk del
2000 'Crow' percussivo duro senza compromessi 'Song of the Minerals' schi-
zo-funk apocalittico 'A Minute' ipnotico tormentone di inarrestabile catti-
veria 'The Idea of North' riflessivo intimista paranoico 'Dog and Pony
Show' martello atroce e crudo 'Boche's Dick' country-punk alla R.A.T.M.
Il 'Porno Star' colonna sonora per un cyber-porno-show del futuro. Registra-
to elettricamente nel marzo 1994. Da amare od odiare senza riserve.
Discografia essenziale:
BIG BLACK
<<Songs About Fucking>>-Touch & Go-1987
RAPEMEN
<<Two Nuns and a Pack Mule>>-Touch & Go-1989
RIFLE SPORT
<<Primo>>-Big Money-1991
BREAKING CIRCUS
<<Smokers'Paradise>>-Homestead-1987
BREAK LAYER CAKE
<<Tragedy Tragedy>>-1994
VOLCANO SUNS
<<Thing of Beauty>>-SST-1989
AXIOM
WEEZER
"Omonimo"
(cd/mc Geffen)
E` questo un disco uscito gia` da qualche mesetto, ma salito agli
onori delle cronache soltanto in questo ultimo periodo.
La band e` californiana e ruota attorno alla figura di Rivers Cuomo
(voce e chitarra), il classico slacker americano un po' genialoide, autore
di tutte le tracce presenti in questo debutto. L'attitudine dei WEEZER,
il loro modo di porsi verso la musica, ricorda un poco quella dei compianti
Pixies: giocare con i suoni e le note; alzare al massimo il volume degli
amplificatori; ma soprattutto costruire pop song perfette e scanzonate
che ti entrano in testa dopo due ascolti e non escono piu`.
Visti i presupposti e` quasi naturale che i principali riferimenti
musicali vadano quindi ricercati nella attuale scena "alternativa" america-
na: e` praticamente impossibile non accorgersi che questi quattro ragazzi
sono cresciuti a pane e Dinosaur jr, Sonic Youth, Sebadoh, Guided by
Voices e Pavement.
A conferma di quanto detto finora ci sono le dieci canzoni presenti
nel CD: tutte eccezionali, tutte da godere. A cominciare da 'My Name Is
Jonas', una ballata rumorosa in crescendo che esplode in un ritmo forsenna-
to, per proseguire nella piu` "tirata" 'Buddy Holly' (quasi surf!), la
punkeggiante 'Surf Wax America' o il loro bizzarro hit 'Undone-the Swaeter
Song'. I Weezer ci parlano dei loro miti, dei loro sogni, delle loro sfighe,
e della loro vita quotidiana, infarcendo il tutto con un po' di nonsense
per farci capire che in fondo non si pigliano troppo sul serio ('In the
Garage'). Ci conducono in questo divertentissimo viaggio fatto di puro
pop-rock esplosivo lasciandoci con la conclusiva 'Only In Dreams', dolce
e violenta: una lunga poesia sonica.
Non c'e` altro da aggiungere, se non che questo e` uno di quei pochi
dischi ideali che non ci si stanchera` mai di ascoltare, perlomeno fino
alla loro prossima prova che gia` spasmodicamente attendiamo.
Michele Apicella
AA.VV.
"Taking Liberties"
(2CD, Totem, 1994)
TRANSGLOBAL UNDERGROUND
"International Times"
(CD,Nation, 1994)
Ecco due uscite discografiche che dimostrano come la scena dance non
produca solo ottusi <<martelloni>> da stragi del sabato sera. La compilation
"Taking Liberties" vede riuniti quasi tutti i migliori nomi del settore
in Gran Bretagna (il che, vista l'assoluta posizione dominante che la <<per-
fida Albione>> detiene in questo genere, equivale a dire il meglio al mon-
do).E questo per un nobile fine: la lotta contro il Criminal Justice Act,
progetto di legge che con la scusa della lotta al terrorismo e alla droga
viola i diritti civili, giungendo persino a giudicare sovversivo l'ascolto
collettivo di <<musica con ritmo ripetitivo>>. Purtoppo questo provvedimento
liberticida e` stato poi approvato dal Parlamento britannico, ma sul piano
musicale l'iniziativa ha fatto centro, fornendo un'ampia panoramica sulle
attuali tendenze della musica da ballo in U.K.. Infatti i sedici gruppi
presenti mostrano chiare differenze di stile, che vanno dall'ambient-trance
dei LOOP GURU alla tecno anfetaminica degli ORBITAL, fino alle contaminazio-
ni industrial dei TEST DEPT e al rap con basi di musica indiana dei
FUN-DA-MENTAL. Comuni ad alcuni dei brani sono pero` le suggestioni dub:
a questa musica di derivazione reggae debbono molto i brani di ZION TRAIN,
dei gia` citati TEST DEPT, di GALLIANO (qui presente non in veste di
rqppresentante dell'acid jazz ma con una versione <<junglist dub>> di un
brano del suo ultimo album), oltre a quelli di DREADZONE e TRIBAL DRIFT,
a mio parere le autentiche rivelazioni della raccolta. Uno dei compilatori
di Taking Liberties e` Ronnie Flood (si`, proprio il produttore di U2 e
Depeche Mode). Va inoltre detto che nella compilation compaiono anche echi
di jungle, il nuovo ritmo che furoreggia oltre Manica, basato su linee
di basso appunto dub/reggae, contrappuntate da una batteria a velocita`
infernale, oltre le 150 battute al minuto. tutto cio` sta a dimostrare
la grande influenza che ha attualmente la cultura reggae nell'ambiente
musicale inglese (e non solo: basti pensare che persino nell'ultimo Public
Enemy vi sono citazioni da <<No Woman No Cry>> in stile raggamuffin). Il
caleidoscopio musicale appena visto si arricchisce ulteriormente con i
TRANSGLOBAL UNDERGROUND, gia` presenti con un brano nella succitata raccol-
ta, che contemporaneamente escono con il loro secondo album. Tutto in loro
parla dell'ambizione di fondere quanti piu` ritmi e suoni possibile: dal
nome ai titoli dei dischi (il primo era Dream of 100 Nations), e soprattutto
la musica. Nei 71 minuti di "International Times" vi sono infatti suggestio-
ni provenienti da tutti i continenti, eccettuata forse l'Oceania: da basi
perlopiu` hip hop-dance si dipartono temi arabeggianti ('Lookee Here'),
indiani ('Dustbowl') e cinesi (l'intro di 'Holy Roman Empire'), in un'ideale
fusione tra ritmi dell'Occidente europeo e afroamericano e melodie del
Medio ed Estremo Oriente. Il cantato varia dal rap (tra gli ospiti vi e`
Heitham Al Sayed dei Senser) ai sensuali arpeggi vocali di Natacha Atlas,
che sottolinea quelli che a mio parere sono i pezzi piu` affascinanti,
cioe' 'Lookee Here', 'Taal Zaman' e 'Monter au Ciel'; ottime anche la ti-
tle-track e l'etno-dub di Dopi. In un'opera di tale spessore non si possono
evitare talune cadute di tono: qui in particolare in un paio di pezzi ('Pir-
hana One Chord Boots') e le varie influenze etniche non riescono a fondersi
ma rimangono semplicemente accostate e giustapposte. Ciononostante il livel-
lo medio dell'album e` altissimo, a dispetto delle stroncature di una parte
autorevole della critica: siamo di fronte a vera world music nel senso
di musica senza frontiere.
Corvo Rosso
IL TRONO DEI RICORDI
"Il trono dei ricordi"
(The Labyrinth/The laser's edge, 1994)
- Lo scalpiccio degli zoccoli dei cavalli sul campo di battaglia si confonde
col fragore delle armi dei cavalieri, mentre il suono di un corno araldico
annuncia che la contesa ha avuto inizio. Chissa`, una tale riproduzione
sonora - con qualche doveroso effetto speciale - avrebbe reso ancor piu`
l'idea di quelle che sono le fonti d'ispirazione di questo dotatissimo
ensemble fiorentino, che a Batistuta e soci antepone decisamente Artu`,
Lancillotto & compagnia cavalcante. Temi gia` ampiamente sviluppati nell'am-
bito del progressive fin dai primi anni '70, ai quali ha cercato di dare
un'impronta meno aulica e piu` letteraria l'ultimo arrivato (in senso
temporale), il cantante Alberto Mugnaini; le sue opere liriche prendono
spunto dalle opere del poeta visionario inglese William Blake, gia <<zio>>
putativo di un certo Jim Morrison. Tuttavia, il pezzo forte del disco e`
rappresentato dalle tastiere di Alessandro Lamuraglia, suonate con indubbia
maestria, notevole gusto e soprattutto mai invadenti, come risultavano
talvolta nei demo tapes (strumentali) editi in precedenza. La lunghissima
gestazione che ha preceduto l'uscita di questo CD pare aver limato questo
ed altri piccoli difetti di fondo, anche se talune parti perlopiu` strumen-
tali peccano tuttora di profondita`; cio` non inficia comunque la validita`
complessiva del prodotto, che raggiunge il suo apice nelle lunghe 'The
king of memories' e 'Visions of the daughter of Albion'. Da avere.
io
Punto fugato - SARANNO FAMOSI?
Ho conosciuto un pittore. Estroso, simpatico. Poche, scarne parole
e mi racconta la sua vita. Poi afferma, con un sospiro carico di amarezza,
di sentirsi piu` copista che artista. Mi porge le foto delle sue tele.
Le <<nature morte>> di Caravaggio hanno perso tutta la loro luce divina.
La Venezia del Canaletto sembra un qualunque tranquillo porticciolo. Le
Tahitiane di Gauguin sono diventate contadine delle campagne fiamminghe.
Certi musicisti moderni sono un po' come questo pittore. Sconosciuti o
ignorati. Ma, finche` la genialita` nel comporre e ricomporre suoni li
assistera`, continueranno ad usare il loro pennello o strumento. E' il
caso dei LAUNDRY, nuovo gruppo della scena di S.Francisco (U.S.A.), fondato
dal batterista dei seminali Primus e dal cantante dei Counting Crows, che
esordiscono con Blacktongue.
Si tratta sostanzialmente di un funky-rock molto malleabile, che spazia
a tutto campo tra diversi generi. Naturalmente la quantita` di idee assem-
blate, oltre alla qualita`, e` enorme e farebbe pensare ad una Primus-dipen-
denza. Non e` sempre cosi`: basta notare l'effetto <<vuoto>> creato dall'in-
serimento di uno <<stick>> a dieci corde. Basta ascoltare i giri di chitarra
in 'Skin' e nella title-track (ricalcano perfettamante i Rage Against the
Machine piu` insipirati) per comprendere come un disco minore, un progetto
collaterale, sia in realta` la quinta lezione targata Prawn-song di puro
crossover americano (remeber Sausage, ecc.). La lezione e` servita agli
inglesi. Almeno in un caso. Mi riferisco ai DUBWAR autori di due trascinanti
singoli (Gorrit e Mental). Il sound? Un ragga-metal di classe, corrosivo,
supportato (diciamolo: forse non sempre in modo incisivo) da basi dub!
L'idea non e` nuovissima (vedi i Basement Five) ma il risultato suona
interessante. Forse sono i prodromi di un genere nascente? Andiamo avanti.
Arrivano da Phoenix (Arizona), con ardore. Si chiamano BEATS THE HELL OUT
OF ME. nel loro ultimo, omonimo album hanno scritto stupende, musicali
pagine di hardcore post-rollinsiano. Per intenderci: un suono pesante,
rognoso, talvolta <<discorsivo>> (ricordo Act like a man) e che si bea
rubacchiando furbescamente dal passato. Infatti qualche passaggio mol-
to <<fun>> potrebbe far venire in mente la vena esilarante e violenta dei
Murphy's Law di dieci anni fa. E non e` tutto. Nell'Intro e nei dodici
minuti di 'Godbox' giganteggia la chitarra che va liquefacendosi in un
mare di rumore continuo e profondamente dissonante. O, se preferite, psiche-
delia di nuova foggia. Insomma: le strade intraprese da questi gruppi cosi-
detti minori dimostrano un solo, fondamentale macro-evento. Che il <<nuovo
rock>> e` capillarmente permeato dalle contaminazioni.
Vincenzo Capitone
COL PASSO FELPATO
E` il clima, quello che ci frega!
Non che uno sputi nel piatto dove mangia, ma sicuramente sei mesi
di stagione invernale all'anno non contribuiscono a tirare su il morale
a noi comuni mortali residenti nel nord Italia.
Ci consoliamo, pero`, pensando che in fondo siamo i <<meridionali>>
di altre popolazioni piu` ibernate. Carnevali freddi, cuori caldi, visi
birichini, cognomi italiani e nomi felini.
Si tratta di GATTO PANCERI, giovane emiliano rampante. Ci sono due
lavori in circolazione, a mio parere interessanti. Il primo CD e` l'omonimo
Gatto Panceri. Contiene undici brani spumeggianti, rifiniti gradevolmente
e con testi in italiano che remano controcorrente. Nove di questi pezzi
sono datati '91, due sono stati registrati, poi, nel '92. Capriccioso ed
esigente, cambia formazione per ogni singola incisione. Gia` dal primo
pezzo 'Cavoli amari' e` possibile ascoltare dei musicisti interessanti.
Vi e` una chitarra solista nervosa e micrometrica, abilmente gestita dal
fantasioso Andrea Braido, accompagnata da una rispettabile batteria suonata
da Jean Paul Ceccarelli. I cori esplosivi e ben modulati da giovani voci
calde e rotonde, sono tutti a cura dello stesso Gatto Panceri. E un disco
che accontenta, comuque, vari generi d'ascolto: si trova il rock classico
anni '90. il rhythm'n'blues, il funky striato di soul, il melodico. Anche
chi predilige i lenti, trovera` delle cosine mica male. Braido fa la parte
del leone con i suoi assoli di chitarra e Lele Melotti suona la batteria
in modo scoppiettante e definito, nei pezzi dove non c'e` J.P.Ceccarelli.
Succede a chi crede e` il titolo del secondo album di questo artista, datato
1993. Sempre giovani ma qualificati i nomi dei musicisti. Segnalo: Paolo
Jones al basso, Naco alle percussioni, l'immancabile Andrea Braido sugli
assoli di chitarra coadiuvato dal bravo Lucio Bardi e dallo stesso Gatto
Panceri. Lele melotti e` alla batteria su undici dei dodici pezzi di questo
secondo album. Un brano viene suonato pero` da Michael Barry, batterista
emergente che si spera di sentire prossimamente con altri lavori.
Sicuramente in questo CD e` un gatto che fa piu` le fusa, rispetto
all'album precedente; sia pure drizzando il pelo qualche volta, non arcua
la schiena e non graffia. Attenti pero` a non carezzarlo contropelo .
. . Credo che si sentira` ancora parlare di questo giovane polistrumentista
dallo sguardo <<furbetto>>.
- Ci sono tutti i presupposti per delle rosee previsioni, e di strada ne
ha gia` fatta da quel Sanremo '92, che lo ha visto presentarsi con un brano
dal titolo 'L'amore va oltre'.
Ma tu guarda queste bestiole dal passo felpato . . .
Stormbringer
INTERFERENZE blu
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matteo calorio (Dronag)
Collaboratori:
associazione culturale Cascina Macondo
carlo bogliotti (Michele Apicella)
andrea marasea (Stormbringer)
andrea marcarino (Axiom)
igor mendolia (Aigor)
silvio pitta (Sly)
cristiano rota (Madmanmoon)
Grafica:
elisa giaccardi (Emma Dulcamara)
Impaginazione:
sandro corino (Jaco)
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| BLUES CHANNEL '95 |
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| Io penso sempre a voi, lupacchiotti assetati di blues. Ecco per- |
| che' annuncio, con rantolio di armonica e ruggiti di chitarre, |
| che nel mese di marzo si terra` a Canale, presso ex-cinema Odeon |
| la rassegna <<Blues Channel '95>> con i seguenti sfavillanti |
| appuntamenti: |
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| 16 - 23 - 30 marzo |
| Seminario <<Le strade del Blues>> con i Bluesjeans |
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| 31 marzo |
| <<Down in Mississippi on the road & on the river>> |
| immagini e suoni da Memphis a New Orleans |
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| 1 aprile |
| Dario Lombardo |
| Longs' Valley Blues Band |
| in concerto |
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| 2 aprile |
| Giancarlo Crea e Dario Lombardo Blues Band |
| (Chicago blues e blues acustico) |
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| Tutti gli appuntamenti avranno inizio alle ore 21 ad ingresso |
| rigorosamente libero. Si raccomanda un comportamento sguaiato |
| ed un abbigliamento inadeguato. Sono benvenuti i cuori spezzati. |
| Accorrete, o folle! |
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| T-Bone Malone |
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THE BALANESCU QUARTET
Finalmente! E' da tempo che non si sentivano simili applausi tributati
ad un complesso di musica sperimentale, in un luogo per giunta consacrato
ad un tipo di repertorio che si mantiene solitamente nei canoni classici.
Stiamo parlando del quartetto d'archi Balanescu che il 23 Gennaio si e`
esibito all'Auditorium di Torino riscuotendo grande entusiasmo in un pubbli-
co che, per la verita`, pareva un po' bizzarro nell'austerita` di una sala
da concerto: un vero e proprio tifo da palazzetto dello sport ha accolto
ogni singolo brano, per non parlare delle ovazioni finali che hanno tratte-
nuto i quattro esecutori ben oltre i bis di rito. La straordinarieta` di
questo evento va ben oltre la bravura e la simpatia del quartetto; infatti
l'elemento innovativo siamo stati noi, "noi" pubblico: giovani affamati
di un genere musicale che va al di fuori degli schemi, senza mai abbandonar-
li del tutto, anzi reinventandoli e traendone spunti quantomai originali!
Leader del gruppo e` Alexander Balanescu, di origine rumena ma inglese
di adozione, ha fatto parte - all'inizio della sua formazione - del quarett-
to Arditti, ma, sentendosi eccessivamente vincolato dalle convenzioni e
dalle regole dei quartetti classici, ha instaurato una fruttuosa collabora-
zione con M. Nyman (compositore "di corte" di P. Greenway) fondando nel
1987 l'omonima formazione concertistica. Con un'immagine decisamente under-
ground il Balnanescu affronta un tipo di musica che prende spunti dal mini-
malismo e dalle tradizioni folkloriche rumene. Ma si tratta di un minimali-
smo non freddo o ripetitivo, e` invece estremamente vitale, emotivo e forni-
sce la curiosa sensazione di una tortuosa fuga in avanti. Il Balanescu
parte dalla classica formazione del quartetto d'archi, ma la trasforma
tramite un intelligente uso dell'amplificazione: con tale accorgimento -
del tutto insolito in ambito classico - gli strumenti si trasformano. Il
timbro originario muta: i microfoni posti a poca distanza dalle corde e
dagli archetti (sfilacciati!) evidenziano tutte le sonorita` "sporche"
che l'orecchio umano non riesce a cogliere, una sorta di iperealismo sonoro.
Il suono del violino, dolce e suadente, diventa urticante, cartavetrata,
quasi un suono "acido", spesso con effetti eco e distosioni; mentre il
violocello, da semplice basso di accompagnamento diventa cardine principale
dell'intera base ritmica, come una batteria in un complesso rock. Tra le
musiche preregistrate di cui il gruppo fa abbondante uso colpiscono: la
presenza di sonorita` legate alla Techno-music (pump up the volume) che
spezzano l'atmosfera - un ulteriore "pugno nello stomaco" nel gia` complesso
discorso musicale - nonche', a tratti, l'apporto vocale - declamato dal
primo violino Alexander Balanescu (si fa sentire l'influenza di S.Reich).
Interessanti sono poi gli arrangiamenti di alcune composizioni di musica
elettronica dei Kraftwerk: gruppo storico in questo ambito; un adattamento
e della musica elettronica e della Techno al quartetto d'archi.
Le differenze con il Kronos Quartet? Questi ultimi non usano amplificazione,
interpretano musiche non proprie con un repertorio piuttosto eterogeneo,
da B.Bartok a J.Hendrix. Il Balanescu non ha mai eseguito musica classica
contemporanea, si dedica maggiormente ad autori della NEW MUSIC, fa uso
di amplificazione, ma soprattutto, compone musiche proprie, dando sempre
piu` spazio all'improvvisazione. L'unica osservazione che si puo` fare
e` la forte influenza nei loro lavori dello stile stile di M.Nyman, per
questo ci augureremo che in futuro si sapranno distnguere per una sempre
completa autonomia artistica.
DISCOGRAFIA: Il quartetto Balenascu ha inciso per la MUTE due album:
"Possessed" e l'ultimo "Luminitza" interamente scritto da Alexander Balane-
scu e Clare Connors (secondo violino). Per la DECCA (ARGO) diversi album
con l'eseguzione di opere di M.Nyman, K.Vocans, D.Byrne, R.Moran, J.Lurie,
M.Torke.
Vi consigliamo vivamente, oltre a "Possessed" e "Luminitza", i tre quartetti
di M.Nyman.
Avviso per un ascolto corretto: ALZATE IL VOLUME!
Aigor & Sly
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11 - 18 - 25 MARZO
Bluesjeans Guido Chiesa Piero Negri e Aljoscia
finalmente
BABELICHE
serate di ascolto e critica musicale dal vivo
Sala Beppe Fenoglio ore 21 - Alba (Cn)
INGRESSO GRATUITO
VI ASPETTIAMO NUMEROSI!
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CASCINA MACONDO Musicarteatro Culture Associate ON THE ROAD MUSIC
Due bluesman e un cantastorie
TACCHI & SPILLO e` il gruppo che nasce dal connubio artistico tra
un cantastorie (Felice Pantone) e due bluesmen (Beppe Finello e Massimo
Lupotti); il risultato e` un misto di tradizione e novita`: un bassotuba,
una chitarra e sega musicale, dove sono riconoscibili gli echi della nostra
tradizione e un fenomeno, quello della nuova musica da strada, aperto alle
contaminazioni d'oltre oceano.
Le voci e gli strumenti si alternano in gags improvvisate, a seconda
del gioco instaurato col pubblico. Questa nuova formazione coglie cosi`
l'occasione per presentare l'uscita del suo primo album, dal titolo omonimo
e denso di emozioni, allegria e simpatiche trovate, senza perdere d'occhio
l'attualita` della musica. Se i cantastorie un tempo fungevano da "giornali
ambulanti", i TACCHI & SPILLO si propongono come un'edicola variopinta
tra poesia e realta` (e senza le riviste porno sul di dietro...). Tutti
i brani del disco sono originali; i brani di punta deel'album sono: 'Minima
storiella' canzone d'amore per bassotuba, chitarra cantina, grancassa,
chitarra e voce; 'Il Tamburo' dove le corde accavallate della chitarra
accompagnano con ritmo ska l'altra chitarra, la grancassa, il tuba e la
voce; 'Pesci da bar' sogno raccontato da sega sonora, tuba chitarra classica
e voce; 'L'automobile' rag-time/blues che, alla maniera degli anni '30,
racconta i problemi di oggi da parte di chi ne possiede una; 'Latte versato'
gospel in italiano a tre voci sulla stupidita` dell'uomo in quanto tale.
FELICE PANTONE Inizia la sua attivita` nell'80 fondando "I Cognati di
Mefisto", musicisti dal vivo del Mago Berry e del Mago Rex. La strada diven-
ta il luogo piu` congeniale per il rapporto con il pubblico; prosegue cosi`
l'esperienza evolvendo continuamente il repertorio e le collaborazioni.
Dall'84 e` professionista del cappello e con la formazione "Barbagal e
Grazie" partecipa alle principali manifestazioni italiane di arte da strada
(<<La notte di fiaba>> a Riva del Garda TN, la regata <<Portofino-New
York>>, il <<Premio Strada>> e la <<XIX Sagra Nazionale dei Cantastorie>>).
Nell'85 l'incontro con Celina apre nuovi orizzonti e il mondo del teatro
di figura inizia a far parte del repertorio: "Gigi contadino a Scarnafigi"
da` la possibilita` a questa nuova formazione dal nome <<Teatrin del Noce>>
di conoscere gli aspetti del teatro-ragazzi portando lo spettacolo nelle
scuole a livello nazionale. Nell'86 entra con <<Barbagal e Grazie, in quali-
ta` di musicista, ne <<La Cirque Bidon>>, due anni di vita e di esperienza.
Nell'88 fonda il duo <<Felice e Celina - cantastorie>> che continua il
girovagare per le piazze, per mercati, teatri e festival nazionali ed inter-
nazionali (Cecoslovacchia, Francia, Austria e Svizzera). Nel 90 il duo
e` prodotto dal Festival Internazionale delle Figure Animate di San Miniato
nello stesso spettacolo teatrale <<Ma perche` non mi avete invitato?>>
con la regia di G.Cilumbriello. Lo stesso anno incide il suo primo al-
bum <<Per necessita` e vocazione>>; riceve il Premio Trovatore alla XXIV
Sagra Nazionale del Cantastorie a Sant'Arcangelo di Romagna per lo spettaco-
lo omonimo. Nel'91 realizza per il festival Internazionale di Cer-
via <<Poll-poll - Storie ad alternanza magnetica>>. Nel 92 scrive con Celi-
na <<Non piangere se il latte si e` versato>> in cartellone per tutta la
stagione nei circuiti del teatro di strada. Nel 93, prodotto dal Festival
Internazionale di San Miniato realizza lo spettacolo <<Senza Storia>> scrit-
to e diretto da Alessandro Gigli.
Il gruppo Tacchi & SPILLO e l'album omonimo sono del 1993.
Per concerti, dischi o altro materiale telefonate allo 011/9411495 oppure
in redazione
Punto fugato - LIZ PHAIR - Smells like teenage Riot
Nessuno e` riuscito bene a capire la novita` e l'unicita` di un
personaggio come LIZ PHAIR, se non dopo la publicazione del suo primo album
Exile in Guyville (Matador, 1993) che la presento` nelle vesti di inquieta
e provocatoria artista.
Quest'album figuro`, in quello stesso anno, tra i preferiti in assoluto
delle riviste specializzate americane (Spin, Village voice) tanto da confer-
mare (anche se non ce n'era fose bisogno) che si trattava di un'interprete
assolutamente speciale. Exile in Guyville rivelo` una LIZ PHAIR abile nel
destreggiarsi in diversi stili musicali: punk folk minimalista con arrangia-
menti ridotti ai minimi termini, soffici ballate accompagnate con il
piano, semplici ed essenziali canzoni pop costruite con la sua chitarra
Fender e che richiamano ad atmosfere anni '70.
Ciascuna situazione si adatta perfettamente alla personalita dell'interprete
e al suo sofisticato individualismo. "Autocoscienza e poi senso collettivo",
"autobiografia e poi immaginario sociale" e` forse la formula piu` ricorren-
te nei suoi testi, puntualmente disinvolti e schietti. Confessioni ed argo-
menti acuti, ed ingeniosi costituiscono la trama delle canzoni.
Se in Exile in Guyville c'era posto per titoli del genere 'Frick and Run',
il secondo ed ultimo album Whip Smart (Matador, 1994) si apre con una tran-
quilla ballata, 'Chopstick', e con le parole: <<... disse che gli sarebbe
piaciuto farlo di dietro; io risposi che andava bene per me, cosi` potevamo
scopare e guardare la TV>>, tanto per non dimenticarci di chi stiamo parlan-
do. LIZ PHAIR, 26 anni e proveniente da Chicago, affronta in questo modo
i suoi temi femministi, a meta` strada tra l'irruenza di gruppi quali Bikini
Kill o Huppy Bear e l'introspezione piu` personale di P.J.Harvey. Tentiamo
l'ultima presentazione con le sue stesse parole (cosa che sembra sempre
piu` opportuna in questi casi): <<Non c'era veramente modo di ribellarmi
ai miei genitori. A dieci anni mio padre mi regalo` il primo abbonamento
ad una rivista antigovernativa. Quando ero adolescente, mia madre era solita
leggere a me e ai miei amici maschi pagine di Sexus di Henry Miller. La
mia unica forma di ribellione giovanile era quella di farmi coinvolgere
nel gruppo di Scientologia del mio liceo...>>.
S.S.T.
paralleo zero - LA MUSICA ANIMATA
Cinema <<muto>> = cinema privo di parole. Non si tratta di un'equiva-
lenza superflua: i manuali di storia sono soliti proporre una suddivisione
di comodo <<muto>>/<<sonoro>> che non chiarisce in quale misura l'introdu-
zione della parola, del dialogo, fu un vero discrimine storico, strutturale,
artistico, e che anzi ha implicito nel suo dualismo il pregiudizio che
muto equivalga a <<rozzo>> o <<non significante>>. Cinema <<parlato>> e`
dunque quello che crebbe e si sviluppoo` a partire dagli anni '30 del nostro
secolo; cinema talmente parlato da affidare quasi tutto lo svolgimento
dell'azione cinematografica allo scambio verbale: limitando fortemente
la mimica e gestica facciale, veri cardini espressivi del muto, fino alla
composta convenzionalita` del <<teatro fotografato>>; facendo di suoni
e rumori un uso strettamente naturalistico; riducendo a <<tappezzeria sono-
ra>> la musica, che eseguita in presa diretta durante la proiezione era
stata per il cinema muto l'unica <<voce>> disponibile (voce non di concetti,
ma di movimenti, di sentimenti, di cose). Non tutta l'arte cinematografica
reagi` pero` in maniera tanto limitata a un invenzione quale la colonna
sonora sincronizzata con la pellicola: e` il caso del cinema di animazione
preso nella sua interezza.
Il cartoon delle origini non era solo muto, ma anche in gran parte
privo di qualunque sostegno sonoro: cosa peraltro poco misteriosa dato
che ben pochi film di animazione ebbero diffusione uffiale nelle sale tanto
da poter almeno essere musicati. Cartoni <<afoni>>, dunque: ma non inespres-
sivi, o perlomeno non insostenibili alla visione come si constato` essere
films con attori privati di quelle sonorizzazioni esemporanee di cui sopra.
Come mai? Semplice: mentre il cinema dal vero credette subito di poter
filmare la <<vita in movimento>> per poi accorgersi che la vita era anche
colore e soprattutto suono (di qui l'impiego della musica, assurta poi
da frettoloso espediente a cifra ritmico-espressiva), il cinema di animazio-
ne filmo` <<forme in movimento>>: dagli esperimenti lirico astratti di
Eggeling e di Ginna, ai mondi alternativi dotati di loro leggi e di una
credibilita` interna creati da McCay, Disney, Lantz, Fleischer, ecc...,
i cartoons hanno realta` in definitiva solo come insieme di punti, linee,
inchiostro e celluloide proiettati su uno schermo. Ora, che suono avrebbero
mai potuto avere cose che non avevano corrispettivi materiali in natura?
La domanda, di fronte a una serie di cerchi concentrici in movimento o
a una margherita che camminava sulle proprie gambe, non poteva avere come
risposta che: cose che non esistono in natura non possono essere dotate
di suono. Tutt'altro che una lacuna: una scelta filosofica.
Quando poi il cartoon pote` fare i conti col sonoro incorporandolo
in pieno, dimostro` senza contraddizioni di non essere mutato nella sostanza
(mentre il cinema parlato era veramente altra cosa da quello muto). I suoni
naturali, i rumori artificiali, le voci, la musica, accostati alle immagini
di sempre, antinaturalistiche e deformanti, servirono semmai ad aggiungere
nuovi significati, a occupare nuove funzioni o aggiornarne delle vecchie.
La parola, quasi specularmente al cinema di attori, ebbe generalmente
poco spazio nei cartoons, anche se pochi di essi la esclusero completamente.
Mancarono invece veri e propri dialoghi: il Popeye dei f.lli Fleischer
dice poche battute isolate, piu` spesso canticchia o recita borborigni
incompresibili (e non e` una pignoleria sottolineare che la voce di Popeye
e` deforme almeno quanto e` deforme la figura di Popeye stesso); ancora
piu` rada e` la presenza di parole nei Tom & Gerry di Hanna & Barbera,
fino al mutismo totale degli episodi diretti da Chuck Jones; Bugs Bunny,
Baffy Duck o Sylvester piu` che dialogare monologano solipsisticamente
come dei caratteristi da palcoscenico. La cospicua eccezione di Disney (i
suoi cortometraggi sono pero` piu` simili ai modelli sopracitati) meritereb-
be una trattazione a parte. Suoni e rumori, malgrado fossero la vera novi-
ta`, ebbero perlopiu` il ruolo abbastanza prevedibile di sottolineare o
intensificare determinati passaggi. Certo molti rumori funzionarono da
brillanti motori comici, ma col tempo divennero un ingrediente sempre piu`
obbligatorio che necessario.
La musica infine riconquisto il ruolo da protagonista che aveva avuto
nel cinema muto, in special modo in quello comico: quindi non un semplice
sfondo sonoro o un rinforzo emotivo dei sentimenti espressi dagli attori,
ma un allegro e furibondo orchestratore ritmico delle azioni (la slapstck
comedy degli anni '10 era celebre pre la velocita` di ripresa e per la
mimica caricata). Una musica non turgida e drammatica, ma lieve e cangiante,
che prendeva di volta in volta le sembianze di un pianoforte ragtime, di
un'orchestra jazz o di un balletto (e` quest'ultima la strada seguita da
Disney a partire da <<Steamboat Willie>>, primo cartoon sonoro della storia,
per approdare a <<Fantasia>>), e che fini` per essere il vero punto di
partenza di tutta l'architettura del cartoon, il modello <<esistenziale>>.
Poi il cartoon emigro` in TV... ma questo e` un altro discorso.
Madmanmoon
L'ASPRO E IL TENERO NELLA MUSICA ATONALE
di
ERIC DOLPHY
<<But there is another method>> (Olive Schreiner)
Chiamato a partecipare all'esperimento FREE JAZZ accanto al quartetto
di Ornette Coleman, per provare un'improvvisazione non piu` fondata su
temi e accordi tradizionali, il giovane Eric Dolphy, clarinettista e saxofo-
nista, giunse alla notorieta` pochi anni dopo come l'inventore, insieme
a Mingus, del FREE JAZZ. Parigi, 1964.
Vintage Dolphy, opera di cui tenteremo ora una prima interpretazione,
risale al biennio 1962/63 e si delinea gia` dalle prime note una collezione
ricca di citazioni e allusioni. I brani proposti sono sette, due composti
dallo stesso Dolphy, tre da Gunther Schuller, musicista di origine tedesca
con una buona conoscenza della musica classica, uno da Jake Byard, che
dedica un'ode a Charlie Parker, mentre l'ultima lunga composizione, 'Donna
Lee', e` dello stesso C. Parker.
La spirituale attenzione con cui Dolphy dialoga con il suo antico
maestro, ricreandone stile e fraseggio, ripercorrendo una memoria dell'arte
che fu negli anni quaranta rivoluzionaria, ci dice di una differenza
nell'aura di comunione fra due grandi personalita`. 'Ode to Charlie Parker',
e` una lunga citazione ma allo stesso tempo si propone di andare oltre
il passato proprio nel senso piu` creativo, del fare musica, senza con
cio` smentire minimamente il modello dal quale ci si e` mossi. Tentandone
tuttavia quello che definirei non come superamento bensi` sviluppo.
Nell'ordine dei concetti propri della musica classica, il superamen-
to(1), oltre a suggerire accostamenti seppur sfumati alla filosofia romanti-
ca, rappresenta un modo di procedere e di strutturare lo spartito musicale
e in un piu` ampio raggio, una delle possibilita` di un nuovo artista di
porsi come individualita`. Nel jazz, il piu` o meno significativo atteggia-
mento verso cio` che sta prima, non implica di fatto la necessita` di
tendere verso una perfezione o perfezionamento tale da trascendere infine
proprio quel primo momento da cui si prendeva il via. Il jazz si sviluppa
attraverso una serie di 'frazionamenti', piu` o meno avvertibili, rispetto
al modello originario. Questo non esclude certo la necessita` di coltivare
uno stile divenuto essenziale; qualcosa del genere e` accaduto con il fra-
seggio di Parker, che veniva osservato come 'canonico' ovvero una presenza
dalla quale non era possibile prescindere. Fraseggio che si e` poi rifranto
in una serie di musicisti, fra i quali Julian Adderley detto 'Cannonball'
per la sua non troppo sottile sagoma.
Dunque la differenza che si insinua fra predecessore e innovatore,
oscilla fra un centro di sonorita` ormai delineate, che credo vengano
accettate nell'istante in cui le si imita, e una tensione all'eccesso.
Quest'ultimo permette la spaccatura, il disorientamento, di per se' fonte
di novita`.
Il FREE JAZZ presente in questi brani e` una buona illustrazione di
una volonta` di eccedere. A sua volta, la stessa parola free-jazz, sceglie
di invocare una allusa liberta`, presentando accanto a sonorita` tenere
e datate suoni inflessibili e atonali, che rendono l'idea di uno spazio
musicale indipendente da restrizioni, intervallato piuttosto da attimi
d'ordinario nello straordinario. Le note che poco a poco accelerano il
tempo, intensificano il ritmo, diventano piu` veloci, piu` incalzanti e
impetuose, abbracciano a dispetto della pur sempre presente ascendenza
parkeriana, una loro inaccessibilita`. Per chi ascoltera` questo esperimen-
to, la prima operazione dovra` essere quella di familiarizzare con i testi;
la loro eclatante diversita` non impedisce questo avvicinamento interiore,
anzi lo affretta. Il ritmo che in primo luogo celebra una espansione della
musica in vertiginose lamentazioni, sembra conferire un furore verbale
gratuito e perlomeno all'inizio una certa affinita` deve essere raggiunta.
Ricercata, anche, poiche' la novita` del FREE JAZZ impone questo sforzo
personale. Lo spaesamento potra` essere vinto, pensando a un singolare
sodalizio. In apertura ho fatto cenno a G. Schuller e piu` oltre ho sottoli-
neato similitudini e differenze con la musica classica. Ma forse, e grazie
all'intervento di Schuller, sono maggiori i punti di incontro che le
divergenze.
Ci troviamo ben oltre le somiglianze stilistiche consuete, una sorpren-
dente analogia lega il brano 'Densities' alla musica atonale. Dolphy e
Richard Davis, interpretando secondo la tecnica dell'improvvisazione del
FREE JAZZ si adattano a una composizione atonale di Schuller. Risultato
non semplice da ottenere e tuttavia pienamente realizzato. Propongo di
ascoltare il brano a fondo, non una volta, non due volte, nemmeno tre basta-
no per esaurirlo.
Il brano seguente 'Night Music'(2), meno impegnativo, si ispira a
un'americana night-on-the-town, poi si ritorna a una maggiore complessita`
strumentale in 'Abstraction'. La nota di fondo rimane comunque il gioco
di avvicinamento e rottura dal fraseggio di Parker, portato avanti su diver-
si fronti, visto che Dolphy e` un polistrumentista: mi riferisco a 'Iron
Man' e 'Half Note Triplets'.
I passaggi da suoni acuti a tenui bisbigli, inoltre, sembrano lasciare
intuire un'intima necessita` di confrontarsi col destino, di cui le note
sono espansione ed equilibrio, abbracciando i due momenti dell'essere:
lo slancio ed il luttuoso.
Infine vorrei aggiungere che in tutta la durata dell'opera esiste
una sorprendente assonanza fra jazz e musica classica contemporanea, non
solo riguardo alla struttura compositiva, ma ancor piu` nello sviluppo
della musica, tanto da far avanzare una sottile striscia di futuro dentro
l'oscuro presente. Eric Dolphy fu per delega e per ispirazione autore e
protagonista di questa speranza.
1. Superamento (Aufhebung), e` un concetto legato a quello di 'Bildung'
cioe' di costruzione progressiva, si pensi alle sinfonie di Beethoven e
alla musica wagneriana.
2. Il brano 'Night Music' richiama in parallelo con la musica classica
la ben nota "Nachtmusik" ossia la serenata, che in questo caso sottintende
un incontro passionale.
Decus