Settembre-Ottobre 1994
Benritrovati, amici lettori! Mentre vi godevate gli ultimi scampoli
di vacanza sotto il sole di agosto, la fucina di INTERFERENZE Blu ferveva
di attivita`... Ecco, dunque, uscire dal calderone ribollente la prima
iniziativa, <<Music on the road>>: nei prossimi giorni le strade di Alba
saranno animate dalle note di alcuni valenti artisti non-professionisti.
Ora... squilli di trombe, rullo di tamburi! A Novembre verranno organizzate
tre serate di ascolto e di musica dal vivo; interverranno alcuni giornalisti
e musicisti, per parlare di rock, blues e musica italiana (ma ne riparleremo
ad Ottobre, nel numero speciale). Che dire di questo numero? Innanzi tutto
una novita`: prende il via la nuova rubrica CONTROTEMPO, a caccia di vecchie
(e buone) incisioni (gallina vecchia...); Corvo rosso con il suo ampio
contributo, ci introduce in una delle scene musicali attualmente piu`
interessanti, quella delle "acid vibes", mentre Vincenzo Capitone ci parla
dell'evoluzione piu` recente del "death". Ricordandovi che INTERFERENZE
Blu e` distribuito anche sulla rete telematica (vedi riquadro) [NDD: Ricor-
dandovi che INTERFERENZE Blu e` distribuito anche per via... cartacea (se
interessati matrixatemi)], ci piace chiudere notando che la grafica migliora
di numero in numero (Emma una ne pensa e Jaco cento ne fa... ).
Ciao!
Luca B.
RECENSIONI - 360 gradi
HOMESICK JAMES
Goin' back in the times
(Earwig)
<<I do what I feel>>: ripete con la tenacia di chi ha girato per molto
tempo, il vecchio HOMESICK JAMES WILLIAMSON, nato per l'anagrafe tanto
tanto tempo fa a Sommeville, Tennessee. Si dice cugino del piu` celebrato
Elmore James (vi ricordate lo scantinato del collegio dei Blues Brothers
con il vecchio Cab Calloway che disco metteva su; questo per chi sa stupir-
si). Vi ricordate? e` il verbo giusto per andare indietro nei tempi. HOME-
SICK era la` quando e` successo tutto cio` che ha creato il blues moderno:
per lo piu` storie di uomini. Un elenco che per un appassionato vuole dire
tutto: Big Joe Willams, Tampa Red; lui era la`: quando Carpenter scrisse
Blue Suade Shoes (canzone leggendaria rifatta da Elvis Presley, da Hen-
drix,...), quando Junior Wells imparava a suonare l'armonica da Snooky
Prior, quando Muddy Waters incontro` Little Walter. Non e` un disco facile,
come la sua vita: lavorare e alla sera suonare sempre, (anche oggi quando
un cd costa alla meglio 30 mila lire) per pochi soldi: i ricordi, le situa-
zioni le persone percorrono la musica o meglio la creano. La` dove nasce
il blues: in quell'ascolto che se ti cattura ti insegna a suonarlo. Ha
la forza di un dialetto parlato da un anziano: espressioni incisive, che
condensano nella loro brevita` lunghe frasi. Bisogna ascoltarlo nelle note
appena sussurrate: la profondita` della sua lingua. Non vi e` frenesia
nei ritmi. E' come se a volte ti costringesse a farti piu` vicino alla
fonte del suono o a far degli occhi una linea sottile per arrivare la`
dove lui e` arrivato. Non e` malinconico: puo` sembrare che la chitarra
indugi (lo strumento che ascolto` per la prima volta da sua madre: lo teneva
sempre in grembo e lo suonava con un coltello), ma la voce da` i contorni
taglienti della memoria. Un uomo che ha suonato di tutto nella sua carriera:
country, jazz, blues usando spesso la tecnica slide: tutto ci ricorda qui.
Non ho menzionato nessun brano in particolare perche' l'ho voluto vedere
come un discorso ininterrotto.
Vi ricordate: il tempo di un uomo solo: la sua chitarra, la sua voce,
la sua vita.
Johnny
HELMET
"Betty"
(City Slang)
UNSANE
"Total Destruction"
(Interscope)
Ecco due modi diversi di intendere il noise-rock. Gli HELMET, gruppo
Newyorkese giunto alla notorieta` sulla scia di un album, MEANTIME, osannato
da critica e pubblico (chissa` poi perche`?), e forte di un contratto
miliardario con la major Atlantic (che si sta dando parecchio da fare -
n.d.r.), e gli UNSANE, misconosciuto gruppo della fiorente scena underground
(vero) della grande mela. Gli HELMET pubblicano l'atteso terzo album BETTY
e gli UNSANE il debut TOTAL DESTRUCTION proprio negli stessi giorni. Per
quanto le origini ed i suoni dei due gruppi siano simili, le diversita`
sono molte e vanno cercate alla base, ovvero al modo di proporsi. Gli HELMET
sono freddi, matematici ed affilati come un bisturi, i riffs sono un concen-
trato di potenza e di cinico auto-controllo, piu` che a poderose esplosioni
si assiste ad implosioni, i suoni e la ritmica martellano con precisione
e con una consapevolezza di colpire a dir poco maniacale; ogni singola
nota e` studiata per colpire, si` con potenza, ma soprattutto con precisio-
ne. Gli UNSANE invece sono violenti, psicotici, devastanti come un maglio,
l'atmosfera che si respira nei 39 minuti di T.D. e` di tensione, di malesse-
re, di repulsione, sembra quasi di assistere ad un film dell'orrore, pare
di sentire l'odore del sangue, lo stesso che ricopre, a fiumi, il paraurti
dell'automobile (dilaniata) raffigurata nella foto di copertina (l'esatto
opposto della copertina di BETTY, dove invece troneggia la fotografia rassi-
curante di una ragazza intenta a raccogliere rose). La musica degli HELMET
ora e` meno intransigente e spigolosa che in passato, ma ha guadagnato
molto in immediatezza, complice anche la voce di Page Hamilton, che non
si limita piu` solo a gridare, ma, anzi, si dimostra piu` eclettica di
quanto fosse lecito aspettarsi. Nella musica degli UNSANE invece tutto
e` distorto e fastidioso, dal basso alla voce, roca e satura, a volte indi-
stinguibile nel marasma incandescente prodotto dal trio, ed ogni brano,
dall'opener 'Body bomb' al finale '455', puo` essere citato come esempio;
infatti forse non c'e` un brano superiore agli altri, sono dodici schegge
impazzite e senza alcun freno ne' controllo, siano esse intitolate 'Black
book' o 'Road trip' o ancora 'Dispatched', cio` che conta e` la violenza
con cui vengono sputate fuori dalle casse dello stereo. BETTY invece rac-
chiude numerose gemme, dall'iniziale 'Wilma's rainbow' alla splendida 'Spee-
chless' o alla martellante 'Tic', passando per la sperimentale e rumori-
sta 'Beautiful love' e la funkeggiante 'The silver Hawaiian' per finire
con lo spigolosissimo e stupendo bluesaccio 'Sam hell'. In definitiva due
modi diversi di intendere il noise-rock ma un unico denominatore comune:
la freschezza e la sincerita` delle proposte. In parole povere: due grandi
album. Per finire un consiglio: se volete liberarvi da fratelli o sorelle
petulanti o nonnine isteriche, piazzate sul lettore cd uno dei due album
di HELMET od UNSANE, alzate un po' il volume e state tranquilli: per un
bel pezzo nessuno osera` passare da quelle parti disturbandovi.
Axiom
STONE TEMPLE PILOTS
Purple
Ecco a voi la ricetta del successo sicuro: un po' (troppo) di Pearl
Jam, un po' (tanto) di Soundgarden, qua e la` Nirvana ed Alice in Chains,
un produttore <<di grido>> come Brendan O'Brien, ed il gioco e` fatto.
Non che Weiland e soci abbiano dato alle stampe un album (il secondo dopo
il fortunatissimo CORE) di poco valore, anzi, da 'Vasoline' a 'Big Empty'
a 'Unglued', gli S.T.P. sfoderano canzoni godibilissime e discreta energia,
ma... Gia`, perche` c'e` un ma. Voglio dire, di Pearl Jam, di Nirvana e
compagnia bella, ci sono gia` gli originali (per fortuna), percio` cosa
ce ne facciamo di cloni? Mai che gli S.T.P. rischino, chesso`, una nota:
no, tutto e` perfetto e studiato a tavolino per piacere ad un certo tipo
di pubblico, quelli che <<ballano>> i Soundgarden (eresia!) e che <<capisco-
no>> il dramma di Kurt Cobain (R.I.P. - cosa ci sia da capire poi ? -) e
che sicuramente compreranno il nuovo album degli STONE TEMPLE PILOTS, quello
dei Blind Melon (orrore) e degli Spin Doctors, (facendo la gioia delle
majors e facendosi fregare triplicemente) ovvero la cosiddetta MTV Genera-
tion. Bene, per concludere, l'album e` carino, i suoni grezzi e le melodie
azzeccate. Io pero` mi tengo stretti i miei originali di Seattle, gli S.T.P.
me li copio a sbafo della Atlantic, e se proprio devo comprare qualcosa
di buono, beh, allora via libera a: KYUSS (Chi?), DINOSAUR JR. (in uscita),
SENSER (Chi?), JESUS LIZARD (Chi?), UNSANE (Chi?), HELMET (Chi?), MOR-
DRED (Chi?) ed altre amenita`. Stroncatura ? No, buon senso. Au revoir.
Axiom
MORDRED
"The next room"
Noise
PANTERA
"Far beyond driven"
Atlantic
I versi paludati e grevi della poesia arcadica, le opere dei discepoli
di Raffaello e di Michelangelo, le <<Regulae>> architettoniche del Vignola.
No, quando si tratta di Manierismo non ci si puo` limitare ad un solo
fenomeno artistico o ad una sola corrente letteraria. Eppure non puo` essere
ignorata - perche` storica - l'accezione piu` negativa del termine. Cioe`
subordinazione incondizionata a una codificazione e a modelli <<precotti>>,
in pratica un limite alla creativita` umana. Sembra essere proprio questa
la molla artistica che ha, ancora una volta, ispirato il linguaggio musicale
dei MORDRED. Pensate: gia` qualche anno fa una trash-band che stravolgeva
i severi confini del proprio genere... ve l'assicuro... e` cosa certamente
inusuale. Ma passiamo direttamente all'ultimo disco, il terzo della loro
carriera. Enucleato principalmente sul fremito funk-metal dei due chitarri-
sti e di un bassista-pompa motrice, l'opera non esita ad imboccare strade
coraggiose: voce soul talvolta in stile colloquiale, scratching vari e,
in coda a qualche brano, un diluvio di rumori campionati. Su queste stesse
basi si incardina volentieri una sorta di funk acustico, oppure un lento
che, improvvisamente, solidifica e si indurisce ne solito, piacevole, <<rol-
ling style>>. Viene percio` spontaneo segnalare che questo scontro melo-
dia-ruvidita` (delle chitarre) magari proprio unito ad un demistificante
scratching, supera di slancio sul loro terreno, buona parte del <<grunge>>
attuale (sto pensando agli Alice In Chains) e pure le classiche ballatone
di hard melodico, che da troppo tempo ci tormentano. Dei dodici pez-
zi, 'Shut' e` di gran lunga il migliore, il primo compiuto esemplare
di <<hip hop-metal>>. Una serie di tribaleggiamenti appesi ad un'ossessione
notturna e accompagnati da sassofoni che progressivamente impazziscono.
Poi lo splendido cataclisma: arriva il regolare turbinio delle chitarre
a sommergere tutto. E' un sigillo definitivo che proietta i MORDRED nel
futuro. Torniamo alla realta`,che e` sinonimo di PANTERA. Quando li ho
visti per la prima volta (ai tempi del primo album COWBOYS FROM HELL) -
lo confesso - non mi avevano pienamente convinto. Sembravano un discreto
gruppo arrivato al successo solo grazie ad MTV e a certe, spesseo vergogno-
se, riviste speciaizzate... invece no! Un terzo album <<monolitico>>, ma
che segna un deciso passo in avanti, impostato com'e` sulla potenza brutale
della chitarra di Darrel, sulla regolarita` del <<battitore libero>> ossia
del cantante Phil <<testa rapata>> Anselmo. Degne presentazioni sono 'Stren-
ght beyond strenght' e 'Good friends', paurose cure di elettro-shock, in
cui si distinguono nettamente montagne di riffs secchi, poi scricchiolii
e rumori vari. Interessante l'insistito refrain pseudo-industriale di 'Beco-
ming', cosi` come lo stupendo giro di chitarra vagamente alla Rage Against
The Machine di 'I'm broken'. Nuova partenza quasi in <<souplesse>> per 'Hard
lines' da gustarsi appieno, nota per nota, per confluire in un ipertecnico
guitar-solo, eppur carico di tonnellate di feeling. Ancora scariche elettri-
che morbose e voce tiratissima (un <<pennello>> di rara creativita`)
per 'Slaughtered', ancora devastazioni bestiali di kalashnikov in 'Use
my third arm' (quasi come un nuovo Henry Rollins) dove Anselmo, oltre che
le viscere, sembra sputare perfino l'anima. Infine una conclusione che
nessuno si aspetterebbe: 'Planet caravan', ovvero l'ennesimo tributo all'i-
nossidabile passato dei Black Sabbath, attraverso l'esaltazione di un clima
acustico e tenue, praticamente un refrigerio per l'ascoltatore che ha dovuto
assorbire cotanta energia. Orecchie appena un po' sensibili non potrebbero
percepire che, dietro questo apparentemente sconquassato post-metal, e`
celata una mai manierata e laboriosa opera di sintesi, che comprende soprat-
tutto l'hard anni '70 e l'hard-core anni '80. Francamente non credo che
quest'anno riusciranno a fare di meglio. E tutto questo alla faccia del
metal polveroso che fu.
Vincenzo Capitone
ROLLINS BAND
"The Weight"
Imago/BMG
<<Love is pain... I want to be insane... Wash this out of your life...
Damage... Creeply crawl>>. Sono frasi tatuate sui muscoli di Henry Rollins,
gia` frontman dei Black Flag, un personaggio veramente eclettico e per
il quale l'etichetta di <<artista>> sarebbe angusta. Ben lo sa chi ha letto
i suoi libri, tra i quali ricordo <<Black Coffee Blues>>: una serie di
istantanee della <<nuova>> America, un pullulare di storie minime di
violenza, di menzogna, di confusione mentale. Una realta` distruttiva ed
autodistruttiva, dove l'ostentazione dei buoni sentimenti sembra quasi
una convenzione. Ma queste parole, queste storie, non cadono mai nel vuoto.
Cito ad esempio l'episodio della ragazza che, raggiunta la maggiore eta`,
pone fine agli abusi morali (e non) della propria <<perfetta>> famiglia,
allontanandosi da casa senza voltarsi e mostrando eloquentemente al padre
urlante il proprio dito medio - Non sono soltanto libri, monologhi incisi
su disco (Lou Reed docet?), LP veri e propri. Bensi` musica e concerti
dal vivo vissuti fisicamente (e qui sfocia il suo culto eccessivo per il
corpo), sudati su volume e ritmi ultra-energici. In 'Disconnect' le parole
pesano come macigni anche quando gli <<sconnessi>> e ripetuti interventi
della chitarra incominciano ad amalgamarsi alla consueta furia Hard-core.
Dopo un personalissimo omaggio ai Black Sabbath (Vol.4) ci si immerge
in 'Civilized', dove si nota ancora una volta immediatamente che questo
peculiare modo di cantare l'hard-core ha anticipato perfino i rappers piu`
celebrati. Ma Henry, la nostra bocca della verita`, non da` tregua, conti-
nuando a scrutare e ad illuminare gli angoli piu` ombrosi dell'animo umano,
come nella riflessiva 'Liar' o nel punk-funk di 'Divine object of ha-
tred'. 'Alien blueprint' e`, invece, la solita rollinsiana deflagrazione
totale che, digradante, si reincarna nell'iterazione finale di una sola
parola (...yourself). Infine 'Step back', assolutamente un simbolo, uno
strepitoso tormentone chitarristico costruito sul cadavere ancora bollente
di Hendrix e sul contributo - sempre determinante - del nuovo bassista
Melvin Gibbs. Questo album non segna soltanto la fine di un silenzio: e`
il riammainarsi di una vecchia <<bandiera nera>> che urla e strepita in
tutte le tonalita` di colore possibili. Per far uscire l'animale che e`
in noi.
Vincenzo Capitone
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WAY TO BLUE
Don't you have a word to show what may be done
Have you never heard a way to find the sun
Tell me all that you may know
Show me what you have to show
Won't you come and say
If you know the way to blue?
Have you seen the land living by the breeze
Can you understand a light among the trees
Tell me all that you may know
Show me what you have to show
Tell us all today
If you know the way to blue?
Look through time and find your rhyme
Tell us what you find
We will wait
At your gate
Hoping like the blind
Can you now recall all that you have known?
Will you never fall
When the light has flown?
Tell me all that you may know
Show me what you have to show
Won't you come and say
If you know the way to blue?
Testo di NICK DRAKE l
da "Way to Blue. An introduction to Nick Drake" u
(Island Records 1994) d
i
b
r
i
a
v
e
n
t
i LA STRADA VERSO IL BLU*
s
Non hai una parola per mostrare cosa puo` essere fatto?
Non hai mai sentito parlare della strada verso il blu?
Dimmi tutto quello che puoi sapere
Mostrami quello che hai da mostrare
Non verrai a dirmi
Se conosci la strada verso il blu?
Hai veduto la terra vivere della brezza?
Puoi capire una luce in mezzo agli alberi?
Dimmi tutto quello che puoi sapere
Mostrami quello che hai da mostrare
Dicci tutto oggi
Se conosci la strada verso il blu?
Guarda attraverso il tempo e trova i tuoi versi
Dicci cosa trovi
Noi aspetteremo
Al tuo cancello
Sperando come il cieco
Puoi ora richiamare alla mente tutto quello che hai conosciuto?
Non ti abbatterai mai
Quando la luce e` dileguata?
Dimmi tutto quello che puoi sapere
Mostrami quello che hai da mostrare
Non verrai a dirmi
Se conosci la strada verso il blu?
Traduzione di Emma Dulcamara e Marziobarbolo
Nota
Il termine inglese 'blue' significa sia 'blu', ovvero il colore blu,
sia quella che con termine specifico potremmo chiamare 'melanconia', ossia
la tristezza divenuta malattia, depressione. Questo perche' il colore blu
viene considerato, <<sentito>>, come il corrispettivo cromatico di tale
stato d'animo, allo stesso modo in cui per esempio il colore rosso, per
la maggior parte delle persone, e` legato all'idea di passione. Abbiamo
tradotto l'inglese 'blue' con 'blu', annettendo questa spiegazione, perche'
ci e` sembrato piu` corretto, anche se meno ambizioso. Ma del resto la
traduzione di questo testo, vera e propria canzone, non vuole essere altro
che un abbozzo di significato per chi non conosce la lingua inglese, abbozzo
tanto piu` insoddisfacente dal momento che ci si trova dinnanzi ad un testo
altamente poetico e pertanto ricco di significati, dei riflessi portati
da quella lingua, che si fa scrittura di un'anima.
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NEIL YOUNG AND CRAZY HORSE
Sleeps with Angels
(WEA)
Il canadese NEIL YOUNG e` entrato ormai da tempo a far parte di quella
schiera di intoccabili che comprende i numi tutelari del rock. La sua musica
ha influenzato gli autori piu` diversi. Ha incoraggiato a suonare bands
che ben poco avevano in comune fra di loro. Ha aperto le menti al
rock'n'roll a piu` di uno fra i tanto acclamati protagonisti del fenomeno
grunge. E' chiaro che anche lui, che tra l'altro ha vissuto le sue belle
disavventure familiari (due figli handicappati), ha avuto dei periodi nega-
tivi artisticamente parlando. Praticamente gli anni '80 sono stati un tre-
mendo buco nero nella sua carriera, un tonfo che, a mio avviso, tocca il
suo fondo in OLD WAYS, un scialbo album di musica country privo di qualsiasi
pretesa artistica. La rinascita e` segnata da FREEDOM, un disco di rock
potente, ricco di verve e cattiveria ma anche di ispirata vena musicale
e di notevole lirismo (tra le altre cose, NEIL YOUNG si era reso protagoni-
sta di una spudorata campagna a favore di Reagan. Incomprensibile per un
ex freak del suo stampo)! Continua con il doppio dal vivo WELD, che offre
un campionario di distorsioni e un potenziale di acidita` davvero notevoli.
Passa attraverso un album, che potremmo definire, col senno di poi, "di
transizione" come HARVEST MOON, non privo di buone idee, ma inconcludente
in ultima analisi. E infine culmina in questo SLEEPS WITH ANGELS che non
bisogna aver paura a definire un capolavoro. Siamo qui a meta` strada tra
lo YOUNG elettrico e quello acustico. I pezzi si dividono piuttosto equamen-
te. La band che accompagna l'autore e` qualcosa di piu` di tre ottimi musi-
cisti. Sono i CRAZY HORSE, un corpo unico con NEIL YOUNG, capaci di creare
amalgama e atmosfere indissolubilmente legate alle migliori espressioni
dell'autore. Se aggiungiamo che il corpo centrale dell'album e` una lunga
cavalcata elettrica al limite dello psichedelico intitolata 'Change Your
Mind', che il lirismo dell'album e` altissimo con punte massime in 'Prime
of Life', malinconico e tenero inno alla vita e in 'Sleeps with Angels'
dedicata, sembra, a Kurt Cobain, indicato come possibile erede di Young
da parte della stampa americana prima del tragico suicidio. Allora il cer-
chio si chiude e un bel pezzo anthemico quale 'Piece of Crap', inno contro
il consumismo esasperato carico di autoironia, e` degna conclusione di
una manciata di canzoni destinate a rimanere nel tempo.
N.B. Lodevole l'iniziativa della Wea che acclude al prodotto i testi
tradotti nelle varie lingue europee tra cui l'italiano.
Ken Parker '68, Lupo del Nord
FILLE QUI MOUSSE
Trixie Stapelton 291
(CD MELLOW RS, 1994)
Multimediale e' un termine di cui si fa sicuramente un uso smodato
nel tempo in cui viviamo. Coniato non moltissimi anni or sono per indicare
cio` che riguarda un collegamento tra diverse forme di espressione (artisti-
ca e non), si e' ritagliato il suo bravo spazio anche in campo musicale,
a proposito di artisti che cercano di coniugare il verbo delle sette note
con altre arti, magari meno futili e piu` <<elette>>. E' il caso della
pittura, o della scultura, e la memoria ci rimanda subito a quel periodo
a cavallo tra la fine degli anni '60 e l'inizio dei '70, quando casi del
genere erano tutt'altro che infrequenti. Basti pensare, scavalcando l'ocea-
no, all'Exploding Plastic Inevitable di Andy Warhol, la cui ribalta itine-
rante vedeva succedersi spettacoli pseudo-teatrali, esposizioni pittoriche
e... naturalmente, loro, i grandissimi Velvet Underground, forse sconosciuti
ai lettori piu` giovani ma sicuramente piu` noti a coloro i quali hanno
gia` - purtroppo - raggiunto una certa eta`. Oppure, volgendo lo sguardo
verso Albione, ai Soft Machine di dadaista memoria, scoperti da quell'Alan
Zion precursore degli abbinamenti <<musica-quadri>> divenuti quasi obbligati
in tempi piu` moderni. Ma anche in Francia, in quegli anni, qualcosa si
muoveva. Sulle sponde della Senna, uno sconosciuto artista pop - tale Hen-
ry-Jean Enu - dal portafogli perennemente vuoto ma dalla fantasia molto
fervida, assemblava alcuni amici allo scopo di formare un complesso musicale
per arrivare (un giorno, forse, chissa`...) ad incidere le proprie idee.
Nell'ormai lontano 1972 i suoi sforzi ebbero il meritato premio, e 10 soli
pezzi di vinile invasero - si fa per dire - la Ville Lumie`re. Si`, non
si tratta di un errore malandrino sfuggito ad un distratto correttore di
bozze, poiche' dell'edizione originale di questo leggendario Trixie Stapel-
ton 291 (cosa significhera` mai?) furono proprio stampati 10 soli esemplari.
Anni dopo si scateno` la ricerca al disco fantasma da parte di (pochi)
collezionisti di rarita` musicali, dalle idee non sempre chiare ma dal
portafogli, questa volta, ben rigonfio; ma torniamo al nostro Cd. Costituito
da un solo pezzo strutturato in forma di suite e suddiviso in nove parti
senza soluzione di continuita`, mostra subito di pagare un dazio consistente
a quella che e' la forma artistica preferita del suo autore - e cioe' la
pittura - ed all'arte pop piu` in generale. Difatti, se si escludono le
due <<parentesi>> jazz-rock con le quali si apre e si conclude, la restante
parte e' tutto un susseguirsi di situazioni stralunate, a volte piuttosto
ambigue, spesso falsamente ingenue, che rasentano la patafisica. Un latrare
di cani fa da sfondo ad un recitato con voce femminile (chi non ricorda
il fatidico <<The Gift>> dei gia` citati Velvet?), mentre piu` avalti un
uso promiscuo di strumenti esotici si insinua tra le onde di una sezione
ritmica che pare voler seguire le tracce di quell'antirock che, in quegli
anni, i mai troppo lodati Henry Cow porteranno agli onori delle cronache.
E ancora: ronzii di sottofondo che si fanno talvolta piu` intensi (forse
un calabrone chiuso in una scatola?), per poi sparire avvolti tra le spire
di un cantato piuttosto accidentato - ma che razza di pronuncia!... -
e di un violino manipolato e quasi fastidioso. Qualcuno si chiedera`: <<Ma
e' musica?>>. E' genialita`, vera psichedelia: e' saper costruire, con
pochi mezzi e forse ancor meno nozioni, qualcosa di veramente artistico
anche se non nobile, di valido anche se non <<per tutti>>. Difatti, la
ristampa in Cd e' in tiratura limitata di 200 copie (ci risiamo...) e per
richiederla vi conviene telefonare allo 0184/508900 oppure rivolgervi alla
redazione di INTERFERENZE Blu.
Solo per le orecchie piu` audaci!
io
LANDBERK
One man tell's another
(CD MEGAROCK, 1994)
Nuovo disco e nuova etichetta per i Landberk, epigoni moderni di quel
folk-progressivo nordico dal passato glorioso ma che sta vivendo, a quanto
pare, una seconda stagione dell'oro. A dire la verita`, questa loro fatica
si discosta abbastanza da quella che la precedette, due anni fa: decisamente
morbida, dolcissima e dall'andamento quasi pastorale era infatti quella
LONELY LAND, uscita in versione Cd con i testi in inglese per la label
americana Laser's Edge ed in vinile per la benemerita Colours (con testi
in lingua madre e titolo originale RIKTIG AKTA). Molto piu` grintosa e
variegata quest'ultima opera, invece, con in bella evidenza pezzi qua-
li 'Mirror Man', fortemente introspettivo e caratterizzato dai <<giochi
di specchi>> prodotti dal riverbero della chitarra di Reine Fiske; 'Valen-
tinsong', dove i nostri si ricordano infine che la loro terra e` nota al
mondo per la quiete e la serenita` delle sue foreste; la dirompente 'Kon-
tiki', che se da un lato paga il solito, obbligato tributo al Re Cremisi,
dall'altro sa imporsi sul resto della truppa come il pezzo piu` gradevole
fin dal primo ascolto. Degna di nota anche la conclusiva 'Tell', forse
dedicata ai compagni di avventura Anglagard ed Anekdoten, dei quali tuttavia
i Landberk non posseggono rispettivamente la genialita` e la tecnica, pur
essendo - come loro - dediti al culto del dio Mellotron. A differenza dei
loro colleghi piu` celebrati, pero`, questi cinque spilungoni di Stoccolma
non ne fanno un uso esasperato. Anzi, le fatidiche tastiere sono usate
quasi sempre in chiave ritmica, come <<base>> (preferisco questo termine
rispetto all'inflazionato <<tappeto>>...) insomma; soltanto raramente duet-
tano con la chitarra, che di questo disco e' la vera signora e padrona
di ogni situazione, quieta e folky o irruenta e tenebrosa che sia. Peccato
solo che nell'opening track ('Time') si presti ad ambigui giochi di risonan-
za con quella degli U2 piu` biechi e commerciali dei loro ultimi lavori.
Speriamo che sia solo una buccia di banana...
io
STEREOLAB
Mars Audiac Quintet
(Duophonic UHF, 1994)
Assieme alle prime copie del doppio lavoro degli STEREOLAB viene
regalato un sette pollici colorato. Partendo da questo vorrei parlarvi
della musica di questo gruppo che ha ormai alle spalle tre Lp (anche se
SWITCHED ON e` una raccolta di singoli). La musica degli STEREOLAB si forma
dalla mescolanza di due componenti principali che assumono un rilievo parti-
colare in questo MARS AUDIAC QUINTET. La prima componente e` l'ingenuita`
apparente della loro musica, non tanto per quel che riguarda la strumenta-
zione (basta dare un'occhiata in copertina ove si trovano 18 diversi tipi
di strumenti adottati), quanto nella struttura delle melodie e nel cantato.
Quest'ultimo infatti si fregia della delicata voce di Laetitia Sadier (au-
trice assieme a Tim Gane di tutte le canzoni eccetto l'ultima) e spesso
di cori e backing vocals che ne esaltano le qualita`. La seconda componente
deriva dall'unione della reale complessita` del tessuto sonoro con l'enorme
attenzione per i minimi particolari quali volumi d'uscita degli strumenti,
provenienza del suono e vari problemi di mixaggio che spesso i gruppi non
risolvono in prima persona.
Oltre a queste due componenti basterebbe, per farsi un'idea di cosa
tratta la musica degli STEREOLAB, leggere in successione i titoli delle
loro canzoni; alcune cantate in inglese altre in francese. Noi andremo
con ordine aggiungendo, la` dove necessario, alcune spiegazioni. Sul lato
A del 7" abbiamo 'Klang Tone', dove klang probabilmente e` un tentativo
di rendere ancora piu` onomatopeico il termine inglese clang. Mi sembra
opportuno dire che questa canzone adotta uno schema abbastanza consueto
per la musica degli STEREOLAB, ovvero quello dei labirinti comunicanti:
ve lo spiego subito cosi` avanzero` di farlo quando parleremo di 'Anamorpho-
se' (la seconda canzone del secondo lato) che evidenzia appieno questa
struttura. Queste canzoni si aprono con un attacco che si ripete senza
variare, quindi con una specie di loop sempre uguale (quel che io chiamo
un labirinto) fino a che non sopravviene una variazione: o nel testo, o
con l'inserimento di una nuova componente musicale, con un cambiamento
di nota, tono o volume, che ci conduce in un nuovo labirinto, in un nuovo
loop che ripete anche l'elemento che e` servito da variazione. Uno schema
riassumibile graficamente come segue:
La canzone del lato B 'Ulan-Bator' prende il nome dalla capitale della
Mongolia che tradotto vuol dire Eroe Rosso. Una canzone con una vibrazione
incantata. Le canzoni del primo lato del doppio sono 'Three Dee Melodie',
'Wow and Flutter' con un testo molto bello, 'Transona Five' e 'Des E'toiles
E'lectroniques'. Ad aprire il secondo lato troviamo 'Ping-Pong', piacevole
sorpresa che spezza la continuita` del primo lato grazie al suo piacevole
variare. Di 'Anamorphose' abbiamo gia` parlato. 'Three Longers Later'
conclude in bellezza il secondo lato: Inizia privilegiando la prima compo-
nente della musica degli Stereolab con organo e voci, il francese crea
un'atmosfera particolare, poi intervengono gli strumenti a corda e la
batteria che donano una pesantezza inaspettata ma tutta da gustare. Nel
ritmo incalzante e nel cantato 'Nihilistic Assault Group' ricorda i primi
lavori degli STEREOLAB. 'International Colouring Contest' e` la massima
espressione di quel che intendo per componente ingenua nella musica degli
STEREOLAB. Poi 'The Stars Our Destination' e 'Transporte' Sans Bouger':
mi sembra che i titoli dicano tutto o quasi. Siamo arrivati al quarto lato,
lo apre 'L'Enfer des Formes' altro pezzo di bravura dove gli strumenti
ti prendono sempre piu` fornendo un valido sostegno al testo <<On s'en
va comment poltrons, / Vivant mal leur e'carte`lement, / Entre e'motion
et indiffe'renge, entre revolte et de'rision>>. 'Outer Accelerator' prende
forma poco a poco da un suono guida. Discorso a parte meritano 'New Ortho-
phony' e 'Fiery Yellow'. Due pezzi che si possono riassumere con una cita-
zione dal testo di 'Wow and Flutter': <<Progress is the clue... Look at
the simbol, they are alive, / they move evolve and then they die>>. La
musica degli Stereolab si sta muovendo, si sta sviluppando portandoci con
lei.
Marziobarbolo
LP PENG! (Too Pure)
Sing. SUPER ELECTRIC (Too Pure)
LP SWICHED ON (Too Pure)
Sing. LA BOOB OSCILLATOR (Sub Pop)
LP TRANSIENT RANDOM... (Duophonic UHF)
Sing. JENNY ONDIOLINE (Duophonic UHF)
CONTROTEMPO
ALBERT KING
"Laundromat Blues"
E', per me, una bella soddisfazione potervi parlare di questo splendido
disco. Raramente capita di poter ascoltare del blues cosi` pulito, profondo
e denso di feeling, e questo non e` dovuto solo al fatto di aver di fronte
una delle leggende del blues, il prode ALBERT. Non sempre la notevole cara-
tura di un artista e` garanzia di genuinita` musicale, vi basti sapere
che il grandissimo Otis Rush da Chicago, uno dei padri fondatori del West
Side Blues, autore di splendidi brani, ultimamente sta sfornando prodotti
non alla sua altezza; si e` inoltre presentato ad un festival blues comple-
tamente ubriaco, con la chitarra totalmente scordata e con grandi problemi
di intonazione, riuscendo a rovinare il lavoro della sua ottima band. Non
ti rende onore tutto cio`, mio caro Otis!
Non e` certo il caso del nostro <<Re>>, al secolo ALBERT NELSON, da
Indianola, Mississippi (stessa citta` dell'altro piu` famoso King, B.B.)
che ci offre una manciata di splendidi blues. Vi dico subito che sara`
molto difficile trovare questo disco perche' oltre ad essere non proprio
recente deve trattarsi di una produzione minore, una specie di bootleg,
infatti nella discografia di A. KING (cfr. <<Il Blues>> n. 46 Marzo 1994)
non e` citato. Si tratta comunque, per chi volesse cercarlo, di BORN UNDER
A BAD SIGN (Stax 723, U.S.A.), un album storico.
Non mi soffermo sui brani che sono i grandi classici di NELSON da 'Born
Under A Bad Sign' a 'Cronent Saw', dal possente 'The Hunter' al lento
atmoferico 'Personal Manager'. Che cosa emerge da questi brani? Emerge
soprattutto la stupenda voce baritonale, a volte ghiaiosa, a volte vibrante,
una voce profonda, calda che riesce a conferire a canzoni come 'You're
Gonna Need Me' un'alta carica drammatica; a questo proposito ascoltate
la versione rifatta da Robert Cray, e` a dir poco, mozzafiato. La seconda
caratteristica del prode NELSON e` il suo chitarrismo lucido, tagliente,
i suoi fraseggi sinuosi ed improvvisi ed inoltre il suono, quel suono cosi`
rotondo che solo una Gibson Flyin V di nome Lucy puo` dare.
Che altro dire? Solo questo: <<Daro` il blues ad ogni dj della Nazione.
Se non gli piace, un buco nell'anima>>. Grazie ALBERT.
T- Bone Malone
______________________________________________________________Appuntamenti__
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| SETTEMBRE |
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| Quest'anno prende il via il 1ø Festival di Musica Giovane Albese. |
| INTERFERENZE blu ha contribuito organizzando i pomeriggi musicali <<on |
| the road>> delle due giornate di manifestazione: VENERDI` 16 e SABATO |
| 17 SETTEMBRE. Per le vie del centro storico di Alba suoneranno a diretto |
| contatto con il pubblico <<passante>> giovani gruppi albesi che si |
| cimenteranno per la prima volta in questa intrigante esperienza (parlia- |
| mo dei Sommossa, dei Laida Masnada e degli Inedia) e altri tre musici- |
| sti (Luigi Orlando e compagno, musicisti blues di Chieri, e un chitarri- |
| sta folk di Cuneo) gia` piu` navigati. Siate calorosi e... ovviamente |
| non dimenticatevi alla sera, nel Cortile della Maddalena, del festival |
| vero e proprio cui concorreranno i giovani gruppi albesi. |
| A Novembre poi non bisogna proprio mancare. INTERFERENZE blu, appoggiata |
| dall'Assessorato alla Cultura e dalla Biblioteca Civica di Alba, sta |
| preparando un ciclo di tre <<serate di ascolto e critica musicale dal |
| vivo>>, il cui titolo e` ancora in cantiere (i titoli, come si sa, |
| sono sempre importanti e quindi vanno ben ponderati). Eccovi il program- |
| ma provvisorio: SABATO 12 NOVEMBRE. Serata dedicata al Blues con musici- |
| sti <<veri>> e musica <<vera>> (in tutti i sensi) organizzata dal nostro |
| bluesman di redazione T-Bone Malone e dall'eclettico Johnny. |
| SABATO 19 NOVEMBRE. Tocca al Nuovo Rock Italiano, probabilmente con |
| qualche suo esponente a vivacizzare la serata condotta da Piero Negri |
| e organizzata dal sempre enigmatico Ken Parker. |
| SABATO 26 NOVEMBRE. Infine una serata a piu` largo raggio ancora un |
| po' tutta da inventare. Ma c'e` in ballo un grosso nome e la possibili- |
| ta` di visionare qualcosa (oltre che ascoltare musica, e` ovvio!). |
| Marziobarbolo e M.P. ci stanno dietro. |
| Inoltre Emma D. si sta scervellando a trovare una locandina accattivante |
| da tenervi come ricordo (e anche a come far morire il pur instancabile |
| Jaco) e Johnny non molla un attimo la supervisione di tutta l'avventu- |
| ra (e non pensate che sia cosa facile!). |
| Le serate avranno luogo tutti e tre i sabati nella Sala Beppe Fenoglio |
| con inizio alle ore 20:30. Vi aspettiamo numerosi... fatelo sapere |
| in giro! |
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| NOVEMBRE |
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PUNTO FUGATO - Oltre la morte del death
DEATH, ovvero la piu` interessante frangia del metal negli ultimi
dieci anni. Un incunabolo di sonorita` morbose, oscure, ultraveloci, di
rappresentazioni blasfeme e grandguignolesche. Inutile, o quasi, fare i
nomi di MORBID ANGEL, DEICIDE, OBITUARY. Ebbene: questa realta`, almeno
agli inizi, di stampo underground, presentava forti analogie con l'HARD-CO-
RE, ma era pur sempre metal e da esso sembrava aver assorbito la tendenza
a richiudersi su se stesso. Un po' come succedeva nell'Heavy classico (avete
presente i Manowar, gli Iron Maiden oppure i numerosi guitar-hero dimentica-
ti?). Le linee di tendenza attuali fanno pensare invece ad un rimpiccioli-
mento consistente del numero dei gruppi death piu` conservatore e schemati-
co. Techno, dub, ambient, ma soprattutto fusion ed industrial, come vedremo,
sono i generi piu` interessanti per contaminazioni un po' strane. Sorvolere-
mo sulle connessioni grunge e death, argomento alquanto spinoso e non paci-
fico. Gran parte di questo rinnovamento viene comunque da musicisti che
hanno fatto la storia dell'estremismo sonoro (e lo vedremo anche piu`
avanti). E' il caso, tanto per fare un esempio, di BLOOD FROM THE SOUL,
ossia il progetto solista di Shane Embury, mitico bassista dei NAPALM DEATH.
Soprattutto nella title-track si puo` cogliere la sensazione di un death-me-
tal spolpato e ridotto a pulsazioni e vibrazioni. L'ipotesi trova conferma
se diamo un'occhiata a cosa accade nel sottobosco industriale. MERCILESS,
l'ultimo EP dei GODFLESH e` costruito su ritmi impossibili, tecnologici
e che scolorano sempre piu` in suoni freddi, cupi, spigolosi e taglienti;
i remixes degli jugoslavi LAIBACH che non esitano a distorcere e triturare
l'andamento gotico-marziale dei MORBID ANGEL. Due esempi che dimostrano
quanto sia vicina la sintesi totale di questi suoni. Un discorso piu` appro-
fondito meritano le contaminazioni col Jazz. I NAKED CITY di John Zorn (per
non parlare dei GRILL e degli ALBOTH) sono responsabili, come ben si puo`
vedere nell'ultimo album RADIO, della creazione di un coacervo di inusitate
sonorita`: cioe` il Miles classico e i CARCASS piu` infuriati che vanno
a braccetto. Una sorta di <<collage>> d'autore. Di origine totalmente
diversa il fenomeno del jazz-death, o, come dicono i critici piu` autorevo-
li, il <<contemporary death-fusion>>. Non si tratta piu` di contrapporre
un Charlie Parker o un Joe Pass (recentemente scomparso) al grind-core.
Si tratta soltanto di gruppi che forniscono, secondo uno schema regola/ecce-
zione, un'interpretazione fortemente distorta del death classico. Sono
gli ATHEIST, i CYNIC ed i PESTILENCE. Questi ultimi sembrano essere i
migliori. Soprattutto perche` l'anima dura della band, ovvero il chitarrista
Patrick Mameli, ha evoluto il proprio sound verso una sorta di death-pro-
gressivo che riesce a concentrare il meglio di se` anche in 3-4 minuti.
Intendiamoci: le brutalita` non sono finite. Ma la punta estrema di contami-
nazione si raggiunge nelle note suadenti delle guitar-synth. Quasi come
se fossimo in un disco di Allan Holdsworth (confrontare per credere).
Molto meno convincenti i CYNIC. Pezzi con lunghissimi assoli eseguiti come
Dio comanda, ma un po' artificiosi. Ad onor del vero dobbiamo dire che
una tale rivoluzionaria impostazione deriva dal fatto che Paul Masvidal
e compagni hanno <<assorbito>> la filosofia del <<guru>> Yogananda. E la
cosa ha avuto effetti dirompenti sulla loro musica, diventata il razionale
banco di prova e di scontro tra una realta` di disagio (storicamente espres-
sa dal grind-core) e l'ego dei musicisti, calamitati verso la felicita`
assoluta. Cio` e` evidente nelle parti meno aggressive dei brani. Un simile
atteggiamento,ma completamente rovesciato, lo abbiamo potuto trovare anche
negli inserti mistico-orientaleggianti dei feroci finlandesi, buddisti
ed anti-cristiani, IMPALED NAZARENE. Da un substrato musicale simile a
quello dei PESTILENCE muovono gli ATHEIST. Ma le loro ambizioni sono ben
maggiori. Non solo fusion, ma un campionario sfrenato di accelerazioni
e decelerazioni, di tecnicismo (con un basso che piacerebbe a Jaco Pastoriu-
s), di ritmi sudamericani (ricordo <<Samba Briza>>). Peccato che ingredienti
cosi` succulenti non si amalgamino in modo sufficiente, poiche` danno origi-
ne ad una specie di <<maionese impazzita>>. Resta da considerare che questo
disco sara` comunque un esperimento isolato, visto che il gruppo in questio-
ne si e` sciolto definitivamente. A questo punto sarebbe perfin troppo
facile concludere che siamo di fronte a gruppi che fanno cross-over mediante
la fusion (od il Jazz, se preferite). Ciascuna di queste band, di questi
musicisti ha come matrice comune i DEATH di Chuck Schuldliner, di cui
fornisce un'interpretazione fortemente distorta. Il che non vuol dire che
sia necessariamente innovativa. Elemento di controtendenza rispetto allo
scenario attuale, e` l'<<ultratecnicismo>> (di cui i DEATH erano appunto
campioni) che, come ben sappiamo, imperava nel metal della seconda meta`
degli anni ottanta. E questa non mi sembra una prospettiva ottimale per
il DEATH!!! Chi vivra`, vedra`.
Vincenzo Capitone
PUNTO FUGATO - I giovani discepoli dell'acid jazz
Londra, fine eighties. Il clima generale e` piuttosto plumbeo (sono
gli ultimi anni di governo della Thatcher) ma l'atmosfera dei discoclubs
si colorisce di nuove ed eccitanti vibrazioni (VIBES, ecco un termine
fondamentale per questa nuova scena): ai grooves soul-funk si sovrappongono
elementi jazz e nasce un nuovo stile, presto definito ACID JAZZ. Rapidamente
il fenomeno, che trova radici gia` negli anni '70 con le commistioni
jazz-soul-funk di ottimi ma misconosciuti performers come Ivan <<Boogaloo
Joe>> Jones e Melvin Sparks, esce dai confini dei clubs, in cui ormai
furoreggia la house. Nascono cosi` due etichette discografiche seminali,
la TALKIN'LOUD e appunto la ACID JAZZ, su cui compaiono i primi vagiti
di GALLIANO, JAMES TAYLOR QUARTET, YOUNG DISCIPLES, BRYAN POWELL e last
but not least INCOGNITO, i primi ad imporsi a livello di vendite in virtu`
di un sound piu` marcatamente dance (si sono sentiti anche da noi un paio
di estati fa con DON'T YOU WORRY 'BOUT A THING). Fin dal principio appare
chiaro che Acid Jazz al massimo e` una scena e non un vero e proprio genere:
rispetto ai <<poppeggianti>> INCOGNITO i GALLIANO sono piu` soul-funky
e con un'attitudine seventies, espressa in brani come 'Hungry like a baby'
in cui sfoderano echi di Santana; negli YOUNG DISCIPLES svettava (ha lascia-
to il gruppo nel 1992) la stupenda voce soul di Carleen Anderson. Successi-
vamente sono stati inseriti nel <<movimento>> anche realta` come i MOTHER
EARTH, con un retroterra quasi classic rock (confessano influenze di Traf-
fic, Deep Purple, Hendrix), e JAMIROQUAI, la cui musica non trasuda partico-
lari elementi jazz e che anzi a tratti appare come un clone (anche se di
gran qualita`) di Stevie Wonder. Se invece se ne parla per indicare un
fenomeno tipicamente britannico, la definizione regge: infatti oltreoceano
questo sound, pur avendo guadagnato anche la copertina di Billboard (compas-
sata Bibbia delle riviste musicali USA), non ha fatto degni proseliti quanto
ad uscite discografiche. Probabilmente cio` e` dovuto allo strapotere del
rap nell'ambito della black music, che finisce con l'appiattire sul proprio
stile vocale qualsiasi base ritmico-melodica: negli USA si parla di jaz-
z-rap, di rap-metal, mentre in UK il rap e` si` un elemento presente in
molti esponenti Acid Jazz ma e` solo un aspetto parziale di una scena musi-
cale piu` complessa. Se volessimo affibbiare valenze culturali a quest'eti-
chetta bisognerebbe stabilire se sia stato un tentativo di elevare la dance
music verso sonorita` piu` sofisticate e radicate nel passato, o se al
contrario sia nato come strumento per portare il Jazz a contatto del <<popo-
lo delle discoteche>> inglese. E cio` e` molto arduo. E' altresi` disagevole
decidere se classificarlo unicamente come prodotto del tardo Yuppismo o
come effetto dell'irruzione della sensibilita` hip-hop nei dancefloors
piu` alla moda. Sta di fatto che l'Acid-Jazz e` stato ed e` un grosso trend
in Inghilterra, specie nell'area londinese, e non e` mai stato un fenomeno
stradaiolo: questo fatto, unito all'accessibilita` e danzabilita` della
musica, lo ha reso antipatico a molti <<addetti ai lavori>>. Musicalmente
parlando, l'A.J. ha vissuto finora due momenti di fulgore: quello degli
esordi (1989-1990) e il 1992. Qui oltre alle conferme di INCOGNITO (TRIBES,
VIBES & SCRIBES) e GALLIANO (A JOYFUL NOISE UNTO THE CREATOR) compaiono
come un fulmine a ciel sereno gli STEREO MC'S, provenienti dall'ambiente
hip hop ma autori con CONNECTED di un album di soul-rap da brividi, con
perle come la title-track, 'Step it up', e la funkadelica 'Chicken Shake'.
E come dimenticare i MARXMAN, posse politicizzata come gia` appare dal
loro nome, che riescono ad essere intriganti e suadenti in brani come 'All
about Eve' e massicci in 'Ship ahoy?' (l'anno scorso girava uno splendido
video con tanto di dollaro e bandiera a stelle e strisce in fiamme, e Sinead
O'Connor alla voce). Da allora il movimento e` parso in declino... (conti-
nua)
Corvo Rosso
MILES DAVIS
KIND OF BLUE
con BILL EVANS
<<C'e` un'arte figurativa giapponese in cui l'artista e` costretto
a essere spontaneo. Deve dipingere su di una superficie tesa e sottile,
con un particolare pennello e colore nero, in un modo tale, che una pennel-
lata artificiosa o interrotta ne distruggerebbe il tratto o trapasserebbe
la tela. Cancellature o cambiamenti sono qui impossibili" [1].
Investigare il significato e il ruolo del jazz, e in particolare del
jazz moderno, come categoria specifica di una civilta`, corrisponde a una
domanda che non puo` essere soddisfatta senza rintracciare nel gioco delle
relazioni trasversali che ne connettono le diverse forme, motivazione e
tendenza unitarie.
La prima constatazione che vorrei fare, e` che fra la fine degli anni
cinquanta e i primi anni sessanta la ricerca musicale jazzistica si e`
estrinsecata nello studio e nell'elaborazione di un nuovo approccio in
una stretta connessione con l'approfondimento di istanze e bisogni espressi-
vi. Ed e` cominciando da qui, da questa febbre vivificante che sorse l'idea
dell'IMPROVVISAZIONE MODALE, basata non sugli accordi anche molto complessi
di un tema, ma su diversi tipi di scale e di modi. Fu proprio M. DAVIS
a proporre la variante prima della seduta per incidere KIND OF BLUE ('59);
quella mattina lui si presento` con degli schemi che erano per lo piu`
delle delimitazioni di tempo, come nella pittura giapponese lo spazio della
tela e` il perimetro del campo di azione. Questo piccolo trucco (gimmick)
in cui ora ci addentreremo, non toglie nulla alla fusione di musicalita`,
umanita` e intelletto che ha dotato tale musica di un fascino universale.
La MELODIA e` uno degli elementi essenziali della musica; insieme con
ARMONIA e RITMO, essa si presenta all'ascolto in <<primo piano>> ed e`
suscettibile, da parte della mente di chi ascolta di divisione in frammenti
piu` piccoli: periodi, frasi, motivi. Il motivo e` la piu` piccola entita`
melodica. Sul motivo si costruiscono frammenti che stanno in rapporto di
somiglianza. Mentre ogni differenziazione genera <<variazioni>>. E il
risultato di tale organizzazione melodica viene detto: TEMA E VARIAZIONI.
Rintracciando il passato, fu M. DAVIS a sovvertire le tradizionali conven-
zioni armoniche, privilegiando le linee melodiche fondate su un minimo
di accordi. Accanto a lui BILL EVANS, che ha partecipato alla parte piani-
stica nella composizione KIND OF BLUE, che scrisse in un breve saggio
sull'improvvisazione, come in qualche modo la collaborazione jazz sia il
compimento di una disciplina severa e unica, basata sul confronto fra stati
mentali, esempio di un pensare collettivo e coerente attraversato dalla
<<simpatia>>. Si ha l'occasione di meditare sulla situazione. Una sorta
di iniziazione alla verita`. E la noncuranza verso strutture complesse,
rende l'improvvisazione come un GESTO, che e` tuttavia riflessione signifi-
cante. Venendo meno la preoccupazione sugli accordi, il musicista gira
sui tacchi e si appoggia alla linea melodica con un'espressione finalmente
autentica e non simulata. Lasciandosi sedurre.
I tre aspetti del grande esecutore - magia, narrazione, lezione -
tendono a fondersi in un'unica immagine, perche` la magia e` presente nel
midollo dell'autore, proprio li`. Per godere di questa magia bisogna quindi
ascoltare facendo costantemente delle previsioni e la bravura di chi suona
sta nel confutarle. Lui e il suo amico BILL EVANS, che non dimenticava
di ricalcare le tracce dello <<swing>>, sanno precisare al loro pubblico
e con fascino, quale sia il PUNTO importante, il motivo centrale, da cui
partono le nostre previsioni, in quanto tutta la struttura si organizza
sulle ripetizioni e noi dovremmo indovinare quali e quando. Un ruolo fonda-
mentale e` giocato dalla MEMORIA. Ma indovinare troppo rende il tutto noio-
so. Chi ascolta si sente chiamato alla ricerca di un contenuto. Faticosamen-
te cerca di ricomporre i singoli brani come i pezzi di un <<puzzle>>, ma
ad ogni tentativo il risultato e` inconcludente: ogni volta c'e` un pezzo
di troppo, che resta fuori.
'So What' per esempio, il primo brano; e` una struttura relativamente
semplice, e` incentrata su sedici misure di una scala, otto di un'altra,
piu` otto della prima. Segue un'introduzione di piano e basso su di uno
stile ritmico libero. Proprio su questo schema, niente piu` di un manichino,
di un figurino di moda d'epoca, non crediate di possedere la calda sensazio-
ne di un'esperienza condivisa. In un certo senso solo il musicista, se
ispirato, scopre la mossa successiva. Presumibilmente. E il fatto che non
avessimo minimamente presagito, ci lascia leggermente perplessi, sorpresi.
Ma in questo nostro fallimento si nasconde, per l'artista, il privilegio
di un'esistenza guidata da certezze, che proprio perche' fragilissime posso-
no appartenere solo alla musica, all'IMPROVVISAZIONE.
Decus
[1] Citazione da: BILL EVANS IMPROVISATION IN JAZZ
______________________________________________
/ \
/ REDAZIONE \
| |
| M.P., Marziobarbolo, Johnny, |
| Emma Dulcamara, Jaco, Dronag, T-Bone Malone, |
| Vincenzo Capitone, io, Axiom, Decus, Cascina |
\ Macondo, LucaBi` /
\______________________________________________/