Marzo-Aprile 1994

     Diamo un grato  benvenuto  a  tutti  i  nuovi collaboratori con l'aiuto
dei  quali siamo riusciti a fare uscire questo incoraggiante numero di  otto
pagine. Senza tutti  i  nostri  collaboratori  non  sarebbe possibile alcuno
sguardo verso il futuro.
     Cosi`  come  senza  di  voi, che ora state  leggendo:  vi  invitiamo  a
scriverci all'indirizzo che trovate  in  ultima pagina, perche' INTERFERENZE
blu  non sia un atto di presunzione, ma una proposta fondata su un  rapporto
reale tra noi e voi.  Solo  una  cosa:  non daremo spiegazioni sul messaggio
cifrato  in  penultima  pagina, quello che parla di  una  sorpresa.  Dovrete
aspettare l'autunno, tenendo d'occhio la citta`...
     Per il momento  vi  proponiamo  con  entusiasmo  e  un  po' di orgoglio
"CASCINA  MACONDO  artisti da strada", la nuova rubrica  di  questo  numero.
Ed e` veramente  preziosa,  perche'  si  occupera`  dei musicisti-artisti di
strada,  bravissimi e sconosciutissimi, organizzati in tourne'e  e  festival
di cui nessuno o pochi  conoscono  l'esistenza,  e che nessuna rivista segue
se  non  occasionalmente. Speriamo che apprezziate, questo e  tutto  il  re-
sto (magari anche il mio sfiancante lavoro di impaginazione).
     Leggete tra le  righe,  lettori  sconosciuti,  e  cercate  di vedere il
nostro sforzo per qualcosa che valga la pena...

                                                                     Emma D.




RECENSIONI - 360 gradi



                              MEN OF LAKE
                           Out of the water
                 (CD, MMS Records/MUSEA, Italia, 1994)

     Una  delle  definizioni piu` ricorrenti della Penisola  che  ci  ospita
e`: paese di  santi,  poeti  e  navigatori.  E  di canzonettari, si potrebbe
aggiungere,  data la fama consolidata di cui godiamo all'estero. Ma se  c'e`
un settore - l'unico,  temo... -  nel  variegato  panorama  del  rock in cui
noi  italiani siamo piazzati bene, e` quello del "progressive".  Musica  per
pochi adepti, o per  palati  fini,  o  piu` semplicemente per nostalgici che
rimpiangono  un'epoca bruciata troppo in fretta, parnasiani  che  rincorrono
promesse che mai saranno  mantenute.  Molti di costoro apprezzeranno sicura-
mente  questa  seconda opera dei trentini (di Riva del Garda) MEN  OF  LAKE,
uno dei migliori gruppi  nostrani  in  assoluto. Azzardo troppo? No, perche'
secondo  chi  scrive il loro primo album del 1991 (omonimo,  ma  noto  anche
col titolo RIVA) e` sicuramente  il  piu`  bel  disco uscito in Italia negli
ultimi  10  anni.  I MEN OF LAKE rappresentano  il  giusto  compromesso  tra
capacita` esecutiva, ricerca  della  melodia  e complessita` nelle soluzioni
armoniche (caratteristiche  tipiche  del  genere)  senza  pero`  trascendere
nel "troppo difficile", nel varcare a  tutti  i costi la soglia della speri-
mentazione ed indulgere, cosi`, ad autocompiacimento e pretese di  inarriva-
bilita`. Il loro primo  Cd  aveva  fatto  incetta di elogi anche all'estero,
raccogliendo  pero` qualche appunto - ingiustificato - per  l'eccessivo  uso
di tastiere a scapito  degli  altri  strumenti (e segnatamente la chitarra).
Il  messaggio  e`  stato recepito, e questa volta il  quartetto  ci  propone
un campionario  di  pezzi,  anche  piuttosto  diversi  tra  loro,  nei quali
in  mezzo  a  passaggi  dolcissimi dove e` l'Hammond  a  farla  fa  padrone,
s'insinua la chitarra di Rene` Modena,  ora spigolosa e dissonante ora quasi
sinfonica, a` la Procol Harum direi. Cio` si puo` riscontrare nella splendi-
da sintesi di 'The Dark Little Figure', dove per una volta lo schema classi-
co  di "canzone"  fa capolino nel progressive, senza  snaturarne  l'immagine
bensi` addolcendone i connotati. Il  tutto  teso a creare un'atmosfera rare-
fatta, quasi surreale, a meta` tra il sacro e l'oscuro, in una  parola: "se-
venties". Il disco volge al  termine,  s'e`  fatto  tardi e la tentazione di
saltare  a pie` pari gli ultimi tre minuti (<<Ma che ci fara` mai  un  pezzo
cosi` breve su un disco  di  prog?>>)  e` forte. Sorpresa!!! La macchina del
tempo  questa volta si ferma ancora piu` indietro: non siamo ad  inizio '70,
una volta tanto, ma qualche anno prima, in compagnia dei Byrds piu` dylania-
ni. Un quasi-recitato a mo' di filastrocca introduce una scintillante quanto
limpida  chitarra (Rickenbacker?  si`,  no,  forse...),  fedele  compagna di
viaggio in questa 'Ballad of the Lake' (country-prog lacustre?), che  sembra
messa li` in un cantuccio  a  sussurrare:  io  non posseggo la grinta regale
di 'Vipers',  ne' ho la genialita` di 'The Prodigal Father', ma so  stupirti
con la mia semplicita`. Quello che non t'aspetti...
     Se passate da queste parti, ricordatevi che non c'e` solo Gardaland...

                                                                          io



                              SOUNDGARDEN
                             Superunknown
                              (A&M 1994)

                              SOUNDGARDEN
                               Spoonman
                              (A&M 1994)

     Quarto  disco  per i migliori interpreti del suono di  Seattle.  Ed  e`
subito un lavoro colossale (ben 16  brani!),  un maturo compendio della loro
breve  ma  intensa  carriera. Cio` che mi ha  fulminato  istantaneamente  e`
la non comune capacita` del quartetto di innestare, sulle proprie esperienze
musicali,  idee  ed influenze appartenenti a  tradizioni  diverse (dal  punk
ai Beatles), creando uno stile personalissimo e comunque sempre riconoscibi-
le. E' difficile, per me, non essere coinvolto dal riff pesantemente ipnoti-
co e dal ritmo di 'Let  Me  Drown',  cosi`  come non posso non entusiasmarmi
davanti al suono duro ma psicotico, effervescente ma ermetico di 'My  Wave',
vera demolizione di  certi  luoghi  comuni  del "grunge". Difficile rimanere
insensibili  dopo le prime note di 'Fell on Black Days', dove la  strepitosa
voce di Chris Cornell  si  fa  molto  piu`  pacata  ed espressiva. Su questa
falsariga  continua  la  tetra 'Mailman' che, pero`, mi  fa  sprofondare  in
un finale  ipercaotico,  dominato  dal  guitar-solo  di  Kim  Thayil; mentre
nell'orecchiabile  Superunknown  ho potuto godere di  un  cantato  veramente
magistrale. L'avventura continua. Le  note  di 'Head Down' turbano le mie (e
le vostre) notti e ribadiscono l'attitudine crossover del gruppo, soprattut-
to in alcuni  passaggi  piu`  allucinati,  soffusi  e...  al  confine con la
psichedelia!  Sorprendente  ed  innovativa  svolta. 'Black  Hole  Sun'   da`
l'impressione di essere negli anni '60, ha  cioe` una patina di quel "parti-
colare  cattivo  gusto"  che diverte e  non  guasta  mai (proprio  come "I'm
Easy" dei Faith No More).
     SPOONMAN e` invece il  singolo.  Mi  ha  colpito particolarmente per la
sua  immediatezza,  mostrandoci  gia` dal primo ascolto  la  strada  per  il
superamento del "grunge".  Con 'Limo  Wreck'  le  mie  attenzioni sono tutte
concentrate  sul  sabbathiano, caratteristico incedere greve dei  suoni.  Il
che mi ha  provocato "crisi  di  astinenza"  alla  fine  del brano. Si passa
poi  a 'The Day I Tried To Live e Kickstand', in cui si  possono  idealmente
toccare mirabili esempi di hard  moderno, talvolta impregnato di punk oppure
di  psichedelia seventies. 'Fresh Tendrils', gia` edito sul  singolo,  torna
ai modi del "nuovo corso"  inaugurato  da  SPOONMAN,  e cioe` suoni semplici
ma  efficaci.  Ma le sorprese non sono finite. Stupisce e si  fa  apprezzare
il duetto vocale di '4th of  July',  impiantata su note oscure ed ossessive.
La  vocazione  del gruppo a mantenere un sound  molto  compatto,  nonostante
la quantita` di  idee  trattate,  e`  confermata da 'Half', dove violoncello
e viola contribuiscono ad "acusticizzare" (se mi passate il termine) l'atmo-
sfera del pezzo,  scritto  e  cantato  dal  bassista  Ben Shepherd. Il disco
si  avvia  al termine con 'Like Suicide', splendida  avventura  nel  classi-
co "giardino del suono" colorato da  tribalismi  e  da un assolo di chitarra
veramente  trascinante. Chiude 'She Like Surprises', in cui comincia  a  far
capolino (e ad annidarsi  nei  miei  pensieri)  un  accenno di canzoncina in
puro  stile  Zappa. Ricordo che sul singolo ci sono due  inediti:  la  plum-
bea 'Cold Bitch', tratta  dalle sessions dell'album precedente (BADMOTORFIN-
GER - A&M 1991) e la strumental-schizoide 'Exit Stonehenge'.
     Giunto  al termine dell'ascolto, ho avuto una sola  sensazione:  quella
di essere riuscito a  carpire  all'Indifferenza  Generale  un disco che, nel
rock, fara` scuola per molti e molti anni.

                                                           Vincenzo Capitone



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THE DARK LITTLE FIGURE                La Piccola Figura Oscura

Sure you have met                     Sicuramente avrai incontrato
In some days obscure                  In certi giorni bui
That  man turning out                 Quell'uomo che donava
Everything unsure.                    Incertezza ad ogni cosa.
It's when you forget                  E' quando ti dimentichi
How some hopes are poor               Delle speranze disattese
He'll wait with great care          l Che lui ti aspettera` con ansia
To reject the cure                  u Per evitare ripensamenti.
                                    d 
(Ref.)  I tell you now              i (Rit.)  Ora ti parlo
        From the window of my heart b         Dalle finestre del mio cuore
        When he is around           r         Quando lui e` qui intorno
        Turn your face aside        i         Volgi lo sguardo in un'altra direzione
        He will trick all the game  a         Egli ti cambiera` le carte in tavola
        Suddenly it will rain                 D'improvviso, piovera`
        If you just look or smile             Se lo guardi o sorridi
        Thing no more                         II tuo destino mutera`.
        Will be alright

Feeling like the smoke                Sfuggente come il fumo
Quick he will make sure               Egli, rapidamente, fara` in modo
That life will come out               Che la tua vita risulti piena
As sorrow and bore                    Di noie e dolore.
Then on your road                     Allora, sulla tua strada
All your dream will pour              Ogni tuo sogno svanira`
The crowd with its shouts           v La folla con le sue grida
Pleases you no more                 e Non ti sara` piu` amica.
                                    n 
(Ref.)  I tell you now              t (Rit.)  Ora ti parlo
        From the window of my heart i         Dalle finestre del mio cuore
        When he is around           s         Quando lui e` qui intorno
        Turn your face aside                  Volgi lo sguardo in un'altra direzione
        He will trick all the game            Egli ti cambiera` le carte in tavola
        Suddenly it will rain                 D'improvviso, piovera`
        If you just look or smile             Se lo guardi o sorridi
        Thing no more                         II tuo destino mutera`.
        Will be alright

Testo: Men of Lake                    Traduzione: io



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                            NINE INCH NAILS
                          The Downward Spiral
                           (Interscope 1994)

     NINE INCH NAILS:  ovvero  una  delle  pratiche  sonore  piu` estreme ed
allo  stesso tempo piu` accattivanti del panorama rock/industrial  mondiale!
Questo THE DOWNWARD  SPIRAL  e`  stato  composto,  suonato (se cosi` si puo`
dire)  e realizzato interamente da quel genio  della  manipolazione "sonika"
di Trent Reznor,  accompagnato  in  fase  di  produzione  dal fido Flood. Ed
anche  questa  volta  i risultati sono  stupefacenti.  Intendiamoci:  quella
proposta dai NIN  non  e`  musica  facilmente  assimilabile ne' tantomeno di
veloce memorizzazione ma possiede un fascino immenso. Provate ad  immaginare
una melliflua melodia quasi-pop sommersa da squarci rumoristici, esplosioni,
dissonanze, campionature di ogni genere, drum-machines programmate su  tempi
impossibili e farcita di tasti ultraviolenti e provocanti. Come dite? L'han-
no  gia` fatto i Sonic Youth? Beh, intanto i NIN sono profondamente  legati,
anziche' ad  una  matrice  punk/rock,  ad  una  matrice dance/rock (la dance
piu`  dura -  quella di marca Wax Trax per intenderci - ) e  l'utilizzo  del
cosiddetto "Wall of  Feedback"  e`  completamente  differente.  Ogni traccia
di  questo nuovo lavoro propone un modo completamente nuovo di fare  musica:
ogni melodia e` attorcigliata su  se stessa e presenta infinite sfaccettatu-
re,  cambi  di tempo mozzafiato e  impensabili  accelerazioni/rallentamenti.
Tutto quel che e`  rock'n'roll  viene  filtrato, tritato, amalgamato a forza
con  infinite  citazioni  e stili, dal blues al funky al  punk  alla  techno
ed alle sperimentazioni rumoristico-industriali, tutto contribuisce a creare
un  amalgama  di suoni, a volte suadenti ed appena accennati  ma  che  tutto
d'un tratto esplodono in un muro  di  rumore  e  di violenza, a volte che si
protraggono in bizzarre code strumentali.
     THE  DOWNWARD  SPIRAL  si  colloca idealmente a  meta`  strada  tra  lo
splendido  ineguagliabile  furore  metal-industriale  dell'Ep  BROKEN  e  la
rilettura,  da  parte di terroristi sonori quali Foetus,  di  alcune  tracce
di BROKEN in  chiave  techno-sperimentale  contenute  nell'altro  Ep FIXED e
si  propone  come degno successore del primo, splendido  e  fortunato  album
PRETTY HATE MACHINE del  1992.  Si  inizia (alla grande) con il programmati-
co 'Mr.Self  Destruction',  un  vero e proprio  manifesto  del  NIN-pensiero
per proseguire con la  morbida melodia di 'Piggy', sorprendentemente psiche-
delica,  per poi passare alla splendida 'Heresy', dai  sorprendenti  stacchi
di pianoforte.  L'asse  portante  e`  comunque  composto  da brani come 'Big
Man  with a Gun', 'March of the Pigs e Reptile', tipiche aggressioni  sonore
alla NIN (e, se  volete,  lontanamente  alla  Ministry),  ma la vera novita`
sono  i brani piu` ragionati e melodiosi come la meravigliosa  pseudo-balla-
ta 'Hurt' o l'orecchiabile 'I Do Not Want This', la splendida strumentale 'A
Warm Place', le implosioni di 'Eraser' e la terrificante title-track, strug-
gentemente dedicata al suicidio.  Leggermente inferiori le rimanenti tracce,
ovvero: 'Closer', 'Ruiner' e 'The Becoming'.
     Probabilmente  qualcuno  dira` che si tratta di musica  troppo  lontana
dai gusti del mainstream e  di  difficile comprensione; ebbene, come direbbe
Trent  Reznor: <<The slave thinks he is released from bondages only to  find
a stronger set of  chains...>>  A  voi  la  traduzione!  Un grande album per
uno  degli indiscussi innovatori della musica rock contemporanea.  Che  dire
di piu`? Imperdibile!

                                                                       Axiom



                               LIQUID HIPS
                                 Static
                              (Enemy 1994)

                             DARK MILLENNIUM
                            Diana Read Peace
                             (Massacre 1994)

     Non lo si puo`  nascondere:  in  questi  ultimi  anni i musicisti metal
hanno espresso il meglio quando si sono confrontati con generi  appartenenti
ad altre tradizioni.  I  diversi  ed  originalissimi risultati ottenuti sono
tangibili in questi due recenti lavori.
     Cominciamo  con  i  LIQUID HIPS, autori di  un  secondo  album  davvero
monolitico ma, al tempo stesso,  frantumato  su ritmi funky. Ce n'e` proprio
per  tutti  i gusti. Ci si puo` tuffare in 'Steady Diet for  Nothing',  dura
ma condita con il rap isterico  di John Mulkerin, oppure scendere nei terri-
tori  ancora  piu` speed di 'Dish It Out',  dove  occhieggia  un'ipertecnica
introduzione  che  sembra  presa  di  peso  dal  free-jazz.  Divertentissimo
l'episodio  di 'Fun  Time', mentre con 'Disposable'  e 'Static'  si  ritorna
ad un funk-metal piu`  canonico.  Dopo 'Tunnel of Hate', fortemente zeppeli-
niana ma dal caratteristico assolo di tromba (!), si puo` facilmente  essere
trascinati dalla durissima e spietata 'Between the Lies'. La classica cilie-
gina sulla torta e` la finale 'Big Head', in cui dialogano  sistematicamente
basso, tromba e chitarra.
     Semplicemente grande.
     Differenti ma  altrettanto  efficaci  sono  i  DARK MILLENNIUM. Infatti
la  seconda  prova di questo quintetto tedesco e` la piu`  totale  negazione
dei luoghi comuni  dell'Heavy-Metal,  un'ideale mutazione progressiva attra-
verso i generi piu` disparati. I primi brani si presentano con  introduzioni
maestose e "noires" ('Mission'), che sfociano  talvolta  in misurate e brevi
uscite death ('Of Sceptre'). Piu` spesso si compenetrano con una voce versa-
tile, con lercissime  atmosfere  blues (?)  oppure  con  momenti acustici da
leggenda  nordica ('Dead  in Love'). Ma ben presto questo  caleidoscopio  di
suoni assume uno  spessore  quasi  sinfonico,  soprattutto  quando dalle due
chitarre sgorgano e si intrecciano note rarefatte e, per cosi` dire, "baroc-
che" ('Mechanism Effect'). C'e`  inoltre  l'oscuro  ed  intrigante doom alla
Cathedral  di 'Peace in My Hands', mentre l'inizio di 'In and  For  Nothing'
riesuma, in un'ottica  progressive,  alcuni  pregiati  riffs  di sua maesta`
chitarristica Van Halen. Non e` finita. 'Pandemonium' e` la degna conclusio-
ne di questo intenso lavoro  (il  testo  si  ispira  ad una massima di Clive
Barker): un finale a due chitarre, nerissimo, epico, sofferto.
     Un  vero  sberleffo  a chi, per  malcelato  snobismo  musicale,  vorra`
ignorare queste brave masnade di contaminatori.

                                                           Vincenzo Capitone



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PANDEMONIUM                           Pandemonium
                                      
In a earlier age Pandemonium - the    In un'epoca passata, Pandemonium* - 
first city of hell - stood on a     l la capitale dell'inferno - sorse su 
lava mountain while lightning tore  u di un monte di lava, mentre in alto 
the clouds above it and beacons     d il fulmine squarciava le nuvole e 
burned on its walls to summon the   i fuochi ardevano sulle mura per 
fallen angels.                      b invocare gli angeli caduti.
(Clive Barker, "The Damnation       r (Clive Barker, "Il Piacere della 
Game")                              i Dannazione")
                                    a 
Travel through space                  Viaggiate nello spazio
so ghostly                            tanto spettrale
withers the void;                     langue il vuoto;
the veil of spheres                   l'apparenza delle sfere
my hands                              le mie mani
they search for hold                  cercano un appiglio
world of spirits.                   v mondo di spiriti.
A sea of rooms, a forest of nothing e Un mare di possibilita`, il nulla di una foresta
where a soul wanders                n dove erra un'anima
imploring for substance...          t che pretende l'essenza...
Deciper                             i Decifrate
the majesty                         s sua altezza
Leviathan.                            il Leviatano*.
                                      
Testo: Dark Millenium                 Traduzione: Decus



                                  Note:

                              "Pandemonium":
     voce creata dal poeta inglese J. Milton per indicare la capitale 
  dell'inferno - Paradise Lost Book I/v. 974. In Italiano "pandemonio" ha 
   come sinonimi "diavoleto, frastuono" ma e` pure una festa ricreante lo 
  spirito col simbolo di una libera e folle vita, nella quale non esiste il 
                            tediosa dovere.

                               "Leviatano":
  mostro biblico immane e distruttore. Nel pensiero politico del seicento, 
        organizzazione statale assolutistica e opprimente (Hobbes).



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                                THERAPY?
                               Troublegum
                               (A&M 1994)

     Strepitoso!!  Con  questo  TROUBLEGUM i  THERAPY? (da  sottolineare  il
programmatico ed inquietante  punto  interrogativo) polverizzano addirittura
il  loro  precedente  ed affascinante album NURSE e si  propongono  come  un
vero e proprio punto di riferimento  per  quel che riguarda il rock europeo;
anzi,  con  questo loro ultimo lavoro si dimostrano uno dei  pochi  ensemble
capaci di contrastare lo strapotere americano in terra di Rock.
     TROUBLEGUM riprende ed amplifica il discorso iniziato con il precedente
lavoro:  suoni  duri ed ipnotici e melodie accattivanti  il  tutto  proposto
con grinta e potenza. Il  trio  irlandese,  Andy Cairns alla chitarra e alla
voce,  Michael  McKeegan  al basso e Fyfe Ewing alla batteria,  lungo  i  14
brani che compongono l'album  mostrano  una  varieta`  ed una maturita` tali
da  far  impallidire  la stragrande maggioranza  dei  gruppi  d'oltremanica.
Assolutamente da sottolineare gli  ospiti  presenti  e scelti dal trio: Page
Hamilton  degli  Helmet  e Leslie Rankine dei  Silverfish,  nomi  tutt'altro
che altisonanti a garanzia di una  stima  reciproca e non di uno specchietto
per  le  allodole  (come dimostrano i vari duetti tanto in  voga  in  questo
periodo... vero Bono?). Sono presenti  i tre singoli precedentemente stampa-
ti,  rispettivamente  SCREAMAGER, TURN e NOWHERE - inutile  sprecare  parole
ed inchiostro per descrivere alcuni  tra  i riffs piu` riusciti degli ultimi
anni - e la stupenda 'Isolation', cover dei pionieri del dark Joy  Division,
ma la  qualita`  di  tutti  i  brani  proposti  e`  elevatissima.  Si inizia
con 'Knives',  due minuti di infuocato rifferama a meta` strada  tra  Helmet
e Ministry - forse uno dei brani  piu` potenti mai scritti dai tre rockers -
per poi passare alle gia` citate 'Screamager', 'Turn', 'Nowhere'  ed 'Isola-
tion' ed al pop-punk anfetaminico di 'Stop If You're Killing Me' e di 'Hell-
belly'  ed alle orecchiabili melodie di 'Trigger Inside', di 'Lunacy  Boot',
di 'Unrequited' -  impreziosita  dal   violoncello  di  Martin  McCarrick -,
di 'Brainsaw',  di 'Unbeliever' e della  originalissima 'Femtex' -  stupendi
i cori interpretati da Andy e da  Eileen Rose - dal testo provocante e dagli
affilati intrecci chitarristici.
      In conclusione pollice in alto per uno dei lavori che piu`  influenze-
ranno la  stesura  delle  classifiche  di  fine  anno.  GRANDISSIMI THERAPY?
     P.S.  Ritengo  superfluo  dire che certa gente - che  scrive  su  altre
e piu` quotate  testate  cittadine -  sarebbe  meglio che, anziche' scrivere
un fiume di stupidaggini a proposito di proposte musicali - a loro completa-
mente estranee -, continuasse a recensire Eros Ramazzotti, U2 e Marco Masini
e lasciasse perdere la musica che non puo` capire!!!



                                THERAPY?
                                Nowhere
                               (A&M 1994)

     Si  tratta  del  singolo uscito un mesetto circa  prima  di  TROUBLEGUM
e contenente, oltre  alla  titletrack -  orecchiabile e potente, sicuramente
un  futuro hit - due vere e proprie gemme: si tratta di 'Breaking  the  Law'
dei metallici Judas Priest e - udite udite - di 'C.C.Rider' nientepopodimeno
che di Elvis!!! Inutile dire che ogni uscita dei Therapy? e` qualitativamen-
te anni luce superiore  alla  robaccia  che ci propinano certi pseudo-deejay
"alternativi" saliti sul carro del vincitore - con la solita faccia  tosta -
e l'onnipresente Videomusic!!!

                                                                       Axiom



                          KRAKEN IN THE MAELSTROM
                               Embryogenesis
                     (CD Mellow Records, Italia, 1993)

     Talvolta, ascoltando un disco  puo`  accadere di porsi quesiti amletici
sulla  genuinita`  dell'ispirazione  da cui e` nata  l'opera  in  questione:
chissa`, questi signori la  pensano  veramente cosi`, o stanno semplicemente
cercando di seguire le orme di qualcuno che - prima, oppure meglio di loro -
ha saputo essere piu`  convincente.  E'  cio`  che mi e` capitato trovandomi
dinanzi  a  tale  EMBRYOGENESIS, primo parto ufficiale  di  questo  ensemble
partenopeo dal nome affascinante.
     Portabandiera dell'anarchia  progressiva,  tesi  alla  ricerca  a volte
ossessiva della dissonanza musicale, i cinque K.I.T.M. denotano forse  qual-
che lacuna dal punto  di  vista  della  tecnica strumentale, sebbene i pezzi
da loro proposti non siano certo di facile esecuzione. Anche le voci, soven-
te sovrapposte a formare  cori  dissonanti (anche  qui!) da lirici mancati -
l'ironia! - lasciano talvolta a desiderare. Ed allora, cosa resta di  buono?
C'e` parecchio. Anzitutto, il  desiderio  di  proporre  pari pari la propria
identita` musicale, nella sua integrale crudezza, anche a costo di  apparire
inascoltabili;  merito  forse  dell'autoproduzione.  Poi,  il  saper rapire,
catturare l'ascoltatore con un'atmosfera quasi ipnotica - ma non per  questo
tranquilla, anzi: spesso  i  K.I.T.M.  ci  trascinano in gorghi (maelstrom!)
sonori  dai quali sembra difficile riuscire ad emergere  senza  sfracellarsi
sulle rocce che affiorano dal  fondo.  E' il caso di 'The Nightmare Legion',
anomala  suite  in due parti di natura quasi lovecraftiana;  ma  soprattutto
di 'Sunwise', costruita  attorno  ad  una  chitarra  velenosa  che passa con
irrisoria  facilita` da situazioni scabrose ed angoscianti a piu`  rilassati
voli pindarici. Ogni  tanto  affiora,  tra  le  righe, il fantasma del "gia`
sentito",  anche se non portato al parossismo (ragazzi, non ditemi  che  non
avete mai ascoltato  i  Van  Der  Graaf  Generator...).  Resta, comunque, la
piacevole  sorpresa  di  aver scoperto un nuovo, giovane  gruppo  con  delle
idee, che  deve  forse  prendere  piena  consapevolezza  di come svilupparle
ed esporle al pubblico.

                                                                          io



                                   SEEFEEL
                                   Quique
                      (2LP Too Pure, Inghilterra, 1993)

     Partiamo dal contenente per arrivare al contenuto, ovvero  incominciamo
col dire che quest'opera dei SEEFEEL nella versione in vinile e` distribuita
su  due  dischi  a 33 giri. Le canzoni sono nove, per cui su  ogni  lato  ci
sono due canzoni tranne sul  terzo  che  manco  a  dirlo ne contiene tre. La
durata  di ogni canzone varia da un minimo di 6 ad un massimo di  9  minuti.
Queste informazioni possono parere  noiose  ed  inutili, a mio avviso invece
sono indicative del tipo di concezione che sta alla base del suono di questo
gruppo.
     I SEEFEEL producono vibrazioni. I  loro pezzi iniziano dalle vibrazioni
del  silenzio  che poco alla volta vengono arricchite  da  nuove  vibrazioni
di strumenti elettronici,  chitarra,  basso  e  percussione. Nel mondo delle
loro  canzoni,  gran parte delle variazioni sono minime ed avvengono  in  un
tempo talmente protratto da sembrare  quasi  inesistente. La voce e` scarsa-
mente  usata.  Quando viene impiegata ripete una stringa di fonemi  che  non
sempre costituiscono una frase.  Si  gioca  piu`  sul tempo di emissione che
sulla tonalita`. Tutto questo fa si` che la voce non sia altro che  un'altra
corda che vibra in mezzo alle  altre.  Se  vi e` capitato di trascorrere una
notte in casa di un orologiaio o di ascoltare nelle notti d'estate il trillo
dei grilli o le  cicale  nei  pomeriggi  assolati,  vi sarete resi conto che
spesso  una  concomitanza di suoni simili  percepiti  dall'orecchio  vengono
elaborati in una  maniera  abbastanza  singolare  dalla  mente.  Cio` fa si`
che dopo un certo periodo in cui siamo esposti a queste  oscillazioni/vibra-
zioni/suoni essi non ci paiono piu` gli stessi. Ecco cosa succede ascoltando
i  SEEFEEL,  non si puo` fare a meno di vedere (see) e  percepire (feel)  la
loro musica. Mi hanno  particolarmente impressionato canzoni quali 'Charlot-
te's  Mouth', 'Through You' in cui scoppiano bolle di cristallo  all'interno
di un antro e s'avvicina  una  musica mistica, vitale, pulsante, e 'Signals'
ultimo  pezzo  in cui le vibrazioni ci prendono per mano e ci  conducono  al
silenzio, dal quale e` difficile distinguere i suoni ascoltati o immaginati.

                                                               Marziobarbolo



                               TINDERSTICKS
                                 Kathleen
                          (This Way Up/Polygram)

     Poco  rimane  da  aggiungere sul loro conto:  i  TINDERSTICKS  sono  in
assoluto una delle piu`  piacevoli  rivelazioni  del  1993  e il loro doppio
album  d'esordio e` ormai diventato a tutti gli effetti un  classico.  Pochi
come loro riescono a ricreare atmosfere tanto intense: il loro album richia-
ma  a  serate  trascorse in bettole fumose a bere birra,  a  luoghi  torbidi
e a sogni esotici. I  TINDERSTICKS  sono  un sestetto ed arrivano da Nottin-
gham:  uno stile davvero eclettico e una varieta` sorprendente di  strumenti
permettono loro di  accostare  sonorita`  blues,  jazz  e  country a seconda
dell'umore.  Volutamente  restii  a rilasciare  interviste,  i  TINDERSTICKS
si presentano come gruppo  scomodo  da  inquadrare  nelle scene musicali che
la stampa specializzata inglese si ostina ad inventare. I riferimenti  musi-
cali sono davvero molti  e  tutti  lusinghieri:  fra  tutti il piu` evidente
e`  Nick Cave con i Bad Seeds (ma altrettanto esplicito e` quello a  Leonard
Cohen).
     Nella fattispecie, in  questo  Ep,  ultima  uscita  in  ordine di tempo
per  il gruppo, li vediamo alle prese con il rifacimento di una  delle  piu`
conosciute canzoni di Townes Van Zandt, 'Kathleen', che fanno propria ripro-
ponendola  in  modo davvero convincente, con la  loro  tipica  espressivita`
emotiva e romantica.  I  rimanenti  brani  sono  una  versione jazzata di 'A
Sweet  Sweet  Man'  gia` apparsa sull'album  e  due  inediti: 'Summat  Moon'
e 'E-Type Joe'. Sembra opportuno  rinviare  ulteriori commenti al 16 Aprile,
quando i TINDERSTICKS saranno al Bloom di Mezzago (Mi).
     Per chi ancora non l'avesse fatto il consiglio e` quello di  procurarsi
il loro album, assolutamente.

                                                                        M.P.



                            RED HOUSE PAINTERS
                            Red House Painters
                              (4AD/Contempo)

     "Slowed-down blues"  era  la  definizione  che  caratterizzava meglio i
primi  due  lavori  dei RED HOUSE PAINTERS e rimane, pure  in  questo  caso,
quella piu` efficace. Insomma, il  gruppo  di Mark Kozeleck sembra non voler
minimamente  cambiare  direzione  musicale, procedendo per  la  sua  strada,
inevitabilmente parallela a quella degli American Music Club.
     Il contenuto dell'intero album  e`,  al solito, esplicitamente autobio-
grafico:  Mark  Kozelek  sembra trovare nell'arte la giusta  terapia  per  i
suoi mali esistenziali e il rifiuto  di  quella falsa sicurezza che il mondo
cerca di ostentare a tutti i costi (ascoltate 'Evil'). A volte tutto  questo
degenera in una morbosa  attrazione  verso  il  dolore e porta quasi Kozelek
a  ritenere  il dolore sua esclusiva prerogativa. Ma  questo  privilegio  e`
davvero salutare? Le migliori cose di questo album si vedono in 'New Jersey'
e 'Uncle  Joe'.  C'e` pure spazio per due cover: 'I Am a  Rock'  di  Simon &
Garfunkel (affermazione della vita  nella versione originale, forte pessimi-
smo nella rivisitazione dei RED HOUSE PAINTERS) e 'The Star Spangled Banner'
(suggerisce che  l'America  e`  nell'esibizione  di  atrocita`  senza alcuna
speranza).
     Nell'insieme il progetto RED HOUSE PAINTERS rischia di essere, a volte,
troppo autoindulgente.  Ma,  d'altro  canto,  davvero  pochi possono vantare
il  coraggio  di esprimere la propria sensibilita` in  modo  tanto  sincero.

                                                                        M.P.




RECENSIONI - crawlin'



                              ELVIS COSTELLO
                               Brutal Youth
                                   (WB)

     Potrebbe sembrare banale il  dire  che  COSTELLO ha realizzato un album
vario  e  originale, poiche' stiamo parlando di un artista che ha  fatto  di
queste due caratteristiche il  proprio  segno  di riconoscimento. Qui pero`,
al  contrario di cio` che avveniva in alcuni dei suoi lavori dei  primi  an-
ni '80, non si tratta di  un  eclettismo "alla rinfusa", frutto di tentativi
piu`  che  di  consapevolezza, ma di un lavoro completo  che  raggiunge  una
sua continuita` nonostante, o forse  proprio grazie alla profonda diversita`
di stili che si intrecciano al suo interno.
     Come  e`  riuscito dunque COSTELLO ad arrivare a  questa  armonia?  Non
si puo` fare a meno  di  notare  che  il denominatore comune di tutti questi
brani  e`  una profonda dolcezza che pervade anche i  brani  piu`  puramente
rock, come '20% Amnesia', e che talvolta e` persino velata di nostalgia (an-
che  COSTELLO  sta arrivando ai 40!): sono ricorrenti  le  rivisitazioni  di
melodie in perfetto stile sixties, brani lenti in cui dominano voce e piano-
forte come 'Still Too Soon To Know' e 'You Tripped at Every Step'. E'  pero`
importante sottolineare che queste sono forse le cose meno riuscite dell'al-
bum: la voce di COSTELLO e` troppo acuta e fredda per ricreare quelle  atmo-
sfere, tanto che a tratti ci  si  chiede  se il suo intento di rivisitazione
non  sia per qualche verso parodistico. Va da se' dunque che i  momenti  mi-
gliori sono da ricercarsi nei brani  piu` indefinibili, quelli che e` impos-
sibile  etichettare:  la gia` citata '20% Amnesia' riesce a  conciliare  uno
pseudo rock'n'roll con delle  sonorita` alla Violent Femmes (ci credereste?)
mentre 'Rocking  on  Horse Road', nonostante la sua  orecchiabilita`  riesce
a comunicare un'atmosfera rarefatta, quasi "intellettuale".
     Probabilmente non andremo  mai  in  delirio  ascoltando ELVIS COSTELLO,
ma  fa piacere sapere che si puo` sentire della buona musica senza  sforzare
ad oltranza timpani e cervello: non sempre, ma alle volte fa bene.

                                                                       Pinky



                             JOHN LEE HOOKER
                       Don't turn me from your door
                                 (Atlantic)

     Certamente non ci troviamo  di  fronte  ad  un  disco innovativo ne' si
puo` dire che l'album in questione sia un coacervo di stili e di  influenze.
No, nulla di tutto  questo.  L'Atlantic  ci  propone, sotto la denominazione
"Remasters  series",  questa  raccolta di brani  del  vecchio (classe  1917)
ed inossidabile John Lee registrati  in  parte a Cincinnati alcune primavere
fa  e  debitamente masterizzate in studio  a  New  York.Il "riaggiustamento"
digitale non fa perdere la  vitalita`  disarmante  di queste songs che siamo
abituati ad ascoltare condite con l'immancabile fruscio.
     Al  primo superficiale ascolto penso sorga spontaneo il dubbio di  aver
speso male i  propri  soldi  poiche`  le  canzoni  sono  tutte molto simili,
strutturalmente  parlando, la chitarra del buon "Hook" esegue i suoi  incon-
fondibili accordi ma nulla  di  piu`.  Al  secondo ascolto le cose cambiano,
si  comincia  a prestare attenzione alle ruvide  sonorita`  della  chitarra,
alla voce profonda,  roca,  cavernosa  al  punto  da far rabbrividire. Quasi
tutti  i  brani, tranne un paio (in cui sono presenti anche il basso  e  una
seconda chitarra),  vedono  Hooker  cimentarsi  al  canto  accompagnato solo
dalla propria chitarra (non riesco a decifrare se si tratta della  leggenda-
ria Epiphone o della  Gibson "335"  utilizzata nelle sue recenti esibizioni)
e  dal  battito  caratteristico del  piede ("stomping").  La  caratteristica
che fa di JOHN LEE HOOKER uno  dei miei bluesmen preferiti e` la sua capaci-
ta`  di  fondere  canto e chitarra in una  esplosiva  miscela,  raggiungendo
sonorita` vibranti e molto efficaci. Doveva certamente fare un certo effetto
vedere  quest'uomo  dalla figura minuta imbracciare lo strumento  e  suonare
nei clubs di  Detroit,  capitale  americana  dell'auto,  citta`  dove si era
recato  per  sfuggire alla miseria della natia Clarksdale,  Mississippi.  La
vita quasi mai e` stata facile anche per Hooker che, ai tempi dell'incisione
dei  brani del Cd, di giorno lavorava in fabbrica mentre la sera, per  arro-
tondare lo stipendio, suonava nei locali del ghetto. Questa si chiama gavet-
ta!  Ma veniamo alle canzoni. I temi sono quelli  classici  dell'immaginario
blues: l'amore per  una  donna (quasi  sempre  galeotto)  in 'Love my Baby',
il  ritorno  a  casa in 'Goin' South' e "storie di  ordinaria  follia"  come
avrebbe detto il  compianto  Charlie  Bukowsky.  Sono profondamente convinto
che nessuno puo` rimanere insensibile di fronte a tematiche certo non  impe-
gnate politicamente ma vissute  sulla  pelle  di  migliaia di neri americani
e  non  create ad arte per vendere dischi. La genuinita` del  prodotto  vale
da sola l'acquisto.  Ma  anche  il  musicista  ha  di  che imparare dal vec-
chio "Hook".  Andate ad ascoltare l'attacco di brani  come 'Driftin'  Blues'
o 'Wobbling Baby' e  capirete  che  l'hard-rock  non  e` stato certamente un
fulmine a ciel sereno. Oppure cercate di capire quanto HOOKER c'e` nell'ope-
ra di artisti  di  indubbio  valore  come  George  Thorogood o Elvin Bishop.
Dunque,  anche  se non amate il genere, ma cercate le  radici  della  musica
oggi piu` comunemente ascoltata tra i  giovani,  JOHN LEE HOOKER si e` rita-
gliato, con i fatti e non a parole, un posto di riguardo nelle nostre disco-
grafie.

                                                               T-Bone Malone



                              MARK LANEGAN
                       Whiskey for the Holy Ghost
                               (SUB POP)

     Secondo  album solista per MARK LANEGAN, voce e leader degli  Screaming
Trees (Seattle); straordinario seguito dell'otima  prima  prova che si aveva
avuta con THE WINDING SHEET del 1990.
     Un disco realmente sopra la media; che sintetizza in un'acida miscella-
nea psichedelica rock,  blues,  folk  e  country  tutta  la sofferenza di un
uomo  che  si  sente schiacciato dalla gente e dal mondo,  un  amante  della
solitudine, un poeta. Si`, perche' di  poeta si deve parlare in questo caso.
LANAGAN infatti, nelle tredici tracce di questo disco, riesce a  trasmettere
tutta quella sofferenza che solo una  voce costruita con whiskey e sigarette
puo` fare... ricordate Tom Waits?! Musicalmente per ottenere questo risulta-
to il biondo Mark  rifugge  dai  riffs  incandescenti  e dai ritmi frenetici
degli  Screaming Trees, e si lascia trasportare dal fluire di suadenti  bal-
lads, pressoche' totalmente acustiche. Non  e`  che con questo disco LANEGAN
voglia  dimostrare  qualcosa di piu` rispetto a quando e`  col  suo  gruppo,
semplicemente vuol fare musica diversa, esibirsi  in quei ritmi e quei suoni
tipici  del  folk,  del blues e del rock-country che sono, e  si  sente,  il
suo background musicale,  quella  musica  che  probabilmente ha accompagnato
la  crescita  e la formazione musicale di  LANEGAN.  Sicuramente  cosiderati
questi punti si puo`  dire  che  WHISKEY  FOR  THE  HOLY  GHOST sia un disco
autobiografico, sia per le sofferenze tipiche del cantante, sia per  l'inti-
mita` che riesce a trasmettere all'ascoltatore. Per ottenere questo stupefa-
cente  risultato, MARK LANEGAN si e` avvalso della collaborazione  di  amici
di Seattle: Mike Johnson e  J. Moseis (Dinosaur Jr.), Dan Paters (Mudhoney),
Tad Doyle (Tad) e Mark Pickerel (ex Screaming Trees). Per finire una  racco-
mandazione: malgrdo Mark sia di  Seattle  e  sia uno degli esponeti di punta
della  scena musicale di questa citta`, questo disco col grunge non  c'entra
assolutamente  nulla,  anzi  forse  questo  termine  ormai  obsoleto  non ha
mai  voluto  dire  nulla, se non un modo  di  vestirsi,quindi  dimenticatelo
per il bene di tutti.

                                                                      Aymaro



                          SCREAMIN' JAY HAWKINS
                        Somethin' funny goin' on
                             (Demon Records)

     Ahaauuh, bloo pruu. Il mio  nome  e`  SCREAMIN' JAY. Io sono il Diavolo
e  voglio  parlarvi  del peccato e di quando voi peccate...  E'  la  potente
voce baritono che sovrasta  la  struttura  musicale,  che gioca con urli con
profondita`  abissali  e  pernacchie. E'  difficile  orientarsi  sicuramente
sta arrivando qualcosa  di  bizzarro,  pazzo  di  misterioso  di freddo come
l'Inverno.  Nessuno  deve  spaventarsi bisogna solo  conoscersi  molto  bene
per non prendersi troppo  sul  serio.  Sono  per  la maggior parte brani che
corrono  su pochi accordi con atmosfere a tinte forti: questa e` la  realta`
ma aspettatevi da un momento all'altro un ribaltamento totale. Ripetitivita`
dei ritmi: 'Brujo' (stregone): tamburi dai richiami di danza rituale tribale
cosi` la voce ipnotica di  questo insolito stregone; ripetitivita` dei ritmi
delle  chitarre (tra  cui  quella "pazza" di Mike  Keneally  ex  chitarrista
di Frank Zappa)  sempre  con  una  distorsione  fredda da scarica elettrica.
I  temi  sono  quelli  caratteristici del Blues:  l'amore,  Il  Diavolo,  la
morte trattati pero`  da  una  personalita`  del  tutto  fuori dagli schemi.
C'e`  anche  in 'I'm the cool' il tema del freddo della  ghiaccia  infernale
della rivelazione islamica: Io sono il freddo, sono il piu` freddo al mondo,
lo sono da quando sono nato... Sono l'Inverno; che equivale a  quell'inizia-
le: Sono il  Diavolo.  Ricordiamoci  pero`  sempre  che Qualcosa di bizzarro
sta  arrivando (SOMETHIN'  FUNNY GOIN' ON) lo si scopre molto  spesso  nelle
musiche: il sax che fa il verso  alla voce o i cori femminili troppo leggeri
per  essere  presi sul serio accanto alla sua voce profonda  da  predicatore
o ancora l'accostamento  dei  brani.  Il  suo  e`  un Blues urlato, beffardo
dato  come un comando 'Scream the blues': Io ti amo baby e per questo  suono
il Blues. Amore vissuto ma  sempre  nell'incertezza  dovuta al fatto che lui
e`  pazzo,  folle: Nessuno dice che sia facile... amarmi e` difficile  e  tu
pensi di aver bisogno  di  me...  Vuoi  darci  un taglio ('Give it a break')
e  allora  bye bye love. Ti do un'altra possibilita` e tutto quello  che  mi
sai dire e` che sono pazzo, allora diamoci un taglio e addio amore. Circola-
rita` della chitarra sempre ghiacciata e ruggente; lavoro semplice, efficace
e puntuale  dell'armonica  in  controcanto.  Per  quanto riguarda l'armonica
colpisce  la  sonorita` in 'When you walked out  the  door' (rifacimento  di
Mannish boy) "elettrica" quasi  scariche  registrate  a distanza. Misteriosa
e  preveggente  la tromba con un riff di fiati in discesa  mentre  si  passa
fischiettando accanto al cimitero ('Whistling past the graveyard').
     Questo disco emerge  come  ho  gia`  detto  per le atmosfere: atmosfere
gia`  collaudate:  qui attraverso l'utilizzo di brani  del  suo  repertorio.
Secondo me bisognerebbe  lasciare  piu`  libero,  questo  artista, nella sua
pazzia  e la Demon non e` proprio la casa discografica piu` adatta e  questo
album ne risente. E poi questo  e`  un  personaggio che e` da incontrare sul
palco come tutti i grandi Bluesmen e il divertimento e` assicurato.

                                                                      Johnny



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                                 l'autunno
                                  le sere
                                le musiche:

             INTERFERENZE blu sta preparando una sorpresa per voi
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                            HOOTIN' THE BLUES
                             Goodtime Music
                                  (Ger)

     E' uscito un nuovo Cd, e` un blues sincero, pieno di ritmo, convincente
ed  entusiasmante; tradizionale ma consueto. Nel ricordo di  Walter  Horton,
Robert Johnson, Blind Blake,  Sonny  Terry,  Son  House  e molti altri della
storia  del Blues. Il Cd e` GOODTIME MUSIC degli HOOTIN' THE  BLUES,  gruppo
tedesco.
     La loro musica  ha  origini  nel  Blues  tradizionale,  con influssi di
musicisti  come Ry Cooder e Charlie Musselwhite. Il gruppo e`  nato  nell'88
a Munster. Hanno suonato in  varie  citta` tra cui Danzica, Varsavia, Torun,
Praga,  Vienna,  Brno, con partecipazioni radiofoniche  e  televisive.  GERD
GORKE (armonica e voce) suona professionalmente blues dall'83; tra i miglio-
ri  armonicisti  blues in tutta Europa, ha fondato la  Q-Blues  Band,  suona
nei Blues Mafia e ha lavorato  con, tra gli altri, Jeanne Carolle, Louisiana
Red,  Angela Brown, Johnny Hartsman. GUNTER LEIFELD-STRIKKELING (voce,  chi-
tarra, banjo, mandolino)  sulla  scena  da  molti  anni, ha suonato chitarra
e  banjo  nella Chicken Skin String Band. Suona molto il Dobro,  spesso  con
la tecnica  "slide"  del  bottleneck.  RUPERT  PFEIFFER (voce,  chitarra) ha
studiato  per  cinque anni chitarra jazz; ha suonato con i Bluespray  e  con
la cantante Meike  Kohne.  Puo`  vantare numerose registrazioni radiofoniche
e discografiche e molti anni di insegnamento.
     Ottime  le interpretazioni dei brani di Robert Johnson con  un 'walking
blues' che inizia con un assolo  di  Gerd  e  la sua voce di basso profondo,
che ha molto di nero e niente di tedesco. Tutti i brani hanno un tiro  mici-
diale e la costante del  feeling  di  una  band  che con tre elementi riesce
a  riempire  e  a convincere. Tre personalita` di spicco  e  nessuno  sotto.
Ecco un gruppo dove non  c'e`  la  star,  ma  che  trae la propria forza dal
bilanciamento  dei ruoli. Gunter: il piu` Woody Guthrie, il piu`  festaiolo,
il polistrumentista  con  una  voce  molto "rurale".  Rupert:  il mago della
chitarra, il punto di equilibrio, voce baritonale. Gerd: il clown, il pazzo,
sicuramente musicista in  grado  di  poter  primeggiare  in ogni formazione,
ma che invece sceglie il dialogo e il lavoro di squadra. Un album mozzafiato
e unico nel suo genere, diciotto (e non son pochi) brani che scorrono all'a-
scolto  senza  stancare, con continui capovolgimenti di  fronte.  64  minuti
e 40 secondi di genuinita`  e  di  vero  Blues. Comunque vada ci troviamo di
fronte  ad una delle piu` belle realta` del blues acustico europeo  composto
da musicisti del circuito degli  artisti  da  strada, dove e` nato il Blues.
     Come  e dove poterli vedere ed acquistare il loro Cd? All'On  the  Road
Blues Festival che si  svolgera`  in  tutta  Italia  dal 1/8 al 15/8/94. Per
concerti  o  saperne  di piu` scrivete o telefonate a:  ON  THE  ROAD  BLUES
FESTIVAL c/o Cascina Macondo - Sezione  Musica, Via Roma 26 - 10023 Chieri -
011/9411495.



                         ON THE ROAD BLUES FESTIVAL

     Quest'anno  parte  la prima edizione dell'On the Road  Blues  Festival,
rassegna internazionale di blues acustico  da  strada. Il festival e` itine-
rante e si svolge in Italia dal 1/8 al 15/8/94 presso quelle amministrazioni
locali che sceglieranno  questo  progetto.  Unico  nel  suo genere in quanto
itinerante,  ha  gli  obiettivi di diffondere il blues  acustico  nella  sua
forma piu` popolare, quella che prevede  il contatto diretto con il pubblico
e la comunicazione, e l'offerta diretta alle amministrazioni di una rassegna
gia` strutturata e pronta a svolgersi.
     Questo risultato lo si e`  ottenuto  grazie ai numerosi scambi interna-
zionali  di  Cascina  Macondo (associazione da artisti  da  strada)  che  ha
verificato sul  campo,  oltre  alla  qualita`  dei  gruppi partecipanti ogni
anno,  la  capacita`  comunicativa dei musicisti, tenendo  presente  che  in
Italia questo genere  specifico  viene  proposto  ad un pubblico eterogeneo.
Il  Blues,  quindi, a chi non lo conosce per far scoprire che  questa  forma
di musica popolare  americana  da  strada  non  e`  cosi` lontana dai nostri
cantastorie  e  puo` coinvolgere non soltanto i giovani, ma anche  le  altre
fasce d'eta`. Aprono la prima edizione due formazioni (una italiana, l'altra
tedesca)  che  da anni operano in questo genere musicale da ascoltare  e  da
vedere. Il programma e`  corredato  di  una  mostra  grafica in 20 tavole di
C. Cataruzza intitolata "La donna nel Blues".


                                PROGRAMMA:

                           concerto BLUESJEANS
                       concerto HOOTIN' THE BLUES
       mostra grafica LA DONNA NEL BLUES 20 tavole di C. Cataruzza




                              CHARLES MINGUS
                              in Wonderland
                        (Blue Note Jazz portraits)

     Due sono  abitualmente  gli  atteggiamenti  che  si  seguono ascoltando
un  brano musicale. C'e` chi sdraiato su di una comoda poltrona, non  calco-
lando il rischio  di  assopirsi,  abbandona  ogni  scetticismo per lasciarsi
compenetrare  dall'armonia creata dalle sequenze dei suoni, egli sa di  aver
di fronte una  realta`  adeguatamente  conosciuta  ed  e` quindi consapevole
della propria imprescindibile sintesi fra il sentire dell'animo ed il conte-
nuto di bellezza  della  musica  ascoltata.  Non perplesso bensi` ammaliato,
ne  subisce  il fascino, un incanto che gli permette di muoversi  a  livelli
di comprensione musicale "intimi", "ravvicinati";  pur  tuttavia  il suo non
e` un naufragio. E' un fondersi senza residui, una immedesimazione delibera-
tamente istituita che e` pressoche' incomunicabile, ma facilmente immaginata
da  ogni ascoltatore. Questa conoscenza profonda anche se ottenuta  in  modo
passivo, favorisce il  miracolo  di  una  assimilazione  diretta  e a ragion
veduta  e`  questa la via piu` semplice per raggiungere la  meta  che  anche
la recensione scritta si pone: generare interesse per uno specifico composi-
tore  o  gruppo  di musicisti. Ma non potendo tradurre i  suoni  in  parole,
almeno finora non e` mai  successo, introduco il secondo possibile atteggia-
mento  dell'ascoltatore. Pensate ad un personaggio canagliesco  e  bisbetico
che non cede mai a stati  d'animo imprevisti, giocherellanti; un tipo dotato
di una crudele imperturbabilita` che non concede mai nulla, costui ingaggie-
ra` una silenziosa lotta con quanto sta ascoltando. Opporra` la sua incande-
scente  volonta`  razionale  alla pura impalpabilita`  della  musica,  cioe`
tendera` a non avvertire  la "musicalita`",  quindi  la componente piu` ine-
briante  in  questo caso va perduta. Eppure egli e` la persona  piu`  adatta
per esprimere un giudizio critico, poiche' il suo fare e` di non-identifica-
zione, distacco ovvero straniamento. E se noi chiedessimo al primo  ascolta-
tore cosa ne  pensa,  egli  cadrebbe  nella  peggiore banalita` che nasconde
un reale non-poter-dire, mentre quest'ultimo avrebbe una sua linea interpre-
tativa, seppur appena abbozzata.  Questi  due  esempi sono certamente ideali
e nel nostro saggio hobby dell'ascolto, non possiamo far a meno di oscillare
fra entrambe le  posizioni.  Le  prudenze  del  distacco  si annullano cosi`
in  gioie e piaceri e tutto cio` non frena il grande vento, il  ritmo  Jazz.
     La musica Jazz  possiede  infatti  la seguente caratteristica: l'oscuro
dono  di  trasmettere  una certa passione che ci fa  star  sempre  all'erta,
accanto ad una  consistenza  concettuale  che  pungola il nostro intelletto.
Le  due  componenti formano nei migliori un'identita` assoluta  col  massimo
di ascesa verso impreviste  variazioni.  Ma  quella che certo e` polivalenza
e  forse  ambiguita`,  lascia intravedere legami ben distinti  con  le  basi
tradizionali, con  la "coscienza  blues".  Avviene  cosi`  che nessuna delle
parti  in  causa (introduzione, tema, variazione sul tema, etc.)  la  vince,
regna bensi` ordine ed equilibrio, tradizione e innovazione.
     Eppure cio` da` vita a  molti  sentimenti. Spesso per il semplice fatto
di  leggere fra le note ascoltate, di brani come 'No Private  Income  Blues'
a propisito del quale  MINGUS  disse: <<The  idea  is  to  get a tighter and
tighter feeling in a piece before squeezing something and breaking it (l'in-
tenzione e` di ottenere un  sentimento  verso  il brano musicale sempre piu`
intimo,  prima di premere un qualcosa e finire inevitabilmente  per  romper-
lo)>>, che personalmente mi fa  ricordare ineffabili malinconie subito asso-
ciate  agli interni di una chiesa, dove profonde zone d'ombra  si  alternano
a luci provenienti  da  direzioni  imprecisate,  quanto imprecisabile era il
sentimento che animava le riunioni nel "Holiness Church" (la chiesa  negra),
dove il giovane MINGUS si infilava  nella  piu` vicina fila di banchi. Forse
conobbe  cosi` una delle sue muse ispiratrici. Si  udivano  ininterrotamente
le lunghe  lamentazioni ("moanings")  ed  il  rituale  delle  frasi ripetute
senza fine (i "riffs"). Cosi` egli pieno di attenzione non resto`  indietro,
quest'esperienza lo  preparo`  a  conoscere  Duke  Ellington, Charlie Parker
e Art Tatum.
     Alla  fine  degli  anni sessanta, quindi nel periodo  di  incisione  di
MINGUS IN WONDERLAND (concerto dal  vivo,  suonato al Nonagon Gallery), egli
era  gia`  un  personaggio famoso e anche pittoresco. Strano  pure  cio`  di
cui e` diventato emblema: la sensibile dolcezza sposata a una tempra violen-
ta, un moderno "Dr. Jeckill and Mr. Hyde". Pulsioni tanto dissimili  formano
un sofisticato "groviglio  romantico"  che  e`  l'eredita`  nella sua musica
del nostro tempo di rabbia e ilarita`. Ma accanto al terrore che fa tremare,
c'e` il soffice  pervadere  della  espressivita`.  Mi  riferisco a due brani
scritti  da  Gershwin  e magnificamente  interpretati  da  MINGUS: 'A  Foggy
Day' (contenuto in PITHECANTHROPUS ERECTUS  del '55) e 'I Can't Get Started'
presente  nell'album  di  cui parliamo. La prima e`  una  canzone  romantica
di circa otto minuti,  descrittiva  dei  suoni  della  metropoli, se non che
con  MINGUS  siamo a San Francisco, non a Londra, comunque anche qui  e`  la
nebbia, il correlativo oggettivo  dello stato d'animo. Tempestosamente indi-
viduale  ed  irrequieto  e` il secondo pezzo, dalla  passionalita`  un  poco
selvaggia ed astratta per essere  concreta. Poi ciclici susseguirsi di acce-
lerazioni  e  rallentamenti del tempo trasmettono quel  qualcosa  che  vuole
spiccare il salto, tuttavia  la  resa  non  e`  aggressiva o esasperata come
in  alcuni  esperimenti di Free Jazz, bensi`  classicamente  discreta.  Alla
negazione di tutte le  convenzione  stabilite,  MINGUS giungera` in seguito,
verso il '64. Qui vi sono piuttosto tracce della concezione ritmica circola-
re o "circolarita`" della musica (rotary  perception), vale a dire rallenta-
menti  e improvvise accelerazioni. Nel '59 MINGUS era un magnifico  contrab-
bassista, sia  per  capacita`  tecniche  che  per  espressivita`, si ascolti
in  proposito  la  bellezza e la potenza dei suoni  di 'Nostalgia  in  Times
Square'. Le note del contrabbasso diventano  il canto del cigno, oltre l'af-
follamento  del  testo.  Avrebbe dovuto essere la colonna  sonora  del  film
di Cassavantes "Shadows" ma venne in seguito  rifiutata e fu da MINGUS inse-
rita come primo pezzo in questo suo concerto.
     In  conclusione la musica contenuta in MINGUS IN WONDERLAND,  non  puo`
che appagare con la  sua  trama  i  nostri atteggiamenti nei suoi confronti,
che  ben inteso vanno verso un "sentire" che e` estasi (trance-like  excite-
ment) ma anche affermazione di  appassionata intelligenza. In questo capola-
voro: pensiero e` musica e musica e` pensiero.

                                                                       Decus




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             /                  REDAZIONE                     \
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             |        M.P., Marziobarbolo, Johnny, Emma       |
             | Dulcamara, Jaco, Dronag, T-Bone Malone, Pinky  |
             |  Vincenzo Capitone, io, Axiom, Aymaro, Decus,  |
             \                Cascina Macondo                 /
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