Babeliche











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s e r a t e  d i  a s c o l t o   e  c r i t i c a  m u s i c a l e  d a l  v i v o







1995










1996
Suonare, fare, diffondere la musica nell'era digitale











1995




P r e s e n t a z i o n e


Salve, queste parole sono per presentarvi ed introdurvi a Babeliche: 3 serate organizzate da noi di Interferenze blu insieme alla Biblioteca Civica e all'Assessorato alla Cultura di Alba. Da subito vorrei dirvi che ad ogni serata corrisponderà un argomento, un genere, una scena: comunque vi faccia comodo chiamarla, rispettosi delle particolarità musicali, di contenuto, di ispirazione caratteristici. Un'altra precisazione: si parlerà di blues, di rock italiano e rock internazionale (per intenderci, ma speriamo presto di liberarci dalle etichette) per ora questo è il nostro percorso; chissà che in seguito si possa allargare l'analisi. Come su Interferenze blu (nostra rivista di cultura musicale da cui questa esperienza parte e speriamo ritorni) il panorama vuole essere per quanto possibile privo di preconcetti. In questo cammino non si vuole aumentare il valore del prodotto artistico ma siamo convinti che la musica contemporanea come altre attività dell'uomo abbia bisogno di un'analisi seria, che se fatta bene può aiutarne la comprensione. Siamo grati all'Assessorato e in particolare al Dott. Maggi che ci ha seguito sin dall'inizio permettendoci e aiutandoci a realizzare con la massima libertà e onestà di lavoro questo progetto. Per noi di Interferenze blu sarà un'occasione importante per farvi conoscere il nostro lavoro e naturalmente per sentire il pensiero, l'analisi di persone che noi stimiamo: apprezzati e onesti professionisti del settore. Non vi preoccupate, ci sarà molto spazio per l'ascolto di musica dal vivo (con il blues), di testimonianze sonore e visive per non perdere di vista che la musica si suona e si ascolta. Vi invitiamo dunque a seguire con noi l'intero percorso per scoprire insieme quel filo sotterraneo che invece di dividere unisce.





N e l l e  v e n e  d e l  B l u e s
con Beppe Finello e Massimo Lupotti dei Bluesjeans.
(11 marzo 1995)

Coordinamento: Beppino Costa e Gianni Corino


<<Poichè la mia bocca si spalanca al riso e la mia gola è profonda di canto voi pensate che io non soffro... voi non udite il mio grido segreto poichè i miei piedi danzano con gioia>>.

Non si può non sentire il sangue pulsare in queste parole, non si può non sentire la vita segreta che scorre tra le parole e il suono di una chitarra. Una vita che il blues ha infuso in tanti generi e autori che oggi sembrano così lontani; ma lo si riconosca per la parte musicale o per lo spirito, i temi, il sangue donato da chi sa quel grido segreto e conserva i piedi per danzare è molto. Non volendo fare una storia ma spinti dal desiderio di conoscere quel grido segreto abbiamo deciso di invitare due musicisti: i Bluesjeans; Beppe Finello e Massimo Lupotti, che da anni portano nelle piazze con i loro concerti quel grido originario. Chitarra bassotuba e due voci possenti unite in un canto ripercorrono il flusso che parte dal blues rurale delle origini quello per intenderci di Robert Johnson, di Huddie <<Leadbelly>> Ledbetter o di Blind Lemon Jefferson andandolo a scoprire in artisti contemporanei come Lucio Dalla, Paolo Conte, Bruce Springsteen, i Beatles... Sarà sia un'analisi musicale attraverso l'esecuzione dal vivo e l'ascolto di <<vecchi>> dischi (non per ingabbiare la vitalità di questa musica in un lavoro da puristi) sia una ricerca di quello spirito liberatore del vecchio blues fatto di gags, di battute prese dalla quotidianità: dal nostro vissuto più prossimo. I Bluesjeans hanno all'attivo quattro dischi: <<On the Road>>, <<2nd Street>>, <<La mandrangola>> (musiche di scena) e <<Motore rozzo blues>> in cui partecipano come ospiti, Lucio Dalla, Jimmy Villotti e Mauro Tabasso. Si esibiscono come gruppo spalla di Roberto Ciotti. BEPPE FINELLO dedicatosi allo studio della tecnica finger-picking dal 1984 diventa allievo di Maurizio Colonna. Partecipa con J. Ricks, R. Menabò ed altri all'album <<La chitarra: storia, mito e immagini>> (Fabbri Editori 1986) abbinato all'omonima mostra grafica. Nel '90 frequenta il corso di Paleografia Gregoriana tenuto dal Maestro Luigi Mulatero. Nel '91 frequenta il <<Seminario di tecnica ed interpretazione chitarristica>> di Leo Brouwer. Nel '93 consegue il Diploma di Chitarra presso il Conservatorio <<G. Verdi>> di Cuneo. MASSIMO LUPOTTI intraprende gli studi musicali nel 1984 sotto la direzione corale del Maestro Sandro Lotti; nello stesso periodo studia il bassotuba con il Maestro Roberto Navone, avvicinandosi ai generi Dixieland e Swing. Nel '90 frequenta il corso di Paleografia Gregoriana del Maestro Luigi Mulatero e si dedica alla recitazione nella scuola di teatro <<Sergio Tofano>>.
Gianni Corino






L a  m u s i c a  c h e  c i  r a c c o n t a n o
con Guido Chiesa.
(18 marzo 1995)

Coordinamento: Mauro Piazza ed Emanuele Giaccardi


"Solamente la musica pop è fondamentalmente musica trasmessa attraverso i mezzi di comunicazione di massa". Simon Frith

La musica pop è così legata ai mass media che rimane difficile parlarne a prescindere da questi. Consapevoli e convinti che il legame sia di quasi totale dipendenza (cioè se non ci fossero i mass media la musica pop sarebbe ben poca cosa) abbiamo deciso di strutturare la serata sviluppando questo tema. Penso sia inutile sottolineare quanto i mass media, dagli anni '50 in avanti, abbiano cambiato e stiano tuttora cambiando la nostra società. Guarda caso proprio a partire da quegli anni la musica pop ha visto aumentare a dismisura i suoi seguaci. Forse per questi motivi noi giovani, quelli più bombardati dai mass media, non riusciamo a concepire una società senza musica, cosa del tutto normale per la maggior parte dei nostri genitori o dei nostri nonni. Abbiamo ritenuto che Guido Chiesa fosse la persona più adatta a trattare questo argomento, proprio perchè ha collaborato ad alcune delle più importanti testate italiane del settore musicale (Rockerilla, Buscadero, Fare Musica, Rumore), ha partecipato a trasmissioni radiofoniche (Stereodrome), ha scritto libri su argomenti musicali (monografie su: Sonic Youth, hip hop, scena di Seattle), ha un'ampia esperienza in campo cinematografico (è stato aiuto regista di Jim Jarmusch, Nicholas Roeg, Amos Poe, Michael Cimino e regista de Il caso Martello, Il tempo dei sogni, Babylon). Stiamo assistendo ad un interscambio sempre più serrato tra cinema e musica, mostrato dal fatto che le colonne sonore dei film vengono sempre più spesso affidate a gruppi o cantanti immersi nella scena musicale contemporanea. D'altro canto aumenta il numero dei registi che portano sul set tematiche musicali quali biografie di cantanti, gruppi musicali, oppure spaccati di vita giovanile che non possono essere privati della fondamentale componente musicale. In ambito televisivo la nascita di emittenti completamente dedicate alla diffusione di video musicali non fa che ribadire i numerosi rapporti che intercorrono tra media e musica. La radio tra tutti i media è quella che fa la parte del leone, basta pensare che per la maggior parte della gente dire radio vuol dire musica! Ultimi, in questa sommaria e senz'altro incompleta elencazione, fatta allo scopo di prendere coscienza assieme di quanto sia reale il legame, vengono i giornali, o forse sarebbe meglio dire le riviste specializzate che vedono aumentare sempre più la concorrenza. Anche se gli stessi quotidiani trattano con un occhio di riguardo la musica. Tutto questo interesse è motivato: non bisogna dimenticare infatti, che il prodotto della musica pop entra totalmente a far parte della logica di produzione-consumo, quindi ha bisogno di un mercato che si crea attraverso i mass media sembra però arrivato il momento di porre dei distinguo. O vogliamo che le nostre pubblicazioni musicali, i nostri programmi musicali radiofonici o televisivi, i nostri film ecc. continuino a rubare il mestiere alla pubblicità, all'advertisement (ma allora bisogna dirlo chiaro e tondo senza prendere per il naso chi fruisce) o tentiamo di costruire, anche per la musica pop, ammesso che ciò si possa fare, un sistema che informa e che critica, restituendo o dando per la prima volta alla musica pop un significato culturale (non solo commerciale) che indubbiamente possiede. Ora tutto questo discorso viene a cadere se noi sposiamo la tesi che i mezzi di comunicazione non solo delimitano il campo (dicendo cosa va e cosa non va o cosa deve andare o cosa no) ma addirittura costruiscono la musica stessa. Ciò è vero ma solo in parte, non possiamo negare che più spesso i mass media creano gonfiando qualcosa nato spontaneamente, soffocando i suddetti valori culturali e spalancando le porte a quelli commerciali. Confidando anche nel fatto che la musica pop è importante per il contesto in cui si sviluppa e nasce più che per il suo valore strettamente "musicale". Questi a nostro avviso sono argomenti più che mai attuali, argomenti che abbiamo tentato di riassumere nel titolo La Musica che ci raccontano. In quel raccontare è racchiuso sia il significato di narrazione che quello di informazione, e staremo a vedere se sarà il caso di sostituire all'attuale titolo della serata Le favole che ci raccontano. Qui tra nasi e favole finisce che non ci capiamo, ma qui mi fermo. Vorrei anche tranquillizzare quelli che sono spaventati dalle troppe parole assicurandoli che all'interno della serata saranno indispensabili contributi filmati e non che Guido Chiesa vorrà proporci.
Emanuele Giaccardi






C o m e  s i  t r a d u c e  r o c k  i n  i t a l i a n o
con Piero Negri e Alioscia Bisceglia dei Casino Royale.
(25 marzo 1995)

Coordinamento: Paolo Foglino


Come sport, privacy e poche altre parole d'importazione, rock non ha mai trovato una vera traduzione in italiano. Non è un caso, naturalmente, nè un capriccio della lingua: si sospetta che in realtà quel termine designi qualcosa di totalmente estraneo alla nostra cultura, alla nostra società, al nostro mondo. Oppure, più probabilmente, che il passaggio dall'inglese all'italiano in questo caso non sia semplice nè diretto. E che, dunque, ci sia spazio per l'interpretazione di chiunque sia dotato di sufficiente fantasia e faccia tosta. Bologna, 1977: la fantasia c'è, la faccia tosta anche. Roberto "Freak" Antoni e i suoi traducono il punk con "demenziale". "Non so che cosa voglio, ma so come ottenerlo", cantava Johnny Rotten. "Mi piaccion le sbarbine", gli risponde beffardo Freak Antoni. Milano, 1995: nella città che ha dato all'Italia Paolo Pillitteri, Marco Formentini e Silvio Berlusconi nascono piccole realtà antagoniste. Oggi come ieri minacciate, sopportate, tenute d'occhio. E' qui, più o meno, che si cerca ancora di tradurre rock in italiano. "Di sorpresa ha già trent'anni", mettono in musica i Casino Royale, eredi di mille tradizioni, attraversati, come tutti, dai suoni della città post-moderna e decadente. Diciotto anni di musica alternativa italiana, dal 1977 a oggi: per esplorare questi contraddittori tentativi di traduzione, oltre che alla sensibilità di ognuno, chiederemo aiuto alle tracce musicali lasciate ai posteri da tutti quelli che ci hanno provato. A proposito, come si dice sport in italiano? E privacy?
Piero Negri

Piero Negri è nato ad Alba ventotto anni fa. Ha cominciato a riempire le pagine dell'Ottavo giorno, glorioso foglio studentesco albese, per poi approdare a Gazzetta d'Alba e a Famiglia Cristiana, dove lavora attualmente. E' stato tra gli autori della trasmissione radiofonica e televisiva Rock Cafè.







1996




I n  c o n c e r t o
Il Martello di Ester (Cuneo), Jeden Abend (Fossano), La Zona (Torino), Unwelcome (Alba).
(30 novembre 1996)

Organizzazione: Gianni Corino e Emanuele Giaccardi (prima che partisse per gli States)


Abbiamo deciso di far suonare dal vivo quei gruppi che hanno aderito alla nostra proposta di comunità virtuale. Una sorta di premio? Ma no... In realtà si è trattato di un incontro fatale.
Sono gruppi di buon livello, in un altro Paese avrebbero già un contratto. E invece non è facile nemmeno riuscire a trovare un posto dove valga la pena suonare. Bé, noi i nostri spazi glieli diamo.
Elisa Giaccardi







M u s i c a  e l e t t r o n i c a :  n u o v o  p u n k ?
con Alberto Campo.
(7 dicembre 1996)

Contatti e organizzazione: Mauro Piazza e Gianni Corino


Basta poco per rendersi conto di come buona parte della musica pop attuale abbia preso le distanze dalla cultura rock più tradizionale e abbia preferito cercare nelle nuove tecnologie un possibile, nuovo punto di partenza. Alcuni musicisti si sono limitati ad utilizzare le nuove strumentazioni a loro disposizione per migliorare in qualche modo suoni e registrazione, altri se ne sono serviti per rimpiazzare l' utilizzo degli strumenti classici ( destabilizzando ad esempio il ruolo della chitarra nell' immaginario rock ) riuscendo così a creare musica inconsuetamente originale: musica, insomma, che viene pensata e suonata direttamente sul computer, su delle tastiere , sul campionatore. E, cosa non da poco, non si parla di musica destinata esclusivamente alle piste da ballo, ma di musica che è riuscita a rubare l' attenzione di un pubblico che era poco tempo fa esclusiva prerogativa del rock ( musica quindi non solo da ballare, ma anche da ascoltare sullo stereo di casa, e... da vedere in concerto ). L'abbassamento dei costi delle nuove apparecchiature, da una parte, e il semplificato loro funzionamento ( non è indispensabile conoscere a fondo la tecnica musicale ), dall'altra, hanno permesso alle nuove giovani generazioni di avvicinarsi ad un nuovo modo di fare musica (come succedeva vent' anni fa con il punk, tutto sommato ). Intendiamoci: forse non è richiesta la conoscenza approfondita della tecnica musicale, ma senz'altro è necessario avere una "cultura musicale significativa", per essere in grado di prendere a prestito e reinventare, muniti di proprio stile e talento, la "vecchia" musica. Insomma: suoni sintetici ma inventiva personale. Probabilmente l' approccio con le nuov