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Da “La Repubblica”  Venerdì 25 gennaio 2002

 

Gli insegnanti precari di sostegno contro le specializzazioni "facili"

"Quei corsi fasulli ci tolgono le cattedre"


MARCO TRABUCCO

Costano oltre dieci milioni, sono tenuti da enti privati, ma hanno l'avallo di università pubbliche. Dovrebbero durare due anni, ma spesso vengono «condensati» in dieci, dodici mesi. Chi li frequenta ottiene il titolo specialistico per diventare insegnante di sostegno, quello che segue i bambini e i ragazzi con ritardi mentali più o meno gravi, soprattutto, ma anche con handicap fisici: gli audiolesi e i non vedenti, ad esempio. Figura importante e soprattutto sempre più richiesta, la più richiesta, anzi, nel mondo della scuola oggi: solo in Piemonte sono circa mille le cattedre vacanti. I corsi pubblici esistono, presso le facoltà di Scienze della formazione e le Sis le scuole di specializzazione per gli insegnanti. Per ora, però, i numeri di specializzati che riescono a licenziare ogni anno sono bassissimi: dieci o venti. E così prospera il mercato parallelo.
Una speculazione che è stata denunciata ieri da alcuni insegnanti precari di sostegno sotto l'egida del sindacato di base Cub. Loro non sono specializzati e adesso rischiano di perdere il posto dopo anni di lavoro nel settore. Nelle nuove graduatorie, pubbliche da qualche settimana, altri li hanno superati e hanno acquisito il diritto alla cattedra. Alcuni, come loro privi di specializzazione, hanno semplicemente un punteggio più alto. Altri invece hanno il titolo specifico. Ma come l'hanno ottenuto? «Io lavoro da tre anni all'istituto Amaldi - spiega Mario Pellicane - seguo due ragazzi con un lieve handicap mentale. Ho costruito un ottimo rapporto con loro, ma adesso rischio di perdere il posto. Ho l'abilitazione per insegnare discipline economiche e giuridiche ma, se arriva uno con punteggio più alto in qualsiasi altra graduatoria, me ne vado. Non è giusto. Anche perché nel frattempo ho seguito corsi che però non davano il "titolo". Quelli il ministero ce li ha promessi da tempo, ma non sono ancora partiti. E io i milioni per quei corsi privati non ce li ho».

I corsi «facilitati» si svolgerebbero soprattutto nel Centro Sud, ma ce ne sarebbero stati anche in Piemonte, denuncia Maria Filolungo, insegnante precaria alla media Pola. Replica Ferdinando Arzarello, direttore della Sis dell'Università di Torino: «Che quei corsi ci siano e siano scandalosi è vero. Ed è vero che ci sono università pubbliche che li avallano. Ma non in Piemonte». Marina Bertiglia, direttore regionale dell'istruzione, aggiunge: «I corsi di specializzazione per chi già lavora nel settore arriveranno. Ma i ritardi non sono colpa del ministero: ne ho parlato ancora ieri a Roma, per farli bisogna modificare una normativa complessa che riguarda la scuola e le università. Quanto ai corsi privati, c'era già stata una circolare del ministro De Mauro che invitava a fare attenzione. In Piemonte ci siamo cautelati chiedendo per tutti gli specializzati immessi in ruolo, pochissimi, una dichiarazione ufficiale delle due università».