La professionalità docente nella scuola dell’autonomia
L’impresa
non è soltanto il motore dello sviluppo economico: l’impresa è cultura
…Il “posto fisso”, magari lo stesso per tutta la vita, per
di più sotto casa, è un’utopia fuori corso…. Il
passaggio tra scuola e lavoro va vissuto come un’opportunità che richiede
spirito d’iniziativa e disponibilità verso forme di lavoro
innovative e alla mobilità entro confini che si allargano sempre di più. Buona formazione, flessibilità e mobilità costituiscono dunque gli ingredienti base per favorire
l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro.
Giorgio
Fossa introduce così il n.1 del gennaio
’99 di Scuola News, precisando quali siano gli intendimenti di
Confindustria nei confronti dei giovani e della scuola; nello stesso numero poi
sono precisate le dieci proposte di Confindustria per disegnare una
rivoluzione copernicana nella scuola:
1-
Il parlamento ridefinisca le finalità della scuola: uguale attenzione a
sapere,
saper fare e saper
vivere con gli altri.[1]
2-
L’autonomia delle scuole deve essere presa sul serio, condizioni:
-
autonomia finanziaria,
organizzativa e didattica;
-
nuovi organi di governo distinti da quelli consultivi di partecipazione;
-
capo di istituto leader e non primus
inter pares;
-
individuazione
dei docenti più motivati al progetto di istituto;
-
autovalutazione
e valutazione della qualità su
standard nazionali
Tutto
ciò comporta la riforma del MPI che deve passare dalla gestione ad una funzione di ricerca, controllo e indirizzo,
mentre le Regioni e gli Enti locali dovranno avere il compito di garantire una
rete formativa equilibrata sul territorio ma senza compiti né d’indirizzo né
di gestione.
3-
Attuazione della riforma dei Cicli scolastici avvicinandosi agli
standars europei ed estendendo l’obbligo scolastico:
-
Individuando le “competenze di
base “ per ogni ciclo;
-
Aggiornando e flessibilizzando i
curricula.
4–
Sviluppo di un piano di ricerca delle migliori metodologie didattiche:
-
ampio uso di nuove tecnologie
(telematica e multimedialità).
5–
Centralità nel ruolo dei capi d’istituto e degli insegnanti:
-
per i nuovi assunti tirocinio e
formazione universitaria;
-
aggiornamento e riqualificazione
per quelli in servizio;
-
per i capi di istituto master
specialistici e selezione dei migliori.
6-
Scuola aperta verso la comunità, sera, estate e pomeriggio:
-
uso degli spazi e dei tempi
mirato ai bisogni e ai ritmi dei giovani + formazione permanente per gli adulti;
-
luogo d’istruzione
differenziata (attività integrative, di sostegno ecc.);
-
luogo di protagonismo degli
studenti (guidato o autogestito) togliendo i ragazzi dalla strada;
-
luogo che promuove lo spirito di
appartenenza alla scuola e alla comunità;
-
stipula
di un contratto con le famiglie e gli studenti basato sulla collaborazione e che
indichi diritti e doveri di tutti.
La
Scuola inoltre deve sviluppare individualità autonome e mature: i ragazzi non
sono proprietà delle famiglie né dello stato.
7-
Creazione di una AUTHORITY esterna
al MPI che valuti:
-
alla fine di ogni ciclo
l’effettiva acquisizione delle competenze di base (confronti internazionali
tra sistemi-scuola con test nazionali);
-
l’efficacia e l’efficienza
di ogni singola scuola per consentire confronti trasparenti - tra scuole
omologhe e confrontabili - tra le prestazioni di ogni scuola anno su anno: un
quasi mercato (autovalutazione + valutazione esterna).
-
il MPI fa proprio il principio
della “zero tolerance” per insegnanti
e scuole che danneggiano gli studenti.
8-
Una legge sulla parità scolastica che abbia questi scopi:
-
liberalizzare il sistema
(concorrenza regolata) e migliorare la qualità globale del servizio pubblico;
-
garantire una scelta più libera
alle famiglie;
-
evitare il monopolio statalista
(e la disattenzione ai costi medi per alunno);
9-
Formazione professionale regionale per il 35% dei giovani che non arriva
al diploma.
10-
Superamento della vecchia logica contrattuale (paga bassa poco
lavoro,
nessuna valutazione) che va tutta a danno degli studenti;
-
nuovi
CCNL autonomi e separati per capi di istituto,
insegnanti e ATA;
-
NUOVE PIATTAFORME FUNZIONALI
ALLA SCUOLA DELL’AUTONOMIA;
-
tempo pieno e parziale;
-
tempo indeterminato e
determinato;
-
chiamate e distacchi;
-
nuove figure di staff;
-
mobilità professionale;
-
valutazione e incentivazione del
personale;
-
dalla pianta organica al fabbisogno organico.
Con
questo documento Confindustria, al termine di un lungo percorso, delinea gli
elementi strategici del nuovo sistema di istruzione e indica alle classi
dirigenti politiche quali debbano essere le linee della riforma. E’ singolare
come sia l’impresa e non la
borghesia a dettare i principi per la nuova scuola, una novità assoluta che non
rispetta la tradizionale indipendenza dell’insegnamento e della cultura
dall’economia. L’assioma centrale di tutta la proposta poggia sulla profonda
convinzione che oggi non è più
possibile un sapere gratuito e indipendente dal mercato, non ci possiamo più
permettere un sistema scolastico che fornisca valori propri e una concettualizzazione
degli insegnamenti autonoma, la scuola deve diventare rapidamente una
risorsa da utilizzare per adeguarsi alla
concorrenza del mercato globale e in funzione di esso. Si propone un lessico
comune fra mondo della formazione e quello della produzione, il superamento
della divisione tra il tempo dello studio e quello del lavoro, il superamento del primato della conoscenza che diventa una
sottocategoria, assieme alle “abilità pratiche” (saper fare) e di
relazione (saper essere), della
competenza che deve essere acquisita attraverso un percorso complesso e individuale. Quindi l’autonomia delle scuole quale strumento di
affrancamento da saperi disciplinari
rigidi e tradizionali per introdurre percorsi individuali funzionali alle
esigenze del territorio (per esigenze del territorio spesso si intendono quelle
delle imprese). Il saper fare invece è tradotto come capacità d’adeguamento
alle esigenze del processo produttivo, flessibilità e creatività,
atteggiamento positivo verso il nuovo e il cambiamento, quindi disponibilità ad
una formazione continua e a diventare “imprenditori
di se stessi”; saper essere invece significa saper lavorare con gli altri,
fare squadra, vale a dire avere capacità di comunicazione e di relazione.
In
questo contesto il valore giuridico ed
economico del diploma è un’inammissibile rigidità che ostacola la
crescita e lo sviluppo e indebolisce la competitività del nostro sistema
economico. Spetta al mercato, e non ai
professori, stabilire quanto debbano essere pagate le competenze che lo “
studente imprenditore di sé stesso” venderà alle imprese. E’ necessario un
rapporto snello e svincolato da appesantimenti giuridici che creino diseconomie.
La scuola deve formare un soggetto economico autonomo, disponibile ad accettare
lavoro senza tutela giuridica (il
posto fisso è un’utopia fuori corso). In questo modo le imprese compreranno
“lavoro” senza bisogno di assumere, offrendo “pacchetti” secondo budget prefissati. Tutto questo velocizzerà
gli scambi, e abbatterà il costo del lavoro spingendo in avanti la competitività
delle imprese, in cambio il giovane avrà l’ebbrezza di essere un protagonista
del mercato.
Idee
chiare anche sul problema della dispersione scolastica, si prevede che il 35%
degli studenti che non arriva al diploma segua corsi d’istruzione
professionale. Per questi si stanno già delineando una molteplicità di forme
della prestazione lavorativa: contratti di formazione lavoro, apprendistato,
contratti a tempo determinato, lavoro interinale, tutte caratterizzate da un
alto grado di flessibilità, dall’affievolimento di tutela giuridica e dalla
totale assenza di tutela sindacale.
L’organizzazione scolastica.
Partendo
dall’idea forte che l’impresa è cultura, Confindustria si è sentita
legittimata a proporre un proprio progetto di scuola anche sul piano
dell’organizzazione. Sull’idea sono state spese molte energie e investite
cospicue risorse. Un impegno che ha visto una collaborazione fattiva con il
ministero della pubblica istruzione, la pubblicazione di riviste specializzate,
il finanziamento di gruppi di ricerca e di studio. Fin dagli inizi degli anni
'90 la CONFINDUSTRIA e i vari
Ministri della P.I., succedutisi nel tempo, hanno lavorato a questo grande
progetto. In effetti, esistono dal 1991 Protocolli d'Intesa tra CONFINDUSTRIA e
Ministero della Pubblica Istruzione che prevedono comitati paritetici con il
compito di promuovere iniziative volte
all'introduzione di criteri di imprenditorialità nell’organizzazione
scolastica. Il progetto confindustriale
prefigura un quadro in cui il nuovo soggetto non è più il singolo docente ma
il team degli insegnanti. A tal proposito è particolarmente indicativo
quanto già affermava nel 1994 Umberto Vairetti, responsabile del gruppo CLAS,
in un convegno tenuto a Roma, nell'Audotorium della Tecnica dell'EUR, promosso
da CONFINDUSTRIA, dall'I.R.I. e dal team di
consulenza CLAS. "La
"qualità totale" nella scuola deve restare un approccio che mette al
centro della propria attenzione il percorso formativo dello studente (un ascolto attento dei bisogni e delle
attese degli studenti e delle famiglie), il raggiungimento dei risultati
formativi, l'utilizzo delle risorse, il controllo della coerenza tra obiettivi,
strategie operative e risultati.
"Soggetto
dell'intervento formativo non è più il singolo docente
ma un team di insegnanti che si aggregano non più o unicamente per
discipline ma per assunzione di responsabilità su un problema specifico".
"Essi
analizzano il "processo di produzione" del servizio in funzione dei
risultati da conseguire; identificano le disfunzioni e le loro cause, progettano
soluzioni e ne controllano l'applicazione. Attraverso questo nuovo tipo di
programmazione il gruppo dei docenti identifica
operazioni e risultati, costruisce strumenti per la realizzazione e il controllo
delle attività, reperisce risorse e definisce tempi d’esecuzione".
Si
comprende bene come, in questa prospettiva, il nuovo soggetto titolare della
funzione docente non sia più il singolo insegnante ma il team, è alla
formazione di questi gruppi e alla loro struttura interna che si riferiranno le
competenze e la funzione complessiva dell'insegnamento. A questo punto anche le “discipline”
devono fare un passo indietro rispetto al primato “dell’assunzione di
responsabilità su specifici problemi” che potrebbero essere nuclei tematici o
saper fare e saper essere.
All'interno
del gruppo gli insegnanti rischieranno di
poter esercitare forme limitatissime di autorganizzazione del loro lavoro.
Assume qui importanza cruciale l'istituzione delle figure di staff poiché tracciano il tipo d’organizzazione
dentro la quale si svolgerà la funzione docente. Esse sono indicate come figure
di middle management alle quali il
capo d’istituto deve delegare compiti e poteri. In cambio esse si assumeranno
la responsabilità, di fronte al manager, dei singoli settori assegnati, della
realizzazione del P.O.F. e dei progetti nonché della valutazione
dell’efficacia e dell’efficienza di tutto il lavoro svolto. La
"professionalità" dei singoli docenti consisterà nell'attuare
pedissequamente il piano predisposto ma, questo sarebbe l'aspetto progettuale e
creativo, facendosene, a loro volta,
responsabili ad un grado più basso.
Tutto
il complesso dei provvedimenti messi in campo dai diversi Governi in questi anni
e quelli che prospetta il ministro Moratti nelle dichiarazioni programmatiche,
tracciano un tipo di scuola che recepisce
questa strategia e nel quale la funzione docente ne risulterà modificata
del tutto, peraltro le dichiarazioni dell’attuale ministro sono la fotocopia
del documento di Confindustria e dei suoi famosi dieci punti. In ordine ad esso
i provvedimenti già adottati in finanziaria sono:
·
La
sostanziale eliminazione dell’esame di stato
conseguita attraverso l’estinzione dell’unico strumento di controllo
incrociato, rappresentato dai membri esterni delle commissioni, che avrebbe potuto impedire
alle scuole private la vendita dei diplomi e comunque una verifica di una
qualche serietà anche nelle scuole pubbliche. Da qui all’eliminazione del valore giuridico ed economico del diploma il passo
è consequenziale. Attualmente lo stato, tramite il docente, esprime un potere
di sovranità che consiste nell'esprimere un giudizio sull'esito scolastico e
nel conferire titoli di studio con valore legale e cioè validi
erga omnes. Il fondamento giuridico in base al quale chi consegue un titolo
di studio può far valere specifici diritti e trarne vantaggio economico, poggia
sul principio generale della legalità nello stato di diritto. E' a partire
dalla codificazione napoleonica e dall'affermazione del principio della sovranità
popolare, che lo Stato si fa garante dei rapporti privati fra i cittadini e del
rispetto della legge. A questo sicuramente si collega il compito dello Stato
nella gestione dell'istruzione pubblica, principalmente perseguita come
interesse generale all’elevazione del livello culturale dei cittadini ma anche come interesse generale ad
accertare competenze specifiche e professionali acquisite. Norme
costituzionali perciò tutelano l'istruzione pubblica e il diritto
all'istruzione dei cittadini, che si definisce come diritto soggettivo pubblico,
in altre parole un potere che la norma conferisce al cittadino di far valere un
proprio interesse nei confronti dello Stato. L'accertamento da parte dello Stato
degli esiti scolastici risponde quindi ad un interesse generale, oltre che a
quello particolare del cittadino, in quest’interesse generale si fa rientrare
anche la formazione del cittadino che è cosa diversa dalla formazione del
lavoratore. Ciò ha consentito in questi anni, al sistema dell'istruzione, di
inserire nei curricoli obbligatori discipline che mirano specificamente alla
formazione culturale. Si tratta di saperi gratuiti che allargano l'orizzonte
delle conoscenze e mirano a sviluppare capacità critiche e di consapevolezza. L'abbattimento del valore legale del titolo di studio significherebbe
la capitolazione dello stato di diritto, la rinuncia a gestire un sistema
scolastico pubblico con finalità generali giacché la validità d’ogni
curriculum di studi dovrebbe trovare legittimazione
nel mercato. A riconoscere validità ai titoli di studio saranno le grandi
corporazioni delle professioni, le imprese e le Università attraverso il numero
chiuso. Assieme alla capitolazione della
Repubblica, sul terreno delle scelte dei contenuti culturali del sistema
scolastico, vi sarà l’inesorabile
declino della funzione docente che non avrà più il compito istituzionale
di conferire titoli e di garantirne la validità ma che si limiterà a certificazioni di frequenza di percorsi
curriculari il cui esito sarà valutato altrove.
·
La riorganizzazione
del lavoro degli insegnanti con tempi e orari diversi, sfondamento delle
diciotto ore frontali fino a ventiquattro, eliminazione degli spezzoni e
flessibilità estrema di quelli in servizio: tutto indicato al punto n. 10 del
documento confindustriale sotto la voce “nuove piattaforme funzionali alla
scuola dell’autonomia”. In questa
prospettiva si prevedono diversi status tra gli insegnanti: a tempo pieno e
a tempo parziale, a tempo determinato e indeterminato, distacchi e chiamate, e
infine figure di staff. Verrà attuata la divisione tra insegnamenti
fondamentali e complementari, mentre s’introdurranno nuovi percorsi
curriculari individuali legati alle esigenze del territorio. Al contempo si
procederà ad un “alleggerimento” dei contenuti disciplinari e sarà
incentivata una maggiore attenzione al “saper fare e saper essere”. La nota
polemica sulle conoscenze o saperi forti che sono sostituiti da saperi generici detti
appunto “minimi” non è stata sollevata per motivi puramente accademici.
E' chiaro che un abbassamento dei livelli dei contenuti disciplinari prevede una
minore professionalità e preparazione specifica dell’insegnante e un più
facile utilizzo in diverse situazioni. Vi sarà un nuovo regolamento per
l’accorpamento delle classi di concorso (alcuni hanno parlato addirittura
d’abolizione) e una forte accelerazione della mobilità professionale. Tutto
questo si muove nella prospettiva della trasformazione dell’insegnante in un
operatore sociale eterodiretto e a bassa qualificazione.
·
La
separazione dei contratti per docenti, ATA e dirigenti, come richiesto da CONFINDUSTRIA al punto n.10;
·
Una
legge di parità scolastica che finanzi la scuola privata,
come richiesto dalla CONFINDUSTRIA al punto n.8 del documento.
·
La
costituzione di una Authority esterna al Ministero con compiti di valutazione
del servizio scolastico, richiesta
dagli industriali al punto n.7 del documento.
Il licenziamento di Vertecchi, nonostante il suo prodigarsi per una riforma
industrialista dei saperi, è dovuto al suo legame col centrosinistra e ad una
sua visione della cultura pedagogica ancora non del tutto subalterna al mercato.
La Moratti ha giustamente ritenuto più affidabile
Giacomo Elias esperto di progetti di valutazione e certificazione delle
aziende (ISO 9001 ecc..)A tal
proposito l’art. 9 della legge istitutiva dei nuovi organi collegiali recita:
” In ogni istituzione scolastica opera una commissione che ha il compito di
procedere alla valutazione dell’efficienza
e dell’efficacia del lavoro scolastico anche tenendo conto degli
standard stabiliti dall’organismo nazionale competente. Essa è composta
da cinque membri, nominati dal Consiglio dell’istruzione fra soggetti
qualificati, di cui due esterni all’istituzione stessa”.
E
restano ancora da realizzare:
·
Nuovi organi di governo distinti
da quelli consultivi di partecipazione. Nella riforma degli organi collegiali si
accentreranno i poteri decisionali sugli organi di governo della scuola mentre
le “rappresentanze elette” svolgeranno un mero ruolo consultivo. Si realizza
così la definitiva demolizione della scuola dei decreti delegati.
·
La professionalità
docente 2
Capo di istituto leader
e non primus inter pares; la legge istitutiva della dirigenza è opera
del centro sinistra, firmata da Prodi, Bassanini e Berlinguer. L’idea di un
capo nella scuola quindi non appartiene solo alla destra: è una condizione
posta dalla classe dominante a chi governa ed
è il nucleo ideologico centrale del concetto di scuola azienda. L’idea di
un leader impatta in modo impressionante con ciò che è in realtà la figura
del preside. Mentre i managers delle imprese sono il frutto di una selvaggia
selezione darwiniana, nella scuola si giunge al paradosso del leader “ope
legis” o, nella migliore delle ipotesi, in base a concorso ordinario.
L’impatto di questa figura autoritaria, ma che si vorrebbe autorevole e
dinamica, con una scuola dove ancora regnano gli organi collegiali, sta
scatenando contraddizioni e frustrazioni pericolose tra i presidi. Tutto ciò è
perfettamente canalizzato in direzione corporativa e retriva dall’A.N.P. che,
non a caso, oggi gode delle simpatie della stragrande maggioranza della
categoria in questione. Spesso i presidi si contrappongono al funzionamento
democratico degli organi collegiali e, in moltissime situazioni, stanno entrando
in una situazione permanente di conflitto con gli insegnanti e gli A.T.A. Il
clima nelle scuole si sta deteriorando a vista d’occhio: si vede che gli
sforzi per trasformare la scuola in azienda cominciano a fare effetto.
Il
documento di Confindustria infine si chiude in maniera sinistra annunciando la
“ zero tolerance” per quegli
insegnanti e scuole “che danneggiano gli studenti”. E’ straordinario come
la parola “licenziamenti” sia pudicamente uscita dal vocabolario di
Confindustria per far posto all’eufemistico ma tanto moderno “zero tolerance”;
sul concetto di danneggiamento degli
studenti, che è profondo come il mare, probabilmente molto presto ci
dovremo confrontare.
Rimbocchiamoci
le maniche perché abbiamo davvero tanto da fare.
Pietro Fazio
CUB SCUOLA
– VICENZA
Vicenza,
12 ottobre 2001