CUB SCUOLA Federazione Provinciale di Torino

10152 Corso Regio Parco, 31 bis - Telefax: 011282929 - e mail fls-2@arpnet.it

__________________________________________________________________________

Condividendone pienamente il contenuto, la CUB Scuola ritiene di dover dare la massima diffusione al documento che segue.

ASSEMBLEA SINDACALE DEL 18 GENNAIO 2000

LICEO SCIENTIFICO "A.EINSTEIN" DI TORINO

n Le prese di posizione

Esprimiamo il nostro rifiuto di ogni forma di discriminazione e di selezione degli insegnanti su base antiegualitaria ed antidemocratica.

Attiene alle scelte di fondo della nostra democrazia che lo Stato sia promotore di giustizia e di uguaglianza (art.3, 2° comma della Costituzione): stravolgere questo principio significa aprire nella scuola una contrapposizione pericolosa fra docenti e uno scadimento di tutto il sistema formativo.

Quindi:

è NO! a qualsiasi differenziazione salariale e di carriera che intacchi il principio di garanzia democratica dello Statuto dei lavoratori, secondo cui a uguale lavoro e uguale orario corrisponde uguale salario.

è NO! a qualunque "beneficio" economico che, lasciando irrisolto il problema della riqualificazione economica di tutta la categoria docente, istituisca retribuzioni privilegiate pseudomeritocratiche.

Sottoponiamo spunti della nostra discussione assembleare ad altre scuole per istituire collegamenti, suscitare dibattiti, sollecitare valutazioni e proposte. Chiediamo a tutte le scuole di far circolare i risultati delle assemblee d’Istituto e di zona, anche via e-mail, per diffondere informazione e presa di coscienza e di parola su meccanismi, implicazioni, conseguenze del megaconcorso e proposte alternative ad esso.

n La discussione

A) La politica scolastica

  1. La ristrutturazione complessiva dell’apparato formativo italiano si inquadra nella politica di predazione dello stato sociale promossa sia da destra (vedi i venti referendum radicali), sia da sinistra (vedi le modifiche al sistema pensionistico, la privatizzazione della sanità, ecc.).
  2. Figlia di questo clima, la politica della formazione perseguita dal "masterplan" (il piano pluriennale del "sistema unico integrato" pubblico-privato di istruzione, formazione e ricerca) apre smagliature sempre più vistose nei principi di laicità dello stato e della scuola, e in quei valori di democrazia e di civiltà giuridica e sociale del lavoro che sono state faticose conquiste, dentro e fuori della scuola.

  3. Le riforme strutturali magnificate dal ministro mancano di un progetto culturale e formativo: cambiano i cicli, ma quali saperi cambieranno? Il testo di riferimento del ministro della P.I. è quello della famosa Commissione dei 40 saggi che, comunque lo si giudichi, è solo un punto di partenza.
  4. Il rinnovato esame di maturità è quel guscio vuoto di cui quasi tutti gli insegnanti delle scuole superiori hanno già fatto esperienza. Un provvedimento lungamente auspicato, come l’innalzamento dell’obbligo scolastico, è stato attuato parzialmente e senza ripensare il percorso quinquennale, lasciando che per intanto gli insegnanti se la cavino da sé a creare quasi dal nulla un obbligo che non sia solo essere obbligati a stare un anno in più a scuola, ma sia un’occasione formativa, significativa e coinvolgente per chi la vive.

  5. L’attuazione dell’autonomia finanziaria rende le scuole subalterne a esigenze produttive desunte da altri ambiti, e le mette in competizione aziendale fra loro, quasi studenti, diritti, saperi, relazioni fossero merce da trafficare secondo logiche mercantilistiche.
  6. Il diritto di assemblea sindacale concesso esclusivamente a CGIL CISL UIL SNALS (C. M. 8 ottobre 1999) è segno di una cultura sempre più lontana dalla legittimità costituzionale. I sindacati di base sono stati messi fuori gioco grazie a un criterio di rappresentatività pretestuoso, che pesa le sigle sulla base di dati vecchi di anni, se si pensa che le elezioni delle rappresentanze sindacali, più volte rinviate, sono state fissate al dicembre 2000 (D.L. 21 gen. ‘99).

Questa limitazione delle libertà democratiche dei docenti è attuata proprio nel momento in cui i cambiamenti strutturali si susseguono a ritmo accelerato, e più forti sono il fermento e la protesta "dal basso". Essa sembra voler ridurre al minimo la possibilità di mettere in discussione le linee portanti di una riforma che trova consenzienti quasi solo i sindacati definiti "rappresentativi" (ma di che cosa, è sempre più difficile dirlo: sicuramente non degli interessi della scuola nel suo complesso, cioè di chi la usa e di chi la fa).

B) Il megaconcorso

Ragioni per respingere il "compenso accessorio" ce ne sono a iosa:

  1. Esso mostra il carattere profondamente strutturale della privatizzazione in corso: che non è solo indebita erogazione al privato di fondi pubblici (vedi legge di parità e sgravi contributivi alle scuole private), ma, assai più insidiosamente, estensione anche al pubblico dell’ideologia del privato.
  2. È sul diritto allo studio come grande servizio e funzione pubblica che si pongono pesanti ipoteche. Infatti, individualizzare le prestazioni sociali comporta la perdita del carattere universalista del welfare: il diritto allo studio con insegnanti "più bravi" diventa un bene privato, e non più collettivo.

  3. Al di là della sua discutibile accertabilità, è una ben strana nozione di professionalità quella condivisa dal ministro Berlinguer e dalle OO.SS. "più rappresentative".
  4. La scelta sbrigativa di misurare in centesimi (e con l’alta affidabilità scientifica dei quiz!) le competenze professionali e l’aggiornamento culturale si disinteressa alla grande di come accertare l’efficacia dell’azione pedagogico-didattica, che alla fin fine non vuol dire misurare quanto sia bravo chi insegna, ma quanto sia diventato bravo chi impara.

    Tale scelta è in sé rivelatrice di scarsa coincidenza fra quanto la riforma sbandiera (la novità della scuola centrata sull’apprendere) e i vecchissimi modi del reclutamento docenti, che danno per scontato che tanto si sa, altrettanto si sa insegnare.

  5. Non è difficile svelare le vere ragioni della scelta di erogare un beneficio economico "per molti, ma non per tutti". Se bisogna trovare 5 mila miliardi l’anno per finanziare le scuole private, è chiaro che non ci sono soldi per "valorizzare" tutta la categoria docente.

n Le richieste, le proposte, le iniziative

· A tutti i cittadini e alle cittadine:

Torna alla pagina principale