Contratto, RSU ed altro

Cosimo Scarinzi

 

Da circa un anno, dalla rivolta del gennaio-febbraio 2000 contro il concorso indecente, sono all’ordine del giorno alcune precise questioni:

·         il disagio degli insegnanti a causa del degrado delle nostre condizioni di vita e di lavoro. Questo degrado ha ragioni diverse e non caratterizza solo la scuola italiana. La scuola dell’autonomia, in realtà scuola della dirigenza, vede un rafforzarsi del ruolo dei capi di istituto, il formarsi, intorno ad essi, di uno strato di quadri intermedi fra la dirigenza ed il personale, la pressione delle imprese perché la scuola pubblica divenga scuola dell’addestramento alla nuova economia;

·         la resistenza alla proletarizzazione da parte di un settore di lavoratori semi professionali che godevano di una relativa autonomia nell’organizzazione del proprio lavoro e di un, limitato ma reale, prestigio sociale e che vedono la propria attività burocratizzarsi ed impoverirsi ed il ruolo dell’insegnante trasformarsi in quello di animatore sociale;

·         la  retribuzione di una categoria che, a fronte dei colleghi degli altri paesi europei e degli stessi lavoratori di pari livello degli altri comparti del pubblico impiego, vede un salario significativamente più basso.

·         la pretesa della controparte di legare la possibilità di difendere il proprio reddito a lavoro aggiuntivo e a percorsi di carriera che rafforzano il ruolo della dirigenza.

Se consideriamo, inoltre che:

·         il riordino dei cicli scolastici sta creando serie e motivate preoccupazioni in ampi settori dei lavoratori della scuola;

·         la condizione materiale dei precari della scuola subisce un ulteriore peggioramento grazie al ritardo nel pagamento dello stipendio, al numero limitato di immissione in ruolo che sono, comunque, in ritardo (circa 40.000 a fronte di un taglio degli organici di oltre 100.000 posti negli ultimi dieci anni), a soprusi burocratici di ogni tipo;

·         il personale amministrativo, tecnico ed ausiliario, per un verso, subisce un aggravio dei carichi di lavoro e, per l’altro, una tendenziale precarizzazione grazie all’utilizzo di cooperative, lavoratori socialmente utili e, in tendenza, lavoratori interinali nella scuola dell’autonomia (noi diremmo della dirigenza);

·         il personale ATA passato dagli enti locali al ministero della pubblica istruzione ha perso condizioni migliori derivanti dalla contrattazione integrativa (livelli, rimborsi per la mensa ecc.).

si comprende come si siano accumulate tensioni difficili da affrontarsi anche per un blocco di forze come quello (Confindustria, sindacati di stato amministrazione) che si è assunto il compito di aziendalizzare la scuola pubblica.

L’anno che volge alla fine ha visto mutare radicalmente un quadro sociale che sembrava chiaramente definito. La resistenza al concorso indecente e ad ogni tentativi di dividere gli insegnanti in salvati e sommersi va in controtendenza rispetto alla politica dominante nel settore pubblico e altrettanto si può dire della richiesta di forti aumenti salariali. Questa contraddizione si è intrecciata con il mutare del quadro politico e sindacale:

CISL, UIL e SNALS, che pure avevano firmato il contratto precedente ed accettato il riordino dei cicli, di fronte allo sciopero del 17 febbraio hanno fatto rapidamente marcia indietro lasciando alla CGIL il monopolio del “rigore”. La stessa CGIL ha abbandonato la difesa del concorso indecente e ha individuato una via più insidiosa per affermare, in maniera più coerente, il proprio modello gerarchico: il legame stretto fra scuola della dirigenza e carriera attraverso meccanismi di selezione, scuola per scuola, dei salvati. Il pericolo che la categoria ha di fronte è evidente: la frantumazione scuola per scuola, la crescita di una rete di gruppi di potere locali più difficile da combattersi rispetto a quanto lo fosse l’amministrazione centrale.

Ad autunno, il governo, reso prudente anche dalla sconfitta elettorale della primavera del 2000 e pensoso di quelle della primavera 2001, ha cominciato a fare promesse tanto generose quanto menzognere agli insegnanti.

Le elezioni di dicembre delle Rappresentanze Sindacali Unitarie nella scuola hanno aumentato la concorrenza fra i diverso soggetti sindacali. Se, dal nostro punto di vista, CGIL, CISL, UIL e SNALS sono quattro espressioni dello stesso modello sindacale, ed abbiamo perfettamente ragione, non di meno le diverse frazioni della burocrazia sindacale sono in concorrenza per centinaia di distacchi e per molte migliaia di ore di permesso, per un bottino la cui spartizione sarà definita dai risultati delle elezioni delle RSU. La concorrenza rende questo bel mondo molto più vivace che in passato.

La probabile ascesa della destra al governo rende opportuno per i sindacati concertativi, prepararsi ad una fase nella quale non avranno più un governo amico. Un’attitudine più vigorosa oggi può essere loro utile per affrontare un governo ostile domani. Naturalmente, è bene tenere conto delle straordinarie capacità di transumanza della burocrazie sindacali. Basta pensare ai settori del sindacalismo autonomo, della CISL e della UIL che, nel 1994, stavano passando in quota Polo, e che sono tornati in quota Ulivo o su posizioni neutrali appena il cavaliere azzurro è caduto, per prevedere analoghi fenomeni l’anno prossimo. D’altro canto, la stessa transumanza riesce meglio se ci si può presentare come soggetti forti e conflittuali.

Non va dimenticato, inoltre, che il quadro sindacale nella scuola sta cambiando e non poco. La Gilda, infatti, è oggi pervenuta ad una consistenza, per numero di iscritti, pari alla UIL ed è certamente più forte della UIL tra gli insegnanti. La UIL conferma la propria forza tra gli ATA ma con la crescita della Gilda siamo di fronte all’esistenza di un forte sindacato corporativo in quota Polo ma capace di attrarre settori di insegnanti collocati su tutto l’arco dello schieramento politico. La crescita della Gilda non va assolutamente sottovalutata. La Gilda, infatti, esprime una risposta subalterna ma seducente al corporativismo di CGIL-CISL-UIL e SNALS ed alla politica sindacale tradizionale (la concertazione a livello generale)  e propone un corporativismo calibrato sulla rivendicazione di un “orgoglio docente” tanto nostalgico quanto inefficace. Il sogno di salvarsi dal degrado separandosi dal resto del pubblico impiego, in generale, e dagli ATA, in particolare, appare allettante a settori importanti di colleghi. La stesa crisi dello SNALS, manifestatasi pienamente nel corsa delle elezioni delle RSU, si spiega, in parte, con la crescita della Gilda.

Una risultante delle mutazioni del quadro sociale e di quello politico sindacale è stata, nell’autunno passato, la ripresa da parte di CGIL, CISL,UIL e SNALS della pratica dello sciopero dopo quattordici anni di astinenza per i primi tre e dieci per il quarto.

È interessante rilevare come il buon andamento dello sciopero del 9 ottobre, certo favorito da una buona copertura mediatica, dall’appoggio di settori dell’amministrazione, dal fatto di precedere quelli del sindacato alternativo, dimostri, comunque, che il sindacato di stato può contare su di un’area che ha delle aspettative se non fiducia nei suoi confronti.

Queste aspettative sono per la burocrazia sindacale una risorsa ed un pericolo. I lavoratori della scuola, infatti, si attendono un contratto tale da rendere visibile il allineamento alle retribuzioni medie europee. Quando saranno chiari a tutti i termini reali dell’accordo del dicembre 2000 e sarà passata la sbornia mediatica sarà evidente che l’accordo prevede aumenti retributivi decisamente modesti e che le questioni aperte dal movimento non hanno avuto una soluzione soddisfacente. Mi riferisco, in particolare, alla divisione della categoria ed alla ricomparsa, in forme nuove, della pretesa di dividere per “merito” i lavoratori della scuola in salvati e sommersi.

Dal punto di vista del sindacalismo di base, questa vivacità è stato, certamente, un problema nuovo.  Sino all’anno passato, i sindacati di stato avevano evitato lo sciopero con la stessa cura che i cani dedicano ad evitare le cipolle. L’uso, sia pur strumentale, dello sciopero da parte dei sindacati istituzionali ha parzialmente confuso le acque e posto il sindacalismo di base di fronte alla necessità di rendere più chiare e puntuali le rivendicazioni che lo caratterizzano.  Lo sciopero del 7 dicembre ha visto, per la prima volta, la convergenza. nelle date se non nella piattaforma, di tutto il sindacalismo scolastico. È interessante notare che l’adesione è stata notevolissima ma che le manifestazioni di piazza sono state di dimensioni rispettabili ma non oceaniche. Sembra esservi, in altri termini, una sorta di disincanto: si sciopera, ed è una novità straordinaria in una categoria come quella dei lavoratori della scuola, ma non si pratica la piazza come luogo di visibilità anche, ma non credo principalmente, grazie alla scelta di un giorno adatto ad allungare un ponte e che, fra l’altro, a Milano, è di vacanza.

Con l’accordo di dicembre il sindacalismo di base è stato posto in una situazione nuova perché dovrà denunciare i caratteri reali dell’accordo e nello stesso tempo valorizzare il nuovo protagonismo dei lavoratori della scuola. Una scommessa difficile ma non eludibile..

Ogni, anche parziale, rottura della concertazione andrà, comunque, utilizzata per allargare lo scontro al resto del pubblico impiego ed al settore privato. Si tratta, insomma, di concentrare le forze e di colpire là dove appaiono già ora delle crepe, un compito difficile ma non impossibile da realizzarsi.

Con la fine della campagna per le elezioni delle RSU ci sarà da lavorare in maniera puntuale sulle questioni che contano: contratto, riordino dei cicli, precariato, vertenze di scuola ecc.. Si tratterà, soprattutto, di farlo in un quadro nuovo.

Dove ci siamo presentati, siamo andati bene e, anzi, si può dire che il risultato è stato eccellente. Ora si deve ragionare sulla situazione:

·         la CGIL è il primo sindacato della scuola. Naturalmente i dati sono drogati e sicuramente non ha il 36% che si è venduta ma il fatto è che ha vinto il sindacato che più coerentemente ha difeso la scuola azienda, la logica della gerarchia ecc.. La vittoria è, con ogni probabilità, il frutto dell’intreccio fra il fatto di essere il sindacato degli staff e il peso di un radicamento tradizionale. Non possiamo far finta di niente, questa vittoria da alla CGIL un peso ed un’autorevolezza che le mancavano e con il quale dovremo fare i conti. Ritengo probabile che, da questo dato, riprenderà l’offensiva per gli aumenti di merito. È anche bene ricordare che il concorsone non era farina del sacco CGIL ma il prodotto di una mediazione fra la logica CGIL (aumenti al merito su base di scuola) e quella dei suoi compari. Ora, la meritocrazia di scuola rischia di ripartire;

·         anche la UIL ha ottenuto un buon risultato, tale da darle un peso pari a quello della CISL, e vede premiata la logica del sindacalismo di nicchia o, se si preferisce, una pratica clientelare più spregiudicata rispetto a quella che caratterizza i suoi soci di volo;

·         lo sfascio dello SNALS e della CISL si spiega, contemporaneamente, con un debole tasso di militanza e con la fine del ruolo di sindacato amico del governo che viene ereditato dalla CGIL. CISL e SNALS potrebbero, vista la mala parata, essere tentate di delegittimare le RSU e di mantenere la precedente pratica sindacale (sindacato degli iscritti e contrattazione separata) giocando sia sui terminali associativi che sugli eletti più allineati che ritengo siano la grande maggioranza.

Gli effetti delle elezioni sui rapporti fra le organizzazioni saranno verificabili sul breve medio periodo. Siamo, in ogni caso,  di fronte ad un quadro complesso sia perché i delegati hanno un’idea vaga delle loro funzioni, ed altrettanto vale per i dirigenti scolastici, che per il fatto che lo scenario sindacale verrà ad interagire con il quadro parlamentare. Una vittoria del centro sinistra (improbabile ma non da escludersi del tutto) chiuderebbe il cerchio con la CGIL come sindacato maggioritario in categoria e con un governo amico, una vittoria della destra metterebbe tutto in gioco visto che settori CISL, SNALS e UIL potrebbero essere tentati dalla transumanza che alla CGIL sarebbe impossibile e con la Gilda come battistrada. Il futuro, insomma, riposa come sempre sulle ginocchia degli dei.

Il sindacalismo di base, in genere, e la CUB Scuola, in particolare, escono da questa sfida rafforzati.  Un risultato assolutamente positivo che si tratta, ora, di tradurre in una struttura del sindacato profondamente diversa rispetto a quella precedente. I delegati potranno essere l’ossatura dell’organizzazione e, nello stesso tempo,  chiederanno sostegno, consulenza ecc.. Inoltre, i diritti sindacali saranno per noi a macchia di leopardo e dovremo attrezzarci per almeno tre anni duri da questo punto di vista.

Il fatto che ora siamo più forti e non più deboli è, di per sé, straordinario. Se è vero che ciò che non ti uccide ti rafforza  è anche vero che il bello comincia ora.

La CUB Scuola, rispetto al resto del sindacalismo alternativo in categoria,  si caratterizza su alcuni punti precisi:

·         l’autonomia rispetto ai partiti oltre che nei confronti dello stato e del padronato. Questa autonomia è un bene prezioso che va rivendicato. L’iscritto, il militante, il simpatizzante della CUB Scuola sanno che le decisioni del loro sindacato non sono dettate dall’esterno e che ogni scelta viene fatta sul merito delle questioni. Si potrebbero ricordare le molte occasioni nelle quali quest’autonomia si è manifestata  ed ha comportato scelte che, nonostante apparissero difficili, si sono dimostrate vincenti. Basta, a questo proposito, ricordare la campagna per l’astensione in occasione dei referendum antisociali proposti dai radicali;

·         il suo essere inserita in un progetto confederale forte. La CUB Scuola è la federazione di categoria del più consistente sindacato di base presente in Italia. L’essere radicati in tutte le categorie del settore pubblico e di quello privato è un carattere ed una risorsa che vanno valorizzati più che in passato;

·          l’aperta rivendicazione del suo carattere confederale e il conseguente rifiuto di ogni chiusura corporativa. Sebbene non ci faccia piacere indulgere in polemiche, è bene ricordare come altre organizzazioni del sindacalismo di base in categoria hanno scelto, in più occasioni, un rapporto privilegiato con la Gilda e rifiutato azioni unitarie con la CUB. Non è sempre stato facile chiarire alla nostra gente le ragioni delle nostre scelte ma, dovunque è stato possibile farlo, abbiamo verificato un ampio consenso ad un progetto sindacale di profilo alto quale è il nostro;

·         la pratica democratica nelle definizione delle scelte dell’organizzazione. Non vi è, fra di noi, la logica di affidare le decisioni a una dirigenza carismatica e separata dal corpo dell’organizzazione.

Queste caratteristiche vanno rivendicate e rafforzate a partire dal ruolo dei delegati di scuola. Dovremo, con la massima celerità:

·         porre in atto un percorso di formazione per i delegati ed i militanti;

·         costituire gruppi di lavoro sui singoli terreni di intervento;

·         rafforzare il Coordinamento Provinciale al fine di garantire la conduzione più democratica ed efficace possibile del sindacato;

lanciare una campagna di iscrizioni necessaria a garantire una più forte presenza del sindacato in tutte le scuole e, in particolare, in quelle dove non abbiamo eletto i delegati per l’impossibilità di presentare le nostre liste