Lo sciopero
generale contro la Legge Finanziaria del 9 novembre indetto
dall’assieme del sindacalismo indipendente e di base nella scuola, nel
pubblico impiego, nel settore privato è, con sempre maggior evidenza, un
momento di mobilitazione per settori importanti del mondo del lavoro.
La scelta da parte di settori del sindacalismo istituzionale di indire uno sciopero nella stessa data è, a nostro avviso, il segno che la pressione delle assemblee dei lavoratori costringe forze sindacali che hanno fatto della concertazione la propria pratica oramai decennale a entrare in azione.
Centinaia
di assemblee di scuola hanno chiesto uno sciopero unitario della
categoria e tutto ciò che va in questa direzione va accolto come una vittoria
del movimento dei lavoratori della scuola.
La
CUB Scuola, d’altro canto, ritiene che fine della mobilitazione non
possa essere la ripresa della concertazione e un accordo volto a limitare
i danni ma che gli obiettivi dello sciopero debbano essere chiari:
È,
quindi, necessario che lo sciopero del 9 novembre abbia la massima adesione così
come la grande manifestazione unitaria che si svolgerà a Roma nella
stessa giornata.
Invitiamo tutte le organizzazioni sindacali a
superare logiche di parrocchia, a evitare iniziative separate e minoritarie e a
fare propria la richiesta di mobilitazione che viene dalle assemblee di scuola e
dalla responsabile valutazione della gravità delle questioni che i lavoratori
della scuola, come l’assieme del mondo del lavoro, si trovano ad affrontare.
Per
la CUB Scuola
Il
Coordinatore nazionale
Cosimo
Scarinzi
Per
info 3479344825
Torino,
26 ottobre 2001
Corso
Regio Parco 31 bis, 10152 Torino
Telefax
011282929 e mail cubscuola.torino@tin.it
CUB ScUOLa
corso Regio Parco 31 bis, 10152 Torino
Telefax
011282929 e mail cubscuola.torino@tin.it
Lettera aperta
IL 9 NOVEMBRE SIA SCIOPERO GENERALE E
MANIFESTAZIONE NAZIONALE DI TUTTI
L’annichilimento che ha preso il
corpo sociale dopo gli attentati dell’11 settembre sta lentamente scemando.
Con molta fatica nei luoghi di lavoro la discussione si sta facendo più
attenta, meno schiacciata dalle terribili immagini delle Twin Towers.
Cresce la
consapevolezza che l’avversario di classe, sta approfittando della guerra e
dell’orrore per affondare i suoi denti nelle carni del corpo sociale.
La
finanziaria di guerra, proposta dal governo dei ricchi rafforza certamente il
legame stretto tra il no alla guerra e l’ostinata difesa dei diritti e delle
conquiste dei lavoratori.
L’attacco,
violentissimo, che il governo e i padroni stanno portando al mondo del lavoro è
null’altro che la conseguenza delle scelte del G8, quel G8 che in centinaia di
migliaia abbiamo contestato a Genova e che ha segnato l’inizio di una fase di
repressione propedeutica alla criminalizzazione di tutti coloro che osassero
contestare ieri il G8 oggi la guerra, il WTO, la finanziaria.
Lo scenario
che si propone al mondo del lavoro è davvero terribile. Si combatte una guerra-
che sta mietendo centinaia, forse migliaia di vittime civili in Afghanistan che
si vanno a sommare a quelle di New York - che serve agli Stati Uniti a
ridisegnare il proprio ruolo e la propria collocazione geopolitica nell’Asia
del petrolio, del gas e dei corridoi in cui passano. Che nulla ha a che vedere
con la ricerca e la punizione dei colpevoli della strage dell’11 settembre
quanto piuttosto a provare ad utilizzare il vecchio ma collaudato metodo della
guerra e quindi dell’economia di guerra per uscire da una recessione e una
crisi economica molto simile a quella del ’29. Crolli di borsa che coinvolgono
i piccoli risparmiatori, licenziamenti di massa a partire dalle compagnie aeree
di tutto il mondo ma che stanno già aggredendo i settori del turismo e delle
assicurazioni, cassa integrazione sono solo le prime avvisaglie del costo
sociale di questa guerra. La finanziaria per il 2002 si inserisce perfettamente
in questo quadro. Privatizzazioni ed esternalizzazioni di pezzi fondamentali
delle tutele dei cittadini, scippo dei patrimoni immobiliari degli enti
previdenziali che, con la scusa di sottrarli alla speculazione, vera, delle
cooperative, vengono regalati alla speculazione finanziaria, definitivo
smantellamento della previdenza pubblica, della scuola, della sanità che
dovranno lasciare il passo al modernismo del privato, sgretolamento progressivo
ed inarrestabile della funzione della pubblica amministrazione intesa come
elemento di garanzia dei diritti uguali per tutti i cittadini su tutto il
territorio nazionale, blocco per l’intero 2002 di qualsiasi assunzione, che
non sia flessibile, interinale, a tempo ecc., nella pubblica amministrazione con
buona pace di centinaia di migliaia di LSU e precari a vario titolo che da anni
lavorano in nero negli uffici pubblici, attacco frontale all’autonomia
negoziale delle parti nei contratti di secondo livello e stanziamenti da “pane
e salame” per i contratti pubblici.
Scomparse
le decantate riduzioni delle aliquote IRPEF, si riducono gli stanziamenti per
gli Enti Locali che dovranno pertanto inevitabilmente ricorrere a nuove tasse e
gabelle locali.
A questo
poi si aggiunge il tentativo del governo, attraverso il Libro bianco di Maroni,
di destrutturare e deregolamentare definitivamente il quadro delle tutele del
lavoro, già pesantemente compromesse dalla suicida riforma “federalista”
attuata dagli apprendisti stregoni del centro sinistra.
Ci sono, ci
sembra, mille buoni motivi per affrontare subito e con un momento generale di
lotta le questioni che la fase ci pone davanti. Scegliere, di nuovo, di
affrontarle separati, categorialmente, pensando che sia giusto, nella fase
mutata, lavorare a strappare pezzettini di garanzie in più per il proprio
settore nascondendo e nascondendosi così la realtà, ci sembra infantile,
inconcludente e, ci si lasci dire, di “segno moderato”.
E’
ipotizzabile che i lavoratori della sanità siano oggi da soli in grado di
respingere il Patto di stabilità del sistema sanitario varato dal governo e che
taglia 50.000 posti letto e 30.000 posti di lavoro? E’ ragionevole ipotizzare
per i lavoratori del trasporto aereo una capacità categoriale di lotta tale da
impedire i licenziamenti? Qualcuno può pensare che spetti ai lavoratori
dell’INAIL o dell’ISTAT dare battaglia contro la privatizzazione di questi
enti che, si badi bene, si occupano di tutela degli infortuni sul lavoro e di
ricerca scientifica e non di pizza e fichi?
Riteniamo
che compito delle organizzazioni sindacali oggi sia quello di costruire il più
vasto e forte movimento di risposta su questi terreni che sono strettamente
intrecciati con la critica di massa alla guerra. Vogliamo dire con franchezza che riteniamo legittimi tutti gli scioperi
che attraverseranno queste prossime settimane, così come francamente vogliamo
dire che uno sciopero della scuola che affronti il “suo” pezzo di
finanziaria, o quello della fiom che rivendica una piattaforma tutta interna
alle compatibilità del 23 luglio, o gli appelli all’unità con quella
sinistra sindacale che ancora una volta sta dimostrando tutta la sua subalternità
alle scelte concertative, tutt’oggi rivendicate da Cgil, Cisl e Uil, ci
sembrano un po’ poca cosa di fronte alla pesantezza dell’attacco e alla
drammaticità degli scenari di guerra.
Non c’è
da parte nostra, come pure qualcuno lascia affiorare tra le righe dei tanti
articoli pubblicati in questi giorni, voglia di egemonia o di piegare altri alle
nostre scelte e alle nostre esigenze.
La scelta
del 9 novembre ci sembra corretta sia rispetto all’avvio della discussione al
Senato sulla Legge finanziaria, sia rispetto all’escalation della guerra e
all’appuntamento, che non abbiamo dimenticato, del WTO.
C’è
invece sicuramente la consapevolezza della necessità di una risposta alta e
unitaria che abbiamo proposto a tutti ricevendo in cambio la conferma degli
scioperi categoriali e proposte di nuovi scioperi generali, turandosi il naso
sui compagni di viaggio, da tenersi nella seconda metà di novembre o a
dicembre. Gli scioperi non sono come le ciliegie, una tira l’altra,
soprattutto in una fase delicata come questa. Se ce ne saranno le condizioni
politiche e la comprensione dei lavoratori non ci tireremo certo indietro, oggi
ci sentiamo però di rilanciare l’invito a tutti perché il 9 novembre diventi
una grande giornata di lotta con lo sciopero generale e la manifestazione
nazionale a Roma - alla vigilia tra l’altro della parata guerrafondaia indetta
da Berlusconi per il 10 - che vorremmo fosse fatta propria da tutti coloro che
sono contro la guerra, la finanziaria, lo smantellamento dei diritti dei
lavoratori e dei cittadini.
CANAVESI RENZO SLAI-COBAS
LEONARDI PIERPAOLO RDB
SCARINZI COSIMO CUB SCUOLA
TIBONI PIERGIORGIO CUB