IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL
TRIBUNALE DI PINEROLO
IN
FUNZIONE DI GIUDICE MONOCRATICO
DEL
LAVORO
Accogliendo la riserva
Ha pronunciato il seguente
-Art. 28 Stat. Lav.-
nel procedimento d’urgenza
iscritto al n. 282/01 R.G.L. promosso
da
CUB SCUOLA (Federazione
Lavoratori della Scuola Uniti), con sede in Torino, in persona
del suo coordinatore Nazionale sig. Cosimo Scarinzi, rappresentata e difesa
dall’Avv. Alida Vitale per delega 5 novembre 2001 a margine del ricorso e
presso la stessa elettivamente domiciliata in Torino, C.so Ferrucci n.6
-RICORRENTE-
contro
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE,
DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, in persona del ministro pro
tempore domiciliato per la carica presso l’avvocatura distrettuale dello Stato
in Torino, C.so Stati Uniti 45.
PROVVEDITORIATO AGLI STUDI DI
TORINO, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, con
sede in Torino, Via Coazze n.18.
DIRIGENTE
SCOLASTICO dell’istituto
Comprensivo di scuola materna, elementare e media di Cavour, prof.
omissis1 con
sede in Cavour, p.zza San Martino n. 2
DIRIGENTE SCOLASTICO,
della scuola media statale Via de’ Rochis – Pinerolo, prof. omissis 2
con sede in Pinerolo, via dei Rochis n.25
Tutti i rappresentanti e difesi
dall’avvocatura Distrettuale dello Stato di Torino ed ivi domiciliati
-CONVENUTI-
Con
ricorso depositato il 7.11.2001, la CUB SCUOLA adiva questo Tribunale con
procedimento ex. Art. 28 Stat. Lav. Denunciando la condotta asseritamente
antisindacale tenuta dal Ministero dell’Istruzione dell’Università e della
Ricerca, dal Provveditorato agli Studi di Torino e dai dirigenti scolastici
della Scuola media statale Via de’ Rochis di Pinerolo e dell’Istituto
Comprensivo di Cavour per non aver autorizzato, in violazione dell’art. 20
stat. Lav., lo svolgimento dell’assemblea dei lavoratori indetta dai membri
delle RSU eletti nelle liste della CUB SCUOLA per il giorno 16 ottobre c.a.
All’udienza fissata per la
discussione della causa, con il patrocinio dell’ Avvocatura dello Stato si
costituivano in giudizio le Amministrazioni convenute, chiedendo dichiararsi
inammissibile il ricorso (per carenza di legittimazione attiva del sindacato
ricorrente e per essere la fattispecie estranea all’ambito d’operatività di
un giudizio ex art. 28 Stat. Lav.) e comunque, chiedendo la reiezione delle
domande, avendo le Amministrazioni applicato la normativa contrattuale vigente.
Fallita la conciliazione, non
essendo necessario acquisire informazioni, i procuratori discutevano la causa
richiamando le conclusioni in atti (salvo la rinuncia della difesa di parte
convenuta all’eccezione d’inammissibilità del ricorso per carenza di
legittimazione attiva) e il giudice riservava la decisione.
I fatti di causa sono pacifici: i
dirigenti scolastici dei due istituti convenuti – così come del resto, altri
loro colleghi di scuole locali – ritenettero illegittima l’assemblea
sindacale in orario di lavoro indetta per il 16.10.2001 presso l’auditorium
del liceo scientifico “Marie Curie” di Pinerolo e, conseguentemente,
rifiutarono di dar seguito alla comunicazione ricevuta dai membri, eletti nelle
liste del sindacato ricorrente, delle RSU costituite presso i rispettivi
istituti scolastici: L’illegittimità fu ravvisata, dal prof. omissis 1
, nel fatto che l’assemblea non era stata indetta dalla RSU (ma da un solo
componente di tale organismo) e, dal prof. omissis 2 , nel fatto
che essa non era stata convocata nel luogo di lavoro.
Ritiene il giudicante che
entrambe le ragioni addotte dai dirigenti scolastici siano infondate.
In
primo luogo, quanto al potere d’indizione dell’assemblea, va detto che il
prof. omissis 1 ha
applicato – interpretandolo correttamente, anche sulla scorta di conformi
pareri espressi dall’ARAN – l’art. 13, comma 2, del CCNL del comparto
scuola siglato il 15.02.2001, il quale è chiarissimo nel precisare che le
assemblee sindacali di cui all’art. 20 Stat. Lav. Possono essere indette “
dalla R.S.U. nel suo complesso e non dai singoli componenti”. Questa norma –
che, peraltro, non vincola il sindacato ricorrente, il quale non ha sottoscritto
tale contratto – è tuttavia nulla (come lo è la correlativa disposizione di
cui all’art. 6, prima parte, del contratto aziendale stipulato il 10.04.2001
tra il dirigente scolastico prof. e la RSU), in quanto adottata in violazione dell’imperativa
disposizione contenuta nell’art. 20 Stat. Lav. e di norme contenute in
contratti collettivi di livello superiore (l’Accordo Interconfederale 20/12
1993 e il CCNL Quadro 7/8/1998). Ed invero:
-
a norma del 2° comma della citata disposizione di legge,
le assemblee “sono indette, singolarmente o congiuntamente, dalle
rappresentanze sindacali aziendali nell’unità produttiva” e, in materia di
diritto d’assemblea, la contrattazione collettiva può dettare soltanto
condizioni di miglior favore (art. 20, comma 1. Stat. Lav.);
-
poiché l’art. 4 dell’Accordo Interconfederale del
20.12 1993 prevede che “i componenti delle RSU subentrano ai dirigenti della
RSA nella titolarità dei diritti, permessi, libertà sindacali e tutele già
loro spettanti per effetto delle disposizioni di cui al titolo III della 1.
300/70”, appare evidente che, al pari di quanto accadeva nel passato per
ciascuna RSA il diritto di convocazione delle assemblee possa oggi essere
esercitato anche dai singoli membri delle RSU;
-
in conformità alla disciplina normativa appena delineata
– e facendo salva la competenza dei contratti collettivi di comparto o area a
definire condizioni soltanto migliorative – l’art. 2 comma 2 del CCNL Quadro
del 7/8/1998 stabilisce che le assemblee in parola “possono essere indette
singolarmente o congiuntamente…dai soggetti indicati nell’art. 10”, il
quale espressamente menziona “i componenti delle RSU”.
Posto che quod nullum est
nullum producit effectum, un atto fondato su una norma contrattuale affetta
da nullità e di per sé ingiustificato e, se contrastata con norme di legge e
di contratto altrimenti applicabili, è illegittimo.
Parimenti illegittimo, in secondo
luogo, è il provvedimento assunto dal prof. omissis 2, non
essendo contestabile il fatto che l’assemblea del 16.01.01 – aperta a tutto
il personale del comparto scuola e contestualmente indetta dai membri delle RSU
degli istituti del circondario eletti nelle liste della CUB – fosse stata
convocata presso l’auditorium del liceo scientifico “Marie Curie” di
Pinerolo (evidentemente prescelto, a quanto consta senza opposizione del capo
d’istituto, per l’adeguata capienza). E’ ben vero che l’art. 20 comma 1
Stat. Lav. sancisce il diritto di lavoratori a riunirsi in assemblea “nella
unità produttiva in cui prestano la loro opera” – vale a dire, nel caso dei
dipendenti del comparto scuola, in locali del proprio istituto scolastico –
ma, tenendo conto della ratio della norma (che è quella d’imporre un pati
al datore di lavoro, al fine d’agevolare l’esercizio del diritto), debbono
ritenersi consentite, a fortiori, assemblee retribuite in orario di
lavoro che si tengano in luoghi diversi, pur sempre di pertinenza del datore di
lavoro, i quali consentano la contestuale riunione in assemblee di un più ampio
gruppo di dipendenti (che prestano la loro attività in distinte unità
produttive).
Dal confronto tra la formulazione
dell’art. 20 Stat. Lav. nella versione approvata da Parlamento e il testo del
d.d.l. governativo che avviò l’iter legislativo, si evince come
l’attuale dizione della norma risponda all’esigenza di assicurare ai
lavoratori un’ampia tutela per il concreto esercizio del diritto. Il progetto
di legge, infatti, sanciva il diritto dei lavoratori a tenere le riunioni “in
locali messi a disposizione dal datore di lavoro, nella unità produttiva in cui
prestano la loro opera e nelle immediate vicinanze di essa”. Con la definitiva
formulazione si è dunque inteso, per un verso, d’escludere la necessaria
collaborazione del datore di lavoro nell’individuare il luogo dell’assemblea
e, per altro verso – e correlativamente- di rafforzare i diritto dei
lavoratori ad avere a disposizione un idoneo locale nel luogo più comodo
possibile, vale a dire all’interno della stessa unità produttiva.
L’intentio legis,
pertanto, è chiarissima: l’individuazione del luogo è prerogativa di chi
indice l’assemblea e ad essa si contrappone una situazione giuridica di pati
che, come la giurisprudenza ha talora avuto modo di precisare, incontra
l’unico limite del divieto d’imporre inutili sacrifici ad apprezzabili
interessi del datore di lavoro. Laddove questo rischio non sussista, il datore
di lavoro non può opporsi a che le assemblee si tengano in luoghi della propria
azienda che non coincidano (esattamente) con l’unità produttiva, soprattutto
quando la scelta dei rappresentanti sindacali sia funzionale a consentire la
contestuale partecipazione all’assemblea dei dipendenti appartenenti a diverse
unità produttive che abbiano sede nel medesimo territorio. Una siffatta
opposizione, fondata su una formalistica interpretazione del dato normativo che
ne tradisce invece la ratio e non sorretta dalla necessità di tutelare
alcun apprezzabile interesse, si traduce inevitabilmente, nella lesione gratuita
di uno dei fondamentali diritti riconosciuti dallo Statuto per l’esercizio
delle libertà sindacali nel luogo di lavoro (cfr., per questa più ampia
accezione topografica dell’ambito d’operatività del diritto d’attività
sindacale, l’art. 14 Stat. Lav.). L’illegittimità di questa lettura della
disposizione di legge è stata altresì affermata, in modo netto, dal Supremo
Collegio nelle non molte occasioni in cui si è pronunciato sulla questione (cfr.
Cass., Sez., Lav.,17-5-1985 n. 3038 e, recentemente, e proprio in un caso
relativo ad una pubblica amministrazione, molto simile a quello oggetto del
presente giudizio, Cass., Sez. Lav. 17-5-2000 n. 6442).
Trattandosi, anche nel caso
dell’individuazione del luogo dell’assemblea, di una prerogativa che trova
il proprio fondamento direttamente nella norma imperativa di legge, non
sarebbero comunque legittime pattuizioni contrattuali limitative. Nel caso di
specie, peraltro, questo non è avvenuto. Le previsioni contrattuali, anzi,
appaiono rispettose della ratio legis, nella misura in cui non
circoscrivono necessariamente a locali del singolo istituto scolastico il luogo
dove le assemblee possono svolgersi. L’art. 2 comma 1 del CCNLQ 7/8/1998 e
l’art. 13 del CCNL del comparto scuola siglato il 15/2/2001 menzionano,
genericamente, “idonei locali” concordatati con l’amministrazione, e il
parere reso dall’ARAN nella nota n. 1299 del 30/1/2001 –che, peraltro,
faceva riferimento al diverso tenore dell’allora vigente art. 13 del CCNL (il
quale, addirittura, espressamente ammetteva lo svolgimento di assemblee “in
locali scolastici concordati con il capo d’istituto o in altra sede”) –
utilizza la locuzione, generica, di “luogo di lavoro”, con ciò escludendo
(giustamente, ad avviso di questo giudice) che le assemblee in parola possano
essere convocate in luoghi pubblici o privati che siano estranei allo
svolgimento dell’attività lavorativa e non pertinenti all’amministrazione
di appartenenza, senza tuttavia richiedere che la riunione si tenga, per ciascun
gruppo di lavoratori, nel proprio istituto scolastico.
L’opposizione dei dirigenti
scolastici prof. omissis 1 e
prof. omissis 2 a consentire lo svolgimento dell’indetta
assemblea in orario di lavoro deve quindi essere considerata illegittima.
A prescindere dall’elemento
psicologico di chi adottò le decisioni in parola, esse, sul piano oggettivo,
hanno certamente integrato gli estremi di condotte antisindacali, avendo
evidentemente conculcato, senza giustificazione, il legittimo diritto di
assemblea che lo Statuto ha attribuito ai lavoratori, uno dei principali
strumenti con cui si esercita l’attività sindacale sul luogo di lavoro.
Contrariamente a quanto opinato dalla difesa delle amministrazioni convenute, è
quindi invocabile lo strumento di repressione delineato nell’art.28 Stat. Lav.
e – trattandosi di atti suscettibili di essere reiterati in occasione di
future indizioni di analoghe assemblee – il sindacato ricorrente ha
indubbiamente interesse ad ottenere una pronuncia che ordini la cessazione della
condotta antisindacale, con conseguente obbligo delle amministrazioni convenute
di consentire assemblee sindacali retribuite in orario di servizio a richiesta
dei singoli componenti delle RSU, in locali idonei di pertinenza del Ministero
dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, anche se ubicati al di
fuori (di taluno) degl’istituti scolastici (di alcuni) dei richiedenti.
Non può essere accolta, invece,
l’istanza volta ad ottenere la pubblicazione del presente decreto su organi di
stampa a diffusione provinciale. Per un verso, infatti, tale forma di pubblicità
consegue ex lege, quale sanzione penale accessoria, alla sola sentenza di
condanna del datore di lavoro che non ottemperi al decreto; per altro verso, pur
trattandosi di misura, in concreto, adottabile laddove idonea all’eliminazione
degli effetti del comportamento antisindacale, gli estremi della fattispecie non
ricorrono (e parte ricorrente non li ha nemmeno allegati) nel caso oggi sub
judice.
Quanto alle spese del
procedimento, considerato che le argomentazioni addotte dai dirigenti scolastici
a sostegno dell’opposizione alla richiesta di assemblea (soluzione del resto
adottata, in assoluta autonomia, dalla stragrande maggioranza dei capi
d’istituto del pinerolese) poggiavano, quanto alla decisione assunta dal prof.
omissis 1, su una corretta interpretazione di (sia pur
illegittima) norme pattizie contenute nel CCNL e, quanto al provvedimento
adottato dal prof. omissis 2, su una restrittiva (ma teoricamente
sostenibile) lettura della norma di legge, in presenza di un ambiguo parere reso
dall’ARAN, e ritenuto che nella condotta dei dirigenti scolastici non sia
ravvisabile alcun intento persecutorio nei confronti del sindacato, sussistono
giusti motivi per compensare tra le parti le spese di lite.
P.Q.M
Il
tribunale di Pinerolo in composizione monocratica, in funzione di Giudice del
lavoro, visto l’art. 28 Stat. Lav.,
disattesa
ogni diversa istanza ed eccezione,
dichiara
l’antisindacalità del comportamento denunciato e ordina alle pubbliche
amministrazioni convenute di consentire assemblee sindacali retribuite in orario
di servizio, a richiesta dei singoli componenti delle RSU, in locali idonei di
pertinenza del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca,
anche se ubicati all’esterno (di taluno) degli istituti scolastici (di alcuni)
dei richiedenti.
Dichiara
interamente compensate le spese del giudizio.
Si
comunichi.
Pinerolo,
29 novembre 2001.
IL GIUDICE Gianni Reynaud
IL CANCELLIERE Ida Varricchio
R.G.N° 282/2001
Cron.
N° 13835