I PORCELLINI CI RIPROVANO
Ci rendiamo conto che molti colleghi non danno alla libertà sindacale la dovuta importanza e che la ritengono "un problema dei sindacati". A maggior ragione, l'accento va posto sul fatto che questi signori, ministero e sindacati istituzionali, nel mentre simulano uno scontro feroce, più sui media che nella realtà, lavorano perfettamente assieme sia nel merito, basta pensare all'accordo del 4 febbraio, che nel metodo.
Il Ministero: singoli membri Rsu non
possono chiedere assemblee
Con nota prot. N.74 ris. del 20 febbraio 2002 il Ministero chiarisce: i singoli componenti RSU non possono chiedere assemblee nelle loro scuole perché queste ultime vanno chieste collegialmente, bene fanno i Dirigenti Scolastici a non concederle e per questo non possono essere accusati di condotta antisindacale, sbagliano quei giudici (Civitavecchia, Pinerolo) che condannano i Dirigenti Scolastici assimilando le RSU alle RSA. Per tali motivi l’Amministrazione ha interessato il Dipartimento della Funzione Pubblica e manifesta l’intenzione di proporre ricorso in opposizione o appello alle sentenze analoghe a quelle di Civitavecchia e Pinerolo.
Pubblichiamo di seguito la nota chiarificatrice.
Roma, 22 febbraio 2002
Dipartimento per i servizi nel territorio
Direzione generale per l'organizzazione dei servizi nel territorio
Prot. n.74
Roma, 20 febbraio 2002
OGGETTO: Comparto Scuola. Diritto di assemblea RSU.
Con le decisioni emesse dal giudice del
lavoro di Civitavecchia del 31/5/2001 e del 28/01/2002, dal giudice del lavoro di Pinerolo
in data 29/11/2001, viene sanzionato come antisindacale il comportamento di alcuni
dirigenti scolastici che hanno respinto le richieste di assemblea sindacale presentate da
singoli membri delle RSU, motivando il diniego sulla circostanza che la richiesta
proveniva da una sola componente dell'organo collegiale. Il presupposto di diritto da cui
muovono tali decisioni è l'affermazione dell'assimilazione dei dirigenti dalle RSU ai
dirigenti RSA, sulla base delle disposizioni contenute nella L. 300/70 e dell'accordo
interconfederale del dicembre del 1993.
A tal fine si richiama l'attenzione su quanto disposto, in contrario avviso dalla sentenza
del Tribunale di Roma n. 110691/98 R.G. Disp. n. 16451 del 4/11/99 e dalla sentenza del
Tribunale di Lucca n. 1151/2001 del 13/7/2001, che proprio in considerazione del mutato
quadro legislativo, dichiara la perfetta rispondenza alla legge delle clausole
contrattuali che attribuiscono natura collegiale alle decisioni delle RSU e che pertanto
non legittimano la possibilità di richiedere l'assemblea da parte dei singoli componenti.
Su incarico dell'Amministrazione, l'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Torino ha
presentato in data 22/12/01 ricorso in opposizione al decreto del Tribunale di Pinerolo
sopra citato, sostenendo l'inammissibilità della questione in termini di condotta
antisindacale e quindi di ricorso all'art. 28 della L. 300/70.
Preliminarmente si evidenzia come la predetta assimilazione delle RSU alle RSA appare
discutibile alla luce delle considerazioni di seguito esposte. Le RSU vengono istituite
dall'art. 42 del d. lgs. 29/93 sostitutivo dell'art. 6 del d. lgs. 396/97 che, dopo aver
individuato nelle organizzazioni sindacali rappresentative e non, soggetti legittimati a
promuoverne la costituzione, individua al comma 4 i requisiti minimi a garanzia della
democraticità di tale organismo (voto segreto, metodo proporzionale, certezza del
periodico rinnovo) e demanda ad appositi accordi tra l'Aran, Confederazioni ed
Organizzazioni Sindacali, la definizione della disciplina delle elezioni, la composizione
e le modalità di funzionamento.
La regolamentazione pattizia introdotta dal CCNQ sottoscritto il 7 agosto 1998 prevede
all'art. 8 che "le decisioni relative all'attività della RSU sono assunte a
maggioranza dei componenti", configurando la RSU come un organismo unitario e quindi
come un collegio, con la conseguenza che non può che avere rilevanza esterna la volontà
del collegio, determinata a maggioranza, distinta dalla volontà dei singoli componenti.
Diversamente opinando, si verificherebbe un effetto distorsivo che riconoscerebbe ai
rappresentanti delle organizzazioni non rappresentative, solo perché eletti in ambito
RSU, il godimento di particolari diritti sindacali, quali: partecipazione alle trattative,
affissioni, indizione delle assemblee, disponibilità di locali nell'ambito delle
strutture delle amministrazioni, fruizione di permessi e distacchi, che l'ordinamento,
invece, riserva ai soli rappresentanti delle organizzazioni rappresentative (art. 42, d.
lgs. 165/2001).
In tale contesto logico ogni riferimento alle RSA - le quali in virtù di quanto stabilito
dal richiamato art. 19 della legge 300/70 sono costituite da ogni singola organizzazione
rappresentativa, con la conseguenza che i rispettivi rappresentanti sono destinatari degli
stessi diritti dell'organizzazione di appartenenza - risulta superato dalla disciplina
successivamente intervenuta. In particolare si osserva che:
- le organizzazioni promotrici delle elezioni delle RSU, sia rappresentative che non, si
impegnano a non costituire RSA nelle pubbliche amministrazioni, così come si evince dall'
art. 10, comma 1, del CCNQ 7/8/98 sulle RSU;
- l'art. 42 del d. lgs. 165/2001 al comma 1 stabilisce che "Fino a quando non vengano
emanate norme di carattere generale sulla rappresentatività sindacale che sostituiscano o
modifichino tali disposizioni (la legge 300/1970), le pubbliche amministrazioni ...
osservano le disposizioni seguenti in materia di rappresentatività sindacali ai fini
dell'attribuzione dei diritti e delle prerogative sindacali nei luoghi di lavoro e
dell'esercizio della contrattazione collettiva";
- l'art. 37 della predetta legge 300/70 statuisce che "Le previsioni della presente
legge si applicano altresì ai rapporti di impiego dei dipendenti dagli altri enti
pubblici, salvo che la materia sia diversamente regolata da norme speciali"; - l'art.
1, comma 3, del CCNQ 7 agosto 1998, sulle modalità di utilizzo dei distacchi, aspettative
e permessi sindacali, prevede che "...ove il presente contratto o i contratti
collettivi nazionali di comparto non dispongano una specifica disciplina nelle materie
relative alle libertà e dignità del lavoratore ed alle libertà ed attività sindacali,
si intendono richiamate le norme di minima previste dalla legge 300/1970".
Si rappresenta inoltre che la disciplina del diritto di assemblea è dettata dalle
disposizioni contenute nel CCNQ del 7/8/98, dal CCNQ del 9/8/2000 e nel CCNL del comparto
scuola del 15/3/2001 che regolano l'esercizio di tale diritto in modo uniforme sul
territorio nazionale e che prescrivono inequivocabilmente che le assemblee possono essere
indette da una o più organizzazioni sindacali rappresentative nel comparto e dalla RSU
nel suo complesso e non dai singoli componenti. Tali disposizioni hanno carattere cogente,
anche alla luce delle Direttive impartite dall'ARAN al riguardo (circolari del 30/2/2001 e
del 22/5/2001). Inoltre l'oggetto del giudizio non appare sindacabile con l'azionabilità
dell'art. 28, in quanto la normativa vigente di natura pattizia può essere modificata
solo da ulteriori contrattazioni o disapplicata da pronunce giurisdizionali a cui
l'Amministrazione non potrebbe che conformarsi.
La normativa pattizia, della cui legittimità si discute, non è materia disponibile
direttamente da parte della pubblica amministrazione, non essendo regolabile con un
provvedimento amministrativo. L'azionabilità del diritto di assemblea e le sue modalità
di esercizio potranno essere oggetto di future contrattazioni o di interventi
interpretativi tra le parti in sede ARAN.
Allo stato sembra pertanto opinabile che la questione si ponga in termini di
"repressione di condotta antisindacale", in quanto le disposizioni del CCNL
possono essere impugnate nella sede competente anche in via cautelare. Si rappresenta,
infine, che in considerazione della rilevanza generale della questione è stata
interessata la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Funzione
Pubblica. Ciò premesso si rileva l'opportunità di proporre contro decisioni analoghe a
quelle del tribunale di Civitavecchia e di Pinerolo di cui alla premessa, tempestivo
ricorso in opposizione o appello e di segnalare alla scrivente Direzione le iniziative
intraprese, al fine di avere un quadro complessivo sul territorio nazionale e consentire
un'adeguata difesa ai dirigenti scolastici accusati di comportamento antisindacale per
aver applicato disposizioni contrattuali vigenti.
IL DIRETTORE GENERALE - Silvana Riccio -
Appello per la difesa delle libertà
sindacali
Con nota prot. N.74 ris. del 20 febbraio 2002
il Ministero chiarisce: i singoli componenti RSU non possono chiedere assemblee nelle loro
scuole perché queste ultime vanno chieste collegialmente, bene fanno i Dirigenti
Scolastici a non concederle e per questo non possono essere accusati di condotta
antisindacale, sbagliano quei giudici (Civitavecchia, Pinerolo) che condannano i Dirigenti
Scolastici assimilando le RSU alle RSA. Per tali motivi l’Amministrazione ha interessato
il Dipartimento della Funzione Pubblica e manifesta l’intenzione di proporre ricorso in
opposizione o appello alle sentenze analoghe a quelle di Civitavecchia e Pinerolo.
Da un comunicato del 22 febbraio della CGIL che,
ovviamente, è d’accordo con il MIUR
I
sottoscritti lavoratori e lavoratrici della scuola, personale docente ed A.T.A., di
diversa appartenenza sindacale e non sindacalizzati, venuti a conoscenza del documento con
cui il MIUR da indicazione ai Dirigenti Scolastici di non concedere le assemblee alle
singole RSU all’esplicito fine di impedire le assemblee ai sindacati di base:
1. Respingono
il tentativo di limitare il diritto d’assemblea portato avanti da chi cerca di operare
un’interpretazione restrittiva delle norme e della giurisprudenza distinguendo
pretestuosamente tra sindacati abilitati e non abilitati ad indire assemblee e pretendendo
di decidere a quali assemblee i lavoratori possono partecipare;
2. Rivendicano
il diritto di partecipare alle assemblee di tutti i sindacati e la piena fruizione del
diritto d’informazione e partecipazione in orario di servizio ai momenti assembleari;
3. Affermano
che solo attraverso il confronto dialettico tra le diverse proposte sindacali è possibile
maturare quel livello di partecipazione e di consapevolezza necessario per la categoria,
specie in un comparto sottoposto a massiccia ristrutturazione;
4. Respingono
le iniziative di quei dirigenti scolastici che tentano di limitare il diritto
d’assemblea dei lavoratori;
5. Criticano
quei sindacati che, contravvenendo al loro ruolo, assumono posizioni tali da configurare
una limitazione delle libertà sindacali dei lavoratori;
6. Ricordano
che il diritto d’assemblea non deve essere considerato un monopolio di questa o quella
segreteria sindacale, ma un diritto individuale di ogni lavoratrice o lavoratore, che va
esercitato con pienezza.
7. Ricordano
che il diritto di assemblea è tutelato dallo Statuto dei lavoratori e rivolgono un
appello generale affinché, soprattutto in questo particolare momento, in cui lo Statuto
è sottoposto ad attacchi pesantissimi (vedi la pretesa cancellazione dell’art.18), ci
si mobiliti in difesa dei diritti fondamentali, tra cui il diritto di assemblea in orario
di lavoro.
Seguono firme:
NOME
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