COMUNICAZIONE RIUSCITA!

Un'esperienza bilinguista di inserimento di un ragazzo sordo nella scuola media.


Poesie

Giallo

Giallo come l'aureola dei santi.
Giallo il cuore d'oro e l'avarizia.
Giallo come la manna che cade dal cielo.
Giallo il fuoco, l'anima e il sole.
Giallo come la vita eterna.


Bariole'

Blanc comme la neige.
Rouge comme l'amour.
Jaune comme le coeur d'or.
Marron comme le monstre.
Bleu comme le cristal.
Vert comme la joie.
Rose comme le visage.
Noir comme la mort.
Orange comme la vengeance.
Gris comme le cerveau.
Bariole' comme l'arc-en-ciel.


Tre colle

Tre colle.
Una colla per non perdere la memoria.
Una colla per non scappare.
Una colla per non agitarsi.


Tre gomme

Tre gomme.
Una gomma per cancellare i dispiaceri.
Una gomma per cancellare la memoria.
Una gomma per cancellare la gente malvagia.


L'elefante di Rapolla.
C'era un elefante di Rapolla
che saltava sul materasso a molla
provocando un buco nel soffitto
finì in padella, fatto fritto.

Primi giorni di scuola
Presentazione di ciascuno nell'ora di francese:
"Di' il tuo nome e una cosa che ti piace della tua vita e una cosa che non ti piace"
Fabrizio: Mi chiamo F.G., una cosa che mi piace tanto sono i cavalli e tutti gli animali; una cosa che non mi piace, l'orecchino".

Un bidello poco sensibile
"Adesso basta, smettila, va' in classe".
Fabrizio non capisce e si fa ripetere. Il bidello alza il tono e ripete.
Fabrizio nuovamente non capisce. Una compagna spiega al bidello che Fabrizio è sordo.
"Oltre che sordo, sei anche scemo!"
Fabrizio si arrabbia e al termine delle lezioni va da solo direttamente dalla preside dicendo:
"Nessun adulto e nessuno mi deve dire che sono scemo!".

Problemi dell'età
Un compagno nella traccia per un tema ci riferisce che ci sono problemi fra ragazzi e ragazze della classe.
Fabrizio mi dice: "Basta guardare l'aula: le ragazze sono tutte in una fila, quella del muro, è come se fossero assorbite dal muro! I ragazzi invece è come se volessero volare via dalla finestra."
"Volare via? Perché?"
"Perché vogliono andare vicino al sole, fuori, tra gli alberi. Come nella preistoria le donne stavano ferme a raccogliere, gli uomini andavano fuori a caccia..."


Mi ritrovo così ancora una volta, come le antenate neolitiche, indaffarata nell'opera di raccoglitrice. Questa volta ho tra le mani i frutti di un'esperienza a metà percorso: l'inserimento di Fabrizio, sordo, alunno di una seconda media.
Nel periodo delle preiscrizioni alla scuola media una collega di classe con la quale collaboravo strettamente mi riferisce di aver parlato di me ad amici che hanno due figli sordi, il maggiore dei quali frequenta l'istituto Prinotti e deve iscriversi in una scuola media l'anno prossimo.
Io terminavo un triennio di sostegno a due allievi e avrei quindi dovuto occuparmi di casi nuovi.
S'avvia così la conoscenza prima della famiglia, quindi della logopedista di Fabrizio,dell'insegnante elementare del Prinotti e infine di Fabrizio stesso.
C'erano grandi attese intorno a questo bambino, particolarmente intelligente, curioso e desideroso di sapere, dotato di una volontà eccezionale, vivace e simpatico, con una famiglia giustamente molto esigente alle spalle. Inoltre la logopedista e la mamma, narrandomi di lui, insistevano sull'importanza che si rispettasse e si mantenesse la sua prima lingua, quella che aveva imparato a casa da suo padre, anch'egli sordo, e con cui comunicava abitualmente: la L.I.S., la Lingua Italiana dei Segni.
confesso che inizialmente ero piuttosto impaurita dalle richieste che venivano poste alla scuola media, non mi sembrava ne' di essere io all'altezza del compito, ne' tantomeno la scuola che, sì aveva accolto da anni alunni sordi, ma che non si era più tanto attrezzata rispetto alla Lingua dei Segni, anche perché è un nuovo e recentissimo modo di affrontare il problema sordità. Si tratta infatti di compiere un'opera di ribaltamento di visione: non è più unicamente il sordo che insegue faticosamente una lingua non sua. l'italiano, scimmiottandola e sottoponendosi a faticosissimi esercizi di impostazione della voce, inseguendo mille bocche che si spalancano troppo o si restringono serrando i denti, ma è il mondo degli udenti che si avvicina a segni velocissimi che s'intrecciano nell'aria seguendo una sintassi ben precisa. Ricordo infatti le perplessità iniziali di alcuni colleghi che portavano argomentazioni già lette da me più volte sui libri e sulle quali anche io non avevo certezze da cotrapporre se non quelle scaturite dalla sfida di provare questa sperimentazione, mettendosi il più possibile dal punto di vista dell'altro, senza troppi pregiudizi arroganti. Certo era evidente che la maggioranza, la scuola in toto, gli udenti tutti dovevano compiere un grosso passo verso una minoranza, un ragazzino solo, un sordo soltanto!
Confesso altresì che accanto ai numerosi timori c'era dunque una curiosità immensa di provare e intravvedevo finalmente, devo ammetterlo francamente, delle possibili gratificazioni che dopo anni di lavoro come insegnante di sostegno difettavano quasi completamente.
Così Fabrizio fu iscritto alla scuola, si scelse il consiglio di classe più adatto, si scelsero anche i compagni, non dico uno ad uno, ma sicuramente si dedicò molta attenzione a formare un gruppo classe il più possibile adatto ad accolgierlo, si ipotizzò la presenza di un interprete di Lingua dei Segni per 10 ore alla settimana.
compito dell'interprete era quello di essere presente in alcune ore di spiegazuione, in particolare per materie come storia, scienze, educazione tecnica dove l'astrazione e i linguaggi specifici potevano costituire difficoltà notevoli per Fabrizio, e in ore in cui la comunicazione usata era quella prevalentemente orale, ad esempio nell'ora di lettura nella quale l'insegnante di italiano leggeva per il solo (!) piacere di leggere e i ragazzi ascoltavano per il solo (!) piacere di ascoltare. In alcune ore si pensò che poteva esserci la doppia presenza, dell'interprete e mia, con compiti differenziati, lui interpretava letteralmente da Italiano a lingua dei Segni e io prendevo appunti scritti in italiano. Alla base di ogni ipotesi c'era comunque Fabrizio, che noi ritenevamo perfettamente in grado di esprimere cosa a lui sembrava più utile e cosa realmente facilitava la sua comprensione; spesso infatti sono state operate modifiche lungo il percorso, sia negli orari, sia nella distribuzione interna delle materie, sia nei ruoli tra i docenti, tra i docenti e l'interprete, sia con i compagni e nell'organizzazione interna della classe.

Oggi posso dire con una disponbilità veramente grande da parte di tutti.
Sicuramente da parte sua Fabrizio ha avuto la sua naturale e accattivante simpatia che ha semplificato di molto ogni relazione, sia quella con gli insegnanti, sia quella con i compagni, ma anche dall'altra parte c'è stata e c'è tuttora una grande voglia di mettersi in gioco con lui.
Mi sembra davvero utile e importante ricordare alcuni momenti significativi dell'esperienza fin qui condotta. Un giorno durante le prime ore di musica, ore nelle quali era difficile sapere chi veramente fosse più spaventato se noi insegnanti o Fabrizio, la classe doveva svolgere delle prove per individuare i prerequisiti, una tra queste era ascoltare pezzi musicali a ritmi diversi con prevalenza di strumenti a fiato, ora a percussione, ora a corda, e i ragazzi erano invitati a rappresentare graficamente i tipi di musica differenti.
Fabrizio li "ascoltava" con la mano sul registratore al massimo del volume e quindi riproduceva anche lui graficamente. In quell'occasione riuscì a cogliere le differenze ed a esprimerle con dei tratti astratti che davvero rendevanoi ritmi molto più efficacemente di alcune produzioni stereotipate dei compagni. Lo si lodò molto, forse anche utilizzando la valorizzazione per abbassare il suo e il nostro livello di ansia di fronte a una materia che lui testardamente voleva frequentare come gli altri e che a noi in qualche modo metteva a disagio per l'impossibilità di trarre alcuna gratificazione data la sordità. Fu così che Fabrizio domandò alla docente di insegnargli a suonare il pianoforte e nell'ora che io avevo con quella materia decidemmo che mentre la collega insegnava individualmente a Fabrizio, io sarei stata in classe a leggere parti teoriche del testo.

Notai inoltre che mano a mano aumentava il grado di amicizia con Fabrizio i compagni anziché usare per le comunicazioni informali l'alfabeto muto di nostra conoscenza, impararono e si misero a utilizzare l'alfabeto dattilologico, proprio dei sordi, e non soltanto con Fabrizio, ma anche tra lro; avevano come abbandonato il vecchio modo a loro consueto di comunicare per questo nuovo alfabeto. Da ciò nacque l'interesse a conoscere alcuni dei gesti più quotidiani della LIS, come del resto di ogni lingua, le fortme di saluto ad esempio, i gesti che esprimevano i gradi di parentela, i colori, o ancora la traduzione delle parolacce. Con i colleghi riflettemmo così sull'importanza di rispondere a questo spontaneo interesse nato dai ragazzi e preparammo un progetto per l'insegnamento della LIS ai ragazzi della classe di Fabrizio e ad alcuni colleghi del consiglio di classe. Purtroppo a tutt'oggi il Provveditorato non ci ha ancora risposto circa l'approvazione del progetto; riteniamo che se la cosa non andrà in porto per via istituzionale, cercheremo altre strade per realizzare questo insegnamento che ci sembra importante oltre che dal lato umano, anche da quello dell'apprendimento come una delle possibili ricadute sull'italiano, attraverso ad esempio il confronto tra due lingue che utilizzano canali comunicativi così lontani.

In fase di programmazione con le varie discipine mi resi conto delle disponibilità di alcuni colleghi a modificare il proprio piano di lavoro per non penalizzare Fabrizio, in particolare penso agli insegnanti di lingua che mi dissero che non era così indispensabile utilizzare in modo massiccio il laboratorio linguistico di cui la scuola è dotata, quello per intenderci attrezzato di cuffie e banchi appositi per l'ascolto e la comunicazione orale, ma che si poteva ovviare o utilizzando altre forme per svolgere la parte orale oppure io sarei stata presente come "orecchio-cuffia" con la traduzione simultanea in italiana e una verifica soprattutto visiva più che orale dei contenuti trasmessi. Non era un modo di arrendersi, ma invece un modo di affrontare realisticamente il problema, soprattutto in fase iniziale rassicurando e non esigendo una falsa uguaglianza che spesso fa del sordo un "perfetto pappagallo ammaestrato"; tant'è vero che quest'anno abbiamo deciso di provare a dare valutazioni anche della produzione orale delle due lingue, francese e inglese, che i ragazzi frequentano, adoperando illustrazioni tratte dai giornali, utilizzando la lettura labiale in lingua madre con opportuni rallentamenti.

Penso ancora alla revisione del proprio punto di vista operata dalla collega di lettere che, se inizialmente dimostrava un certo scetticismo circa la LIS, sinceramente preoccupata di non offrire tutte le possibilità dell'italiano orale e scritto ad un sordo che comunque doveva imparare a vivere in un mondo dominato dagli udenti, in un secondo tempo rivalutò l'importanza di continuare a fornire un doppio canale comunicativo, cioè di procedere in modo bilinguista rispetto ad ogni apprendimento. Fu così che Fabrizio svolse ruoli da protagonista nei lavori teatrali, usando i gesti e parlando, con l'aiuto dei compagni che gli davano segnali su quando doveva intervenire e che seguivano le sue improvvisazioni creative che spesso resero più calzante lo spettacolo.

Ritengo infine che se Fabrizio oggi è così rilassato, sia quando si esprime nella sua lingua madre senza essere vessato o schernito, e ancor di più quando espone in italiano una lezione di storia ad esempio, e che se di lui parla tutta la scuola e se ancora i colleghi sono intenzionati a partecipare a un corso di aggiornamento sulla Lingua Italiana dei Segni, si possa senz'altro dire che di vera e autentica integrazioni si tratti!

Maria Elena Bo, insegnante di sostegno.