BARIOLE'


Sono io quella che non ci sente e che è tagliata fuori dalla comunicazione e dalla comprensione: i miei allievi della IIC parlano fittamente fra loro, le mani che volano nel frullo misterioso del linguaggio dei segni, appreso nei suoi primi rudimenti con la disinvolta capacità dei bambini.
L'insegnante è un compagno, Fabrizio, motore ed artefice di una straordinaria rivoluzione copernicana che ha "inserito" la classe intorno a lui, sordo profondo dalla nascita, e non il contrario come legge, abuitudine e pigrizia mentale vorrebbero. Lui che ha avuto per straniera quella della sua mamma, subisce il fascino delle lingue, così, invitato a creare una poesia, la scrive direttamente in Francese e ci mette tutti i colori dell'iride, Vert comme la joie, Rouge comme l'amour...., e conclude, Bariole' comme l'arc-en-ciel, metafora poetica del suo Arcobaleno interiore e di una incredibile capacità di tradurre in immagini e colori i suoni che gli sono negati.
Intorno, i compagni, che non hanno lasciato al solo Fabrizio il compito di comunicare, ma hanno voluto imparare la sua lingua, fatta di spazialità, di corpo e di movimento. Ed io con il mio carico di grigio, di disincanto e di ironia, dopo tanti anni di scuola, mi ritrovo a commuovermi di fronte ai miracoli che i bambini sanno operare.
Mi ritrovo a commuovermi e a riflettere: la presenza di un allievo sordo in classe è per l'insegnante un'occasione irripetibile di autoaggiornamento e di controllo di quanto effettivamente egli riesce a trasmettere agli allievi. Chi sente con le orecchie, infatti, è portato spesso, lo dice la parola stessa, ad "orecchiare" e a credere di sapere o di aver capito: il rinforzo di insiemi di suoni uguali o simili uditi, più o meno distrattamente, in contesti diversi, può portare ad un'effettiva conoscenza ma anche spesso ad una illusione di conoscenza; chi, invece, sente con gli occhi (mi si permetta il gioco di parole), non soffre mai di questa sorta di "illusione acustica" e diventa per il docente una straordinaria cartina di tornasole dell'efficacia del proprio intervento didattico.

In modo particolare nell'educazione linguistica il ragazzo sordo diventa la "sentinella semantica" della classe ed evidenzia difficoltà delle quali i compagni sono inconsapevoli e che altrimenti non verrebbero manifestate all'insegnante.
Mi ritrovo così ogni giorno a fare i conti con Fabrizio, mia coscienza critica, che mi inchioda a un sempre maggiore rigore nella preparazione di itinerari didattici, di materiali, di controllo dei prerequisiti, di utilizzo critico dei manuali e via dicendo.
In più l'uso della LIS e la presenza dell'interprete per 10 ore alla settimana mi consentono di non appiattire o semplificare i messaggi e le comunicazioni (come è, invece, indispensabile fare quando Fabrizio si deve limitare alla lettura labiale) con grande sollievo mio e suo; possiamo infatti essere noi stessi, con i nostri tic linguistici, con le metafore che ci caratterizzano, con il nostro personale senso dell'umorismo. Ciò vale naturalmente anche per il resto della classe che non a caso, sta spontaneamente utilizzando la lingua dei segni, cosa che permette a Fabrizio di non perdere un aspetto fondamentale della lingua, quello sociale. Così Marco, suo vicino di banco, può fargli le battute che il professore non dovrebbe sentire o confidargli problemi o segreti ed è divenuto così disinvolto nell'uso della LIS che, qualche tempo fa, un collega di un'altra classe, durante l'ora di mensa, mi domandava se fosse lui l'audioleso.
La presenza dell'interprete ci permette inoltre di riflettere insieme sui meccanismi di formazione delle parole, istituendo paragoni tra i due sistemi linguistici.

Tra i ragazzi si è creata una competizione positiva: il bilinguismo di Fabrizio non è vissuto come un limite ma come una potenzialità, la sua curiosità nei confronti di tutto lo scibile e in particolare verso le lingue (studiando già nelle ore curricolari francese ed inglese, ha voluto anche essere iscritto al corso facoltativo di latino) è di stimolo a tutti, allievi ed insegnanti.
Viene da chiedersi soltanto perché Fabrizio debba essere un'eccezione degna di articoli su riviste e non la regola dell'inserimento dei bambini sordi in classi di udenti ma, il discorso sarebbe complicato....

ANNA PERINI, insegnante.