La prima fase: Accoglienza


L'Accoglienza è la prima parte del programma terapeutico-educativo del Centro Torinese di Solidarietà. Essa è e vuole essere un momento sociale d'incontro e proposta nonché un ambiente di maturazione e motivazione per la persona, i familiari e gli altri soggetti significativi.
Prima di articolarsi in tempi e strumenti, l'Accoglienza (che gestisce anche l'Orientamento precedente) è espressione di un atteggiamento, vale a dire il fare spazio. Essa caratterizza il percorso educativo con la filosofia del "tu solo puoi farcela ma non da solo". Accogliere e ascoltare, non giudicare, accompagnare, guidare e soprattutto promuovere attivamente la persona, il suo ambiente relazionale, le strutture sociali, stimolare le varie agenzie educative ad organizzarsi in una rete di sostegno e aiuto concreto con obiettivi condivisi e strumenti appropriati.
La gradualità è essenziale perché l'accoglienza diventi coinvolgimento, condivisione, impegno e motivazione. Essa è spesso una proposta nuova per la persona che fa uso di sostanze, ma deve saper promuovere alla rielaborazione del vissuto personale, familiare e sociale e inoltre valorizzare tutto ciò che è stato di aiuto prima dell'incontro con il Programma.
L'Accoglienza è incontro con persone e tra persone, in cui la memoria storica non è per sentenziare o per giudicare, ma per liberare le energie verso un progetto educativo.
Questa parte del Programma è già in se stessa attivamente educativa e svolge con i propri obiettivi e strumenti una funzione insostituibile nella sospensione del rapporto con la sostanza, prima di una risocializzazione che dal comportamento autodistruttivo promuova la persona ad essere gradualmente protagonista del percorso educativo e riabilitativo.
L'Accoglienza perciò vuole e può ribadire come la droga e la dipendenza da essa siano espressione di un bisogno personale, familiare e sociale, e come sia necessario guardare all'uomo nella sua interezza.
Inoltre si vuole sottolineare il superamento del rapporto medico-paziente, terapeuta-cliente; gli operatori-animatori non si pongono come maestri, tecnici specializzati, salvatori o modelli rigidi ma come persone che pur avendo una funzione di aiuto e accompagnamento condividono un'esperienza di vita e una filosofia di relazione.
L'Accoglienza è un lavorare con gli utenti, la famiglia, i servizi mettendo al primo posto la dignità dell'uomo e il valore della solidarietà. Creatività e flessibilità caratterizzano le relazioni nell'Accoglienza, ma insieme si cercano anche chiarezza, impegno e responsabilità, affinché le aspirazioni diventino realtà e le promesse si trasformino in impegno quotidiano. Altresì l'Accoglienza è promotrice di consapevolezza e di speranza; prepara a nuove tappe di maturazione, rinsaldando fiducia interiore e riconoscimento sociale, necessari per sviluppare la conoscenza di sé, favorendo il cambiamento degli atteggiamenti ed esperienze significative di responsabilità.
Infine l'Accoglienza è il primo vero reinserimento sociale per la persona che fa uso di droga; la non violenza, il non essere soli, il superamento dei pregiudizi e il rimettere l'uomo al centro connotano non solo il programma ma ogni gruppo sociale aperto che scelga di contribuire al miglioramento della qualità di vita e alla ricerca di senso e di significato tipica di ogni uomo.


La seconda fase: Comunità Terapeutica


Le comunità residenziali sono un modelllo in continua evoluzione e, pur avendo delle costanti, si diversificano in base alla tipologia delle persone che accolgono, alla caratteristica dell’inserimento nel territorio, ai servizi che offrono e alle modalità di realizzazione del processo di sviluppo personale e apprendimento sociale.
La comunità residenziale è innanzitutto un sistema metodologico in cui strutture, infrastrutture, organizzazione e relazioni sono al servizio della persona, che è al tempo stesso protagonista e fruitore.
Il superamento della Comunità Residenziale come luogo salvifico o laboratorio terapeutico permette di valorizzarla come luogo di incontro, che ha nella solidarietà, nella promozione di esperienze di vita, nell’offerta di partecipazione libera e impegnativa e nella relazione educativa fattori determinanti affinché l’utente possa rielaborare il proprio vissuto storico, conoscere se stesso, sperimentare atteggiamenti e rapporti aperti, valorizzare le proprie risorse e capacità e ampliare gli orizzonti spirituali, cioé il senso per la vita.
La comunità residenziale perciò mantiene la necessaria coesione dei residenti tra di loro e con lo staff, ma anticipa oggettive dimensioni del Reinserimento in un continuo rapporto sociale.
La continuazione delle relazioni con famiglia, amici e conoscenti è una necessità non solo per la persona ma anche per un processo educativo che non vede nel solo ambito comunitario la panacea ai diversi bisogni dei residenti.
Perciò la Comunità Residenziale non si identifica a partire dalla struttura o da un presunto isolamento, ma anzi da un graduale guardare oltre se stessa.
Di notevole rilievo è la dimensione di apprendimento a cui la Comunità Residenziale promuove la persona nel lavoro quotidiano, nella gestione della propria vita, nell’organizzazione del tempo, nella riappropriazione di momenti culturali e nel recupero scolastico.
In sintesi la Comunità Residenziale è sempre più un ponte personale-sociale in grado di poter favorire l’equilibrio personale, l’esperienza di valide e significative relazioni, il confronto con la realtà quotidiana e il continuo collegarsi della persona e del gruppo con i vari ambiti sociali.
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Pagina a cura di Massimo Taronna (gspele@arpnet.it)
Ultimo aggiornamento il 7 gennaio 1996