Fantastiche risonanze e vecchi ricordi
di Silvia Treves
Anche questo ALIA3 è terminato. E io, che ho il compito di effettuare le ultime
variazioni indicate dalla nostra temibile correttrice di bozze, ho anche il privilegio
di leggere per prima l’intera antologia, racconto dopo racconto, annotati e completi
di paratesto. Certo è una grossa responsabilità... Quando la tipografia consegnerà
le copie definitive e i collaboratori presenti le sfoglieranno, alla fatidica domanda:
«Ma chi è stato a farsi scappare quest’orrendo refuso?» tutti potranno rispondere
sereni: «Lei».
Tutti tranne «lei», cioè me.
Però...
Io l’ho vista per prima, completa, vera. Come una levatrice. Una bella
soddisfazione.
E quest’anno, come e forse più degli anni precedenti, ho motivo di essere molto
soddisfatta.
Il progetto ALIA è nato per presentare ai lettori esempi di fantastico provenienti
da culture e sottogeneri diversi? Per dimostrare quanto acuto, immaginifico e rive-latore
sappia essere lo sguardo degli autori di genere? Allora ALIA3 ha centrato il
bersaglio.
I racconti italiani sono vivaci, struggenti, «politici» nel senso più vero del termi-ne;
sono inquietanti per ricordarci che gli umani non sono le sole, né le migliori,
creature intelligenti del mondo; ironici per ammonirci che la Storia che conosciamo
non è l’unica possibile.
I racconti anglosassoni sono chicche (non solo) per appassionati, prove che il
fantastico di un tempo sapeva ipotizzare altre società, osando rimescolare carte che
credevamo distribuite una volta per tutte; che «space opera» non è sempre sino-nimo
di escapismo ingenuo, ma spesso impegno a immaginare mondi futuri e
diversi e, al loro interno, eroi per caso o per vocazione e i loro possibili destini; che
nulla o quasi è più sciocco della pretesa di identificare gli autori con i loro perso-naggi,
perché questo genere di narrativa, anche nelle sue forme «minori», ha
sempre un altro asso da calare a sorpresa, o il fantasma gentile di un artista del
ring da mandare in soccorso di chi è nei guai...
La sezione giapponese è qui apposta per convincere i lettori che il fantastico è
fantasticamente variegato, seducente, allusivo. Capace di raccontare le nostre com-plessità
e i nostri sogni, gli strani angeli della nostra mente e le piccole ossessioni
quotidiani, e l’infanzia lontana che dimora ancora dentro di noi, e il rimpianto per
gli amici perduti e per le occasioni mancate e il nostro destino di genitori e figli e
la dignità dolorosa di accettarne il peso.
ALIA3 è questo. Niente di più: la prova della vitalità di un genere, un premio
alla testardaggine (nostra) e alla collaborazione cortese degli autori italiani e giap-ponesi,
la dimostrazione che insieme si può fare.
Grazie a Massimo Soumaré per averci reso il Giappone un po’ più vicino. Gra-zie
agli autori giapponesi perché amano raccontare le loro storie tanto da avercele
affidate.
Grazie a Vittorio Catani impareggiabile conoscitore del fantastico e dei suoi
cultori. Grazie agli autori italiani che da anni ci aiutano e ci danno fiducia
Grazie a Davide Mana per il suo lavoro di ricerca, per aver resuscitato vecchie
glorie, per le piccole grandi storie che sa trovare. E per avermi fatto tornare in
mente le mie prime letture di fantascienza: l’Edmond Hamilton bizzarro e gran-dioso
del fascinoso Lupo dei cieli Morgan Chane e, per contrasto, il John
Wyndham sottile e inquietante del Lichene cinese e di Considera le Sue vie, storie
davvero fantastiche lette di nascosto, a otto anni, nei vecchi «Urania» scovati sul
comodino di mamma e papà.
Grazie a loro, i genitori, tenaci esploratori di mondi alternativi nei vecchi libri
sulle bancarelle.
Grazie a Marina Schembri, perché insegue la perfezione (anche se noi siamo
soltanto umani).
Grazie a Inoue Masahiko per averci insegnato la magica via del kotodama.
Risuoni alto, il kotodama, come augura Inoue, e ci unisca tutti. Ne abbiamo
tanto bisogno.