ALIA 2004

Sezione Giappone - ALIA 2004
a cura di Massimo Soumarè

Sebbene il fantastico abbia conosciuto nella terra del Sol Levante un notevole sviluppo in tutti i suoi generi tanto da creare nuovi filoni narrativi autoctoni propri e caratteristici, esso risulta del tutto sconosciuto al lettore italiano a causa della mancanza di traduzioni dei testi. Un vero peccato dal momento che l'horror, il fantasy, la fiaba e la fantascienza nipponici annoverano uno tra i massimi panorami letterari al mondo, con una nutrita schiera d'autori dalle grandi capacità immaginifiche unite a un'eccellente e originale scrittura. Molti di loro sono noti come validi esponenti della cosiddetta letteratura «colta» come, per citare un esempio noto al grande pubblico, lo scrittore Abe Kôbô (1924-1993).
Oltre ai generi classici sono state create particolarità tipiche quali il filone ero-guro (erotico-grottesco), nel quale si cimentò con ottimi risultati anche Edogawa Ranpo (1894-1965), dove lo scrittore sviluppa le sue opere esplorando a trecentosessanta grandi gli abissi della mente umana, tessendo un filo di trame grottesche immerse in atmosfere da sogno o, per meglio dire, da incubo permeate da una vena di lucida follia e di eros. O ancora il recente Yôkai misuteri (giallo con mostri) creato da Kyôgoku Natsuhiko, nel quale la tradizione folclorica locale e la pratica magica dell'onmyôdô [letteralmente «la via yin e yang». Sistema di divinazione creato nell'antico Giappone sulle basi di precedenti tecniche mistiche cinesi] vengono rivisitate per dare vita a un genere dove la deduzione alla Sherlock Holmes si fonde con il motivo della caccia e dell'esorcismo del mostro, salvo rivelarsi quest'ultimo nient'altro che un'emanazione degli aspetti oscuri dell'uomo. Questi romanzi hanno riportato in auge in Giappone l'interesse per la magia esoterica tradizionale. Interesse che si rileva anche nella produzione di Bandô Masako (n. 1958) anch'ella dedicatasi, dopo un soggiorno di studio nel campo del design di due anni a Milano, alla stesura di romanzi che traggono spunto dalle antiche leggende della sua patria. E come non menzionare i racconti dell'orrore e del fantastico di Suzuki Kôji (n. 1957), autore della serie di Ring [Ringu, 1991] – le cui pallide versioni cinematografiche americane e giapponesi non rendono minimamente giustizia a un lavoro di qualità letteraria a dir poco impressionante. E ancora l'horror scientifico-medico di Sena Hideaki (n. 1968) e del suo Il parassita Eva [Parasaito-ivu, 1995], metà del quale viene dedicato alla minuziosa spiegazione delle tecniche di trapianto d'organi, per poi improvvisamente scivolare nella vicenda dello scontro tra il protagonista e un mostro di Frankenstein persino più inquietante e sinistro di quello inventato da Mary Shelley (1797-1851).
L'elenco è interminabile, e bisogna ancora considerare che i pochi autori citati appartengono solo all'ultima generazione! Risulta quindi chiara la vastità e la qualità del materiale prodotto ed è altrettanto palese la difficoltà della presentazione di tali opere nel nostro paese.

Il primo racconto della sezione o, per essere più precisi, la prima serie di fiabe sono la traduzione integrale della raccolta Chiruchiru-michiru [Chiruchiru-michiru, 1920] di Yamamura Bochô. Poeta e favolista, in Chiruchiru-michiru, forse uno dei suoi lavori più rappresentativi, Yamamura ha racchiuso tutti i suoi più profondi sentimenti e le sue speranze, come egli stesso scrive nella prefazione all'opera. E in questo caso non si tratta di mere parole: scrisse tali fiabe nel periodo in cui la sua salute era ormai irrimediabilmente compromessa dalla tubercolosi, male che quattro anni dopo lo avrebbe costretto ad abbandonare questo mondo. Non bisogna quindi stupirsi della quasi onnipresente presenza della morte e di una evidente vena di malinconia. La raccolta fu il suo testamento spirituale, dedicato a quei bambini che tanto aveva amato e ai quali voleva lasciare un profondo messaggio di vita costruito sulle basi della sua esperienza personale. Il lirismo che pervade ogni singola fiaba è toccante ed eccellente èla descrizione delle caratteristiche positive e negative dell'essere umano. Anche il tocco felice con cui Yamamura dà vita ai suoi animali, riuscendo a conservare il loro aspetto naturale senza trasformali in semplici maschere dell'uomo, è notevole. Questa è una caratteristica di tutta la sua opera poetica. In molte poesie egli seppe dare, con grande sensibilità, voce alle creature della natura, creando un dialogo tra il poeta e gli altri esseri viventi, come risulta particolarmente evidente, per esempio, nella favola che termina la raccolta, La melodia segreta dei sasage.
Yamamura, che a diciotto anni aveva ricevuto il battesimo, svolse per lungo tempo attività d'evangelizzazione in Giappone e tale esperienza, unita alle molte vicissitudini che dovette affrontare nel corso della sua esistenza, influirono sicuramente sulla sua personalità letteraria.

Le due opere seguenti Cravatta blu [Aonekutai] e Il tè kunlun [Konroncha] di Yumeno Kyûsaku in realtà fanno parte di un unico racconto dal titolo I pazzi ridono [Kyôjin wa warau, 1932]. Yumeno, figlio di un'eminenza grigia del primo governo giapponese sorto dopo la Restaurazione Meiji (1868), ebbe un rapporto difficile con il padre e durante la sua vita intraprese i più disparati mestieri. Tuttavia fu uno scrittore estremamente prolifico, dotato di una sconcertante capacità creativa che rapidamente ne fece il maestro indiscusso del genere erotico-grottesco. Le sue opere sono a dir poco sconvolgenti, capaci di coinvolgere il lettore in un turbinio di luci e ombre dove realtà e finzione si mescolano fino a divenire indistinguibili. In particolare, caratteristici sono i suoi «monologhi di pazzi», di cui il racconto breve I pazzi ridono rappresenta un ottimo esempio. Il tema dei malati di mente fu un motivo ricorrente dei suoi lavori, probabilmente dovuto a una sua traumatica esperienza giovanile (la matrigna tentò infatti di farlo internare in ospedale psichiatrico per escluderlo dai diritti sull'eredità paterna). I monologhi sono dotati di una grande vitalità e si compongono di un rutilante susseguirsi di parole. La verità-menzogna dei pazzi assurge a racconto surreale dove eros, grottesco e assurdo si mescolano senza posa. Ne trabocca un fine umorismo, ma allo stesso tempo una profonda tristezza che lascia un senso d'inquietudine dopo la lettura. Yumeno è uno degli scrittori più interessanti e innovativi del panorama letterario nipponico, tanto che l'Agenzia per gli Affari Culturali giapponese ha consigliato la traduzione all'estero dell'opera Dogra Magra [Dogura-magura] per il 2002-03.

Seguono due racconti di Miyazawa Kenji, il poeta e lo scrittore di favole forse più amato dai giapponesi, a dispetto del fatto che abbia raggiunto la fama solo dopo la morte e che in vita sia riuscito a pubblicare in volume, oltretutto a proprie spese, solo la raccolta di poesie La primavera e gli Asura [Haru to shura, 1924] e la raccolta di fiabe Un ristorante pieno di richieste [Chûmon no ôi ryôriten, 1924]. La sua immaginazione ha prodotto storie delicatissime che, seppure estremamente complesse da interpretare, colpiscono direttamente il cuore del lettore trasportandolo in un mondo dove gli elefanti giocano a go e lo scorrere dell'acqua di una fontana ridona le energie a un febbricitante fanciullo oca. Ma le favole di Miyazawa non sono semplici invenzioni della mente e in esse noi ritroviamo, per esempio, la critica sociale, come in Obber e l'elefante [Obberu to zô, 1926] dove Miyazawa con abile satira denuncia lo sfruttamento delle masse, o temi religiosi come in Il fanciullo oca [Kari no dôji,1923], la sua favola buddista più rappresentativa. L'autore fu difatti seguace del buddismo del monaco Nichiren (1222-82) e svolse attività di diffusione della sua dottrina nella capitale. A questo proposito, possiamo notare, seppur ovviamente in forma differente, una certa somiglianza d'atmosfera spirituale tra Il fanciullo oca e la raccolta Chiruchiru-michiru di Yamamura Bochô. Entrambi gli autori fecero la medesima esperienza di proselitismo anche se per religioni differenti, entrambi nutrirono un profondo e disinteressato amore verso il prossimo, entrambi scrissero fiabe e composero poesie e infine, per entrambi, il destino decretò una morte prematura.
Sembra che Miyazawa abbia preso spunto per Il fanciullo oca dal rinvenimento, da parte dell'esploratore e archeologo inglese Mark Aurel Stein (1862-1943), di un affresco rappresentate una «figura alata» tra le rovine di un tempio buddista situato ai piedi della catena montuosa del Kunlun in Cina.

Unno Jûza, un nome completamente sconosciuto al lettore italiano. Eppure questo scrittore viene considerato a buon diritto il padre della fantascienza giapponese! Nel centinaio di racconti brevi e romanzi che ci ha lasciato ha affrontato in pratica ogni ramo della fantascienza e con idee sorprendentemente attuali, si veda il trapianto di pelle in Il mondo dopo mille anni [Sennengo no sekai, 1939]. La solida preparazione scientifica (si era difatti laureato alla prestigiosa Università Waseda di Tôkyô in elettrotecnica) gli servì per dare credibilità ai suoi racconti, la capacità nello scrivere e la vena ironica seppero conquistare il pubblico. Ma la fantascienza non fu il suo unico interesse, scrisse anche romanzi gialli, a sfondo scientifico e per ragazzi. In Il caso dell'omicidio del robot [Robotto satsugaijiken, 1931], mischiando sapientemente vari elementi, ci presenta un storia di spionaggio con tanto di robot, ambientata nella Shanghai degli anni trenta, vista però non dalla parte dell'«eroe americano duro ma dal cuore tenero», bensì da quella di una fredda spia nipponica ben determinata, con pochi scrupoli e dal solido background scientifico. Nelle parole a sostegno del progresso scientifico proferite dal personaggio principale possiamo trovare eco della fede di Unno nella scienza moderna.

Dazai Osamu è ben noto per le sue opere dal tono pessimista, però in Corri Melos [Hashire Merosu, 1940], composto durante la fase intermedia della sua attività di scrittore, ci offre una stupenda favola ambientata nell'antica Grecia, dalla valenza assai positiva sul valore dell'amicizia e della fiducia, seppure, a onor del vero, alla fine permanga comunque una vaga ombra oscura. Lo stile adoperato dall'autore è superbo, semplice ma allo stesso tempo vibrante di forza. Leggendo il racconto pare di correre insieme a Melos, di divertirsi con lui al banchetto per le nozze della sorella, disperarsi con lui davanti al ponte distrutto dai flutti e poi correre fino a che il sangue esca dalla bocca in un ultimo supremo sforzo teso a mantenere la parola data. Il racconto si basa sulla leggenda greca dell'amicizia tra Damone e Finzia e su una poesia del poeta tedesco Friedrich von Schiller (1759-1805). Ovviamente Dazai attualizza la storia e lo stile, pur lasciandone inalterata la bellezza originale. Pare che l'occasione per la stesura del racconto derivasse dalle vicissitudini occorse in un viaggio compiuto con l'amico scrittore Dan Kazuo (1912-76), dopo che entrambi erano rimasti privi di denaro. Corri Melos è un opera estremamente popolare in Giappone, viene riportata su numerosi testi scolastici (così come avviene per molte favole di Miyazawa Kenji) e spesso ne vengono tratti spettacoli teatrali.

Hayami Yûji appartiene alla nuova generazione di scrittori del fantastico nipponici. Pur conservando l'abilità narrativa che ha sempre contraddistinto i letterati della sua patria, egli apporta nuove visioni che s'inseriscono comunque perfettamente nella concezione moderna della letteratura di fantascienza e dell'orrore. Ciò risulta evidente anche in La fanciulla della luna [Tsuki no musume, 2000], un racconto breve dal forte sapore onirico dove, con frasi assai simili a pura poesia, introduce in una storia decisamente fantastica il tema dello stupro. Degne di nota sono la delicatezza con cui vengono descritti i sentimenti della giovane protagonista e le rapide pennellate con cui Hayami delinea lo sfondo. Il riferimento alla leggenda di derivazione cinese del coniglio della luna non è casuale dal momento che l'autore, nutrendo un profondo interesse per la Cina, spesso inserisce nelle sue opere richiami a essa. La fanciulla della luna è uscito in Giappone in una raccolta antologica dove ciascuno dei racconti inclusi aveva come tema uno dei segni zodiacali.
Oltre all'attività di scrittore vera e propria (ha pubblicato una ventina di libri più numerosi racconti brevi), Hayami si occupa anche di redigere articoli per riviste e di scrivere sceneggiature per programmi televisivi e serie d'animazione inerenti i temi a lui cari.

La presente antologia vuol quindi essere un semplice assaggio della narrativa fantastica giapponese, presentando, con ordine cronologico che segue la data di nascita dei vari scrittori e non quella di stesura dei lavori, alcune opere significative che vanno dagli inizi del XX secolo fino ai giorni nostri. Uno sforzo particolare è stato compiuto per tentare di rendere in italiano lo stile e l'atmosfera che permea i racconti originali. Pertanto, ad esempio, in Il mondo dopo mille anni invece di utilizzare il termine più attuale di «ibernazione» si è invece preferito attenersi al vocabolo «congelamento» utilizzato dallo scrittore.


  •  Yamamura Bochô (1884-1924)

    Nato nella prefettura di Gunma, il suo vero nome era Tsuchida Hakkujû. Conobbe un'infanzia travagliata. Già dal tempo in cui frequentava la Scuola Seisan'isshin (l'attuale Università di Rikkyô di Tôkyô) incominciò a interessarsi di letteratura e, dopo aver terminato gli studi, svolse attività di predicazione cristiana in vari luoghi. Le sue poesie dall'acuta sensibilità gli valsero l'attenzione del pubblico. Insieme ai poeti Hagiwara Sakutarô (1886-1942) e Murô Saisei (1889-1962), con cui intrattenne profondi scambi culturali tutta la vita, fu il fondatore delle riviste di poesia «La fontana sul tavolo» [Takujôfunsui, 1915] e «Sentimento» [Kanjô,1916]. A dispetto della tisi, della perdita del lavoro, della vita errabonda e delle varie avversità continuò a scrivere poesie, fiabe e canzoni per bambini con uno stile ricolmo d'affettuosa umanità. Durante gli ultimi anni con parole semplici compose ispirati inni in lode della natura. Tra le sue raccolte poetiche vanno ricordate Solenni cristalli della Trinità [Seisanryôhari, 1915], aspramente criticata all'uscita per l'utilizzo libero della poesia parlata nonostante il grande valore innovativo dell'opera che precorreva il nuovo stile poetico che due anni dopo avrebbe conosciuto il successo con la raccolta Abbaiare alla luna [Tsuki ni hoeru, 1917] di Hagiwara, Il vento ha bisbigliato alle piante [Kaze wa kusaki ni sasayaita, 1918] e Nuvole [Kumo, 1925] pubblicata postuma.

  •  Yumeno Kyûsaku (1889-1936)

    Vero nome Sugiyama Yasumichi, era figlio dell'importante esponente della corrente di destra Sugiyama Shigemaru (1864-1935). Frequentò l'Università Keiô di Tôkyô senza però portare a compimento gli studi. All'inizio si dedicò alla gestione di un'azienda agricola, ma in seguito svolse svariati mestieri arrivando anche a farsi monaco e divenendo poi giornalista. Infine trovò la sua vocazione nell'attività di scrittore, occupando con la sua prosa grottesca e fantastica dalle forti tinte un posto unico nella storia della letteratura giapponese. Il suo capolavoro è Dogra-Magra [Dogura-magura] un romanzo di circa milleduecento fogli scritto l'anno precedente la morte. Da esso è anche strato tratto nel 1988 un film dall'omonimo titolo diretto dal regista Matsumoto Toshio. Di Yumeno in italiano è stato tradotto L'inferno delle bottiglie [Binzume no jigoku], trad. Sagiyama I., «Il Giappone», XXX, 1990, pp. 109-17 e le fiabe giovanili Amefuri bôzu [Amefuri bôzu], Negli occhi del maestro [Sensei no medama ni] e Il cannocchiale prodigioso [Fushigina engankyô], trad. M. Soumaré, «LN-LibriNuovi», 25, 2003, pp. 152-65.

  •  Miyazawa Kenji (1896-1933)

    Nato nella prefettura di Iwate, mentre studiava scienze agrarie alla Scuola Superiore di Morioka divenne seguace della dottrina di Nichiren. Durante il periodo in cui svolse la professione d'insegnante presso un istituto d'agraria compose diverse poesie e favole. Abbandonato poi l'insegnamento con il proposito d'approfondire le conoscenze sulla vita degli abitanti delle campagne, si dedicò personalmente alla pratica del dissodamento dei terreni e costituì l'associazione Rasuchijin kyôkai mettendo gratuitamente a disposizione dei contadini la sua competenza tecnica per la risicoltura e organizzò per loro vari eventi culturali. In italiano sono stati pubblicati in traduzione Una notte sul treno della via lattea e altri racconti [Ginga tetsudô], trad. G. Amitrano, Venezia, Marsilio, 1994, Allarme, Allarme! [Asa ni tsuite no dôwateki kôzu], trad. Hiraishi Amato A., Giunti, 1994, Il violoncellista Gôshu e altri scitti [Serohiki no Gôshu], trad. Muramatsu M., La vita felice, 1996, Le stelle gemelle [Futago no hoshi], trad. G. Leone, «Il Giappone», XXXVII, 1997, pp. 117-128, I gigli di Gadolf [Gadorufu no yuri], trad. M. Soumaré, «A Oriente!», 8-Giapponese, 2002, pp. 90-97 e le poesie Scenetta nella bouvette al piano superiore di Maruzen [Maruzen kaijô kitsuenshitsu shôkei] e Dei pareri sul luogo candidato a parco nazionale [Kokuritsukôenkôhochi ni kansuru iken], trad. Fuchino T., «A Oriente!», 8-Giapponese, 2002, pp. 18-25. Il racconto Kari no dôji è stato anche tradotto da G. Leone in «Il Giappone», XXXVIII, 1998, pp. 195-201.

  •  Unno Jûza (1897-1949)

    Fondatore della fantascienza nipponica, il suo vero nome era Sano Shôichi. Nacque in una famiglia di medici della città di Tokushima. Nel 1928 esordì come scrittore con il romanzo giallo Il caso della morte misteriosa nel bagno elettrico [Denkifuro no kaishijiken]) pubblicato sulla rivista «Nuova gioventù» [Shinseinen]. Durante la guerra del Pacifico produsse in gran quantità romanzi scientifici militaristi e prestò servizio come membro della sezione stampa della marina militare imperiale. La sconfitta del Giappone fu per lui un duro colpo, seguito, nel 1946, dalla morte del suo caro amico autore di libri del mistero Oguri Mushitarô (1901-46), evento luttuoso che gli tolse le ultime energie rimaste. Unno trascorse gli ultimi anni della sua vita in uno stato di profondo scoramento. I caratteri che compongono il suo nome vengono anche letti Unno Jûzô. Ha inoltre lasciato opere con la firma Oka Kyûjûrô. Per i volumi di manualistica tecnica utilizzò comunque sempre il suo vero nome.

  •  Dazai Osamu (1909-48)

    Sesto figlio di un proprietario terriero di Tsugaru, dopo essere entrato nel movimento comunista se ne dissociò e scrisse la sua prima raccolta di opere originali dal titolo Gli ultimi anni della vita [Bannen, 1936] con l'intenzione di farne il proprio testamento spirituale. Durante il tormentato periodo della guerra del Pacifico fu uno dei pochi scrittori a proseguire nella propria attività creativa senza cedere a compromessi. Il romanzo Il sole si spegne [Shayô] pubblicato nel 1947 ebbe grande risonanza e attrasse una moltitudine di giovani lettori. Dazai morì suicida all'età di trentanove anni. Numerose sue opere sono state tradotte in italiano. Ricordiamo Il sole si spegne [Shayô], trad. dall'inglese di L. Bianciardi, Milano, Feltrinelli 1984 e Joseito-La studentessa [Joseito], trad. M. Scalise, Paese, Pagus 1991.

  •  Hayami Yûji (n. 1961)

    Nato nella prefettura di Aomori, dal 1982 ha iniziato a scrivere per la rivista «SF Izumu» collaborando in seguito con diverse pubblicazioni. Nel 1988 debutta con il romanzo La strada d'estate-Summer road [Natsukaidô-Samârôdo], continuando negli anni successivi a scrivere vari romanzi fantastici spesso ambientati in grandi città o inerenti temi surreali. Tra le sue opere più significative si segnalano L'orco dell'estate Altri orchi [Natsu no oni Sono ta no oni, 2001] e i racconti brevi pubblicati nella serie di volumi antologici «Collezioni differenti» [Igyô korekushon] editi a partire dal 1997. Si è inoltre occupato della stesura di numerosi libri che sono la riduzione in forma di romanzo di manga d'ambientazione fantascientifica o orrorifica tra i quali possiamo citare i volumi su «Bioarmatura potenziata Guyver» [Kyôshoku sôkô Gaivâ]e «La principessa vampiro Miyû» [Kyûketsuki Miyû].

    Un interessante saggio sul fantastico nipponico dal titolo Le origini della fantascienza giapponese. Un profilo storico-letterario è stato pubblicato a cura di Lorenzo Cappellini in Software. I nuovi robot, in «Urania» 1382, 2000, pag. 223.