Lettera a Corrado Augias – La Repubblica
Spesso la Scuola non occupa
una posizione centrale all’interno del dibattito politico, culturale,
filosofico italiano. Quando questo avviene non è raro imbattersi in operazioni
di carattere nostalgico, messe in moto da personaggi rappresentativi della
scena culturale del nostro paese, ma poco attenti ed informati relativamente
all’infanzia e alle esperienze pedagogiche, didattiche, educative in atto, in
modo particolare, nella scuola elementare o primaria che dir si voglia.
È il caso dell’articolo dal
titolo “Elogio del Tempo Vuoto”
apparso nelle pagine della Cultura de “La Repubblica” di giovedì 12 febbraio
’04, con l’autorevole firma di Pietro Citati. È passato un po’ di tempo, ma
dopo averlo letto e averne discusso, abbiamo ritenuto indispensabile riaprire
il dibattito.
L’esordio stesso è
significativo: ci rimanda ad un tempo, a luoghi e a simboli che fanno parte di
un passato molto remoto, assai distante dal presente. Era il 1937, per quattro
mesi all’anno i bambini giocavano con la neve in corso Oporto a Torino, dove si
trovava, tra le altre, casa Agnelli; si viaggiava con la Fiat Topolino, almeno
chi se lo poteva permettere.
Oggi - 2004 - in quella
strada, che porta il nome di G. Matteotti, la neve alberga pochi giorni l’anno,
come peraltro in ogni angolo della città, poiché anche le stagioni sono
cambiate e non sono più quelle di una volta; mentre gli Agnelli risiedono in
collina, come si addice a persone del loro rango. Non mancano invece le
automobili, anche se hanno un aspetto meno romantico della mitica Topolino ed
in compenso sfrecciano in quella giungla che è il centro cittadino, costituendo
un pericolo mortale per quei bambini che desiderassero avventurarcisi senza una
guida adulta.
Allora l’orario scolastico
era, come si dice in gergo, spezzato: tre ore la mattina e un paio al
pomeriggio; in mezzo, tra le 12.00 e le 14.00, si tornava a casa per pranzare,
liberi dalle costrizioni imposte dalla vita di comunità. Si andava e tornava da
scuola con la sola compagnia di alcuni amici, anche all’età di 7 anni; allo
stesso modo si facevano i compiti senza che i genitori se ne occupassero, anche
se presenti, come nel caso di una madre non lavoratrice. La giornata si
concludeva con due o tre ore di libertà assoluta: giochi, disegni, letture,
uscite.
L’autore di questo articolo,
dai contorni autobiografici, esprime la propria profonda repulsione per “l’orribile tempo pieno”, sostenendo che
non sarebbe sopravvissuto a otto o dieci ore di “socializzazione forzata” e affermando che neppure i bambini di
oggi hanno bisogno di tanto tempo passato a scuola, dato che solo nel 36% dei
casi entrambi i genitori lavorerebbero fuori casa. Così dicono le statistiche.
È vero, lo stato non impone
il tempo pieno nelle scuole elementari. Ma è pur vero che nelle regioni del
nord, ad esempio nel Piemonte dove questo tipo di organizzazione scolastica ha
avuto origine, più di trent’anni fa, la percentuale indicata è molto più alta:
la maggioranza dei bambini ha entrambi i genitori al lavoro, dato che un solo
stipendio non permetterebbe di affrontare un costo della vita tra i più
elevati. Capita anche che il tempo pieno non costituisca una scelta obbligata,
ma un’opzione rispondente a personali criteri pedagogici.
Ma probabilmente Pietro
Citati - e come lui molti altri - non ha idea di cosa siano il tempo pieno e la
scuola elementare italiana, invidiata in tutto il mondo, USA compresi. Una
scuola ben diversa da quella di un tempo con il maestro in cattedra e il
calamaio nel banco.
I bambini non trascorrono le
loro giornate seduti al proprio posto ad ascoltare, più o meno attentamente, il
verbo che sgorga dalla bocca del docente. La scuola è un contenitore di
esperienze e di opportunità, l’insegnante ha il compito di facilitare il
percorso di apprendimento, il sapere non è trasmesso, ma si costruisce,
attraverso la quotidiana acquisizione di conoscenze, competenze e
metaconoscenze, ed in situazioni sempre diverse: l’aula, i laboratori, la
palestra, il parco, la strada, la città … Chiunque, anche Citati, può venire a
visitare le nostre scuole – crediamo di poterlo dire a nome di molti docenti e
genitori – e constatare personalmente che i bambini riescono anche ad imparare
divertendosi, a coltivare la mente, il corpo e le emozioni, in una dimensione collettiva
niente affatto disastrosa o terribilmente noiosa.
Le cronache non narrano di
bambini morti di “socializzazione
forzata”, piuttosto di bambini investiti dalle auto in corsa, abbandonati
negli ospedali o nei cassonetti, maltrattati anche tra le mura di casa, non
tutelati o semplicemente ignorati da adulti troppo distratti e occupati a
seguire i propri ritmi forsennati, ben diversi da quelli degli anni trenta. Di
bambini utilizzati come corrieri della droga, come giovani rapinatori
impunibili, come lavoratori a bassissimo costo. Di televisioni che promettono
fasce protette adatte a loro, senza poterle – o volerle – garantire. Di
interessi economici che gravitano attorno all’infanzia, unica certezza di un
paese industriale in declino.
E raccontano di un Ministro
che parla di percorsi personalizzati senza dire come e con quali soldi devono
essere concretizzati. Di un Ministro ed un governo che offrono risorse alla
scuola privata per garantire la competitività, sana ed indispensabile per la
crescita di quella statale, come se si trattasse di una fabbrica di automobili.
Di un Ministro ed un governo che vorrebbero far sparire il tempo pieno ed
insieme la scuola di stato, non in obbedienza a virtuosi indirizzi pedagogici,
piuttosto per rispondere a necessità di risparmio.
Proprio così, caro Citati.
Il suo “Elogio del tempo vuoto” – condivisibile, almeno in parte - ed il
conseguente disprezzo per il tempo pieno piovono oltretutto nel momento più
sbagliato e rischiano di offrire un argomento in più a chi si è posto
l’obiettivo di risparmiare a spese della formazione e della cultura.
Ma è lungimirante chi pensa
di poter risparmiare sulla pelle dei bambini, cioè sul nostro futuro?
Condividiamo: i bambini sono
divertenti, sono gli esseri umani più interessanti e divertenti. E noi, padri,
madri, educatori, insegnanti li amiamo ed amiamo stare con loro, perché ci
piace, ci arricchisce, ci fa sperare ed essere ottimisti nonostante tutto. E
certamente i bambini non hanno bisogno che qualcuno organizzi ogni minuto della
loro esistenza; i momenti e gli spazi di solitudine, di ozio, di tempo vuoto,
senza la supervisione adulta, hanno diritto di cittadinanza. Ma tutto questo
non deve necessariamente essere posto in contrapposizione ad un tempo pieno,
ricco di esperienze altrettanto formative.
E soprattutto non può essere
collocato fuori dal tempo: l’immagine di un gruppo di bambini piccoli, che
giocano per le strade, tirandosi le palle di neve, mentre la mamma è a casa ad
aspettare … è molto bella e romantica. Ma appartiene al passato.
Molto è cambiato e anche le
stagioni non sono più quelle di una volta.
COORDINAMENTO DI GENITORI E
DOCENTI DI ORBASSANO