CHAOS

Redazionale




Una delle cose più difficili da fare, quando si parla di se stessi, è conservare la capacità di non prendersi troppo sul serio. Chaos torna alle pubblicazioni dopo un bel po' di tempo. Non è il caso di fare proclami. Ritorna dopo un silenzio travagliato dalle piccole miserie che accompagnano sempre, come una muffa inguaribile, le imprese politico-culturali caratterizzate dalle ridotte disponibilità finanziarie, dall'impegno gratuito ed entusiasta di pochi, dalla fiducia nella pazienza, di cui talvolta in verità abbiamo abusato, di lettori-sostenitori. In una parola, le miserie dell'agire politico indipendente in un panorama di frammentazione generalizzata che comprende anche (o soprattutto) le aree di antagonismo, di autoproduzione, le esperienze di autorganizzazione. Un quadro e un vissuto ben noti.
Ma non ci pare il caso di insistere troppo, di drammatizzare ulteriormente: il rischio concreto (è già successo, succede continuamente) è di finire con il compiacersene, di abbandonarsi alla consolazione che ogni sicurezza può elargire, compresa quella della sconfitta, anche solo prospettata, annusata, sniffata.
E' pur vero che "Non con uno schianto finirà il mondo, ma con un piagnisteo". E' però altrettanto certo che una vera Cassandra resta inquieta fino alla morte e che non si arrende al sospetto o al disprezzo altrui, anzi cerca di comprendere, finisce per farsi carico delle ragioni (o dei deliri) degli altri.
Tuttavia, Cassandra non può dire che il vero. A noi non è toccato in sorte questo tragico destino.
Detto altrimenti: c'è in giro troppo ordine (nonostante le apparenze) affinchè una debole anomalia come Chaos non si confonda con quel po' di rumore di fondo che l'attività ordinatrice inevitabilmente provoca e porta con sè? Non siamo che un infimo punto di attrito sul grande piano inclinato della storia del capitale, sul punto di compiersi nell'epifania della mondializzazione?
Porsi di queste domande non è (solo) esercizio di follia. Il ruolo di una rivista ambiziosamente piccola come la nostra non è per nulla scontato. Non c'è nulla di nuovo nel mezzo in sè, non mancano certo le esperienze passate e presenti con cui confrontarsi, o fare i conti. Tuttavia, nemmeno le tre classiche domande che puntualmente si materializzano nel fumo fitto delle riunioni di redazione - a chi ci rivolgiamo? di cosa davvero vogliamo parlare? come comunichiamo? - sembrano essere in grado di definire una razionalità dell'agire comunicativo sufficientemente salda e durevole, sia pure nei limiti riconoscibili di capacità e volontà parziali e situate. Rispondere - faticosamente - a quelle domande, con tutta la loro urgente premura, semplicemente non basta più. Di esse non resta che il lavoro di trama ed ordito di una Penelope insonne e sfiancata, cui non resta che aggrapparsi alla percezione che - là fuori - si prepari l'ineluttabile ritorno di un Ulisse vittorioso, che ne giustifichi (sia pure a posteriori) l'esistenza e il travaglio.
Egemonia o rottura degli schemi consolidati? E' pressapoco questa la questione che è cresciuta nel dibattito della redazione, e che ha caratterizzato la nostra piccola "crisi di transizione". Deve un'esperienza come Chaos fare egemonia, con tutto il rispetto per le condizioni reali e gli ambiti di confronto?; deve tendenzialmente organizzarsi e qualificarsi come punto di riferimento per realtà frammentate, isolate, senza voce, e dunque dotarsi di una identità riconoscibile?; deve dunque riconoscere che mancare di parecchio quegli obiettivi significa non assolvere il proprio compito principale e quindi mettere fine alla propria storia? Oppure, il suo primo compito è quello di fornire gratuitamente strumenti, informazioni, modelli, forme, sottraendosi per quanto possibile ad ogni riconoscibilità paralizzante, assumendo identità mutevoli e transitorie?; di spezzare le continuità consolidate, di alterare le consuetudini del linguaggio militante (un poco, un poco alla volta), anche nella scelta dei temi, dei luoghi di interesse e di riflessione?; di raccogliere la sfida e assumersi i rischi connessi alla sperimentazione (avanguardismo, elitarismo: lancerete pomodori al nostro funerale)? Con tutte le incertezze, tutti i nostri limiti, con tutte le miserie dell'agire quotidiano, è questa seconda opzione che ha finito per prevalere. A voi lettori il compito di giudicare inflessibilmente, e di proporre liberamente, concorrendo a fornire di senso queste scarne indicazioni di principio.
Intanto, Chaos si moltiplica. Il sito web, che forse alcuni di voi avranno già visto, sta rapidamente mutando. Essere on line, tanto per starci, nel migliore dei casi serve a poco. Ma la rete, oltre che di moda, è anche un luogo di straordinarie sperimentazioni, di accensioni di dinamiche che lungi dall'esaurirsi nel suo mondo virtuale, stanno mutando elementi basici, costitutivi delle forme di convivenza sociale (Tempo, spazio, identità, corpo, senso e valore della realtà, ma anche relazioni interindividuali, liguaggi, modi di produzione e attività della riproduzione quotidiana, e altro e altro ancora). Internet - la connessione in rete - è un potente agente mutageno, in grado di produrre metastasi letali come di acuire le sensibilità, o creare nuove potenzialità.
Il nostro tentativo è di fare del sito web di Chaos un luogo di sperimentazione significativo per la rete. Pur senza rinunciarvi, vorremmo superare la dimensione orizzontale che caratterizza l'assoluta maggioranza dei siti, sfruttando le caratteristiche ipertestuali del web, forzandole in direzioni nuove e ancora in gran parte ignote. Chaos on line, insomma, dovrà essere sempre di più qualcosa di diverso dalla rivista che avete tra le mani. Riuscire in questa operazione con mezzi tecnici e risorse limitate ci darà forse anche la misura della reale accessibilità di questi strumenti, del valore politico delle nostre scelte di fondo, nonchè della quantità e della qualità del lavoro critico o militante che un piccolo gruppo di entusiasti può svolgere in modo gratificante e divertente.