La "flessibilita' e' il nuovo paradigma produttivo: non serve a nulla esorcizzarla, al contrario e' necessario partire da essa per comprendere, scoprire ed inventare nuove modalita' di azione e di conflitto

Un documento del Marzo 1997 del Centro Sociale Morion di Venezia

Le politiche dell'emergenza non hanno mai portato nulla di buono.
Lo spettro dell'emergenza-lavoro che politici, sindacati e padroni fanno aggirare per l'Europa non portera' certo nulla di buono.
Parlano di emergenza disoccupazione e rispuntano le grandi opere che devastano il territorio. Dicono che per fare l' Europa non bastano i parametri monetari, che bisogna considerare l'occupazione e rispuntano provvedimenti che danno piena liberta' all'impresa.
Il "pacchetto Treu", le cui mosse partono dall'accordo del '93 e dal patto sul lavoro del settembre scorso, che prevede lavoro in affitto e il massimo di flessibilita' nell'uso della forza-lavoro da parte dell'impresa, sta diventando legge che deregolamentera' il mercato del lavoro.
Lo scambio lavoro interinale/100 mila lavori al Sud sa di beffa. Non hanno nemmeno piu' il pudore di chiamarli posti di lavoro: li chiamano borse-lavoro, occasioni di tirocinio retribuito.
Del resto come si potrebbero definire 100 mila lavori per un anno, retribuiti dallo Stato con 600/800 mila lire al mese, se non manodopera servile ad uso gratuito per i padroni, in cambio di un contributo alla poverta'?
Noi partiamo dal presupposto che non c'e' una emergenza lavoro, casomai per noi c'e' una emergenza reddito, una ricchezza socialmente prodotta sempre di piu' in mano a pochi e che non viene distribuita.
Manca il lavoro, bisogna crearlo!: ci sembra un'utopia fuori dalla storia; solo qualche illuso neokeynesiano puo' sognare il ritorno alla piena occupazione.
La crescita economica non corrisponde piu' alla crescita dell'occupazione.
L'aumento del tasso di disoccupazione in tutta Europa non e' certo un dato congiunturale, ma strutturale. Nell'epoca della globalizzazione, che permette all'ultimo dei padroncini di trasferire "armi e bagagli" la fabbrichetta dove la forza lavoro costa niente, nell'epoca della rivoluzione informatica, dove, con le nuove tecnologie, il tempo di lavoro necessario a produrre merci diminuisce sempre di piu', all'aumento di produttivita' e produzione corrisponde un aumento dei disoccupati.
O meglio aumentano quelle strane figure sociali che forse non si possono piu' definire disoccupati - esercito salariale di riserva di marxiana memoria -, ma lavoratori precari, intermittenti, in affitto, flessibili, atipici, che si "arrangiano per vivere". A cui forse non manca il lavoro, anzi forse "lavorano" piu' di coloro - e saranno sempre meno - che hanno un posto di lavoro a tempo indeterminato. Fondamentalmente quello che manca e' un reddito per vivere in modo decente.
Il tempo del posto fisso per tutta la vita, del lavoro a tempo indeterminato del capofamiglia, protetto da assegni familiari, sanita', scuola per i figli, previdenza e quant'altro, e' finito; anche il Welfare cosi' come lo conoscevamo e' finito.
Nell'era del post-fordismo aumenta, e aumentera' sempre piu', l'area della forza-lavoro precaria, flessibile, non garantita, cosi' come aumenta l'area del lavoro autonomo (eterodiretto), anche questo non garantito, e svantaggiato perche' non si riesce neanche ad individuare il padrone.
Solo qualche ideologo tardo-comunista-ortodosso puo' sognare il ritorno alla piena occupazione, al posto fisso per tutta la vita (che noi tra l'altro abbiamo sempre visto come dura necessita', non certo come bisogno e desiderio) e al Welfare cosi' come lo conoscevamo, che a noi non e' mai bastato e che comunque proteggeva socialmente i cosiddetti garantiti.
Dobbiamo partire dal presupposto che nel prossimo futuro la forza-lavoro flessibile sara' maggioritaria nella moderna composizione di classe, e cominciare ad attrezzarsi, sperimentando forse - attualmente - nuovi conflitti ed antagonismi.
Il largo consenso condensatosi intorno al manifesto-appello dei "35 intellettuali francesi" attorno ai nodi strutturali - produzione, lavoro, reddito - della societa' postfordista, rappresenta un importante punto di partenza.
Si tratta di un programma minimo da far vivere dentro una nuova stagione di conflitti:
- Riduzione generalizzata della giornata sociale lavorativa; si puo' distribuire il lavoro, riducendo drasticamente l'orario, fino a ridurre tendenzialmente il lavoro coatto a contorno della vita sociale;
- Reddito sociale di cittadinanza; per mettere in primo piano il diritto all'esistenza, rispetto all'etica del lavoro, della produttivita', il mito assoluto del mercato;
- Sviluppo della cooperazione dal basso, solidale e alternativa alle logiche del mercato e del profitto. Autogestione ed "autoreddito", fuori dal mercato, certo ... ma anche far diventare vertenze e conflitto per il reddito la cooperazione sociale autovalorizzante, quella che si esprime nei "lavori" non profit, di cura, nell'autoproduzione culturale, "lavori" che gia' mettono in discussione il "quanto, cosa e come produrre"; per la maggior parte si tratta di lavori non retribuiti (pensiamo al lavoro domestico). Quanto si "lavora" ad esempio nei Centri sociali occupati, esplicando professionalita', competenze, trasformando e recuperando immobili dismessi, creando aggregazione e socialita' innovativa, producendo cultura non mercificata ? Si tratta di lavoro socialmente utile non retribuito, evidentemente. Cosa aspettiamo a farci pagare tutti i lavori non retribuiti ?
E cosa aspettiamo a farci pagare tutto il tempo per la mobilita' e i trasporti in questa nostra esistenza di lavoratori mobili e flessibili ? o perlomeno avere il diritto al trasporto gratis o a prezzo politico.
E cosa aspettiamo a farci pagare tutto il tempo che dedichiamo, e che dedicheremo alla formazione ? Visto che i nuovi modi della produzione oggi richiedono processi di formazione in cui la f/l si costruisce e ricostruisce continuamente lungo l'intero percorso della vita e delle generazioni, visto che ... "l'evoluzione dell'organizzazione sociale e del lavoro fa presumere che ciascun individuo, nel corso della propria esistenza, sia chiamato a cambiare piu' volte la propria attivita' lavorativa ..." (Ministero della P.I. - progetto di riordino dei cicli scolastici).
Questi tre aspetti vanno presi assieme in un unico corpo progettuale.
Non ha senso la riduzione degli orari di lavoro da sola, quando tra l'altro - tendenzialmente - la maggioranza della forza-lavoro non sara' piu' quella classica con orari e tempi rigidi: si puo' far lavorare anche trenta ore settimanali i lavoratori della fabbrica madre, se poi nell'indotto della fabbrica in rete se ne lavora 12 al giorno.
Non ha senso un reddito minimo garantito (di sussistenza?) da solo.
Agli esclusi possono sempre garantire l'elemosina (vedi proposta di riforma del Welfare della Commissione Onofri), compatibilmente con la sopravvivenza dell'intero sistema dello sfruttamento. Un reddito minimo garantito comunque darebbe potere contrattuale, potere e possibilita' di scegliere quali lavori ad esempio accettare o meno, alla forza-lavoro flessibile e precaria.
Non ha senso un discorso sulla cooperazione sociale e sul non profit da solo. Ce ne stiamo accorgendo oggi, con il superamento dell'attuale Welfare, con l'interesse capitalistico di inserirsi nel nuovo business dell' assistenza e dei servizi alle persone, utilizzando benefici fiscali e il lavoro gratuito del volontariato.
Come cominciare a sperimentare, attorno a questi elementi di programma, percorsi di lotta e di organizzazione di questa nuova composizione di classe? Come rovesciare la flessibilita', mobilita', precarieta' del lavoro sociale contro i padroni? Cosi' come l'operaio-massa aveva rovesciato contro i padroni la rigidita' dell'organizzazione del lavoro nella fabbrica fordista-taylorista della catena di montaggio.
Siamo ancora sul terreno della sperimentazione, ma su questo terreno esiste una enorme potenzialita' che finora non si e' espressa. I Centri Sociali sono attraversati materialmente da questa nuova composizione di classe, fondata sul lavoro flessibile, precario, mobile sul territorio; sono frequentati da quello spaccato sociale fatto di studenti che non sono piu' solo studenti, da disoccupati che non sono piu' semplicemente disoccupati, da lavoratori che non sono piu' prestatori d'opera salariati in senso classico; i centri sociali sono fatti da questa nuova composizione di classe dentro cui ha - tra l'altro - piena cittadinanza la forza/lavoro migrante, la piu' disponibile, ovviamente, ai lavori piu' mobili, flessibili e malpagati.
Anche sul terreno delle forme organizzative e' tutto da inventare, da sperimentare, per questa forza-lavoro flessibile. La forma "sindacale" classica, o il cobas che si radica all'interno del posto di lavoro, e' una formula organizzativa obsoleta, visto che per questa forza-lavoro flessibile non c'e' "un posto di lavoro" classico, fisso.
Qualche compagno evocava l'epopea degli wobblies americani (Industrial Workers of the World) dei primi del novecento. Forse servirebbero i wobblies della metropoli diffusa e la rete mobile del sabotaggio e del contropotere territoriale, per costruire gli elementi fondanti della nuova carta dei diritti del lavoratore postfordista.
Non serve un cobas, piuttosto una soggettivita' autonoma organizzata, che si riconosce in una identita' comune e si aggrega e si costituisce nel territorio, attorno ad un proprio, indipendente, spazio di socialita'.
Mobile nel territorio, in grado di intervenire, con tutti i mezzi necessari, dall'assistenza legale (usando pure il diritto del lavoro rimasto dall'epoca fordista) al boicottaggio, laddove si verificano soprusi, violazione di diritti, forme di sfruttamento selvaggio, per la difesa reale degli interessi della nuova classe dei lavoratori, dall'area del precariato sociale agli immigrati.
Perche' allora non costituire, a partire da ogni centro sociale, delle agenzie wobblies - o meglio fobblies (Flexible Workers of the World) per cominciare ad organizzare/organizzarsi su questo terreno del lavoro flessibile e precario?
Agenzie che possono iniziare con l'inchiesta su tutte le forme di contratti atipici usati nel mondo del lavoro dipendente flessibile: a tempo determinato, part-time, apprendistato, formazione lavoro, stage, interinale, in nero, ecc.
Agenzie che soprattutto iniziano l'inchiesta pratico/teorica sui lavori flessibili esistenti nel territorio specifico, arrivando ad una mappatura dei diversi lavori e dei diversi datori di lavoro flessibile; con questionari da gestire durante le iniziative al centro sociale, con interviste dirette, con la presa di coscienza che i compagni stessi dei centri sociali fanno i lavori piu' flessibili e assurdi, ma non hanno mai pensato ad organizzarsi.
Quale mappa dei lavori flessibili a Venezia? ci vuole poco ad individuarla nella citta' della "monocoltura turistica", della Kultura e della Innovazione:
- la rete delle cooperative e delle imprese a cui vanno in appalto e subappalto tutti i servizi che la macchina comunale e le ex municipalizzate stanno esternalizzando, nella esaltazione della privatizzazione;
- il lavoro flessibile sfruttato nei settori dello spettacolo e della città' museo - appalti alle cooperative per guardiania musei, mostre - appalti cooperative Biennale e Mostra del Cinema - pubblicita' (volantinaggi) e vendita biglietti spettacoli e concerti;
- il lavoro flessibile nelle agenzie turistiche, come accompagnatori e guide;
- il lavoro flessibile nella ristorazione, sia piccola (imprese familiari) sia grande (catene, fast-food, McDonalds, ecc.) e nel settore alberghiero;
- il lavoro flessibile nel commercio e nella grande distribuzione; la Standa di Berlusconi ha pensato bene, accanto ad una ristrutturazione con centinaia di licenziamenti, ad assumere part-time e a tempo determinato per garantire l'apertura domenicale e festiva in stagione estiva;
- il lavoro nell'edilizia - uno dei settori piu' neri del mercato;
- L' Universita'-Impresa; la rete degli appalti per pulizie, servizi, servizi amministrativi, il lavoro svolto dagli studenti stessi attraverso le "150 ore";
- in tendenza il lavoro a scuola tra stages (che gia' gli istituti tecnici per il turismo fanno) e formazione-lavoro, previsti nei disegni di riforma della secondaria superiore.
Di sicuro c'e' dell' altro, il problema e' iniziare questa inchiesta e soprattutto far partire qualche esperienza pilota di lotta dei lavoratori flessibili ... a costo di prendere tutti noi uno stesso lavoro per organizzare il casino.


Venezia, 17 Marzo 1997


CENTRO SOCIALE AUTOGESTITO MORION - VENEZIA



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