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BOULEVARD

L'Ombra delle Reti

IN MEDIA STAT VIRTUS

Piergiorgio Odifreddi ha insegnato logica matematica negli Stati Uniti ed in Unione Sovietica, ed attualmente è professore presso l'Università di Torino. E' autore di Classical Recursion Theory (North Holland, 1989), curatore di Logic and Computer Science (Academic Press, 1990), e sta preparando un volume di saggi sui legami fra matematica, letteratura e filosofia.

 

In principio era Word

Immagini, suoni, odori, gusti e sensazioni tattili ci danno informazioni che la mente di ciascuno di noi elabora e coordina in una sua personale e soggettiva visione del mondo. Per poter passare però dalle visioni individuali ad una interpersonale ed in qualche modo oggettiva, è necessario poter comunicare le nostre informazioni: poiché esse sono per natura incomunicabili in maniera diretta, il loro trasferimento ad altri deve passare attraverso media, cioè 'mezzi' o 'intermediari'. Come insegna il Vangelo secondo Giovanni (I, 1-3), il primo medium è la parola: essa stava al principio della comunicazione, un milione di anni fa, e senza di essa non esistevano le cose.1

La memoria ci permette di ricordare parzialmente e temporaneamente le informazioni che abbiamo ottenuto direttamente dai sensi, o indirettamente dalla comunicazione. Ma ancora una volta essa è puramente personale e soggettiva, e reclama un'estensione che la faccia diventare interpersonale e oggettiva, oltre che totale e permanente. Benchè la coordinazione delle memorie individuali e la codificazione del sapere in forma memorizzabile quali i canti epici abbiano fornito i primi metodi per la conservazione dell'informazione, questa non acquistò la vera maturità che con l'introduzione della scrittura, circa 5.000 anni fa.

Il passaggio dalle parole agli scritti fu naturalmente graduale: la tradizione orale è ben visibile dai canti di Omero ai dialoghi di Platone, e ancora nel secolo IV la lettura si faceva comunitariamente e ad alta voce, come testimonia lo stupore narrato da Agostino nelle Confessioni (VI.3.3) per aver sorpreso Ambrogio a leggere un libro da solo e in silenzio! Lo stesso detto verba volant, scripta manent, che noi intendiamo nel senso che le parole sono labili e transitorie ma gli scritti permanenti e duraturi, significava in origine l'esatto opposto, e cioè che le parole sono leggere e mobili ma gli scritti pesanti e fissi.

Fino a quando la scrittura si doveva incidere su pietre o cocci, o tracciare a mano su papiri o pergamene, essa era comunque un processo lento e faticoso, e la sua fruizione era destinata a pochi eletti che finivano per costituire caste separate. Le invenzioni della carta e della stampa, da parte dei cinesi nei secoli I e VII, mutarono radicalmente le prospettive della comunicazione. In particolare, dopo che la prima venne introdotta in occidente attraverso l'Asia centrale e occidentale verso il secolo VIII, e la seconda fu reinventata da Johann Gutenberg nel 1450, si inaugurò l'epoca moderna della comunicazione di massa.

Essa ha raggiunto il suo apice nel secolo XX, che ha visto l'estensione di trasmissione e memorizzazione dalla scrittura ai suoni e alle immagini: basterà ricordare il telefono, la radio, il giradischi, il registratore per i primi, e la fotografia, il cinema, la televisione, la cinepresa, il videoregistratore, la fotocopiatrice, il fax per le seconde.

Una caratteristica comune di molti dei nuovi media è il richiedere una rete di distribuzione, analoga a quelle che portano nelle nostre case altri servizi quali acqua, luce e gas. Semplicemente, invece di tubi o fili elettrici le nuove reti utilizzano doppini, cavi, antenne o satelliti.

 

Non avrai altro medium all'infuori di me

L'impressione che si ricava dal pur breve sguardo che abbiamo gettato sull'evoluzione dei media è che non ci sia fine alla loro proliferazione. Ad esempio, visto che quelli esistenti si limitano alla trasmissione e memorizzazione delle percezioni di vista e udito, ci si può aspettare un analogo sviluppo riguardante gusto, olfatto e tatto: sviluppo che potrà apparire futurista, ma da un lato non lo è più di quanto i precedenti lo fossero uno o due secoli fa, e dall'altro è già stato annunciato sotto l'etichetta di realtà virtuale.2

La seconda metà del secolo ci ha però portato l'invenzione del computer. A prima vista questo sembrerebbe aver poco a che fare con i media tradizionali, essendo semplicemente il temporaneo punto di arrivo di una linea di sviluppo di mezzi per l'ausilio del calcolo quali l'abaco, il quadrante, il regolo, le calcolatrici, i calcolatori ... C'è però una differenza essenziale: mentre tutti questi mezzi permettono solo di effettuare un numero fisso e limitato di tipi di operazioni, il computer è invece una macchina universale, che permette in teoria di effettuare qualunque operazione numerica si possa immaginare, purchè sia possibile descriverla in modo sufficientemente preciso e dettagliato (mediante un programma). Gli sviluppi legati alla cosiddetta digitalizzazione permettono comunque di andare oltre, e di pensare al computer addirittura come un medium universale.

Il suo schermo è infatti composto di un certo numero finito, tanto più alto quanto maggiori sono le dimensioni e la risoluzione, di puntini detti pixel. Una qualunque immagine in bianco e nero si può dunque descrivere in forma puramente numerica indicando, per ciascuno dei pixel, se esso è bianco o nero, il che si può fare assegnando convenzionalmente, ad esempio, 0 al bianco ed 1 al nero. Le immagini a colori si possono descrivere in un modo analogo, anche se leggermente più complicato, indicando per ciascun pixel quali dei colori fondamentali sono presenti e quali assenti. Le immagini in movimento non sono altro che successioni di fotogrammi fissi, e dunque sono anch'esse riconducibili al procedimento appena descritto. Il computer si trova quindi nella situazione di poter gestire ogni immagine, se trasformata in forma numerica.

Anche i suoni si possono descrivere in questa forma. Le onde sonore che escono dagli altoparlanti sono infatti composte di un certo numero finito, tanto più alto quanto maggiori sono il volume e la fedeltà, di componenti sinusoidali. Un qualunque suono si può dunque descrivere in forma puramente numerica indicando, per ciascuna delle componenti, la lunghezza e l'ampiezza. Il computer si trova quindi anche nella situazione di poter gestire ogni suono, se trasformato in forma numerica.

Fin qui, il computer sembra solo poter fare tutto ciò che i media tradizionali già fanno. Ma non è necessaria molta immaginazione per spingersi oltre, e notare ad esempio che anche il tatto si può descrivere in forma numerica, visto che esso si può scomporre in un certo numero finito, al solito tanto più alto quanto maggiori sono l'intensità e la sensibilità, di pressioni in punti sensibili che si possono chiamare tactel. Una qualunque sensazione tattile si può dunque descrivere in forma puramente numerica indicando, per ciascuno dei tactel, la pressione.

Il vantaggio del computer come macchina universale consisteva nel poter evitare di dover passare a macchine diverse per calcoli diversi, mantenendo fissa la macchina e cambiando invece il programma. Analogamente, il vantaggio del computer come medium universale consiste nel poter evitare di dover passare a media diversi per informazioni diverse, mantenendo fisso il medium e cambiando invece le cosiddette periferiche di ricezione e trasmissione (tastiere e stampanti, telecamere e schermi, microfoni e altoparlanti, tute con sensori ed effettori).

 

Crescete e moltiplicatevi

Il principio dell'universalità è ormai largamente usato nei computer moderni, in cui una stessa macchina può svolgere, con software appropriato, compiti di videoscrittura e stampa, di lettura e copiatura di CD-ROM con suoni e immagini, di supporto per giochi elettronici ...: con periferiche di alta qualità essi possono quindi già, o potranno presto, efficacemente sostituire media individuali quali la fotocopiatrice, il lettore di compact disk, o il videoregistratore.

Il passo successivo dell'evoluzione tecnologica riguarda la sostituzione di media in rete quali radio, telefono, televisione e fax. La digitalizzazione non costituisce più un problema: essa viene ormai usata regolarmente nei telefoni cellulari e nei film ad alta tecnologia (ad esempio perchè, permettendo di intervenire sulle immagini al livello dei pixel, rende possibili trucchi di grande effetto, come dimostrano opere quali Forrest Gump o Jurassic Park).

La creazione di una rete di collegamento fra personal computer, lungi dal costituire un problema, è oggi una realtà chiamata Internet. Essa collega milioni di utenti sull'intero pianeta, e offre già servizi quali la posta elettronica (e-mail), la trasmissione di documenti digitali (ad esempio, quelli elaborati con sistemi di videoscrittura), l'accesso a banche dati e gruppi di discussione (user groups) sui soggetti più disparati ...

I veri problemi per la creazione del medium universale sembrano essere soltanto due: da un lato, una rete a cosiddetta banda larga, che permetta cioè il flusso dell'enorme quantità di dati resi necessari dalla digitalizzazione, e dall'altro l'alfabetizzazione informatica di una larga parte della popolazione (occidentale).

La rete a banda larga, che è stata battezzata autostrada informatica dal vicepresidente degli Stati Uniti Al Gore (il cui padre era stato, negli anni '50, il promotore della legge di finanziamento federale per il sistema autostradale dell'amministrazione Eisenhower), richiederà investimenti valutati nell'ordine di 200.000 miliardi in dieci anni. Essi serviranno per le fibre ottiche che sostituiranno gli attuali collegamenti telefonici e televisivi, i commutatori ad alta velocità che dovranno scomporre e ricomporre il flusso dei pacchetti digitali che contengono l'informazione,3 e i sistemi senza filo che permetteranno di collegarsi all'autostrada quando si è in movimento.

L'alfabetizzazione informatica passa invece attraverso non tanto le scuole e l'addestramento, quanto la massima semplificazione dell'uso del computer, e lo sviluppo di sistemi sempre più amichevoli (user friendly). In questo campo l'avanguardia è rappresentata dal Media Lab di Nicholas Negroponte, un gruppo di ricerca del MIT che sperimenta da anni sistemi automatici di comunicazione vocale e visiva, di animazione e di memorizzazione olografica.

Se e quando l'autostrada informatica sarà costruita, essa costituirà una rete di servizio che andrà ad aggiungersi a quelle dei servizi essenziali (acqua, luce, gas), sostituirà quelle dei media oggi esistenti (radio, telefono, televisione, fax), e introdurrà nuovi servizi e opportunità nei campi più disparati.

Nel lavoro essa permetterà di effettuare ricerche, transazioni, pagamenti, prenotazioni, appuntamenti, consulenze, riunioni e collegamenti multimediali senza doversi neppure muovere da casa, spingendo forse al lavoro decentrato e alla deurbanizzazione.

Nel mercato l'autostrada creerà una informazione completa sull'offerta tramite banche dati di pubblicità, cataloghi e listini, e permetterà di visionare, ordinare e pagare le merci direttamente da casa, spingendo forse alla scomparsa degli intermediari della distribuzione (dai grossisti ai dettaglianti), alla produzione in massa di prodotti su misura, e ad un equilibrio dei prezzi.

Nell'istruzione sarà possibile avere accesso istantaneo ad una biblioteca universale e multimediale contenente tutte le opere esistenti, a simulazioni scientifiche e tecnologiche, a collegamenti mondiali con coetanei e professori, a programmi di insegnamento, test ed esami diversificati, personalizzati e interattivi.

Nell'informazione sarà possibile scegliere notizie e approfondimenti da tutta la stampa e la televisione mondiale, con sistemi elettronici di smistamento.

Nel divertimento si potranno avere banche dati con tutti i film passati e presenti, centinaia di canali televisivi, spettacoli passivi o interattivi, giochi elettronici individuali o collettivi, comunità virtuali con interessi affini, tutti svincolati dalla restrizione dell'orario fisso delle attuali trasmissioni.

Nell'abitazione i collegamenti all'autostrada saranno installati in fase di costruzione come le odierne prese elettriche, serviranno per qualunque periferica a causa dell'universalità, e sarà possibile controllare tutti gli elettrodomestici e le periferiche della casa con un unico telecomando (programmabile).

Oltre ai vantaggi appena riassunti, sui cui ovviamente si concentra lo sforzo di propaganda dei guru del digitale, da Negroponte a Gates, la completa integrazione prospettata dall'autostrada informatica offre anche spunti di meditazione su aspetti meno esaltanti. Poichè la comunità digitale non potrà che essere una riproduzione di quella reale, essa sarà infatti soggetta, per non dire assoggettata, alle solite ben note tentazioni: denaro, sesso e potere.

 

I re Media

Eviteremo malintesi chiarendo subito che, nonostante le perenni sviolinate sulla libertà di parola e la democrazia, l'informazione è soprattutto un business, per dirla nel linguaggio dei managers.4

Questa triste ma ovvia verità può venire sufficientemente provata, se ce ne fosse bisogno, da uno sguardo ai signori dei media, che sembrano incarnare perfettamente (assonanza a parte) il mito di re Mida. Essi infatti non solo tramutano in oro tutta l'informazione che toccano, ma rivelano anche una spiccata preferenza per la rozzezza e la superficialità: come Mida stesso, colpevole di aver preferito le cornamuse di Pan alla lira di Apollo, anch'essi si rivelano indegni delle orecchie umane, e dovrebbero essere come lui condannati ad avere (o, almeno, ad essere raffigurati con) orecchie d'asino.

Re Media I fu William Hearst, il Citizen Kane del film di Orson Wells. Egli rivoluzionò permanentemente il giornalismo introducendo i periodici-spazzatura focalizzati sul luridume, il sensazionalismo, e l'invenzione bella e buona (ironia degli aggettivi!) delle notizie (ad un troppo scrupoloso inviato a Cuba nel 1898 per la guerra con la Spagna, Hearst disse chiaramente: ``Tu mi fornisci le immagini, ma la guerra la fornisco io''), controllò la maggiore catena statunitense di quotidiani e settimanali di inizio secolo, e divenne un potentissimo miliardario. La sua casa di San Simeon sulla costa Californiana,5 oggi un popolare museo, fu costruita smontando, trasportando e rimontando intere sezioni di palazzi, abbazie e conventi europei, e simboleggia perfettamente l'immagine del megalomane parvenu che ha contagiato tanti imitatori, anche nostrani e recenti.

Re Media II è Rupert Murdoch, l'australiano che ha perfezionato il concetto di informazione-spazzatura di Hearst (chiedendosi esplicitamente: ``che cos'è il gusto, che cos'è la moralità?''), estendendolo inoltre dalla carta stampata alla televisione. Il suo impero di reti televisive e quotidiani (130, tra cui il Times di Londra e il New York Post) spazia l'intero globo, ed è stato ovviamente costituito grazie a governi compiacenti e profumatamente ricompensati: ad esempio, Margaret Thatcher, Newt Gingrich (presidente della Camera statunitense) e il figlio di Deng Xiao Ping, che nessuno si era mai accorto fossero autori di successo, hanno tutti ottenuto fior di miliardi sotto forma di diritti. Come Hearst aveva mostrato che l'informazione poteva essere più redditizia della produzione, così Murdoch ha mostrato che l'informazione sull'informazione può essere più redditizia dell'informazione: la sua TV Guide settimanale è la rivista più venduta, e fa più profitti di tutte le quattro maggiori reti televisive statunitensi messe insieme!

Re Media III è Bill Gates, l'uomo più ricco d'America. Egli è divenuto tale come presidente della Microsoft, la società che fornisce software al 90% dei personal computer del mondo.6 Bisogna riconoscere che, differentemente da Hearst e Murdoch, Gates vende non spazzatura ma serie applicazioni per computer, quali MS-DOS e Windows; analogamente ad essi, però, i suoi metodi commerciali sono tanto spregiudicati e amorali da aver causato indagini governative sia a Washington che a Bruxelles, oltre ad una serie di misure legislative volte ad arginare il suo strapotere sul mercato. Gates sta inoltre pericolosamente emulando il peggior Hearst, costruendo una casa futurista il cui costo supera i 60 miliardi.

Ai fini del mercato globale promesso dall'autostrada informatica gli accentramenti di potere economico dei re e di altri principi dei media non appaiono loro ancora sufficienti, ed un virtuale Manifesto del partito monopolista sembra aver decretato: venditori di tutti i paesi, fondetevi! Il 1995 ha infatti testimoniato una frenetica attività di fusione parziale o totale da parte di società multimediali disparate, con l'obiettivo di controllare tutti i settori dell'informazione: il mezzo (parole, immagini, suoni), il prodotto (creazione, finanziamento, produzione), e la distribuzione (fili, cavi, antenne, satelliti, fibre).

Ha incominciato in marzo DreamWorks, nuovo studio hollywoodiano creato da Steven Spielberg (regista de Lo squalo e Jurassic Park), David Geffen (produttore musicale di Guns N' Roses e Nirvana), e Jeffrey Katzenberg (animatore di Aladdin e Re Leone). Essi sono riusciti a racimolare (si fa per dire) 3.000 miliardi di finanziamenti per confezionare e distribuire film, spettacoli televisivi e giochi elettronici.

E' seguito in maggio un analogo finanziamento di 3.000 miliardi da parte della compagnia di telecomunicazioni MCI alla News Corporation di Rupert Murdoch: la prima fornirà il supporto per la trasmissione dei programmi della seconda, ed esse intendono anche lanciare nel '96 un software di accesso veloce ad Internet, alternativo alle Windows '95 della Microsoft.

La prima vera fusione totale è venuta in agosto, quando la Walt Disney Company ha comprato la rete televisiva ABC per 30.000 miliardi, creando così un gigante multimediale di cinema e cartoni animati, televisione via etere e via cavo, e parchi giochi (tra cui Disneyland, Disneyworld e EuroDisney), con un giro di affari da 25.000 miliardi annui.

La fusione più calda si è avuta in settembre tra la Time Warner e la Turner Broadcasting: insieme esse ora controllano un impero dell'informazione da 30.000 miliardi annui, che comprende il settimanale Time e la rete planetaria CNN.

L'annus mirabilis, per chi ammiri queste cose, ha anche visto l'entrata in borsa e l'impennata verticale di compagnie che forniscono servizi su Internet: il caso più stupefacente è quello di Netscape, produttrice del popolare sistema di navigazione Mosaic, le cui azioni hanno guadagnato il 500% in sei mesi di vita e sono valutate a 10.000 miliardi, ma la storia è simile per America Online e altre.

Mentre i ballerini statunitensi danzano, gli altri non stanno comunque a guardare. La Sony giapponese, oltre al mercato delle apparecchiature elettroniche, dai videoregistratori ai videogames, già controlla la sua fetta di musica e cinema attraverso divi come Michael Jackson e Arnold Schwarzenegger, e case come CBS e Columbia. E la stessa entrata in politica della Fininvest italiana può essere vista come un tentativo di fusione verticale, tra i livelli di produzione e di controllo dell'informazione.7

Ovviamente, sia i supergruppi nati dalle fusioni che le compagnie di servizi che navigano, oltre che in Internet, in borsa col vento in poppa sono solo scommesse sul futuro: tutte sperano di essere per l'autostrada quello che la Microsoft è stata per il personal computer.

 

Microhard

Il primo spettacolo multimediale interattivo, che coinvolge sia i cinque sensi che l'immaginazione, è ovviamente il sesso, almeno se consumato come Dio comanda (e la Chiesa proibisce). Non stupisce dunque che questa sia l'applicazione dei nuovi media che da un lato più eccita i corpi, e dall'altro più preoccupa gli animi, del potenziale pubblico.

Per quanto riguarda l'eccitazione, esistono ormai su Internet centinaia di gruppi di discussione esplicitamente sessuali (ad esempio, quelli raggruppati sotto la sigla alt.sex), bacheche contenenti più di un milione di foto pornografiche di ogni sorta, e addirittura prostitute della rete, che adescano gli utenti a passeggio nelle zone di conversazione pubbliche per accompagnarli in zone riservate, dove possono scambiare con loro effusioni verbali e mostrarsi in immagini.

Per quanto riguarda la preoccupazione, si stanno predisponendo software che permettano di filtrare e bloccare l'accesso a bacheche e gruppi dal computer di casa, per prevenirne l'uso indiscriminato da parte di minori. Il vero problema investe però ovviamente non l'autoregolamentazione, ma la legislazione: se la rete verrà considerata un puro microfono, come il telefono, non sarà ritenuta responsabile dell'informazione che trasporta; se invece verrà considerata un amplificatore, come la stampa e la televisione, allora sarà assoggettata ad interventi limitativi.

I primi passi nella seconda direzione sono già avvenuti. Nel 1994 Robert Thomas è stato condannato negli Stati Uniti a 3 anni per una bacheca di 25.000 foto porno coinvolgenti dai bambini agli animali, il cui accesso a pagamento gli fruttava più di un miliardo l'anno. Nel 1995 l'agenzia di servizi CompuServe ha sospeso l'accesso a 200 dei suoi gruppi di discussione, che secondo una sentenza del tribunale di Monaco violavano le leggi tedesche sulla pornografia: a causa della natura distribuita della rete la sospensione ha però coinvolto tutti i milioni di abbonati ai servizi, e non soltanto i 200.000 tedeschi. Poichè stati diversi hanno concetti diversi e complementari di che cosa sia disdicevole, se questo caso dovesse diventare la norma le legislazioni locali potrebbero in tal modo finire per imporre una censura generalizzata su qualunque argomento che non sia eticamente neutro, dalla politica alla religione.

 

Il Grande Fratello

Già oggi i computer contribuiscono alla catalogazione e memorizzazione di ogni sorta di informazione sulla vita di ciascuno. A livello individuale, essi registrano i movimenti dei nostri conti bancari, gli acquisti che effettuiamo con carte di credito, le tasse che paghiamo, i numeri che chiamiamo al telefono, i libri che leggiamo in biblioteca, i periodici a cui siamo abbonati, i viaggi che facciamo in aereo, le malattie che abbiamo, le infrazioni che commettiamo, le cure e le condanne che riceviamo ... A livello sociale, siamo poi registrati in video e audio quando entriamo in banca e in autostrada, usiamo gli sportelli del Bancomat, circoliamo negli aereoporti, visitiamo negozi prestigiosi o edifici pubblici ... Per finire, le apparecchiature di rilevamento ad alta risoluzione dei satelliti osservano e fotografano costantemente sia noi che i nostri mezzi di trasporto.

Ciò che manca per trasformare questa enorme massa di dati in una biografia completa di ciascuno è soltanto la coordinazione dei vari archivi, ed è appunto questa possibilità che l'autostrada offrirà nel futuro. Ad essa andrà aggiunta la possibilità di preservare in forma digitale e compressa tutte le conversazioni telefoniche ed i messaggi elettronici che vengono scambiati, oltre alle registrazioni video che potrebbero diventare ubique (Gates prospetta ad esempio la possibilità di installare videocamere ad ogni lampione stradale!).

A quel punto chi ne avrà il controllo disporrà di archivi che faranno impallidire gli scartafacci della Gestapo e del KGB, e che saranno una effettiva implementazione dell'incubo del Grande Fratello descritto da George Orwell in 1984: è stupefacente che gli occidentali, dopo aver tirato sospiri di sollievo per aver scampato il pericolo del grossolano totalitarismo di Hitler e Stalin, accondiscendano poi ingenuamente alla forma ben più sofisticata ed efficiente di quello elettronico.

Non serve, naturalmente, scongiurare il pericolo presentando esempi di registrazioni che hanno avuto un uso positivo, dai nastri della Casa Bianca che portarono alle dimissioni di Nixon, al filmato che ha permesso di incriminare gli agenti responsabili del pestaggio di Rodney King. E' infatti altrettanto facile presentare esempi negativi ben più convincenti, quali il fatto che è bastato il sistema di carte d'identità introdotto dal regime coloniale belga a permettere agli hutu del Ruanda di individuare così facilmente i tutsi, ed effettuare lo spaventoso genocidio del 1994 che ha causato un milione di morti e due milioni di profughi.

Ad essere interessati ai nostri affari privati saranno inoltre non soltanto i governi, ma anche e soprattutto i mercanti: dalle rilevazioni elettroniche essi potranno infatti derivare informazioni dettagliate sui nostri gusti personali, per bombardarci di pubblicità finalizzata e mirata (cosa che, del resto, hanno già cominciato a fare).

 

Il fine giustifica i media?

La discussione di un progetto grandioso quale l'autostrada informatica non può limitarsi agli aspetti pratici, dalle problematiche tecnologiche e finanziarie (che prevedibilmente saranno risolte al meglio) alle preoccupazioni etiche e politiche (che altrettanto prevedibilmente verranno confermate al peggio). In ultima analisi, il progetto va infatti giudicato in base alle sue finalità teoriche, chiedendosi anzitutto dove voglia andare questa benedetta autostrada, e poi se valga effettivamente la pena andarci.

Poichè i media sono strumenti di comunicazione, il fine ultimo del medium universale sembra essere un ideale di comunicazione universale: fornire cioè tutta l'informazione a tutti. Ideale che non fa altro che estrapolare la tendenza caratteristica della civiltà occidentale contemporanea, che è appunto l'indiscriminata produzione e consumazione di informazione.

E' proprio questo titanico ideale che si rivela essere il vero tallone d'Achille del progetto dell'autostrada informatica. Esso è infatti, anzitutto, ovviamente irraggiungibile per l'uomo e per l'umanità: da un punto di vista individuale, per il divario tra la limitatezza della possibile fruizione e l'immensità dell'informazione; e dal punto di vista sociale per la forbice tra l'arretratezza tecnologica della maggior parte del mondo e l'alta tecnologia richiesta dall'autostrada.

Ancora più problematica dell'irraggiungibilità dell'ideale è però la sua futilità: esso assimila infatti, in accordo con le premesse economiche del capitalismo, la conoscenza alla ricchezza e il progresso all'accumulazione. Ma ciò che potrebbe anche essere vero per il denaro, è certamente falso per l'informazione: è ben noto, anche da un punto di vista tecnico, che oltre un certo limite essa diventa semplicemente rumore, ed indistinguibile dal caos.8

Ironicamente, la metafora dell'autostrada è perfettamente adeguata ad esprimere la difficoltà: al crescere del volume del traffico la velocità media dei trasporti infatti diminuisce, e oltre un certo limite si creano semplicemente dapprima ingorghi, e poi la paralisi. Così come sarebbe completamente insensato proporre di risolvere il problema della circolazione automobilistica aumentando il numero delle automobili, è altrettanto insensato pretendere di risolvere il problema della conoscenza aumentando la quantità di informazioni: ed entrambe le proposte rimangono insensate anche quando riflettono, come effettivamente fanno, le politiche dei potentati industriali di ieri e di oggi.

Come se tutto ciò non bastasse, il medium universale perfezionerà un'inversione di tendenza durata l'intero secolo, e che ha visto i media sensoriali basati su immagini e suoni dapprima supplementare la parola scritta, e poi gradualmente scalzarne il predominio culturale. Radio, cinema e televisione hanno tutti alimentato, al momento della loro introduzione, grandi promesse di divenire strumenti per una crescita intellettuale senza precedenti, ma in effetti hanno tutti contribuito a divulgare una caricatura di pensiero superficiale e omogeneizzato: non c'è motivo di credere che la cosa cambierà per l'autostrada informatica, che certamente fa oggi le stesse promesse, e probabilmente avrà domani gli stessi effetti.

Tutti gli indizi sembrano dunque puntare in un'unica direzione: dietro lo slogan dell'informazione globale, l'autostrada informatica potrebbe condurci dritta al controllo totalitario, al caos nella conoscenza, e alla fine della cultura come l'abbiamo conosciuta per tre millenni: in una parola, al silenzio. Obiettivo che non sarebbe certamente risultato spiacevole come meditata e libera scelta di quieta e serena saggezza, ma che potrebbe divenire invece profondamente sgradevole come imposto obbligo di rumorosa e nevrotica banalità.

 


1 Giocando appunto sulle parole, si potrebbe dire: in media res.
2 Vedi Piergiorgio Odifreddi, ``Cibercreduloni'', La Rivista dei Libri, Maggio 1994, pp. 37-39.
3 L'informazione digitale viene divisa in piccoli pacchetti numerati, ciascuno con l'indirizzo finale: essi viaggiano separatamente e lungo percorsi indipendenti, a seconda delle disponibilità momentanee della rete, e sono poi ricomposti all'arrivo sulla base della numerazione data in partenza.
4 Volendo adeguarsi ad essi, le due parole vanno lette esattamente come sono scritte, e con accento (milanese) sulla penultima sillaba.
5 Chi non l'ha vista, la può trovare descritta in Umberto Eco, "I castelli incantati'', in Dalla periferia dell'impero, Bompiani, 1977, pp. 32-34.
6La sua posizione monopolistica è dovuta ad un colpo di genio che Gates racconta nel suo libro, e che vale la pena ripetere. Quando nel 1980 l'IBM decise di produrre il suo personal, si rivolse all'Intel per l'hardware e, fra gli altri, alla Microsoft per il software. Gates comprò il software da un'altra ditta e lo regalò all'IBM per sbaragliare la concorrenza, senza cederne però l'esclusiva. Quando il personal IBM uscì sul mercato fu facilissimo da riprodurre, proprio perchè la sua tecnologia era stata sviluppata da altri: questa volta ovviamente Gates vendette il suo ormai affermato software alle società di imitazioni, e il mercato dei cosiddetti clones inflisse all'IBM un colpo da cui essa non si è ancora ripresa.
7 Naturalmente non tutti sanno guardare lontano, o anche solo al di là del proprio naso: Carlo de Benedetti, ad esempio, preferisce da una parte licenziare i lavoratori della Olivetti, e dall'altra far creare alla Omnitel un anacronistico doppione della rete ad antenne della Telecom, che sarà presto superata anche dal satellite, invece di fondere le due aziende e costruire una rete a fibre ottiche.
8 Una sequenza di numeri particolarmente semplice, ad esempio "un 1 seguito da un milione di 0'', si può descrivere in maniera molto più corta della sequenza stessa: nell'esempio, una trentina di lettere descrivono una sequenza lunga un milione di cifre. Col crescere della complessità della sequenza le sue descrizioni diventano sempre più lunghe, e sequenze sufficientemente complesse non possono essere descritte in modo sostanzialmente più corto della loro lunghezza: tali sequenze si dicono appunto casuali, perchè sono indistinguibili da quelle generate a caso, ad esempio gettando una moneta.

 

                                  Piergiorgio Odifreddi

 

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