Incontro del 10 ottobre 1992 con la Dott.ssa Gabriella Gattero Fisiatra e Neuropsichiatra Infantile ASL 8 Moncalieri - Torino [Le aspettative] - [Le espressioni della famiglia] - [Le attività extra-famigliari nell'organizzazione della vita quotidiana] - [I modelli di famiglie di fronte al dolore] - [I rapporti con i nonni] - [Rapporti madre-figlia] - [Rapporti con i fratelli] - [La crescita evolutiva] - [Le conclusioni] LE ASPETTATIVEDirei che il problema è piuttosto complesso ed io ho pensato di affrontarlo dal punto di vista della famiglia e non partendo dal bambino. Prima di parlare di che cosa capita in una famiglia quando succede un dramma così grande come quando nasce un bambino con problemi di tipo malformato, volevo fare una piccola premessa su quelle che sono le "fantasie" che normalmente ci sono quando inizia una gravidanza. Fantasie che non sono soltanto della mamma, ma anche del papà: sono della coppia. Per tutti i futuri genitori al momento della nascita vengono alla luce contemporaneamente tre diversi bambini. Il primo è il bambino che è stato immaginato, è stato sognato, è stato fantasticato durante tutto il periodo della gravidanza, quel bambino nel quale abbiamo messo tutte le nostre aspettative, tutti i nostri sogni e dal quale ci aspettiamo molto. Il secondo è il "feto", quel feto che è stato invisibile per nove mesi dentro la pancia della mamma, invisibile ma certamente reale, che da parecchi mesi ha manifestato un vigore sempre maggiore, i suoi ritmi, le sue peculiarità. L'avete sentito muoversi, l'avete sentito vivace, l'avete sentito rallentato, ogni mamma ha le sue impressioni. Questi due bambini al momento della nascita si uniscono con quello che è il "neonato reale", quello che arriva e che effettivamente potete vedere, potete toccare e potete tenere in braccio. Voi tutti sapete che esistono delle credenze, tante credenze intorno alla gravidanza: la tradizionale credenza nel malocchio, i rituali superstiziosi che circondano la gravidanza, sono in fondo che cosa? L'espressione del desiderio universale di avere un figlio perfetto e del timore associato a questo desiderio che succeda qualche cosa per cui questo bambino non nasca perfetto ma con dei problemi. Io penso che ciascuna donna in gravidanza enumeri dentro di sé tutte le possibili malformazioni, tutti i possibili guai che possono capitare al suo bambino, e quando il figlio finalmente viene alla luce, la partoriente si sarà preoccupata pressoché di tutti i problemi che egli potrebbe presentare. Nei suoi sogni, nelle sue fantasie ha già vissuto ciò che dovrebbe fare se si dovesse ritrovare con un bambino "down" o con un bambino che presenta delle malformazioni. Perciò, in effetti, quando il figlio nasce sul serio con un problema, la sorpresa è quasi relativa, perché in fondo c'è quel pensiero di sottofondo: "me lo aspettavo", "me lo sentivo", "lo sentivo dentro di me", perciò un bambino con un deficit rappresenta non tanto una brutta sorpresa, ma una delusione per il mancato successo di tutti quegli sforzi che si sono fatti durante la gravidanza. La madre avrà messo alla prova e forse mobilitato tutte le sue forze che dovranno aiutarla ad affrontare il fallimento, ma deve ancora far fronte al proprio dolore per aver perso il bambino perfetto che aveva idealizzato per tutto il periodo della gravidanza. I dubbi, le ansie, le preoccupazioni, la speranza legata all'evento di questo rito, che inizia in utero, diventano drammatici e assumono degli aspetti estremamente dolorosi quando ci troviamo di fronte al bambino che ha realmente dei problemi. Quello che la madre prova è di sentirsi invasa, prima di tutto, da sentimenti di colpa. "Perché? L'ho fatto io, e perché l'ho fatto così male? Perché non è venuto bene?" E poi emergono delle angosce, emergono delle sensazioni di vuoto, di annientamento, viene la depressione. È un lutto, è una perdita, è la perdita del bambino sano. Ed elaborare questo lutto così grande è molto difficile, è molto faticoso ed in gran parte dipende dall'integrazione psichica che i genitori hanno, ma che avevano già prima che succedesse una cosa così terribile. Dipende da come sono loro, in pratica, dalle capacità che hanno di accettare e di vivere la frustrazione, dalle capacità che hanno di cercare aiuto e di accettare un aiuto che può venire dall'esterno. Nei casi in cui non si accetta questo aiuto o non lo si cerca, si finisce per rinchiudersi in se stessi, per mettere in atto dei meccanismi di negazione, di confusione, provocati dal perpetuarsi di una situazione di dolore dalla quale non si riesce ad uscire ed insieme al dolore cominciano a sorgere anche dei sentimenti di rabbia e di aggressività. Che cosa possiamo fare noi operatori, visto che io sono qui a parlare come operatore, di fronte ad una sofferenza così grande? Perché il problema, anche se lo chiamiamo "il problema psicologico della famiglia", è in realtà un problema di sofferenza mentale, è un problema di dolore mentale. Non è un dolore fisico, ma mentale, che i genitori con bambini che presentano problemi hanno e che si portano avanti per tutta la loro vita con alti e bassi. Un pó si dimentica, un pó questo dolore rimane sotto le ceneri, un pó ci sono delle crisi di riacutizzazione, ma questo dolore c'è. Io credo che il nostro primo compito sia quello di capire, di comprendere, di conoscere, per ricercare una possibilità di integrare l'handicap nella vita superando l'immaginazione, la coazione a ripetere un'angoscia dilagante. Quello che voglio fare con voi adesso è parlare di quali sono le modalità relazionali a cui si va incontro ogni volta che il funzionamento mentale è messo a dura prova da una situazione di diversità, come può essere la malattia cronica del proprio figlio. Tutti voi conoscete quale ruolo importante abbia la famiglia normalmente nello sviluppo del bambino. La famiglia svolge nei confronti dei figli delle funzioni essenziali riferite alla formazione della personalità. Allo sviluppo delle identità del bambino, della sua socializzazione, l'identificazione delle modalità attraverso le quali si deve strutturare la sua vita emotiva, aiutandolo a passare da uno stato di dipendenza totale ad uno stato di autonomia, di indipendenza, aiutandolo quindi a separarsi, a diventare autonomo, a diventare un adulto. Questo significa che la famiglia determina in gran parte il destino psichico del bambino. Il bambino, a sua volta, interagisce con i membri della famiglia e crea quindi delle reazioni nei membri della famiglia stessa. Può favorire dei processi di cambiamento all'interno della famiglia ma può anche essere colui che frustra le aspettative più profonde ed i bisogni dei genitori. Tutti gli studi psicoanalitici si sono molto occupati di studiare la reazione "madre-bambino" che si instaura fin dagli albori della vita in utero. Di fatto è importante anche la figura paterna perché anche quando è, per motivi di lavoro, assente, ed è di scarso aiuto sul piano della vita pratica, quotidiana, di tutti i giorni, è comunque una persona che è presente nella mente della mamma. Il rapporto di coppia. E in quanto presente nella mente della mamma può essere un elemento di sostegno per lei che si deve occupare del bambino, ma può anche essere un elemento di preoccupazione o un elemento di conflitto se le cose non vanno bene nella coppia. Le modalità del rapporto della coppia e le storie personali di entrambi i genitori, che sono comunque precedenti alla nascita del bambino, determinano proprio il clima all'interno del quale ci sarà l'accoglimento di questo bimbo. Quindi il fatto che scoppi improvvisamente un dramma come quello di avere un bambino con dei grossi problemi, fa scoppiare delle dinamiche di coppia che comunque erano già preesistenti alla nascita del bambino. Il bambino crea semplicemente un problema in più e fa emergere uno stato di tensione, oppure cementa di più l'unione tra i due genitori. Non sto dicendo che tutte le coppie sono patologiche, sto soltanto dicendo che la nascita di un figlio problematico è il fattore scatenante per mettere in evidenza ancora di più, se ce ne sono, dei problemi. Quando la situazione di patologia è così visibile come avviene per il bambino con mielomeningocele, fin dai primi momenti di vita, i rapporti iniziali tra genitori e bambino, che sono fatti soprattutto di reciproco incontro, di bisogno di riconoscersi nel proprio figlio, sono sconvolti dalla presenza di un nuovo elemento che è la patologia. [Le aspettative] - [Le espressioni della famiglia] - [Le attività extra-famigliari nell'organizzazione della vita quotidiana] - [I modelli di famiglie di fronte al dolore] - [I rapporti con i nonni] - [Rapporti madre-figlia] - [Rapporti con i fratelli] - [La crescita evolutiva] - [Le conclusioni] - [INIZIO PAGINA] LE ESPRESSIONI DELLA FAMIGLIA Questa patologia segna un inizio diverso; è molto traumatico, è molto difficile assorbire lo sgomento suscitato dall'ingresso nella propria vita, mentale e reale, di un bambino che non ci aspettavamo ed è inatteso, non è gradito, pensandosi con lui e con il suo problema tutti i giorni, un giorno dopo l'altro, da oggi in poi. Le fantasie antecedenti alla nascita, ampiamente investite di affetti e soprattutto di speranza, si frantumano lasciando sensazioni di vuoto, di fine, e di non futuro. Il senso di continuità, legato alla creazione e alla nascita del figlio, viene sentito come totalmente deviato e l'aspetto rassicurante che racchiude in sé un evento come quello della nascita, viene rovesciato completamente nel suo opposto, la tragedia, l'assenza di futuro. Le domande che i genitori si pongono quando nasce un bambino con problemi sono moltissime e queste moltissime domande le pongono anche a noi operatori. Qual'è il primo problema di un bambino danneggiato? Quali sono i criteri ed i parametri da seguire nella sua educazione? Quali sono gli obiettivi da seguire una volta conosciuti i suoi limiti funzionali? Tra tutte le risposte possibili, quella che io in genere preferisco dare quando mi fanno queste domande è quella che più si avvicina alla risposta che darei per i problemi dei bambini normali. Il punto di partenza è lo stesso sia per il bambino con problemi che per i bambini normali, e cioè assicurare loro delle condizioni fisiche e psicologiche le migliori possibili e un'atmosfera familiare e ambientale più serena possibile. Pensando al ruolo che la famiglia svolge nei confronti del bambino, possiamo dire che ha una serie di funzioni che sono importantissime. Ve le riassumerei così: - Generare amore - Promuovere la speranza - Contenere la depressione - Pensare - Promuovere odio - Seminare disperazione Quando dico generare amore penso di non dovervi dare molte spiegazioni. È la funzione della famiglia, è il rapporto con il bambino. Amore inteso anche nel senso di dare cure a questo bambino, preoccuparsi dei suoi bisogni e delle sue necessità. Attraverso questo primo legame si trasmette al bambino la capacità di mettere dentro di sé delle cose buone, la capacità di sviluppare la preoccupazione per gli altri, l'amore per gli altri, la fiducia negli altri. Promuovere speranza: e cioè favorire la crescita dei propri membri, sollecitandoli ad avere delle aspirazioni, sollecitandoli ad investire in nuovi progetti e non chiudendosi in se stessi e non pensando più a che cosa può essere il futuro. Contenere la depressione: quando il dolore è molto grande, è difficile. Credo che sappiate tutti, comunque ve lo ricordo, che si cresce e si matura attraverso la depressione, attraverso la tristezza ed attraverso il dolore, non attraverso la maniacalità. Questo è un processo di crescita che abbiamo fatto tutti attraverso la sofferenza, attraverso l'elaborazione delle frustrazioni siamo cresciuti, siamo diventati degli adulti. Questo succede normalmente ai nostri figli, ma ci sono dei casi in cui il dolore è troppo forte, troppo grande, ed allora non si riesce a contenere e non si riesce ad elaborarlo. Se questo lavoro non lo riescono a fare gli adulti, tanto meno riuscirà a farlo il bambino perché l'adulto non sarà in grado di aiutarlo e di stimolarlo a crescere nella speranza ed allora questo dolore diventerà veramente incontenibile, creerà delle angosce molto grandi e questo bambino sarà quello che poi, diventato un pochino più grande, avrà anche delle difficoltà nei suoi processi maturativi, compresi i processi di apprendimento. Pensare: comprendere, creare, provvedere, progettare, è la funzione genitoriale. I genitori devono fare questo, è tipico del ruolo genitoriale che permette alla famiglia di trovare al suo interno le risorse, la capacità di pensare, la capacità di comprendere. In caso contrario si stabilisce una rigida dipendenza da valori e modelli esterni, e non ci sarà un'elaborazione propria all'interno della famiglia stessa. Nei casi in cui ci sono dei problemi, la funzione della famiglia può virare all'opposto, ed allora il promuovere amore può diventare promuovere odio, il promuovere speranza può diventare seminare disperazione e con la disperazione può venire l'angoscia, il pensare può diventare il creare bugie e confusione. Promuovere odio, vuol dire attaccare i legami d'amore facendo leva sui sentimenti ostili che nascono dalle frustrazioni. Esattamente quello che vi ho detto prima, cioè se ci sono delle tensioni precedenti, una frustrazione così grande come è quella di avere un bambino con problemi, può fare benissimo scattare una molla di questo tipo ed allora il legame d'amore si trasforma in legame di tensione. Seminare disperazione, cioè quando viene meno la capacità di credere in un cambiamento, la capacità di credere in un futuro e mancano le energie e le forze per andare avanti: ci si ripiega su se stessi e ci si chiude. Questa disperazione segue l'angoscia, un'angoscia così grande che spesso coinvolge tutti i membri della famiglia, bambino compreso, che viene coinvolto in questa disperazione e, torno a ripetere, spesso i suoi problemi di maturazione e di apprendimento hanno proprio una causa in questi problemi psicologici. Quando dico creare bugie e confusione, dico il contrario del pensare, cioè a volte partecipare ad una realtà così dolorosa come è la malattia cronica del figlio, può veramente a portare a confondere i termini del problema, ad alterare la realtà, a far pensare che fuori tutto il mondo è cattivo, che nessuno ci aiuta e che soltanto se siamo chiusi nel nostro ambiente, nella nostra famiglia, riusciamo a risolvere i problemi. Questo non è sempre vero, ed a volte dipende da alcuni stati di sofferenza della nostra mente. Certamente voi mi direte che sono tutte belle parole, fatto sta che poi, al momenteo buono, quando il bambino ritorna a casa dall'ospedale, i problemi reali sono effettivamente molti. [Le aspettative] - [Le espressioni della famiglia] - [Le attività extra-famigliari nell'organizzazione della vita quotidiana] - [I modelli di famiglie di fronte al dolore] - [I rapporti con i nonni] - [Rapporti madre-figlia] - [Rapporti con i fratelli] - [La crescita evolutiva] - [Le conclusioni] - [INIZIO PAGINA] LE ATTIVITA' EXTRA-FAMIGLIARI NELL'ORGANIZZAZIONE DELLA VITA QUOTIDIANA Una delle difficoltà è l'organizzazione della vita quotidiana. Ormai siamo arrivati ad essere delle famiglie nucleari: papà, mamma ed un figlio, due figli al massimo. La famiglia numerosa è un ricordo. La famiglia nucleare ha ridotto le possibilità di avere un reciproco aiuto ed ha creato, e spesso favorito, delle situazioni di isolamento che sicuramente hanno fatto sì che i processi di crescita individuale dei genitori siano migliorati. I genitori, anche se molto giovani, hanno imparato a cavarsela da soli. D'altra parte la famiglia nucleare, ha reso molto difficile la gestione di alcuni problemi che riguardano ad esempio gli impegni di lavoro della mamma e l'organizzazione di attività extra-familiari. Il lavoro della mamma è un interrogativo che pone, credo, a tutte le donne che prima di avere un bambino danneggiato lavoravano. La scelta di lasciare il lavoro o di continuare è veramente un grossissimo conflitto. Il fatto di scegliere di continuare a lavorare crea dei problemi e dei sensi di colpa: si ha paura di abbandonare questo bambino che ha tanto bisogno di noi. A volte, però, può succedere che la scelta di continuare a lavorare, dipende dal fatto che in quel momento per la mamma il continuo rapporto con questo bambino diventa veramente un peso troppo grosso che annienta. Questo senza colpevolizzare nessuno, proprio perché ci siamo detti che stiamo parlando di un dolore veramente grande e di un dolore che non passa mai. In certi momenti forse è anche meglio sostituire o comunque mettere degli intervalli in questo rapporto madre-figlio-fisioterapista-scuola-giochi. Questi momenti sono comunque un respiro per la mamma e, diciamocelo pure, anche per il bambino, perché comunque un rapporto dove c'è tanta angoscia, tanto dolore, alla fine diventa pesante anche per il bambino. D'altra parte data la nostra situazione sociale attuale è estremamente difficile trovare delle persone che ci aiutino nella quotidianità. Affidare il bambino con tranquillità è per voi, che avete problemi di cateterismo, tutorizzazione ecc.....una preoccupazione, perché raramente le strutture esterne collaborano, in questo. La mamma molto spesso rinuncia alla sua attività per occuparsi del suo bambino, perché comunque la realtà è tale per cui nessuno le dà un aiuto. Però, sotto questo dato di realtà, che rappresenta la motivazione razionale, esiste una motivazione inconscia. A volte subentra il pensiero magico, si vuole offrire qualcosa della nostra vita o addirittura la nostra vita, perché si pensa che ciò a volte possa far sì che il bambino migliori. È tipico dell'inconscio delle mamme offrire se stesse o una parte di se stesse a questo destino crudele in cambio della salute, del recupero del proprio bambino. [Le aspettative] - [Le espressioni della famiglia] - [Le attività extra-famigliari nell'organizzazione della vita quotidiana] - [I modelli di famiglie di fronte al dolore] - [I rapporti con i nonni] - [Rapporti madre-figlia] - [Rapporti con i fratelli] - [La crescita evolutiva] - [Le conclusioni] - [INIZIO PAGINA] I MODELLI DI FAMIGLIE DI FRONTE AL DOLORE Dall'esperienza del lavoro quotidiano di tutti gli operatori che lavorano con bambini con problemi e le loro relative famiglie, si possono descrivere tre tipi di famiglie, esempi reali di reazioni che si hanno di fronte al dolore della nascita di un bambino con problemi. Non sto dando valutazioni sulla "famiglia modello", ma sto parlando dei meccanismi di difesa che ciascuno di noi mette in atto di fronte al dolore.
Vi porto un paragone di vita reale. Quando muore una persona cara, la prima cosa che capita dentro di noi è l'esplodere dei sentimenti di colpa e incominciamo a pensare "se quella volta non gli avessi risposto male", "se quella volta che mi ha chiesto aiuto l'avessi fatto", se, se, se,...poco per volta questi sentimenti di colpa vengono elaborati, poco per volta quello che rimane di questa persona che è morta è il ricordo; il ricordo di quanto siamo stati bene con lui o con lei, delle cose che abbiamo fatto insieme e al posto del senso di colpa, sopravviene la nostalgia per quella persona, la malinconia: Questo è il processo, detto in poche parole, della rielaborazione del lutto. Cosa succede a quest'ultima coppia di genitori di cui abbiamo parlato? Vanno in crisi, cercano in un qualche modo di elaborare i sensi di colpa. Ad un certo punto affrontano la realtà così com'è, con il ricordo, la malinconia e la nostalgia di quel bambino sognato, idealizzato, mai nato. Abbiamo parlato della famiglia nucleare. In alcune famiglie ci sono anche altre persone di cui comunque bisogna tener conto. Direi che possiamo fare un accenno a figure importanti quali i fratelli e i nonni. [Le aspettative] - [Le espressioni della famiglia] - [Le attività extra-famigliari nell'organizzazione della vita quotidiana] - [I modelli di famiglie di fronte al dolore] - [I rapporti con i nonni] - [Rapporti madre-figlia] - [Rapporti con i fratelli] - [La crescita evolutiva] - [Le conclusioni] - [INIZIO PAGINA] RAPPORTI CON I NONNI I nonni qualche volta sono presenti, qualche volta non ci sono per nulla. A noi operatori arrivano poche notizie dei nonni, però qualche volta ci sono e meno male. Sono delle persone che in fondo soffrono due volte, soffrono per il nipote e soffrono per il dolore e la dura prova a cui è sottoposto il proprio figlio o la propria figlia. Anche in questo caso possiamo individuare una serie di nonni con le loro reazioni.
E il bambino sa benissimo come comportarsi quando è con i genitori e quando è con i nonni. Anzi, è un'esperienza positiva per il bambino perché comunque sono due modalità di relazionarsi in maniera diversa. [Le aspettative] - [Le espressioni della famiglia] - [Le attività extra-famigliari nell'organizzazione della vita quotidiana] - [I modelli di famiglie di fronte al dolore] - [I rapporti con i nonni] - [Rapporti madre-figlia] - [Rapporti con i fratelli] - [La crescita evolutiva] - [Le conclusioni] - [INIZIO PAGINA] RAPPORTI MADRE-FIGLIA A volte, i rapporti tra la mamma del bambino e la sua mamma vengono un pò messi in crisi con la nascita del figlio con problemi. Possono scoppiare sentimenti o tensioni che preesistevano nel rapporto madre e figlia già prima della nascita di questo bambino. Tenete presente che la fantasia che la bambina ha quando cresce, diventa grande, diventa adolescente, diventa pubere, se ha avuto un buon rapporto con sua madre, è "sarò in grado di essere brava, di diventare brava come la mia mamma?". Il fatto di fare un figlio non perfetto è la prova che "non è" stata brava come la sua mamma, è la prova che "ha fallito". È chiaro che non è un ragionamento che noi ci facciamo così apertamente ed in modo così razionale. Fa parte di quel discorso che facevo prima che parte dall'inconscio, però questo esiste, c'è un continuo confronto tra la figlia femmina e la sua mamma perché comunque c'è sempre una mamma brava e perfetta da eguagliare e da imitare. Il fallire quello che è uno dei compiti principali della donna, comunque una delle affermazioni della propria femminilità, il fallire nel fare un figlio, è un motivo di sentirsi, seppure in maniera inconscia, inferiore alla propria mamma. Allora quelle tensioni, quelle preoccupazioni che c'erano prima possono risaltare fuori ed il rapporto tra madre e figlia può risentirne. Questa può essere una delle ragioni per cui la figlia non affida tanto volentieri il proprio bambino alla sua mamma. Resta il fatto che i genitori, tutti i genitori che hanno bambini con problemi, sono sottoposti ad uno stress continuo giorno su giorno, mese su mese, anno su anno, sempre. E credo che se la coppia vuole un minimo salvarsi e un minimo preservarsi come tale deve avere i suoi spazi. Non deve sempre e solo pensare all'angoscia che dà quel bambino, ed ai suoi problemi, Quindi deve ricavarsi i suoi spazi per cui nonc'è niente di male andare a farsi un week-end, andare una sera a cena, andare al cinema e a coltivare gli interessi che ci sono in comune. Bisogna trovare il modo di farlo. Se i rapporti con i nonni sono buoni, chi, se non loro può darvi una mano? È molto triste sentire dire "no, ma i miei non lo fanno, hanno dei problemi loro" o peggio ancora sentire i nonni che dicono "si lo farei se fosse per necessità, ma siccome devono andare a divertirsi che s'arrangino un pò". Ecco credo appunto che questo tipo di rapporto con i propri genitori, se c'è, occorre cementarlo, e se non c'è sarebbe il caso di recuperarlo, proprio per una salvezza della vita di coppia. [Le aspettative] - [Le espressioni della famiglia] - [Le attività extra-famigliari nell'organizzazione della vita quotidiana] - [I modelli di famiglie di fronte al dolore] - [I rapporti con i nonni] - [Rapporti madre-figlia] - [Rapporti con i fratelli] - [La crescita evolutiva] - [Le conclusioni] - [INIZIO PAGINA] RAPPORTI CON I FRATELLI Parliamo ora dei fratelli. Bisogna tenerne molto conto sia per il ruolo che possono essere chiamati a giocare nell'educazione del bambino danneggiato, sia per i problemi che essi stessi pongono per il loro sviluppo e la loro salute mentale. Essi vivono in un ambiente che è un pò diverso dall'ambiente che normalmente dovrebbero trovare. Parliamo prima dei fratelli maggiori rispetto al bambino nato con Spina Bifida e poi dei fratelli minori.
Difficile dirvi come fare, difficile darvi dei consigli, non esiste una possibilità di questo genere. Io credo che quello che tutti voi dovete pensare, se avete degli altri figli, è che il fratello sano più grande o più piccolo che sia ha tutti i diritti, ha tutte le difficoltà e le esigenze di qualsiasi altro bambino. Soprattutto ha bisogno di sperimentare le sue capacità e la sua autonomia, "sua" di bambino, e di presentarsi al mondo senza essere continuamente appesantito dal fardello del suo fratello malato. [Le aspettative] - [Le espressioni della famiglia] - [Le attività extra-famigliari nell'organizzazione della vita quotidiana] - [I modelli di famiglie di fronte al dolore] - [I rapporti con i nonni] - [Rapporti madre-figlia] - [Rapporti con i fratelli] - [La crescita evolutiva] - [Le conclusioni] - [INIZIO PAGINA] LA CRESCITA EVOLUTIVA Vorrei dire ancora una cosa che riguarda il legame tra il bambino danneggiato ed il genitore; è un legame di dipendenza che va al di là di ogni limite normale e questo perché? Sicuramente perché è un bambino che ha bisogno di cure e quindi viene più facile trattato come un bambino piccolo e non dargli la sua autonomia e non chiedergli di fare delle cose che invece potrebbe fare. E poi proprio perché c'è la convinzione dentro questo genitore che nessuno sa occuparsi del suo bambino meglio di lui, nessuno sa difendere il suo bambino meglio di quanto lo faccia lui. Esiste un'altra convinzione, quella cioè che il cosiddetto mondo dei sani non accetti così sempre a braccia aperte e con grande simpatia i ragazzini che hanno dei problemi. Queste sono delle realtà e delle ansie che ciascun genitore si porta dentro. Occorre però sottolineare che nel tentativo di proteggere il proprio figlio, di evitargli delle frustrazioni, di evitargli dei momenti di tristezza, rischiamo anche di fare un'altra cosa, di non farlo crescere, perché comunque siamo di fronte ad un bambino che è danneggiato, ma che ha anche le sue parti sane, e queste parti sane devono crescere e devono diventare grandi come in qualunque bambino. Vi faccio ancora un breve accenno ad un altro problema che è quello dell'inserimento del bambino a scuola. Canevaro, che è uno fra i più famosi psicopedagogisti italiani, a proposito dell'ingresso del bambino a scuola, scrive: "Quando un bambino va a scuola, è come se fosse portato in un bosco lontano da casa, ci sono dei bambini che si riempiono le tasche di sassolini e li buttano per terra, in modo da saper ritrovare la strada di casa anche di notte alla luce della luna, ma ci sono dei bambini che non riescono a far provvista di sassolini e lasciano delle fragili tracce di pane secco, così si perdono nel bosco e non sanno più ritornare a casa". La favola di Pollicino che conoscete tutti è il simbolo della separazione, della crescita, dell'allontanamento del bambino dalla sua casa in un mondo sconosciuto: la scuola, il bosco pauroso. I bambini che non sanno ritrovare la strada del ritorno, perché sono fragili, privi di strumenti psicologici o di strumenti fisici adeguati, sono bambini che sono condannati a vagabondare senza spazio e senza tempo perché la scuola stessa a volte non sa tenere conto del loro passato, dei loro bisogni attuali, delle ansie legate a questa nuova esperienza. Per il bambino con deficit, l'esperienza scolastica suscita dei timori, dei conflitti e delle angosce, li suscita in lui ma li suscita anche nei suoi genitori e nelle insegnanti, che sono comunque delle persone come noi, per quanto si possa pensare, sperare, ipotizzare che l'insegnante, la cosiddetta insegnante "d'appoggio", sia una persona preparata ad affrontare tutti i tipi di deficit, di handicap e tutti i problemi. Le insegnanti comunque sono delle persone che vanno in crisi come andiamo in crisi noi operatori, come andate in crisi voi genitori. Allora, in questa situazione, la scuola appare al bambino come un bosco pauroso, l'handicap già dolorosamente sperimentato, può diventare un oggetto di persecuzione con sensazione di esclusione e di abbandono, cioè il bambino si sente tagliato fuori, si sente perduto nel bosco, non c'è nessuno che lo aiuta perché non c'è nessun adulto che in quel momento è in grado di contenere le sue paure, le sue ansie, di dargli fiducia e sicurezza, per andare avanti. Da qui l'importanza di un ambiente familiare che comunque contenga le ansie e dia un sostegno a questo bambino per proseguire nel suo cammino; da qui l'importanza, e questo è un discorso che riguarda anche noi operatori, di dare una mano a questi insegnanti che hanno a che fare con questi bambini; perché non possiamo chiedere sempre l'impossibile a tutti, dobbiamo collaborare anche noi. Non sempre ci si interroga su come il bambino viva la propria diversità rispetto ai compagni. Non ci si interroga su questo perché è un'altra cosa che fa molto male, e allora succede che molto spesso si dà per scontato che il bambino non abbia una consapevolezza adeguata, e proprio perché non ha una consapevolezza adeguata del proprio deficit, sia sufficiente dimostrargli tanto amore e tanta comprensione. Non basta, non basta perché il bambino si rende conto della sua diversità ed a questo punto, proprio perché si capisce diverso, ci comunica in un qualche modo questo stato di disagio, di sofferenza, di solitudine. E non è detto che ce lo comunichi diventando triste. Qualche volta diventa triste, depresso, non ha voglia di fare le cose che l'insegnante gli chiede di fare, ma altre volte diventa aggressivo, diventa oppositivo, diventa arrabbiato; è comunque un altro modo (l'abbiamo visto prima parlando dei fratelli) per manifestare il proprio disagio, i propri sentimenti di solitudine, la propria sensazione di essere abbandonato. Il bambino cresce, la scuola va avanti, si passa da un ciclo scolastico all'altro; arriviamo all'adolescenza, un altro momento tragico per il bambino e per i genitori. Perché? Perché segnala la fine dell'età evolutiva, segnala l'ingresso di questa persona nel mondo degli adulti; segnala la fine di tutte le speranze. Magicamente alcuni genitori sperano che l'età dello sviluppo, la famosa "età dello sviluppo", porti quel miglioramento che hanno aspettato per tutta la vita, non dico la guarigione, perché voi tutti siete molto consapevoli, proprio per il tipo di patologia che interessa i vostri figli rispetto magari ad altri genitori, però la speranza di un ulteriore miglioramento c'è, sempre. E credo che, proprio perché tutti sappiamo che l'età dello sviluppo porta qualche cosa, e in genere dovrebbe portare qualcosa di buono, tutti speriamo un pò. Nel momento in cui questo non succede è il crollo ed è la fine. È la fine di tutte le speranze dei genitori e incomincia quella sensazione di vuoto, di non più speranza nel futuro e molto spesso succede che famiglie che hanno lottato, hanno combattuto, hanno fatto delle cose per il loro figlio, fino a quel momento, di fronte a quest'ultimo passaggio biologico, di fronte a quest'ultima conferma che il bambino è così e che comunque non cambierà e comunque sarà un adulto con dei problemi, crollano. E il crollo è rappresentato dalla chiusura, dalla chisura in se stessi, dalla chiusura nel proprio ambiente familiare, dal chiudere questo ragazzino nell'ambiente familiare per evitargli di affrontare i disagi ed i problemi del mondo esterno, del mondo degli adulti. Quello che abbiamo fatto fino adesso è stato parlare del dolore mentale che, come dicevo prima, vi accompagna nella vita di questo bambino, è una cosa che non passa, anzi, in certi momenti si riacutizza; si riacutizza quando il bambino va a scuola, si riacutizza quando il bambino passa dall'elementari alle medie, dalle medie alle superiori, in certi momenti della vita: la Prima Comunione, la Cresima, l'adolescenza, quando arriva la cartolina del servizio militare per i maschi, sono momenti che segnano inevitabilmente; ci costringono inevitabilmente ad affrontare la realtà, che il ragazzo è diverso dagli altri. [Le aspettative] - [Le espressioni della famiglia] - [Le attività extra-famigliari nell'organizzazione della vita quotidiana] - [I modelli di famiglie di fronte al dolore] - [I rapporti con i nonni] - [Rapporti madre-figlia] - [Rapporti con i fratelli] - [La crescita evolutiva] - [Le conclusioni] - [INIZIO PAGINA] CONCLUSIONI Penso che quello che noi operatori possiamo fare oltre che avere un grande rispetto per il dolore vostro di genitori, è quello di cercare di comprendere umanamente questo. Lavoriamo con questi bambini, tutti noi penso che tecnicamente facciamo del nostro meglio, infatti l'accusa, che spesso viene fatta da voi genitori, non è quella di incompetenza, molto raro trovare accuse di incompetenza, ma quella di non essere sensibili al vostro dolore, al vostro problema. Credo che in questo qualche volta abbiate ragione. Spesso gli operatori fanno la scelta mettersi dalla parte del bambino, cioè di considerare oggetto del loro intervento terapeutico solo il bambino, escludendo, o relegando in un ruolo secondario, le figure dei genitori. Questo è un errore, che spesso vanifica il lavoro che viene fatto: lavorare con tutto il nucleo familiare permette di considerare meglio quali condizioni vengono offerte al bambino, quali sono le risposte adattive scelte dal bambino e intervenire per tentare di variare le une e le altre pur nella consapevolezza che a volte, di fronte ad un dolore così grande, si riesce a fare ben poco. |
||||||||||
|