PSICOPATOLOGIA
ED ...ALTRO da Psichiatria oggi del dic. 08 , stralci dall'art.
di E. Smeraldi
.......L'insufficienza
dell'approccio clinico attuale è evidente: nessun problema, e di
conseguenza nessun paziente, risulta completamente risolto se si
seguono solo le "linee guida" riconosciute. Queste sono forzatamente
generiche così come le cosiddette diagnosi operative. Nella
letteratura compaiono concetti che è arduo condividere come
"ridotta compliance", "mancata risposta ai trattamenti", ma soprattutto
co-morbilità. A ben vedere sembrano tutti riconducibili
ad una reificazione della diagnosi, ma quest'ultima non è un
fatto o un fenomeno, è piuttosto un paradigma per orientare il
ragionamento clinico che ad essa non può ridursi. La clinica la
supera proprio operativamente cioè nell'usarla come punto di
riferimento, e ne evidenzia i limiti e l'inconsistenza. Ma cosa le
manca per avere la necessaria consistenza umana e realmente tecnica, di
che cosa è stata svuotata nell'affermarsi anche nel nostro campo
una standardizzazione forzata di metodi ed osservazioni? Messa in
questi termini la questione, bisogna forse ripensare a ciò che
una volta c'era, ma di cui oggi non c'è più traccia. L'indicazione che Voi fornite, e a
cui mi associo con entusiasmo, è che sembra essere scomparsa dal
panorama psichiatrico proprio la psicopatologia, sia come formazione
degli psichiatri sia come riferimento culturale del loro operare.
Ciò che è veramente importante non è solo la
presenza di un sintomo, ma soprattutto il significato e la portata
soggettiva che ciascun sintomo può, di volta in volta, assumere.
Questo concetto deve essere necessariamente e con forza riaffermato in
ogni occasione se si vuole tornare a respirare l'atmosfera della
nascita della psichiatria moderna, con l'entusiasmo che è
indispensabile come motore di ogni
vera rivoluzione culturale: se
questo si è perso, lo si deve recuperare e rilanciare.
Primo: si tratta proprio e
solo di nostalgie personali e di perplessità questo
riandare agli elementi costitutivi I della psichiatria quale deve
essere considerata appunto la psicopatologia? La psicopatologia è scienza
anche se il suo statuto è diverso, cerca di spiegare i
fenomeni per quello che sono in sé e peri quello che lasciano
trasparire senza ricorrere a degli "a priori" verosimili, mal mai
dimostrabili direttamente. Per questo è necessario
risolvere il dilemma! (psichiatricida direbbe Henry Ey), o rimanere una
scienza "applicata" retta solo da compiti pratici, coacervo di
semiologia, neurologia e biologia o diventare scienza psichiatrica
unitaria nel suo proprio statuto: in altri o più generali
termini non si tratta di accettare o meno l'ipotesi dei disturbi
psichici sul piano biologico o psicologico, ma di organizzare una
scienza che abbia il mentale come oggetto di studio, ovviamente in
senso patologico: l'appartenenza
della psichiatria di fatto e di diritto, al dominio delle scienze
naturali non vuol dire accettare una "medicalità assoluta",
quanto accettarne l'intrinseca complessità.
In psichiatria non è sufficiente riconoscere sintomi e
giustapporli a formare sindromi/disturbi, ma è necessario
formare un ragionamento plausibile, da verificare puntualmente nello
sviluppo clinico di ogni singolo caso. La depressione, ad esempio,
tocca un problema generale della vita mentale e possono ben esistere
condizioni assimilabili ad una alterazione dell'umore al di là e
al di fuori di quelli che sul piano comportamentale possono definire la
diagnosi operativa di depressione. Sarà lo sviluppo clinico e
terapeutico che validerà l'ipotesi nata dal contesto
psicopatologico. Questo atteggiamento di verifica costante dell'ipotesi
clinica e la disponibilità a riadeguare il proprio operare sono
in contrasto con la sicurezza che può fornire
l'oggettivizzazione della patologia. Non è, a mio parere, utile
prendere le distanze da questa così peculiare caratterizzazione
della nostra clinica perché ne va a snaturare l'intima essenza.
È un augurio quello di poter tornare alla dimensione
psicopatologica come asse portante sia della formazione culturale che
dell'operare così come è del tutto naturale ed
imprescindibile integrarla con lo specifico funzionamento del cervelo
di quel determinato soggetto , in quel determinato momento.
Secondo: la psichiatria ha nel
suo statuto due anime, di cui una sola, quella "comportamentale"
è in qualche modo oggettivabile e riproducibile: l'altra, quella
del vissuto personale è rintracciabile solo nell'esperienza
intcriore ed è qualitativa più che quantitativa. È
indubbiamente vero che non esiste mente senza cervello, ma è altrettanto ben chiaro che
esistono differenze tra la globalità dell'essere (che per di
più è in sofferenza quando ricorre allo psichiatra) e la
genericità dei fenomeni comportamentali spiegabili con le
scienze naturali. La psicopatologia ed i suoi fenomeni indicano
la realtà della personalità che è intrinsecamente
complessa, ed i significati che servono nel ragionare psichiatrico in
altri termini la portata affettiva degli stessi, vengono dettati
piuttosto da sottigliezze e sfumature derivabili od intuibili solo nel
contesto clinico.
Dimenticando la necessità di queste finezze psicopatologiche si
rischia di finire come quegli psichiatri (ed uso le parole di Romolo
Rossi) "che si rivolgono ad interlocutori irreali, idealmente
costruiti, inesistenti" che poco hanno a che spartire con i pazienti di
tutti i giorni, quelli che agiscono nella realtà dei nostri
ambulatori.
Quelli teorici sembrano perfetti solo se li confrontiamo con le
descrizioni dei manuali diagnostici, ma se entriamo in sintonia con
quelli veri ben presto ci accorgiamo che la realtà apparente si
discosta spesso sensibilmente da quella loro interna che è
più vicina al nucleo di sofferenza. Per afferrare questo livello di
comprensione è necessaria una formazione culturale ampia con una
disponibilità personale a superare descrizioni che corrispondono
al mondo reale solo di chi le pensa, di chi le usa come limiti rigidi a
cui attenersi forse per il timore di ciò che potrebbe succedere
in una relazione più umana, senza ruoli predestinati né
ricette oggettivanti che danno apparente sicurezza nelle procedure.
Se per avere psichiatri capaci
e. è necessario formarli anche nelle scienze umane, o
nella letteratura o nell'artte, dobbiamo accettare questa posizione
della psichiatria intermedia tra le scienze e le varie potenzialita'
della mente e , come richiamo da Rossi , anche e sopratutto della
capacita' di amare........