Neuroni specchio, empatia, autismo di Riccardo Viale , Domenica
(Sole24ore) del 28/12/08
In
un esperimento, realizzato negli anni Ottanta, Daniel Kahne-man e
Amos
Tversky diedero a dei soggetti la descrizione di due viaggiatori che
stavano raggiungendo l'aeroporto sullo stesso taxi. L'orario
di
partenza dei loro aerei era lo stesso. Essi, però, arrivarono
all'aeroporto con 30 minuti di
ritardo. Al sig. A fu detto che l'aereo era partito in tempo. Al sig. B
invece che l'aereo era in ritardo e che era partito solo 5 minuti
prima. La domanda era: chi era più arrabbiato? Ovviamente la
maggior
parte dei partecipanti, il 96%, disse che chi aveva più motivi
per
essere irritato era il sig. B. Se pensiamo un momento a questo
esperimento e ci chiediamo
perché anche noi avremmo risposto nello stesso modo, ci rendiamo
conto
che ciò avviene perché ci mettiamo nei panni dei due
passeggeri e in
tal modo riviviamo, o in altre parole simuliamo il loro stato
mentale,
il loro senso di frustrazione. Questo
semplice esperimento mentale è un modo per comprendere
il ruolo che
ha la simulazione quando ognuno di noi, nella vita di tutti i
giorni,
in modo automatico o volontario, cerca di leggere nella mente
("mindreading") degli altri.
ll "mindreading" è un fenomeno pervasivo e centrale nella interazione sociale. Contraddistingue un momento importante nello sviluppo evolutivo del bambino. Dopo i 2 anni egli sembra diventare capace di attribuire credenze e scopi a chi gli sta intorno. Sembra demarcare cognizione umana da quella animale. A parte alcune scimmie antropomorfe, come scimpanzè e orangutan, che sembrano capaci di prevedere l'azione degli altri in base all'attribuzione di credenze e desideri, solo l'uomo sembra in possesso di questa facoltà. Essa ci permette di fare previsioni sul comportamento altrui o di spiegare una data azione quando essa è già avvenuta. Si capisce l'importanza di questa funzione nella vita di tutti i giorni come nelle analisi delle scienze sociali: per la previsione del comportamento economico, ad esempio anticipare le mosse di un concorrente in un negoziato, per la comprensione del comportamento sociale, ad esempio capire le ragioni di un atto di violenza, per ricostruire le decisioni di personaggi storici e politici, per capirele differenze culturali ed ètniche e così via. Fino a pochi annti fa la facoltà di "mindreading" éra spiegata attraverso un meccanismo alternativo a quello della simulazione mentale, chiamato Teorìa della Teorìa (TT). A partire dagli studi di Heider sull'attribuzione sociale fino a quelli di Premack e Woodruff sulla cognizione dei primati e successivamente di Gopnik e Meltzoff sul «bambino come piccolo scienziato» , la TT riteneva il "mindreading" come un'attività ipotetico-deduttiva che utilizzava per le sue inferenze le ipotesi teoriche che ognuno di noi, a cominciare da quando nasceva, costruisce sulle altre persone e sul mondo. Ad esempio se ci riferiamo all'esempio precedente, quando ci troviamo a prevedere che ilsig. B sarebbe il passeggero più arrabbiato, questa attribuzione noi la realizziamo, secondo la TT, non attraverso una simulazione mentale, ma sullabase della deduzione da una nostra ipotesi teorica sul comportamento umano in condizioni similari.
Il bel libro di Alvin Goldman "Simulating Mind" attacca la TT con un armamentario eterogeneo di argomenti che derivano dalla ricerca cognitiva, neurocognitiva e fìlosofica. La TT non è in grado di spiegare la parte, forse, più importante del "mindreading", quello legato alla empatia e alla "lettura" degli stati emozionali, affettivi dell'altro. Questo tipo di "mindreading" è chiaramente di tipo simulativo, in quanto deriva dalla immedesimazione del soggetto nelle condizioni emozionali dell'altro. Quando ciò non avviene, come nelle persone autistiche, si ha solo una rappresentazione superficiale, fredda dell'emozione, ma non un vero processo di comprensione empatica. La TT quindi è assolutamente disarmata di fronte a questa parte dell'attribuzione umana. Questo disarmo diventa capitolazione di fronte a una recente scoperta delle neuroscienze, i neuroni specchio, che costituisce una prova decisiva a favore della simulazione sia nella comprensione dell'azione che nell'empatia umana.
Giacomo Rizzolatti e il suo gruppo di Parma, a partire dai primati e poi nell'uomo, scoprono l'esistenza di aree della corteccia frontale e parietale che si attivano sia quando uno compie un'azione sia quando uno vede lo stesso tipo d'azione compiuta da altri. Inoltre questi neuroni sono collegati attraverso l'insula all'amigdala e si attivano nella percezione degli stati emozionali altrui, generando così delle reazioni viscerali che simulano quelle provate dall'altro. In sintesi quando osserviamo un'azione o un'emozione altrui generiamo, automaticamente, una simulazione "incarnata" che riproduce in noi o le stesse intenzioni alla base dell'azione o gli stessi stati viscerali alla base dell'emozione. Sono solo 12 anni da quando è stata realizzata la scoperta, ma il suo impatto teorico è ormai su un fronte vastissimo, dalla cognizione sociale alla neuroetica, dallo studio dell'autismo alla neuroestetica e neuroeconomia. E si prevede che la sua importanza per la comprensione dell'uomo come animale sociale sia ancora da svelare pienamente.
0AlvinGoldman,«SimulatingMinds», Oxford Unlversity Press, pagg. 384, $19,95.